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ancorafischia

I lavori alla diga di Mosul inizieranno il primo ottobre. Intanto in Libia parte "Ippocrate"

di Francesco Cecchini

Iraq

Il direttore della diga Riad Izz al Din Ali ha dichiarato a un’agenzia internazionale di notizie che il lavoro per la messa in sicurezza della diga affidati all’impresa Trevi inizieranno il primo ottobre.

Il contratto firmato tra l’impresa e il governo italiano lo scorso marzo per un valore di 296 milioni di dollari ha una durata di un anno e mezzo. Gli ingegneri e tecnici impegnati nei lavori di consolidamento sono protetti da 500 militari. Riad Izz al Din Ali ha tenuto a precisare che, in quanto civile, non è in grado di dare un giudizio sulle recenti minacce terroristiche alla diga, a chi vi lavora e a chi la protegge. Solo gli Stati Uniti, le truppe italiane, le forze irachene e quelle curde Peshmerga hanno accesso alle informazioni di intelligenza riguardo la sicurezza.

A inizio settembre fonti di intelligence hanno rivelato l’intenzione del Califfato di attuare un attentato in grande stile nell’impianto in Iraq, dove la ditta di Cesena si accinge a svolgere lavori di consolidamento. Pronti una dozzina di kamikaze e 200 combattenti con artiglieria

E’ allarme rosso, quindi, nonostante le dichiarazini e il silenzio delle autorità militari e per le centinaia di militari e civili italiani che si trovano alla diga di Mosul. Qualificate fonti di intelligence, citate dal sito Wikilao, parlano di un “warning specifico e dettagliato” inerente al progetto di un attentato in grande stile alla diga da parte dell’Isis, “il più grosso attacco mai concepito dal Califfato nello scenario iracheno”.

A Mosul la Difesa italiana schiera la task force ‘Presidium’, il cui compito è appunto quello di proteggere la diga – un’imnfrastruttura di rilievo strategico per l’Iraq, il cui sabotaggio causerebbe una catastrofe umanitaria ed ambientale – e il centinaio di italiani che dovranno consolidarla. La task force si compone di circa 500 militari, i primi dei quali arrivati già ad aprile per compiere ricognizioni ed attività tecnico-logistiche.

Nessun proclama sul web, dunque, esattamente come avviene alla vigilia degli attacchi più spettacolari dell’Isis. “Ci sono però molti movimenti sul terreno”, sottolineano le fonti. “Movimenti che hanno tradito i miliziani, permettendo all’intelligence di sapere molto su quanto in preparazione”. Per l’attacco all’infrastruttura – che sorge a soli 50 chilometri da Mosul, la ‘capitale’ irachena dello Stato islamico – i leader dell’Isis avrebbero deciso di costituire un esercito vero e proprio, “formato da circa duecento elementi, sparpagliati in diversi villaggi (Zanazil e Zarnuq fra di essi) dopo un raduno nei pressi delle alture di Badush, ad una quindicina di chilometri da Mosul”. Si tratta, scrive il sito, di “un contingente multinazionale formato da gente con passaporti francesi, russi, libici e tunisini; tunisino è anche Saleh Bin Ahmed al-Harbi, ritenuto l’organizzatore dell’attacco, che ha messo alla testa dei miliziani un uomo chiamato Abdel Aziz Hussein al-Mashadani. Per la missione sono stati arruolati cecchini e combattenti esperti, ai quali aprirebbe il campo un avamposto di kamikaze, una dozzina di ceceni”. Sempre secondo Wikilao, “la potenza di fuoco di cui dispongono le forze in questione (dotate di una trentina di veicoli) è notevole. Si parla – oltre che di auto e moto già imbottite di esplosivo – di pezzi di artiglieria da 122 e 130 millimetri, in grado di colpire obiettivi distanti fino a venti chilometri e perfino di missili, che sarebbero stati nascosti in alcuni camion-frigorifero”.
L’operazione, chiamata Gazwat al-Mawt (Conquista della morte), sarebbe stata ordinata nei mesi scorsi direttamente da Abu Bakr al-Baghdadi, che attraverso la diga di Mosul potrebbe provocare la più grave strage della breve ma già sanguinosissima storia del suo Califfato.

 

Libia

Nel frattempo è salpata dal porto di La Spezia la nave anfibia S.Marco della Marina Militare:destinazione: Misurata, Libia. Ė iniziata così un‘ altraazione militare, mascherata da missione umanitaria di pace chiamata “Ippocrate”. Sulla S.Marco 300 militari e mezzi del 186°Reggimento della Folgore. Il loro compito come quello degli altri militari italiani, sarà quello di fornire protezione ai medici e infermieri dell’ospedale militare da campo con 50 posti letto, che verrà allestito a Misurata e dove verranno curati i militari libici che combattono contro l’ISIS.

I 300 tra medici e infermieri e 135 unità di supporto logistico, potranno contare  anche sulla protezione dalla Portaerei “Garibaldi” che fornirà la copertura aerea nonchè dei caccia dell’Aeronautica Militare, schierati presso le basi di Sigonella, Gioia del Colle,e Trapani e dei droni. L’ospedale militare di Misurata sarà come il “Role2″in Iraq e in Afghanistan, con un’elevata specializzazione per gli  interventi chirurgici per le ferite di guerra. Un C27J ovvero un aereo tattico presso l’aeroporto di Misurata, verrà utilizzato in caso fosse necessario trasportare i feriti.

I militari italiani partiti in missione l’altro giorno, si uniranno alle forze speciali che già da un paio di mesi sono operative sul terreno. Nella fase due della missione è previsto l’invio di altri militari, forse carabinieri, saranno gli addestratori e componenti di logistica e di sicurezza, successivamente entreranno in azione le truppe da combattimento. I parà della Folgore saranno operativi dopo tre settimane dal loro arrivo in Libia. Una missione  quella di “Ippocrate”  senza dubbio molto delicata e rischiosa. Una missione la cui definizione sarà sempre”umanitaria”, anche quando si inzierà a sparare.

Le forze di opposizione di sinistra, presenti nelle istituzioni o no, e i vari movimenti per la pace dovrebbero fare più attenzione a questa azioni sostanzialmente militari e opporsi all’Italia in guerra.

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