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M5S: in ginocchio da Renzi

di Leonardo Mazzei

Renzi-grillo 1403268019In ginocchio da Renzi. Gli hanno fatto 10 domande e loro gli hanno detto 10 SI'. Certo, lo hanno fatto ribadendo diverse obiezioni. Ma lo hanno fatto, mettendolo perfino per scritto. Sulla sostanza della proposta di legge del M5S - un finto proporzionale alla "spagnola", di fatto un maggioritario antidemocratico - abbiamo già argomentato in un altro articolo. Ora, con i 10 SI' di ieri, la sbandata di M5S si è fatta ancora più grave.

Nelle dieci risposte al Pd, i primi due SI' sono quelli decisivi. Con il primo si accetta il doppio turno, in base alla premessa renziana che "un vincitore ci vuole sempre". Con il secondo si accetta addirittura il premio di maggioranza, purché preventivamente vagliato dalla Corte Costituzionale. Ipotesi sulla quale anche Renzi sembrerebbe d'accordo.

Il principio secondo cui "un vincitore ci vuole sempre" era proprio quello alla base del Porcellum, realizzato in quel caso attraverso un premio di maggioranza senza soglia minima. Il doppio turno garantisce quello stesso risultato, senza bisogno di un premio di maggioranza esplicito, dato che il premio - lo scarto cioè, potenzialmente anche altissimo, tra la percentuale dei voti e quella dei seggi - è garantito implicitamente dal meccanismo stesso.

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Cosa si dicono i padroni

Uno spaccato dell’economia italiana

Clash City Workers

2014 07 04 direzioneMentre dalle nostre parti, cioè dalle parti dei nostri, dei proletari, si cerca di tirare su due soldi per una vacanza, di mantenere il posto di lavoro a rischio, o ci si affanna a capire in cosa ci si dovrà buttare a settembre per non stare un altro anno con le mani in mano, i padroni italiani e i loro intellettuali sono in piena fibrillazione. Ogni giorno escono documenti di analisi di centri di ricerca, che vengono puntualmente “tradotti” in articoli, interventi politici, agende etc. È infatti appena iniziato il semestre di Presidenza italiana dell’Unione Europea, e si tratta di un’occasione ghiottissima per la borghesia italiana. Perché? Fondamentalmente, per due motivi.

Primo, verso l’esterno: questo semestre verrà utilizzato dal Governo per difendere con forza, attraverso la retorica della “crescita versus austerity”, gli interessi della borghesia italiana che, lo diciamo semplificando, essendo impossibilitata in questo momento a competere in termini di produttività, investimenti, etc. con le altre borghesie, ad esempio quella tedesca, ha bisogno di maggiore “flessibilità” sui patti europei, per poter far ripartire un po’ di domanda interna e dunque di produzione, di occupazione e quant’altro.

Secondo, verso l’interno: il semestre è una bella occasione per la borghesia italiana (e per il Governo Renzi che in questo momento riesce a interpretare gli interessi della sua quasi totalità) perché può essere usato come una leva, un ricatto, per paralizzare i possibili “oppositori” e portare a casa in tempi rapidi riforme significative, ovvero attacchi ai lavoratori, alle classi subalterne, alla loro possibilità di farsi sentire.

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inchiesta

Expo 2015 e la corruzione negli appalti pubblici

Tommaso Cerusici intervista Ivan Cicconi

expo-2015In queste settimane è esploso lo scandalo per gli appalti di Expo 2015. Ci descrivi – dal tuo punto di vista – cosa sta succedendo nel mondo degli appalti, proprio a partire da questa ennesima vicenda di tangenti e corruzione che vede implicati politici, imprenditori e affaristi?

Il 17 aprile 2014 sono state pubblicate in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea tre nuove direttive: le numero 23, 24 e 25, che vanno ad aggiornare le precedenti direttive europee sugli appalti pubblici; si tratta dell’aggiornamento delle regole del governo della spesa e degli investimenti pubblici. Stiamo parlando di un settore che riguarda circa il 25-30% del Pil europeo e, per quanto riguarda l’Italia, un valore che si aggira sui 300-350 miliardi di euro. Qualsiasi discorso che punti alla spending review, all’ottimizzazione della spesa e degli investimenti pubblici, non può prescindere dalle regole definite dall’ordinamento europeo con queste tre direttive. Il 25 maggio abbiamo votato: non c’è stato alcun partito politico e nessun candidato che abbia minimamente accennato a queste tre direttive europee.

Lo scandalo di Expo 2015 è il figlio di questa assoluta disattenzione rispetto alle regole che governano la spesa pubblica. Oltre a questo si somma anche la scarsa consapevolezza o – se si vuole – la totale ignoranza della classe dirigente del nostro Paese delle modifiche profonde, che sono intervenute in questi ultimi anni negli apparati produttivi, nel sistema politico dei partiti, nell’assetto organizzativo e istituzionale e nella gestione dell’amministrazione pubblica.

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coordinamenta

Lo stato delle cose in una nuvolosa estate

di Elisabetta Teghil

nuvolosa-estate-3Le recenti elezioni per il parlamento europeo hanno confermato quello che già si sapeva, cioè che l’elettorato italiano è in larga misura di destra, con forti connotati anticomunisti. Infatti, la sinistra, intesa come M5S e Lista Tsipras, ha raccolto il 25% dei voti. Non è questa l’occasione per chiarire cosa intendiamo per sinistra e se gli uni e gli altri, Pentastellati e Lista, facciano parte a pieno titolo del panorama di sinistra, certo è che il Partito Democratico, così come gli altri partiti socialdemocratici in Europa, si è trasformato in destra moderna ed equivoci non ce ne sono , né all’andata, né al ritorno perché il loro programma politico è esplicito e chiaro e chi li sostiene li percepisce giustamente come tali.

Soffermandoci sull’Italia, ma il ragionamento si può estendere anche agli altri Paesi, il PD ha rinunciato ai connotati propri della cultura socialdemocratica riformista e gradualista per sposare la causa neoliberista che si è proposto di naturalizzare in Italia.

Il neoliberismo, penso che tutte/i conveniamo, è un attacco a tutto campo al mondo del lavoro, alle sue conquiste, traduce tutto in merce, smantella lo stato sociale… E’ un modello che è nato negli USA, testato in corpore vili nel Cile di Pinochet e passato in Europa attraverso l’Inghilterra.

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manifesto

Il mantra mediatico delle riforme

di Alberto Burgio

mass mediaNon credo di essere il solo a pro­vare nau­sea per l’ossessivo mar­tel­la­mento sulle «riforme». Un incubo. In pas­sato abbiamo denun­ciato l’abuso di que­sto nobile lemma del les­sico poli­tico, e l’ironia che ne ribal­tava il senso. Sullo sfondo della glo­ba­liz­za­zione neo­li­be­ri­sta, «riforme» erano i colpi inferti alle con­qui­ste sociali e ope­raie, dalle pen­sioni alle tutele del lavoro, al carat­tere pub­blico di sanità, scuola e uni­ver­sità. Non ave­vamo ancora visto nulla. Non ave­vamo imma­gi­nato che cosa sarebbe stato il man­tra delle riforme al tempo del ren­zi­smo trion­fante. Non c’è gior­nale né tele­gior­nale che non gli dedi­chi il posto d’onore. E che fior di riforme! Da set­ti­mane ten­gono banco quelle del pub­blico impiego e del Senato: la pre­ca­riz­za­zione del primo e il ridi­men­sio­na­mento del secondo, tra­sfor­mato in una docile Camera degli ammi­ni­stra­tori.

Nel merito di entrambe ci sarebbe molto da dire. Il governo stra­parla di cre­scita e occu­pa­zione, ma intanto minac­cia i dipen­denti pub­blici – notori nababbi fan­nul­loni – con misure che scon­vol­ge­ranno let­te­ral­mente la vita di milioni di fami­glie, soprat­tutto se il lavo­ra­tore in que­stione è una donna con figli. Quanto al Senato, il dise­gno è stato demo­lito dai più impor­tanti costi­tu­zio­na­li­sti, che hanno mostrato come esso miri, in siner­gia con la nuova legge elet­to­rale, a costi­tu­zio­na­liz­zare la pri­ma­zia dell’esecutivo quale pro­dut­tore di norme. Cioè a rove­sciare l’ispirazione anti-autoritaria della Carta del ’48. Ma non è della sostanza delle riforme che vor­rei par­lare, bensì del deplo­re­vole stato dell’informazione poli­tica, tra le prin­ci­pali con­cause – credo – del disa­stro italiano.

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economiaepolitica

Renzi, Draghi e l’Italia che affonda

Luigi Pandolfi

Italia-che-affondaSpentisi gli effetti euforici della droga mediatica propinata a piene mani nel corso della campagna elettorale da poco conclusasi, le criticità della situazione economica italiana stanno venendo vigorosamente a galla, in tutta la loro drammaticità.

Gli ultimi giorni sono stati caratterizzati da una girandola di notizie sull’evoluzione del quadro macroeconomico nazionale e sulle misure che il vero dominus delle politiche economiche europee, la Bce, ha annunciato per bocca del suo presidente Mario Draghi. Cerchiamo di fare il punto, partendo dai fondamentali, ovvero dallo stato di salute del nostro Paese.

Come ha confermato recentemente l’Istat[1], il Pil italiano è diminuito nel 2013 dell’1,9%, ma non in modo omogeneo da un capo all’altro della penisola. Si va da un -0,6% nel Nord-Ovest ad un secco 4% nel Mezzogiorno. Italia sempre più duale, insomma. E l’occupazione? Le cifre sono ormai da capogiro. Nel primo trimestre del 2014 il tasso di disoccupazione ha toccato il 13,9% (+ 0,8% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno), con quella giovanile al 46%. Al Sud siamo più vicini alla Grecia che al resto del paese: tasso generale al 21,7%, che sale fino al 60,9% tra i giovani.

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campoantimp2

Spagnolo a 5 stelle

Leonardo Mazzei

matteo-renzi-beppe-grillo-legge-elettorale-italicum-democratellum-5L'hanno chiamato Democratellum ma non si sa bene il perché

Cari amici del M5S non ci siamo proprio. Il problema non è la disponibilità a discutere con Renzi di legge elettorale. Il problema è piuttosto il contenuto della proposta di legge presentata alla Camera dei Deputati.

Quando, all'inizio dell'anno (leggi QUI), Renzi lanciò la sua offensiva sulla nuova legge, tre furono le opzioni avanzate: il sistema delle comunali, il Mattarellum, il sistema spagnolo. Poi, pochi giorni dopo, previo accordo con Berlusconi, quell'offensiva produsse il mostruoso Italicum, un incredibile incrocio tra il doppio turno delle comunali ed il premio di maggioranza del vecchio Porcellum, con l'aggiunta di soglie di sbarramento di tipo turco.

Per adesso questo obbrobrio giace su un binario morto. Lo sbruffone fiorentino ha dalla sua la forza di chi ha vinto nettamente le elezioni europee, ma deve fare i conti con le resistenze, più o meno sommerse, di chi a gennaio aveva sottoscritto il "Patto del Nazareno". Vecchie, presunte, convenienze stanno forse venendo meno.

E' in questo quadro che va letta l'iniziativa del M5S. Un tentativo di inserirsi in uno scenario assai fluido per cercare di limitare i danni della legge renziana.

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sinistranoeuro

Cosa ci insegna il convegno fantasma

Mimmo Porcaro

euro-no-grazieIl 14 giugno avrebbe dovuto svolgersi a Bologna un convegno su euro e dintorni, relatori Alberto Bagnai e chi scrive. Prima di parlare dei motivi per cui il convegno non si è svolto, vorrei dare un’idea di quello che avrebbe potuto essere.

Si trattava, io credo, di prendere atto delle tesi di Bagnai, molte delle quali sono incontrovertibili, e di chiedersi che cosa ne possa conseguire dal punto di vista politico. E quel che ne consegue non è un argomento in più da aggiungere alla lista delle cose da “approfondire” (che poi, nel gergo della sinistra, vuol dire “censurare”). E nemmeno un tema in più da affiancare a quelli soliti: c’è l’ambiente, ci sono i diritti civili e, toh!, c’è l’euro. E’ piuttosto qualcosa che implica addirittura la ridefinizione generale della strategia della sinistra (e dello stesso significato di questo abusatissimo termine), e quindi la costruzione, né più né meno, di una nuova forza politica.

Sì, perché la critica senza appello dell’euro e dell’Unione europea, la comprensione dei motivi che hanno spinto le nostre classi dirigenti verso l’europeismo dogmatico (ossia l’uso del vincolo esterno per regolare i conti interni con i lavoratori), la polemica contro le false spiegazioni della crisi italiana (casta, corruzione, debito pubblico) e l’ascrivere invece questa crisi, nella sua essenza ultima, al debito privato ed alla volontaria sottomissione al capitalismo nordeuropeo, possono condurre a conclusioni assai impegnative. E possono farci dire che l’alleanza dei lavoratori italiani con la frazione europeista del nostro capitalismo è un patto a perdere.

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economiaepolitica

Le ragioni del referendum contro il Fiscal Compact

Riccardo Realfonzo*

referendumIl rispetto del Fiscal Compact – il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance dell’unione economica e monetaria, sottoscritto nel 2012 - costringerebbe il governo italiano a praticare ulteriori drastiche politiche di austerità, per i prossimi due decenni. Si tratta di impegni che tecnicamente non possono essere rispettati, a meno di volere trascinare il Paese in una prolungata recessione dagli effetti sociali devastanti. Per questa ragione, è bene che gli italiani si esprimano sul referendum che abbiamo proposto, respingendo un approccio di finanza pubblica pesantemente restrittivo che non ha alcuna giustificazione tecnico-scientifica. Il referendum ha per oggetto aspetti specifici della legge 243 del 2013, la quale dà attuazione al principio del pareggio di bilancio recentemente introdotto nella Costituzione (con la legge costituzionale n. 1 del 2012). Tuttavia, il significato politico del referendum è molto chiaro: si tratta di chiedere ai cittadini di esprimersi finalmente sull’intero sentiero di austerità previsto dal Fiscal Compact.

Per inquadrare la questione, è opportuno sottolineare che le politiche di taglio della spesa pubblica e incremento della pressione fiscale hanno già avuto effetti devastanti nell’eurozona.

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Vergogna Renzi: un nuovo scudo fiscale è alle porte

di Alfonso Gianni

Se da un lato il premier Renzi tuona a parole contro la corruzione politica, dall’altra il suo governo pare abbia pronto un nuovo scudo fiscale. In molti negano ma un maxi emendamento in Parlamento parla di "voluntary disclosure", modo gentile e camuffato per un ennesimo colpo di spugna nei confronti degli esportatori illegali di capitali

padoan-renziIn una recente intervista, tra le pluriquotidiane rilasciate da quando è insediato, il Presidente del consiglio Matteo Renzi, in questo caso parlando nel ruolo di segretario del Pd, ha dichiarato che andrebbero cacciati a calci nel culo coloro che si fanno corrompere nell’esercizio delle loro funzioni pubbliche. Riferendosi anche ai membri del suo partito colti con le mani nella mazzetta. L’espressione non era raffinata, ma, si potrebbe dire, quando ci vuole, ci vuole! Peccato che contemporaneamente indiscrezioni giunte alla stampa solitamente bene informata, ci rivelino l’esistenza del testo in definizione di un decreto che attuerebbe un nuovo maxicondono per favorire il rientro dei capitali trafugati all’estero. Un nuovo scudo fiscale.

Che ci sia ognun lo dice, di chi sia nessun lo sa. Come al solito la notizia è stata accompagnata da diversi non so, più che da vere e proprie smentite. Il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan, cui spetterebbe la titolarità della materia, dichiara di non saperne nulla. Qualcuno del suo entourage suggerisce maliziosamente di cercare dalle parti della ministra dello Sviluppo Economico Federica Guidi. In fondo non è stata proprio lei, intervenendo recentemente all’assemblea annuale della Confindustria a nome del governo, a dichiarare che bisogna smetterla di criminalizzare il profitto?! Ma sì, proprio lei, come titolava il Sole24Ore con malcelata soddisfazione. La materia non sarebbe di sua competenza, ma si sa tra ministri ci si aiuta, tanto più che la scusa per il condono è che i capitali rientrati in Italia vengano reinvestiti nelle aziende e quindi la cosa verrebbe presentata come una norma a favore dello sviluppo economico del nostro paese.

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sebastianoisaia

Sognando Berlinguer

Massimo Recalcati e i «falsi miti edonistici del capitalismo»

Sebastiano Isaia

99572 sfintii mucenici episcopi din chersonA pagina 48 del saggio Patria senza padri (Minimun fax, 2013), Massimo Recalcati ci regala una confessione che, credo, spiega molto delle sue inclinazioni politiche e psicoanalitiche: «Sognavo spesso Berlinguer. Lo sognavo proprio negli anni infuocati della mia giovane militanza politica». Recalcati ci informa che alla fine degli anni Settanta questo sogno era condiviso, con un certo imbarazzo, da molti altri suoi compagni di militanza politica (area Lotta Continua, con simpatie per il Partito Radicale e per il mondo “libertario” che stava “a sinistra” del PCI e “a destra” dell’Autonomia Operaia), ma che solo pochi lo presero sul serio, e fra questi bisogna ovviamente annoverare lui.

Per il noto psicoanalista, «massimo esponente italiano della scuola di Lacan», Enrico Berlinguer rappresentò una sorta di principio d’ordine che riuscì a salvarlo dalla folle deriva edipica che allora trascinò un’intera generazione di giovani contestatori nel buco nero del terrorismo: «I terroristi assomigliano al mostro che volevano combattere. Il terrorismo è stato la rivolta dei figli contro i padri» (p. 47). Questa tesi potrei pure sottoscriverla, anzi la sottoscrivo senz’altro, una volta però che sia stata fatta chiarezza circa il punto di vista da cui la cosa mi appare plausibile: «tutta la partita edipica si gioca all’interno della famiglia del comunismo». Non c’è dubbio.

Chiarito, beninteso, che ciò che Recalcati definisce «famiglia del comunismo» per me non ha nulla a che fare con il comunismo di Marx, da me sempre concepito come movimento di lotta delle classi dominate teso a conquistare per tutti gli individui il Regno dell’Umanità.

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Vogliono tutto!

Un appunto su Confindustria, Bankitalia, Renzi e la fase post-elettorale

Clash City Workers

 73543142 4177e052-c200-44fd-b39f-4daa44f44d72Queste giornate post-elettorali ci consegnano uno scenario politico quanto mai in fermento. E non ci riferiamo tanto al dibattito interno ai partiti, costretti a riconfigurare il loro intervento alla luce dei risultati delle Europee – pensiamo alle polemiche che stanno attraversando il Movimento 5 Stelle (su cui fanno pressione i media mainstream nella speranza che il giocattolo di Grillo finalmente si rompa), alle spinte “centriste” di SEL che vuole entrare nel PD, allo spostamento di Forza Italia verso la Lega etc…

Ci riferiamo piuttosto a una certa fibrillazione di tutti gli attori del mondo padronale che, preso atto del grosso score del PD di Renzi, su cui pure hanno investito un bel po’ in questi mesi, ora vogliono passare velocemente all’“incasso”. Consapevoli che elezioni europee hanno dato un consistente (per quanto a nostro avviso momentaneo) sostegno alle politiche dell'ex-sindaco di Firenze e al suo giovane governo del fare, ora vogliono tutto!

Ecco quindi che Confindustria e Bankitalia fra tutti vanno giù di analisi e prescrizioni che puntano a dare la linea al Governo, a spingerlo a intervenire sui campi più diversi, ed ecco che prontamente Renzi “traduce” alla direzione del PD di stamattina le loro volontà.

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linterferenza

L’insostenibile leggerezza del PD

Fabrizio Marchi

Renzi-Roma-638x425E’ trascorsa una settimana dal voto europeo e mi sembra giusto cominciare a fare qualche riflessione relativamente a “freddo”, a bocce ferme, come si suol, dire, o quasi, sui risultati ottenuti dalle varie formazioni politiche. E’ bene iniziare dal risultato più eclatante e politicamente più rilevante (insieme alla sconfitta del M5S che però merita anch’essa una riflessione a parte) e cioè il trionfo del Partito Democratico in versione renziana

Andiamo per ordine.

Ho sentito in questi giorni molti osservatori ed analisti politici avanzare dei parallelismi tra il PD renziano  e la vecchia Democrazia Cristiana.  Sono solo parzialmente d’accordo, perché è vero che ci sono degli elementi che li accomunano ma è altrettanto vero, a mio parere, che la natura e in parte anche la “mission”  dei due partiti sono profondamente diverse.

La Democrazia Cristiana, come il PD,  era un partito interclassista che però, a differenza del secondo, operava una reale mediazione sociale. La conciliazione o il tentativo (in parte riuscito) di conciliazione fra le parti sociali e fra stato e mercato, costituiva il cuore e la natura di quel partito nonché il baricentro della sua azione politica. 

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megachip

Il caso Grillo-Farage

Ovvero: bastona il cane finché non affoga

di Pino Cabras

Anche ai più smaliziati arriva solo la notizia che Farage sarebbe sessista, omofobo e razzista, un vero fascista albionico. Tutto falso, ecco perché

Farage

La Repubblica e il resto del coro del giornalismo in mano agli oligarchi italiani - ringalluzziti dalla recente vittoria elettorale del loro cavallo di razza, Matteo Renzi - continuano la loro campagna contro Beppe Grillo su un nuovo fronte, nato dai recenti colloqui del leader dei cinquestelle con Nigel Farage, capo del partito britannico UKIP. La campagna si concentra ora su questo partito, del quale i giornali non raccontano l'evoluzione né la storia, bensì riportano le frasi orribili pronunciate da suoi ex membri che sono stati espulsi proprio per quelle frasi.

Altre frasi inserite nella galleria degli orrori da esecrare sono invece ascrivibili direttamente a Farage. Il problema è che le sue dichiarazioni sono state tolte brutalmente dal loro contesto (di cui i media non forniscono alcuna chiave) e reinserite in un contesto nuovo che le contamina, una volta che sono associate alle frasi di coloro che Farage aveva espulso. L'effetto è distruttivo e non risparmia nemmeno i più smaliziati lettori, ai quali arriva solo la notizia che Farage sarebbe sessista, omofobo e razzista, mentre l'UKIP sarebbe una specie di partito fascista albionico. Gli stessi giornali, in questi stessi giorni, continuano a ignorare che il governo ucraino e i suoi nuovi apparati di sicurezza hanno forti componenti di partiti fascisti, gente che fa il passo dell'oca. Questi media: dove c'è fascismo, non lo vedono, e dove non c'è, lo vedono.

Sessismo nell'UKIP? Eppure, su 24 europarlamentari UKIP eletti nel 2014, si contano 7 donne, il 30 per cento, in parte candidate come capolista nelle circoscrizioni britanniche, e tutte con funzioni dirigenti di primo piano. È una media superiore a quella di molti partiti italiani di sinistra nella loro storia. La leader del movimento giovanile, Alexandra Swann, è un'oratrice efficace portata in palmo di mano nel partito.

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sollevazione2

La resistibile ascesa di Matteo Renzi

di Leonardo Mazzei

in-bici-con-renzi-9Adesso c'è già chi parla di "nuova Dc" e di un "altro ventennio".

Secondo molti gli italiani, come se lo avessero scritto nel loro Dna, avrebbero trovato il moderno "uomo del destino". Si tratta, a mio modesto parere, di solenni sciocchezze. Sciocchezze che non è difficile confutare, senza per questo sottovalutare le gravi conseguenze immediate dell'indiscutibile vittoria del berluschino fiorentino.

Nel breve periodo Renzi potrà affondare con facilità i suoi colpi, accelerando ancor di più sulla legge elettorale, le controriforme costituzionali, le privatizzazioni, la precarizzazione del lavoro. Un bottino non da poco, che spiega l'entusiastico sostegno di tutti i principali centri del potere economico e finanziario.

Era questa la vera posta in gioco delle elezioni del 25 maggio in Italia, ed era principalmente per questa consapevolezza che ci siamo pronunciati per il voto al M5S. Non va dunque sottaciuta la portata della sconfitta subita: sconfitta politica con gravi conseguenze per la democrazia, che verrà pagata sul piano sociale dalle classi popolari.