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mondocane

Tucker Carlson da Putin. Che non gliela manda a dire

Cosa ha detto e cosa non ha detto

di Fulvio Grimaldi

Intervista di Francesco Capo per “L’Identitario” con il sottoscritto F.G., Gigi Lista, editore dell’”Identitario”, Mauro Belardi, russista: https://youtu.be/hJ6j0aR09bE

Grazie al più popolare e alternativo giornalista e conduttore statunitense, non per nulla cacciato dalla CNN, di sinistra finta e con le zanne, e dalla Fox, di destra trumpista, abbiamo ascoltato un uomo pensante, come natura vorrebbe che fosse e né un burattinaio, né un burattino, né una prostituta, né un lenone, né uno stracciarolo, né un mazziere con la baionetta tra i denti. Esperienza inedita e gratificante.

Quando i media falsi, bugiardi e venduti ti dicono che la guerra in Ucraina è iniziata il 22 febbraio del 2022, con l’ingresso dei russi in Ucraina, come a me, da Floris, asserì Pierluigi Bersani, e non nel febbraio 2014, colpo di Stato USA-Nazi e attacco al Donbass, come gli risposi io, coltivano l’inganno di tutta la strategia dell’imperialismo terrorista. Tolgono di mezzo il contesto e annientano la memoria che lo tiene in piedi.

Il lungo excursus storico di Vladimir Putin nell’intervista di Tucker Carlson a dimostrazione della russità storica dell’Ucraina e delle manovre di attori esterni – polacchi, asburgici, tedeschi - di eliminarla, ha suscitato gli sghignazzi e il sarcasmo del sistema idiotico-criminale politico-mediatico. Invece, come ha osservato all’impaziente Carlson, si trattava di fare una conversazione seria, piuttosto che il solito talk show. “Discorso serio” che rivaluta la memoria per costruire il contesto. Contesto senza il quale si vagola nelle nebbie delle mistificazioni e delle strumentalizzazioni ad usum delphini. Come fece Bersani e come fan tutte le presstitute.

Putin ha detto molto e ha taciuto qualcosa. Consiglio a chi non lo avesse ancora fatto e si volesse fare un’idea corretta del mondo in cui viviamo, di andarselo ad ascoltare. Verrà impressionato e convinto dal racconto dei ripetuti, perfino disperati, tentativi di Putin di aprire un dialogo ed evitare la mattanza in corso con un ragionevole accordo, del resto basato su quanto i presidenti USA alla Russia avevano garantito: nessuna espansione della NATO oltre alla Germania. In cambio, Mosca aveva acconsentito alla riunificazione della Germania. Accordo tradito con colpo di Stato, aggressione alla popolazione russa renitente al fascismo, nazificazione dell’Ucraina e missili nemici a 5 minuti di volo dal Cremlino.

L’offerta di Putin, subito rozzamente affossata dagli angloamericani e dal loro sguattero Stoltenberg: neutralità dell’Ucraina senza NATO e rapporti costruttivi e collaborativi sia con Unione Europea, che con la Russia, autonomia alle regioni di etnia e lingua russa. Cosa avrebbe comportato questa soluzione, disponibile sia a Minsk, sia a Istambul ad appena un mese dall’inizio della guerra? La salvaguardia della pace e la fine della corsa suicida al riarmo, al rischio nucleare, di una costante fibrillazione geopolitica in termini militari, economici, di tensione psicologica, e un rilassamento della contrapposizione tra blocchi datata dal dopoguerra. Infine e soprattutto, per il bene globale, il risparmio di una spesa pazzesca che comporta l’impoverimento di grandi masse in tutto il mondo,

Il non-detto di Putin, in ben due ore di domande e risposte, riguarda, a mio avviso, una condizione molto delicata interna alla Russia: l’equilibrio che faticosamente quest’uomo ha dovuto costruire per mantenere coeso uno Stato uscito ammaccato dalla fine dell’URSS e dalle torbide manovre di Gorbaciov ed Eltsin. Quando Carlson gli ha chiesto chi abbia fatto saltare il gasdotto Nordstream e quale sia la forza che determina la politica degli USA verso la Russia, compreso la lacerazione del rapporto euro-russo, la risposta è stata evasiva e monosillabica: la CIA.

Io penso che se l’intelligenza di Putin non abbia voluto dispiegarsi, indicando nei pupari degli USA e dei regimi occidentali la coppia dominante degli apparati militar-industriale e finanziario (quest’ultimo ad assoluta egemonia ebraica), è per ragioni di equilibri interni. Questi hanno visto negli anni un progressivo riequilibrio tra potenze economiche, dette da noi “oligarchi”, e autorità politica, a vantaggio di quest’ultima. Non siamo a una neutralizzazione definitiva del potere condizionante degli oligarchi. Ma non sono poche le potenze economiche a cui Putin ha saputo tagliare le unghie.

Potrebbe essere, in qualche modo, il fisiologico rapporto tra entità finanziarie planetarie a frenare eccessi distruttivi in una direzione o nell’altra e, nell’immediato, a bloccare il ventilato congelamento delle cospicue disponibilità russe a rischio confisca nei forzieri occidentali.

Si comprende anche, in questa luce, la notevole tolleranza che un paese impegnato militarmente nella difesa della Siria, attaccata da Usa, Israele e dal loro mercenariato jihadista, continua a mostrare rispetto allo Stato sionista che, un giorno sì e l’altro pure, bombarda la Siria.

Un secondo silenzio, difficilmente comprensibile nell’imminenza di un esito a rischio della vita e dell’enorme valenza simbolica del caso, è quello su Julian Assange, prossimo a essere estradato negli USA. Forse una dimenticanza. Da comprendere in un uomo che ha sulle spalle la salvezza dell’umanità

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