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Notizie sull'operazione speciale condotta dall'esercito russo in Ucraina
Mentre Israele informa il mondo che risponderà all’attacco iraniano, anche se sembra in maniera tale da evitare la grande guerra (cosa tutta da vedere dal momento che l’Iran ha detto che, nel caso, risponderà), proponiamo l’analisi di Peter Akopov pubblicata su Ria Novosti che ci appare alquanto lucida, anche se forse un po’ troppo deterministica. C’è un imponderabile, dato anche dalla follia di cui hanno dato dimostrazione negli ultimi tempi i falchi Usa e israeliani, che andrebbe comunque tenuto presente. “Situazione sorprendente – scrive...
Lo scorso 16 marzo, il colonnello Amadou Abdramane, portavoce della giunta militare nigerina che nel luglio del 2023 aveva deposto il presidente Mohamed Bazoum, ha annunciato la revoca immediata dell’accordo che autorizzava lo stazionamento di personale statunitense sia civile che militare nel Paese. Conformemente all’intesa, siglata nel 2012, gli Stati Uniti avevano schierato nelle basi 101 (contigua all’aeroporto di Niamey) e 201 (situata nel centro del Paese e soggetta a una recente opera di ristrutturazione costata al Pentagono circa 100...
Atteniamoci ai fatti. La ritorsione iraniana per l’attacco israeliano all’ambasciata di Damasco è stata calibrata ed equilibrata. L’Iran non voleva la guerra con Israele (non la guerra aperta, e non ora), diversamente dal governo di Tel Aviv, che nel prosieguo della guerra – nella sua possibile espansione – vede l’unica chance di sfuggire al redde rationem interno, e magari persino un’opportunità di espandersi ancora. Pertanto Teheran si è mossa con calma, appellandosi al diritto internazionale (art.51 delle Nazioni Unite), e avendo cura di...
Si usa dire che stiamo precipitando verso una guerra mondiale “a pezzi”. Possiamo anche aggiungere che stiamo scivolando verso una “economia di guerra”? Alcuni prodromi, in effetti, si intravedono. Due caratteristiche sono tipiche di un’economia che tende verso la guerra: l’aumento del deficit pubblico per finanziare il riarmo e la spinta inflazionistica a danno dei salari. La mobilitazione delle finanze pubbliche per il rilancio della spesa militare è già in corso. I dati World Bank indicano che nell’ultimo decennio l’Unione europea ha...
Nel luglio 1934, H. G. Wells si recò a Mosca per intervistare Stalin. Il colloquio tra lo scrittore inglese e il leader bolscevico durò circa tre ore, alla presenza di un interprete, e il 27 ottobre successivo ne fu pubblicata la trascrizione integrale sul settimanale britannico The New Statesman and Nation. Il periodico aveva cominciato le pubblicazioni sotto questo nome tre anni prima, a seguito della fusione di due riviste appartenenti all’area della sinistra socialista e liberale inglese: The New Statesman, che era stata fondata nel 1913...
L’attacco iraniano sul territorio di Israele è stato un evento di portata storica e potenzialmente in grado di cambiare gli equilibri mediorientali nonostante le autorità dello stato ebraico e i governi occidentali stiano facendo di tutto per minimizzarne conseguenze e implicazioni. I danni materiali provocati da missili e droni della Repubblica Islamica sembrano essere stati trascurabili, anche se tutti ancora da verificare in maniera indipendente, ma il successo dell’operazione è senza dubbio da ricercare altrove. La premessa necessaria a...
Israele ha utilizzato i Territori occupati come la migliore vetrina del potenziale offensivo e di controllo dei sistemi d’arma e d’intelligence sviluppati dalle sue aziende di settore. È la tesi di Laboratorio Palestina, ultimo lavoro di Antony Loewenstein nel quale emerge il sostegno israeliano ad alcuni dei regimi più spietati degli ultimi settant’anni, e si denuncia come, paradossalmente, proprio questa capacità bellica e di controllo sono fattori determinanti nel ruolo centrale guadagnato dal Paese nella governance globale tanto da...
Dall’ipocrisia alla follia: disamina del suprematismo occidentale in Ucraina con la narrazione aggredito-aggressore imposta dalla maggioranza dei mezzi di comunicazione occidentali, quindi, senza affatto avere alcuna partecipazione ideale al putinismo, proverò a dimostrare, attraverso le dinamiche stesse della guerra, perché l’imperialismo occidentale è destinato a perderla e, prima questa sconfitta viene riconosciuta, minori saranno i danni per l’umanità. Il tratto fondamentale della strategia Nato in Ucraina è quello di utilizzare la...
Ieri è giunta l'attesa risposta iraniana al bombardamento israeliano del consolato iraniano di Damasco, che aveva ucciso tra gli altri il generale Haj Zahedi. L'Iran ha effettuato un attacco simultaneo con droni e missili in modo da saturare la poderosa difesa antiaerea israeliana. Missili hanno colpito due basi militari israeliane (monte Hermon e Novatim). Oggi l'autorità iraniana rivendica quei due obiettivi come primari, ma è abbastanza ovvio come questa rivendicazione abbia semplicemente la funzione di far coincidere gli obiettivi...
Per capire cosa succede a Gaza è necessario guardare cosa accade in Ucraina. Per quanto i politici italiani “autorevoli” ripetano i loro “atti di fede”, e ugualmente gli altri leader “nani” europei e i giornalisti a loro legati (ed entrambi proni esecutori dei loro padroni yankee), le loro dichiarazioni stizzite e altisonanti sono solo il riflesso della vittoria strategica del governo russo nel confronto con la NATO. Ancora non c’è la vittoria palese sul campo della Russia, ma quella strategica è già stata ottenuta, perché da più di venti...
B. Stiegler, filosofa politica francese, conduce in questa ricerca una genealogia del neoliberismo americano, sincronico all’ordoliberismo tedesco e quello poi più idealista di Hayek, versione americana meno conosciuto ma forse anche più influente. L’eroe negativo della storia è il mitico Walter Lippmann. Solo un “giornalista” come alcuni lo ritennero, in realtà politologo pieno e poi politico dietro le quinte, stratega di pratiche e pensiero, inventore di una versione americana della propaganda più sofisticata, delle pubbliche relazioni,...
Qual’è il rimedio delle classi dirigenti, politiche ed economiche (nel capitalismo liberista, tutt’uno) quando la crisi gli morde i calcagni? Il fugone nel fascismo, in qualsiasi nuova forma ritenuta adatta ai tempi. Oggi si presenta in veste psicomanipolatoria-tecnologica, ma senza mai rinunciare alla violenza fisica, a seconda dei casi pestaggi o mattanze. Ecco cosa hanno in comune i massacri dei nostri fratelli in lotta a Gaza e in Cisgiordania e le teste spaccate dai gendarmi agli studenti delle università italiane – vera eccellenza del...
Nell’analizzare gli ultimi sviluppi del conflitto mediorientale sono molti i rischi, o le tentazioni, che possono portare fuori bersaglio. Anche l’analisi di classe mostra qualche limite, se si fa attenzione al concreto della struttura sociale israeliana – quanto meno – dove ai “cittadini a pieno titolo dello Stato ebraico” (la definizione è stata assunta nella “legge fondamentale”, para-costituzionale) sono riservati tutta una serie di diritti e privilegi, anche in termini di posizioni lavorative, mentre il “lavoro bruto” o lo sfruttamento...
Il mondo intero è di nuovo con il fiato sospeso, per il terrore di una grande guerra che infiammi il Medio Oriente. L’attacco di ritorsione lanciato dall’Iran, nella lunga notte tra sabato e domenica, ha lasciato senza sonno Israele. Per cinque ore oltre 300 munizioni sono state scagliate contro il territorio israeliano. La rappresaglia per l’attacco dell’1 aprile a Damasco è arrivata dopo quasi due settimane, ampiamente annunciata, lenta ma imponente. Secondo le stime ufficiali riportate dal New York Times, l’Iran ha utilizzato 185 droni...
Molti neuroscienziati notano come il nostro cervello-mente si sia lungamente evoluto, quindi formato, alle prese con problemi vicini (fame, sete, sicurezza), immediati (giorno per giorno, ogni giorno) relativamente semplici (amico/nemico, sesso, utile/inutile), in gruppi piccoli tendenzialmente egalitari, relativamente isolati tra loro, in cui ognuno conosceva ogni altro. Oggi ci troviamo associati in gruppi enormi, di una certa densità territoriale che si estende ormai alla dimensione planetaria, in cui i più ci sono sconosciuti, dentro...
Nonostante sia palese che la guerra ucraina è persa, l’Occidente resta aggrappato ai dogmi neocon, incapace non solo di trovare, ma anche solo di pensare una exit strategy da una guerra disastrosa per Kiev e per l’Europa, che il conflitto sta degradando sia a livello economico che politico. Quest’ultimo aspetto inquieta e interpella sia perché denota un asservimento della Politica europea ai circoli neocon, dipendenza mai registrata in tale misura in precedenza, sia perché evidenzia il degrado delle dinamiche democratiche, dal momento che...
Le parole dovrebbero essere annoverate nell’elenco delle droghe pesanti, e purtroppo a chiunque può capitare di farsi ogni tanto una “pera” eccessiva. Il quotidiano neocon “il Foglio” si è approfittato del “trip” di uno dei padri costituenti, Umberto Terracini, per fargli fare una figuraccia postuma mettendo in evidenza alcune sue frasi poco felici in sostegno di Israele. Dopo averci ammonito sul fatto che anche Terracini considerava l’antisionismo una forma di antisemitismo, ci viene proposta una citazione nella quale il vecchio comunista...
Da questa parte del "mondo democratico occidentale", molti di noi si dibattono tra rabbia e la sensazione drammatica di impotenza nell'assistere allo sterminio in diretta di un intero popolo. A volte questo senso di frustrazione si trasforma in disagio somatizzato, in depressione (parlo per me e per gli amici e compagni con cui mi confronto ogni giorno). In altri casi, invece, rischia di generare reazioni di autoconservazione fatalista, ricerca del deus ex machina, rimozione. Eppure qualcosa si muove. Qualcosa possiamo fare. Una piccola...
1. Seguendo un copione creato a tavolino per ingannare la mente di chi si abbevera ai telegiornali della sera, gli Stati Uniti continuano a tirare il guinzaglio legato al collo del cagnolino d’oltremanica. Quel cagnolino era un tempo l’Impero britannico’, oggi solo un maggiordomo che esegue gli ordini dell’Impero Atlantico: tenere Julian Assange in prigione fino alla morte. Per la più grande democrazia al mondo – da esportare, se del caso, a suon di bombe e che ormai solo i politici europei (e italiani) credono sia tale – il rischio più...
Qualcuno parla di rischio di terza guerra mondiale davanti alla rappresaglia dell’Iran verso Israele, ma cari miei, una terza guerra mondiale sarebbe solo nucleare. Perciò, definitivamente distruttiva dell’umanità. Avete presente l’anime e il manga “Ken il Guerriero”? Lì, almeno, le armi nucleari sono state relativamente innocue: hanno distrutto il mondo, ma non hanno lasciato radiazioni. Ma nella realtà, una guerra di tale portata, ridurrebbe il mondo a una landa desolata radioattiva, invivibile. E per quanto noi siamo governati dai...
Il Governo è in difficoltà, è debole. Questo è il precipitato politico di un ragionamento che prende le mosse dalla scelta del Governo di approvare un Documento di economia e finanza (DEF) privo delle principali informazioni sulle tendenze della finanza pubblica e dei conseguenti effetti macroeconomici. Il DEF è il principale strumento di programmazione economica del Governo, serve a definire il quadro della finanza pubblica per l’anno in corso e per il successivo triennio. In pratica, con il DEF il Governo è chiamato a mettere nero su bianco...
Dopo l’oblio dell’attacco al Crocus da parte dei media d’Occidente, preoccupati solo di discolpare l’Ucraina dalle evidenti responsabilità, come peraltro accaduto varie volte in passato – a parte eccezioni che confermano la regola – per altre azioni oscure di Kiev, anche l’attacco di droni alla centrale atomica di Zaporizhzhia è passato sottotraccia, come qualcosa di marginale. L’attacco alla centrale di Zaporizhzhia e i topos delle guerre infinite E ciò nonostante la gravità dell’accaduto: se l’attacco fosse riuscito al 100% poteva creare...
Il senso di colpa domina incontrastato nella multiforme platea dei sentimenti umani. Senso di colpa per non essere abbastanza, per non aver superato l’esame, per non aver performato quanto desideravamo, per aver disatteso le aspettative, per non aver concluso un lavoro, per aver trascurato passioni e interessi, per aver manifestato rabbia, tristezza e paura, per gli errori commessi, per le azioni compiute, per una parola fuori posto, per non esserci stata, per aver mangiato, per aver risposto nervosamente, per quella carezza non data, quei...
Immancabili, come ogni anno, i dati Istat sull’andamento demografico del paese registrano un deciso segno meno”. Che non è grave soltanto in sé, ma soprattutto perché conferma una tendenza di lunghissimo periodo. Dal 1964 a oggi sono stati pochissimi gli anni in cui le nuove nascite sono state più numerose dell’anno precedente, ma anche a uno sguardo disattento balza agli occhi che la dimensione delle diminuzioni è sempre alta, mente i “rimbalzi” sono sempre appena percettibili. Il risultato finale, al 2023, non lascia dubbi: i nuovi nati...
‘Essere democratici è una fatica immane. Allora perché continuiamo a esserlo quando possiamo prendere una scorciatoia più rapida e sicura?’. Così Michela Murgia, la scrittrice sarda recentemente scomparsa, nel suo pamphlet del 2018 dal titolo provocatorio: ‘Istruzioni per diventare fascisti’. Con una originale sapienza dialettica, com’era suo stile di comunicazione in ogni dibattito pubblico e nel relazionare sulle grandi ingiustizie e ineguaglianze che affliggono le società odierne, Michela Murgia, nel suo saggio, ci invita a sottoporci a...
I due anni della pestilenza da Covid-19 si sono rivelati una grande imprevedibile opportunità per testare il livello di ubbidienza che, si può ottenere applicando un regime disciplinare come lo è stato l’obbligo di vaccinarsi, appunto. La narrativa secondo la quale il barbaro no-vax e chi lo sostiene rappresentano il Male, e quindi vanno denigrati, censurati, emarginati, criminalizzati ha funzionato. Pertanto, lo stesso identico canone è stato applicato su una nuova dicotomia buono-cattivo nella politica internazionale. Stesso manicheismo,...
L’avesse compiuto, per dire, il Ministro degli esteri russo Sergej Lavrov, un gesto come quello del suo omologo britannico David Cameron, recatosi in “visita di lavoro” da Donald Trump in USA, intrattenendosi – magari – in Germania, con Sahra Wagenknecht, per di più alla vigilia delle elezioni, il coro liberal avrebbe subitamente gridato alle «interferenze russe nei processi democratici dei paesi liberi». Ma fatto tra “alleati”, per di più di estrazione anglosassone, la cosa rientra nella normalità e, trattandosi della “democratica Ucraina...
Un’analisi di cosa succede e di cosa si prospetta in Medioriente, a partire dal genocidio in atto a Gaza, dalla rivolta generale palestinese, dallo scontro tra Stato Sionista e Asse della Resistenza in Libano, Siria, Iraq, Yemen, all’indomani dell’attacco israeliano all’ambasciata iraniana a Damasco. Una panoramica che parte dalla ritirata della FOI (Forza di Offesa Israeliana) dalla metà sud di Gaza, dopo sei mesi di offensiva del presunto “esercito più potente del Medioriente” che non è riuscito a controllare la Striscia, annientare Hamas e...
In vista della settimana di mobilitazione dei lavoratori all’interno dell’accademia italiana, proponiamo qui un resoconto delle linee d’intervento del movimento negli ultimi mesi, mettendo al centro i punti politici principali che stanno caratterizzando le proteste dei lavoratori e delle lavoratrici dell’università di concerto con i movimenti studenteschi. Si tratta di una riflessione che vuole essere un punto di partenza che ci porti allo sciopero del 9 aprile di tutto il mondo universitario, una data che deve essere un punto di partenza per...
Trent’anni dopo il genocidio in Ruanda, innescato dall’abbattimento dell’aereo privato su cui viaggiavano il presidente del Paese e il suo omologo del Burundi, e spacciato per l’esplosione di un conflitto etnico tra Hutu e Tutsi, si continua a discutere sulle cause del massacro di quasi un milione di persone. Dopo tre decenni, si evidenziano implicazioni che gettano una luce meno semplificata su quegli eventi drammatici: a cominciare dal ruolo delle grandi potenze che cercavano di accaparrarsi le enormi risorse strategiche nella regione dei...
È certamente corretto sostenere che le motivazioni che stanno spingendo Washington a mettere sotto assedio Pechino sono di natura economica. Paradossalmente questa tesi è stata infatti espressa indirettamente dalla stessa Segretario al Tesoro Yellen, in una intervista della settimana scorsa che non ha avuto la risonanza che avrebbe meritato nonostante anticipasse i temi che la stessa Yellen sta trattando con l'élite politica cinese nel suo viaggio diplomatico in corso in questi giorni. Di importanza capitale per comprendere la situazione a...
Pubblichiamo un estratto della prefazione del libro “Ucraina, Europa, mondo. Guerra e lotta per l’egemonia mondiale” di Giorgio Monestarolo (Asterios, Trieste, pp.106, euro 13). L’autore è ricercatore presso il Laboratorio di Storia delle Alpi dell’Università della Svizzera italiana e docente di Storia e Filosofia al liceo Vittorio Alfieri di Torino. La prefazione è del generale Fabio Mini, che tra le altre cose è stato generale di Corpo d’Armata, Capo di Stato Maggiore del Comando NATO del Sud Europa e comandante della missione...
Volete uscire dal dominio neoliberista, volete allentare la morsa della gabbia d’acciaio capitalista, volete invertire l’allungamento in corso da decenni della scala sociale di cui tra l’altro vi è vietato l’uso per provare a scalarla. Avete idee di mondo migliore, più giusto, qualsiasi sia la vostra idea di “giusto”. Tutto ciò è politico. Ma la vostra società non è ordinata dal politico, è ordinata dall’economico. È l’economico il regolamento del gioco sociale, è lui a dettare scala di valori, premi, punizioni, mentalità e cultura comune. E...
Nelle Conferenze di La Paz, nel 1995, il teologo e filosofo argentino, tra i pionieri della Teologia della Liberazione e in esilio dalla sua patria durante il regime fascista sviluppa la sua attentissima lettura di Marx dal punto di vista rivendicato dell’esternità e del lavoro ‘vivo’; ovvero della persona effettiva, reale, completa. Questo, declinato nelle sue diverse forme, marginali e ‘poveri’, stati subalterni e periferici, è il tema centrale della filosofia e della prassi politico-culturale ed etica di Dussel. Proviamo, dunque, a...
Come ha potuto succedere? Che mostruosità! Tutte quelle armi che circolano! Ma in che tempi viviamo! Colpa dei genitori….Colpa della scuola…. Sono le esclamazioni dei manigoldi ipocriti che tendono a ottunderci il cervello mentre cerchiamo di farci capaci dell’enormità di un bambino di dodici anni che entra in classe con una pistola e spara e uccide suoi compagni. Si assembrano sugli schermi e nelle paginate psicologi, sociologi, esperti di ogni risma da un euro all’etto a disquisire sul fattaccio. E tutti, indistintamente, a mancare...
L’apparente moderazione dell’Iran di fronte all’aggressione israeliana non dovrebbe essere confusa con la debolezza. Teheran esercita costantemente pressioni su Tel Aviv attraverso i propri metodi, preparando attentamente il terreno per il disfacimento di Israele. «La leggenda narra che una rana posta in una pentola poco profonda piena d’acqua riscaldata su un fornello rimarrà felicemente nella pentola d’acqua mentre la temperatura continua a salire, e non salterà fuori anche se l’acqua raggiunge lentamente il punto di ebollizione e uccide la...
Più passano i giorni, più Israele procede nella sua campagna di sterminio, più si isola dal resto del mondo, più comprendo che il pogrom del 7 ottobre, pur essendo, come non può che essere un pogrom, un’azione atroce moralmente inaccettabile, è stato un atto politico capace di cambiare la direzione del processo storico. La conseguenza immediata di quell’azione è stata lo scatenamento di un vero e proprio genocidio contro la popolazione di Gaza, ma il genocidio era in corso in modo strisciante da settantacinque anni, nei territori occupati, in...
Marx era consapevole della difficoltà che l’idea di classe poneva come categoria che rappresenta un insieme eterogeneo di lavoratori, perché sapeva che il proletariato era composto non solo dagli operai di fabbrica ma da tanti altri lavoratori che, al pari di oggi, avevano in comune il fatto di trovarsi nella stessa posizione nei rapporti di potere. Tuttavia, nel pieno del capitalismo industriale, la classe in termini marxiani ha rappresentato una categoria utile a descrivere l’asimmetria dei rapporti di produzione e come questi fossero...
Premettendo che l'uscita di CS dai social ebbe molte ragioni circostanziate e che continuo a pensare che i social network siano già da tempo "territorio nemico", cominciamo mettendo in rilievo l'annuncio nell'articolo: Sabato 11 Maggio alle ore 10 presso il Centro Congressi Cavour sito a Roma in Via Cavour 50/a, ci riuniremo per il decennale de L’Interferenza e sarà l’occasione, oltre che per un dibattito politico sui vari temi di politica e di politica internazionale, anche per lanciare una battaglia per la libertà di informazione, per...
I ricchi sono sempre più ricchi, i poveri sono sempre più poveri. Alla base del divario, tra gli altri fattori, anche le eredità che in molti Paesi passano di mano senza essere tassate, o quasi. Così per la prima volta in 15 anni, secondo i dati di Forbes, tutti i miliardari sotto i 30 anni hanno ereditato la loro ricchezza. Detto in altri termini: nessuno di loro ha un’estrazione socio-economica familiare differente e si è “fatto da solo”. Addio ascensore sociale: il “grande trasferimento di ricchezza” – 84.000 miliardi di dollari nei...
‘Crisi’ è un sostantivo femminile che viene dal latino crisis, e dal greco κρίσις, e significa ‘decisione’, ‘scelta’, in economia indica una fase (in un ciclo) nella quale uno squilibrio fondamentale determina l’incapacità di utilizzare tutti i fattori idonei alla produzione di beni e di servizi che la società esprime. Keynes, in “Un’analisi economica della disoccupazione” [1] ha scritto che “un boom è generato da un eccesso di investimento rispetto al risparmio e una crisi da un eccesso di risparmio rispetto all’investimento”. Se è così è dai primi anni settanta che siamo in crisi; da allora l’insieme dei capitali distolti dall’investimento in beni produttivi, in favore di forme di impiego puramente finanziario è infatti sempre cresciuta. La finanziarizzazione è, del resto, il segno più palese ed evidente del nostro tempo, e lo è da decenni. Per i marxisti ortodossi la crisi è una conseguenza della caduta tendenziale del saggio di profitto, che prevale sui diversi fattori ed escamotage che possono essere messi in opera per alleviarla. Per i keynesiani è l’effetto di una carenza di domanda globale, a sua volta causata dalla ineguaglianza e dalla concentrazione dei redditi sulla parte alta della scala sociale [2].
Più in generale si può dire che, al di là del meccanismo scatenante particolare, l’instabilità del capitalismo, che determina le crisi, è causata dalla presenza di due mercati (merci e moneta)[3] e da una programmazione intrinseca orientata alla mera accumulazione di segni monetari[4].
‘Globalizzazione’, invece, è un termine invalso da alcuni anni a significare il fenomeno di riduzione delle regolazioni nazionali, incremento del commercio internazionale su un piano di maggiore parità, vorticoso movimento di capitali tra le principali città globali mondiali sede di ‘piazze finanziarie’.
La tesi che vorremmo sostenere è che il fenomeno esteriore della globalizzazione è solo l’effetto di una molteplice crisi che non trova soluzione. Questa crisi ha preso direttamente avvio dall’esaurimento della soluzione che alle tensioni scatenate dal capitalismo competitivo primo ottocentesco[5] era stata trovata nel dopoguerra, e da allora procede per trasformazioni continue che coinvolgono tutti gli assetti di potenza modificandosi continuamente[6].
Ci sono un gran numero di interpretazioni del termine e di ricostruzioni della meccanica degli eventi che l'ha scatenata di nuovo[7], dopo il parziale disciplinamento degli spiriti animali più distruttivi creato a Bretton Woods[8]. A partire da quel momento l’equilibrio di crescita all’ombra dell’egemone era proseguito, per una larga serie di fattori[9], per alcuni decenni nel quadro necessario della diarchia USA/Urss, fino a che, al punto culminante di una crisi egemonica dalle molte facce[10], Nixon riaprì il vaso di Pandora della finanza, sganciando la generazione di moneta dall'ancoraggio reale all'oro. Con questa mossa, anche senza avvedersene, confermò la legittimità di ciò che già accadeva da qualche anno con i cosiddetti ‘eurodollari’[11], la generazione di moneta attraverso aperture di credito incrociate dal nulla, la moneta ‘fiat’[12] che era sempre esistita, ma sempre controllata ed inibita dalla moneta legale dello stato. In questo momento l'enorme massa di denaro in movimento, amplificata dall'aumento del costo delle materie prime[13], fa saltare del tutto i fragili equilibri del mondo di prima, già sotto pressione insopportabile da parte delle pressioni dei lavoratori e delle lotte sociali del ventennio precedente[14]. La spinta a ridisciplinare i desideri di controllo del proprio destino e di partecipazione alla produzione di ricchezza delle classi subalterne, fattasi incompatibile con i profitti, avvia quindi una gigantesca stagione di deregolazione nella quale l'Europa (Inghilterra, Francia, poi Germania, e infine Italia) è in prima fila. Deregolazione della finanza, quindi del lavoro e infine delle merci. La deregolazione procede simmetricamente alla perdita di peso delle organizzazioni del lavoro e insieme al sorgere ed applicarsi di tecnologie che consentono organizzazioni a rete orizzontale, apparentemente meno gerarchiche e standardizzazioni su una scala che, insieme al movimento dei capitali, fa diventare possibile costruire reti logistiche lunghissime ma non per questo inefficienti. E' la stagione degli investimenti diretti all'estero che spezzano le reni al potere dei sindacati e costringono il lavoro ad accettare una riduzione della ripartizione di base della ricchezza di oltre dieci punti[15].
Al termine di una lunga agonia interviene a questo punto il fattore cruciale di accelerazione: la dissoluzione pacifica dell'impero sovietico. La parte est viene assorbita in pochi convulsi mesi dall'Europa, ritornata improvvisamente ad egemonia tedesca (mentre i francesi, come loro solito, si illudono di dominarla), e tutti i movimenti socialisti occidentali ripiegano in disordine. Si forma l'Unione Europea[16] sotto questo segno, la ‘fine della storia’[17] ed il trionfo del modello anglosassone di capitalismo (anche se nelle stanze di dietro gli abili tedeschi inseriscono copiose dosi di Ordoliberalismo). Viene blindata in questo modo un’area di mercato competitivo nel quale non può trovare posto la redistribuzione e i meccanismi di compromesso sociale e politico del capitalismo latino[18].
Insomma, sotto il benevolo controllo americano, ed all'ombra delle numerosissime basi militari, sembra a molti che la storia complessa del novecento sia davvero finita e resti solo la promessa di arricchirsi da raccogliere però individuo per individuo, l’uno contro l’altro. Una società dei consumi, felice di competere nella quale il migliore potrà sempre trovare la propria strada. Una società che si incardina su un potentissimo e pervasivo dispositivo nascosto che fa leva su bisogni e desideri dei singoli, chiedendogli di pensarsi come potenza in atto non come produttori, e quindi collettivamente[19], ma come consumatori e capaci di piacere e desiderio individuale. Questa promessa di vita e di energia individuale produce un immaginario irresistibile che però ha un rovescio: il dominio e lo sfruttamento di coloro la quale potenza resta in attesa, spesso per sempre, e che devono essere sfruttati perché quella di pochi passi ‘in atto’. Dimenticando la linea di ombra[20], la società generata dalla competizione senza freni, fatta sistema, della mondializzazione neoliberale finisce quindi per costruire una narrazione avvincente, accompagnata dallo spettacolo multiforme della tecnica, che prevale sulle trascendenze alternative e concorrenti: sulla teologia politico-economica del marxismo, nelle sue diverse forme, e sulla teologia politico-sociale del cristianesimo.
Al passaggio di millennio, però, viene compiuto quel che la storia si incaricherà di indicare come un errore incomprensibile, una hyubris guidata dall'orientamento a corto termine che la finanza ed il sistema delle imprese giganti che ha preso il centro della scena ha connaturato: nell'Uruguay Round viene ammessa la Cina, con un trattamento di favore, e sono abbattute quasi tutte le barriere. Da allora tutte le produzioni a basso, e via via maggiore, valore aggiunto si spostano in oriente, i prezzi delle merci precipitano ma insieme e per lo stesso meccanismo, come due lati di una medaglia, lo fa anche il potere di acquisto delle classi basse e via via superiori.
Si apre un vuoto nel centro dell'occidente, al quale i paesi tradizionalmente volti all'esportazione (Germania e Giappone in primis) rispondono allargando ancora i loro squilibri commerciali che comunque erano usciti dall’equilibrio precedente già dalla caduta di Brandt[21]. In un lungo concatenamento di effetti e cause intrecciati come una catena di acciaio il vuoto si propaga, e rende necessario un sempre più affannoso inseguimento con nuove espansioni di valore fittizio fatte gocciolare a compensare l'incapacità di troppi di ottenere ciò che il sogno del consumo (che legittima l'esistente) promette[22]. Si arriva quindi alla parossistica coltivazione di ‘bolle’ l'ultima delle quali è quella immobiliare, e si arriva, con l'inesorabile meccanismo descritto da Minsky al crac del 2007[23].
Da allora seguono dieci anni di ristrutturazione e di tentativi continui di far continuare il business che si è rotto, scaricandone i costi su chiunque altro. Ma insieme, da allora, si comincia a vedere le forze relative della Cina e la ripresa della Russia promettere ormai che non potrà più riprendere il vecchio gioco di dominio solitario e quindi la globalizzazione ‘felice’ degli anni novanta [24].
Guardando dal punto di osservazione delle società occidentali, intorno a questi fenomeni che tendiamo a riassumere nel termine ‘globalizzazione’ ha in sostanza preso forma un nuovo compromesso sociale a rapporti di forza invertiti, rispetto a quello del “welfare state” novecentesco. Nel contesto di un’impostazione economica essenzialmente deflattiva, si è creata la condizione (di potere normativa e tecnologica) per un enorme allargamento della base produttiva, con il coinvolgimento di centinaia di milioni di nuovi lavoratori, che ha prodotto effetti molteplici sia sulla distribuzione sociale sia sui costi dei beni industriali e quindi sul consumo. A partire dagli anni settanta, e via via più velocemente, sono calati i prezzi relativi dei beni industriali di massa e questo, malgrado l’erosione del reddito della parte attiva della popolazione, ha creato a lungo sia una sensazione crescente di ricchezza diffusa sia il fenomeno sociale e culturale del “consumismo”. Dunque le condizioni per la creazione di un consenso su nuove basi: sul consumo anziché sul lavoro.
Ma questo continuo accelerare della instabilità, disperatamente tamponata, nello sforzo di sacrificare altri e conservare la propria potenza, con ricette opposte nei principali centri del capitale occidentale[25] si è presento sulla scena approfondendo ininterrottamente per dieci anni il vuoto nel quale l’occidente tra precipitando. Insieme alla spirale di perdita di capacità di acquisto, sovrapproduzione, tensione deflattiva, erosione dei margini di profittabilità, ricerca di soluzioni a breve termine comprimendo i costi, caduta della produttività, rinvio degli investimenti, e via dicendo, inizia però alla fine a venire meno il consenso sul quale il neoliberismo aveva vinto la sua battaglia contro le promesse di salvezza alternative: la crescita della felicità attraverso il consumo.
La globalizzazione è stata, insomma, un continuo inseguire la crisi per stare un passo avanti, ma ormai questa ci ha raggiunti.
Sarà necessario che la storia, che sembrava finita, riprenda il suo cammino e la soluzione tampone trovata per strada per rimediare all’esaurimento dell’equilibrio sociale keynesiano venga superata.
Ormai ha scavato tutta la terra che era accumulata sotto i propri piedi[26].
Note
[1] - John Maynard Keynes, “Un’analisi economica della disoccupazione”, intervento alla Harris Foundation, 1931, in Come uscire dalla Crisi, Laterza,1983, p.44.
[2] - Il meccanismo di trascinamento è che le classi alte hanno una propensione al consumo inferiore. Dunque se la stessa somma è distribuita in alto, la quota risparmiata è maggiore e le somme tesaurizzate tendono a non circolare abbastanza. A sua volta, la riduzione dei consumi inibisce gli investimenti produttivi, per assenza di domanda dei beni da produrre, e quindi tende ad aumentare gli impieghi meramente speculativi.
[4] - Anziché di ricchezza reale, qualunque cosa la società possa intendere con questo termine. In altre parole, il capitalismo è autoprogrammato per generare valore solo per chi è incluso nel suo circuito autoreferente. Il meccanismo di trasformazione della natura in ‘merce’, e del suo consumo attraverso il realizzo del suo ‘valore’, attraverso il quale si determina il ‘capitale’ è orientato non al consumo, ovvero alla creazione di ‘ricchezza’, ma all’accumulazione di altro ‘capitale’. Il ‘capitale’ è quella forma del valore che per esistere deve accrescersi costantemente senza altro scopo che la propria esistenza. Ciò genera un ‘sistema automatico’ che non è affatto dotato di volontà, e non è un macrosoggetto (essendo, anzi, il luogo della concorrenza), ma è portatore di una logica immanente. Bisogna prestare attenzione ad un elemento importante: non è affatto la finanza ad essere la parte ‘cattiva’ e l’industria quella ‘buona’, la crescita di questa, anche se ha andamento ‘tumorale’, è causata dalla carenza di sbocchi della prima. La congestione dei capitali da valorizzare nell’economia reale è il motore iniziale. E quindi la necessità intrinseca, direi definitoria, del capitale di valorizzarsi a qualsiasi costo, necessità che cammina sulle gambe di tutti gli operatori, in qualunque posizione siano nel sistema.
[5] - E che furono oggetto delle analisi di Marx e di Engels, mentre la soluzione lo fu delle analisi di Polanyi sul piano sociale Cfr. Karl Polanyi, “La grande trasformazione”, 1944.
[6] - Dunque la globalizzazione va vista anche come effetto e fenomeno connesso con la “grande partita” in corso per l’egemonia nel mondo, nella transizione tra logiche “territorialiste” e “capitaliste” (Arrighi).
[7] - La globalizzazione non è un fenomeno esclusivo del tardo ventesimo secolo, e non è neppure una irresistibile e tendenza della storia, che apprende la strada dell’armonia universale, è molto più un movimento ciclico determinato dal gioco del potere. Si tratta, come è avvenuto a scale diverse con i grandi imperi del passato proto-capitalista e in epoca moderna con la fase imperiale del dominio inglese (dopo la sconfitta di Napoleone via via consolidatosi nella sostanza entro il XIX secolo) dell’effetto e della forma che prende la capacità di un modo di produzione egemone, sostenuto dalla forza anche militare e comunque economica, di costringere ogni altro alla compatibilità. Momenti di predominio che, per loro natura, non possono durare in eterno, le condizioni che lo rendono possibile tramontano, e i sistemi alternativi, resi subalterni e costretti ad aprirsi, per questo, apprendono, alzando il livello del confronto.
[8] - Cfr, per una descrizione parziale dei problemi che dovettero essere affrontati nella Conferenza di Bretton Woods, condotta sotto stretto controllo americano e con l’agenda seminascosta di consolidarne il dominio morbido sul mondo che la guerra rendeva evidente, davanti alla necessità di ridisegnare gli assetti del mondo e garantire la rimozione delle cause della tragica doppia guerra civile europea (identificati negli squilibri di capitale e nelle guerre commerciali derivanti) si veda … Keynes
[9] - Il relativo dominio industriale e quindi commerciale degli USA, nel campo occidentale, e quello dell’Urss, nel relativo campo, determina le condizioni per un capitalismo a competizione temperata e sufficientemente minacciato dall’esempio sovietico da non poter forzare la mano alle forze sociali organizzate del lavoro. In un quadro di aspra conflittualità il capitale si trova inibito dalla sua principale fonte di forza, la mobilità (arrestata dagli accordi presi), e d’altra parte a partire dagli anni cinquanta si trova ad essere ancorato al dollaro, un dinamico squilibrio si istituisce tra la tendenza della competizione intercapitalistica, sia entro sia tra sistemi di regolazione intrecciati, ad erodere il saggio di profitto e le controforze determinate dal capitale pubblico, che fornisce beni sottratti alla logica di mercato, sia dalla intensificazione della produttività per via tecnologica e sociale, sia, infine, dalla espansione dei consumi e quindi dei mercati. Fino a che questo meccanismo resta in ascesa se ne giovano sia i lavoratori, che vedono crescere il proprio reddito disponibile e i beni pubblici disponibili (reddito indiretto) sia il capitale, che guadagna in estensione quel che perde in intensità dello sfruttamento. Si tratta, sotto molti profili di quel che Minsky (1975) chiama “keynesismo privatizzato” che coltiva gli elementi destabilizzanti nascosti in particolare nell’intrinseca instabilità della moneta finanziaria.
[10] - Con la necessaria sintesi, una crisi competitiva, dato che l’industria americana non aveva più lo schiacciante predominio che aveva determinato l’esito della crisi delle due guerre, ed era sfidata da potenze industriali emergenti di vario rango, tra le quali il Giappone, la Germania, la stessa Italia, e le prime “tigri asiatiche”. Ma anche una crisi militare (con i costi di protezione che esplodono ed i costi delle due guerre semiperse di Corea e Vietnam ad erodere anche il prestigio). Ciò che accade in quegli anni è che il progetto del dopoguerra, creare mercati per l’industria USA, facendo ripartire i consumi del mondo al contempo creando delle aree forti, ma subalterne, anche in prospettiva antisovietica, dei guardiani del faro, nella Germania e nel Giappone, incontra i suoi limiti. Il piano egemonico statunitense prevedeva, per restare in equilibrio, che l’eccedenza commerciale venisse reinvestita nelle aree captive (Europa e Giappone), facendo leva sui paesi d’ordine (Germania e Francia nel caso europeo). Mentre l’industria centroeuropea doveva trovare sbocco in particolare nell’aurea comunitaria, l’industria giapponese vede il sostegno direttamente del mercato americano e delle guerre d’area, come stimolo aggiuntivo. Ma la guerra del Vietnam finisce per costare quasi 300 miliardi di dollari complessivi, e crearono condizioni di inflazione che in cinque anni erosero di due punti il potere di acquisto degli americani e di diciassette i profitti medi delle imprese. Contemporaneamente la “grande società” di Lyndon Johnson presentò il suo conto e il governo federale dovette far lievitare enormemente il debito pubblico. Al 1971 le passività americane erano di 70 miliardi di dollari, a fronte di riserve d’oro di 12. Una enorme quantità di dollari inonda i mercati mondiali e genera pressioni inflazionistiche secondarie in Francia, Inghilterra e via dicendo. Ciò perché le regole del cambio fisso costringono i paesi europei, a loro volta, a fare espansione monetaria. In sostanza gli europei accusano gli Stati Uniti di esportare inflazione per finanziare il loro welfare (ai fini di garantirsi stabilità interna) e la guerra. L’ “esorbitante privilegio” di poter stampare dollari senza apparenti vincoli, mostrava il suo rovescio. Quando gli Stati Uniti passano da paese che esporta eccedenze, a paese che accumula deficit, quel vincolo comincia ad esportare instabilità. Allora, nel 1967 l’Inghilterra viola le regole e deflaziona la sterlina del 14%, costringendo gli USA ad impegnare il 20% delle riserve per mantenere il prezzo del dollaro rispetto all’oro (35 dollari per oncia), nel 1970 Paul Volcker, nominato sottosegretario al Tesoro, propone la soluzione di sospendere la convertibilità. Nel agosto 1970 la Francia e l’Inghilterra chiedono la conversione delle loro riserve in moneta ed il piano di Volcker, in risposta, scatta.
[13] - L’enorme aumento del costo delle materia prime, che provoca una serie devastante di effetti a catena, facendo aumentare i costi di produzione, l’inflazione, è un effetto della rottura di Bretton Woods nelle condizioni di grave squilibrio nella quale avviene. L’oro passa da 35 a 455 dollari l’oncia nel 1979, il dollaro perde il 35% del valore rispetto al marco ed il 20% sullo Yen ed il franco, il petrolio, influenzato da un cartello difensivo dei produttori, passa da 3 $ al barile a 30, dopo la guerra del Kippur, e via dicendo (tutte le materie aumentano, bauxite, rame, ferro, argento, …). L’effetto complessivo è che il resto del mondo finisce per finanziare il deficit americano, redistribuendo per via finanziaria le eccedenze nel mercato americano. I flussi di capitale invertono la loro direzione. Ma è necessario, dal punto di vista americano anche contenere la competizione che l’industria estera fa a quella americana, e a tale fine l’incremento dei fattori produttivi (dato che gli USA hanno ingenti risorse di materie prime) sono una buona strada.
[17] - Il riferimento è al famoso libro di Fukuyama, “La fine della storia”.
[18] - Per un confronto con spessore storico tra il capitalismo latino e quello anglosassone, a volte definito, protestante, si veda Luigino Bruni “Il mercato e il dono”.
[20] - Nella distorsione prospettica per la quale ognuno, equivocando la natura sociale di ogni possibile potere e di ogni possibile piacere e consumo, si pensa vincitore, quando è tanto più probabile non esserlo.
[24] - Che, naturalmente, ‘felice’ è stata solo per chi riusciva a posizionarsi nei pressi dei flussi di capitali caldi che attraversavano il mondo e sembravano non avere limiti.
[25] - In Usa con un’espansione monetaria imponente e tempestiva, accompagnata da estensioni di protezione e garanzie esclusivamente estese alla parte finanziaria dell’economia (di cui è riconosciuta la centralità sistemica e il potere reale), insieme ad una costante intensificazione dello sfruttamento, in Europa con l’insorgere di una economia duale, con un ‘core’ dedito all’esportazione ed all’accumulo di attivi finanziari, riciclati nei mercati in espansione, ed una periferia costretta ad una brutale austerità per dare priorità al servizio del debito nei confronti del centro. Cfr. Streeck “l’ascesa dello Stato di consolidamento europeo”.
[26] - L’intero equilibrio, e tutte le politiche postkeynesiane, sul piano del consenso sono inconsapevolmente appoggiate sulla pacificazione sociale creata dalle politiche welfariste. L’attuale “Rivolta degli elettori”, come efficacemente scrive Spannaus, e quindi l’intera perdita di stabilità politica dell’occidente, in modo singolarmente simile alla crisi descritta da Polanyi, è invece causata dall’erosione insopportabile per le biografie concrete di troppi della sicurezza esistenziale che era stata prodotta (e delle classi medie che la incarnavano). Le politiche liberiste, concentrate sulla riduzione della ‘minaccia’ della burocratizzazione e dei sistemi di regolazione, sentiti come oppressivi, e quindi operanti per via di deregolazione e disgregazione dei corpi intermedi protettivi della società (inclusa la stessa democrazia rappresentativa, a ben vedere, cfr, ad esempio Peter Mair, “Governare il vuoto”) hanno insomma distrutto la base sociale del loro consenso. Promettendo felicità hanno portato incertezza ed angoscia.
Enrico Grazzini è giornalista economico, autore di saggi di economia, già consulente strategico di impresa. Collabora e ha collaborato per molti anni a diverse testate, tra cui il Corriere della Sera, MicroMega, il Fatto Quotidiano, Social Europe, le newsletter del Financial Times sulle comunicazioni, il Mondo, Prima Comunicazione. Come consulente aziendale ha operato con primarie società internazionali e nazionali.
Ha pubblicato con Fazi Editore "Il fallimento della Moneta. Banche, Debito e Crisi. Perché bisogna emettere una Moneta Pubblica libera dal debito" (2023). Ha curato ed è co-autore dell'eBook edito da MicroMega: “Per una moneta fiscale gratuita. Come uscire dall'austerità senza spaccare l'euro" ” , 2015. Ha scritto "Manifesto per la Democrazia Economica", Castelvecchi Editore, 2014; “Il bene di tutti. L'economia della condivisione per uscire dalla crisi”, Editori Riuniti, 2011; e “L'economia della conoscenza oltre il capitalismo". Codice Edizione, 2008
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