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goofynomics

"Tanto ormai svalutare è inutile..."

Una nota sulla Grecia

di Alberto Bagnai

Si sente dire spesso: "Eh, ma tanto, ormai, svalutare a che serve? Siamo finiti, anche se il prezzo dei nostri prodotti in valuta estera scendesse per effetto di un aggiustamento del cambio, noi ormai siamo estenuati, sfiniti, distrutti, frantumati, poverizzati, annichiliti, sconfitti, inerti... Il nostro apparato produttivo è stato raso al suolo... E allora, le nostre esportazioni non reagirebbero, e la situazione non cambierebbe, semplicemente perché nessuno sta più producendo niente, e quindi, se anche il prezzo di quello che non viene prodotto scendesse, nessuno potrebbe acquistarlo dall'estero, perché nessuno avrebbe prodotto qualcosa da acquistare, dal momento che noi ormai siamo estenuati, sfiniti, distrutti, frantumati, poverizzati, annichiliti, sconfitti, inerti..."

Come sapete, ho ribattezzato questa genia di imbecilli "tantormaisti", dal loro mantra: "tanto, ormai...".

Ora, ci sono i dilettanti, e i professionisti. Il dilettante raglia, al bar. Il professionista va a vedere. Qual è l'esempio di paese che negli ultimi anni ha subito la distruzione più massiccia di base industriale? Verosimilmente il più gran successo dell'euro, la Grecia, almeno a giudicare dalla traiettoria del suo PIL:

tanto 01

 

Niente male, eh? Per inciso: sono dati trimestrali non destagionalizzati, e quindi vedete due fonti di variazione: il ciclo economico (se vogliamo chiamare così la deliberata distruzione di un popolo), che ha un periodo più lungo, e quello stagionale, che si ripete ogni quattro dati (in forme non sempre identiche).

Ora, se i "tantormaisti" avessero ragione, verso la fine del campione, quando vediamo che la Grecia è distrutta, dovremmo assistere a un brusco calo dell'elasticità delle sue esportazioni rispetto al tasso di cambio reale, cioè rispetto al rapporto fra prezzi greci e prezzi esteri. Perché, attenzione, nel ragionamento dei tantormaisti c'è anche un'altra fallacia logica, piuttosto evidente. Se il problema fosse la distruzione della base industriale, ne conseguirebbe che nessun calo dei prezzi dei beni nazionali per l'acquirente estero sortirebbe effetti: né quello determinato da un aggiustamento del cambio (che renderebbe più conveniente la valuta nazionale, anche a parità di prezzo in valuta nazionale), né quello determinato dalla svalutazione interna, cioè della diminuzione dei salari espressi in valuta nazionale (che renderebbe comunque più convenienti i beni per l'acquirente estero). Quello che conta, nella valutazione, è comunque il rapporto fra prezzi nazionali ed esteri espressi nella stessa valuta, cioè il tasso di cambio reale (del quale abbiamo parlato qui).

E allora, il professionista cosa fa?

Semplice: stima una equazione delle esportazioni e vede se i suoi parametri sono stabili. E facciamolo, dai...

Uno dei modi per verificare se un modello resta stabile nel tempo è un po' laborioso, ma provo a spiegarvelo.

1) si prendono i primi n fra i T dati a disposizione, e si usa il modello per prevedere il dato n+1;
2) si calcola l'errore di previsione, poi:
3) si prendono i primi n+1 fra i T dati a disposizione, e si usa il modello per prevedere il dato n+2;
4) si calcola l'errore di previsione, poi:
5) si prendono i primi n+2 fra i T dati a disposizione, e si usa il modello per prevedere il dato n+3;
...

Insomma: avete capito: una bella rottura di zenzeri, se non fosse che ci pensa lui, er compiuter...

Il risultato è che ti trovi con T-n errori di previsione "un passo avanti". Se i parametri del modello cambiassero (ad esempio, se le esportazioni reagissero ai prezzi in modo diverso da un periodo al successivo), ovviamente ti troveresti una serie di errori di previsione significativi e tendenzialmente sistematici (cioè tutti positivi o tutti negativi). Per verificare che questo non accada si fa una cosa molto semplice: si sommano questi errori. Se gli errori positivi compensano quelli negativi, la somma cumulata (CUmulated SUM, CUSUM) di tutti gli errori di previsione resta attorno a zero, e questo indica che il modello non è distorto, cioè che i suoi parametri sono stabili nel tempo. Se invece la somma parte verso l'alto o verso il basso, vuol dire che la struttura dell'economia è cambiata, e che a partire da un certo punto stai prevedendo il futuro usando parametri "sbagliati" (cioè non più al passo coi tempi).

E cosa succede con le esportazioni greche?

Questo:

tanto 02

 

La somma cumulata degli errori di previsione "one step ahead" del modello, calcolati dal secondo trimestre del 1997 alla fine del 2014, resta sostanzialmente attorno allo zero, non se ne discosta in modo statisticamente significativo (questo succederebbe se la spezzata blu superasse una delle due sottili linee rosse...).

Insomma: l'economia greca è crollata, ma la struttura dell'equazione delle esportazioni pare sia rimasta stabile: non c'e indicazione che si accumulino errori significativi e sistematici.

E cosa succede all'elasticità delle esportazioni al prezzo? Nelle stime, è intorno a  -1.1 (il che significa che la condizione di Marshall-Lerner è rispettata a prescindere da quello che succede alle importazioni, cioè che una svalutazione migliora il saldo commerciale greco). Ma... ci sono segni che questa elasticità, a mano a mano che nuovi dati si rendono disponibili, stia diminuendo? Anche questo lo si può andare a vedere, basta calcolare questa elasticità su campioni progressivamente più ampi, e vedere se aumentando il campione tende ad andare verso zero.

Il grafico è questo:

tanto 03

 
All'inizio c'è un po' di variabilità (è anche lecito aspettarsela: poche osservazioni per la stima, e grandi cambiamenti di struttura nel sistema economico europeo, con l'avvio dello scellerato progetto eurista), ma dall'entrata della grecia nell'euro (2001) l'elasticità delle sue esportazioni ai prezzi si piazza a -1.1, e lì rimane.


Mai visto un coefficiente così stabile in 25 anni di analisi empiriche: un'elasticità di basalto!


Ma allora i "tantormaisti" di cosa parlano, esattamente?

Voi riuscite a capirlo?

Io no.

Una cosa però la capisco: se il loro mantra ("tanto ormai...") non vale per la Grecia, che oggettivamente ha subito uno shock maggiore del nostro, tanto meno dovrà valere per noi, no? Quindi forse sarebbe il caso di smetterla con questa menata che un aggiustamento del cambio di una ipotetica nuova valuta nazionale non ci sarebbe di aiuto perché "tanto ormai...".

Chi li paga, i tantormaisti? Chi li manda? Forse nessuno. Sarà semplicemente la libidine di mostrarsi "espertoni" su Twitter che li spinge ad esporsi in analisi tanto azzardate, e così prive di fondamento empirico. Vanno saputi capire: ego fragile, infanzia difficile... E poi il FMI, in termini di analisi farlocche, ha fatto di molto peggio, come abbiamo appena visto.

Per carità, tutto comprendere è tutto perdonare!

Basta che sia chiaro anche qui quello che è chiaro all'estero: se si vuole capire come stanno le cose, meglio rivolgersi a un professionista che a un tantormaista...

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