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cumpanis

Sulla caduta del Muro di Berlino

di Fosco Giannini

Il 9 novembre del 1989 cadeva "L'Antifaschistischer Schutzwall", il "Berliner Mauer", il Muro di Berlino. In questo 9 novembre 2022 proponiamo un breve saggio, su quella caduta, di Fosco Giannini, scritto nel novembre del 2019, dal titolo "I giorni violenti della menzogna. A trent'anni dalla caduta del Muro di Bderlino" ed enucleato dal libro dello stesso Giannini "Liberare i Popoli", Casa Editrice "La Città del Sole"

IMMAGINE COSTRUZIONE NURO DI BERLINOIn questi giorni, coi fescennini e i canti tribali di un’orgia disgustosa, i media italiani e di tutto l’occidente capitalistico celebrano i trent’anni dalla caduta del Muro di Berlino, 9 novembre 1989. I canti tribali, col monotòno anticomunista, occupano ogni televisione nazionale e privata, ogni radio, ogni giornale, ognuno dei cento e cento siti “politici” e “culturali” dispersi nella Rete, tutta la Rete. L’azione vandalica si estende su di un terreno vastissimo, ma il messaggio è unico e totalizzante: il Muro di Berlino è stato l’orrore, l’oscurità della Storia, il disumano, ed esso ha incarnato il socialismo stesso, che dunque è oscurità e orrore. L’apparato semantico dell’intero sistema mediatico occidentale è un esercito distruttore in cammino e nel suo procedere implacabile, nella sua narrazione non ha né dubbi né zone grigie, né analisi né storicizzazione: il Muro è stato eretto “improvvisamente”, il 13 agosto del 1961, per volontà di un gruppo dirigente folle e maligno, perché così è il socialismo, erige muri, semina terrore, senza motivazioni. Dal fiume infinito di articoli, saggi, trasmissioni sul trentesimo anniversario della caduta del Muro non emerge una frase, un rigo appena, un modesto accenno ai perché storici di quella edificazione e un giovane lettore può pensare che lì, nella Germania Est, semplicemente, come in un graphic novel americano, s’estendeva il Regno del Male. Al contrario, un’intera letteratura sociologica si riversa dai media per imporre l’idea che al di là del Muro vi era un intero popolo reso schiavo dalla dittatura comunista, vi era una parte della Germania ridotta ad un’unica ed opprimente caserma, uomini e donne dall’anima incatenata e dai corpi che conoscevano solo la miseria e la fame.

Questo quadro è dipinto dall’esercito di giornalisti e intellettuali d’osservanza capitalistica che il mainstream occidentale ha sguinzagliato per raccontare il Muro di Berlino. Il compito che la classe dominante ha dato a questo esercito è stato quello di costruire una falsa coscienza di massa, in tutta Europa, in tutto l’occidente, volta a identificare il socialismo con la repressione e il terrore, elevando il Muro a paradigma di questo nefasto socialismo. Compito portato a termine, riuscito, poiché, ora, pochi altri eventi storici, secondo la narrazione odierna sul Muro, hanno in sé tanta densità del Male. Con tutto il Male che ora il Muro ha accumulato in sé diviene di second’ordine il male dell’atomica americana su Hiroshima e Nagasaki, il napalm americano sul Vietnam, il sangue versato dall’imperialismo francese in Africa, la tenebrosa “linea Pinochet”, ripetuta dagli USA in tutta L’America Latina, il “golpe” fascista dei colonnelli in Grecia, nel 1967 (solo sei anni dopo l’edificazione del Muro) sostenuto dagli USA e dalla NATO, la distruzione della Jugoslavia e l’uranio impoverito sparato dall’occidente buono per seminare leucemia sulle presenti e future generazioni, la distruzione dell’Iraq, della Libia, della Siria e i milioni di morti e di profughi prodotti dalle bombe buone dell’imperialismo, i nazifascisti organizzati dagli USA, dalla NATO e dall’Ue per sostenere il golpe in Ucraina: tutto questo male viene raccolto e spostato, in questi giorni, sul Muro di Berlino che in sé tutto lo raccoglie. Si chiama spostamento. Si chiama rimozione. E se la Storia, quella vera, un giorno, in occidente, rialzerà la testa, uomini come Ezio Mauro, de “la Repubblica”, apripista della menzogna sul Muro di Berlino e sul socialismo, dovranno essere messi alla gogna.

La cultura occidentale è fortemente segnata dalla categoria kantiana della “cosa in sé”, priva di relazioni con il tutto reale. Si potrebbe pensare, a partire da un tale assunto, a partire dalla potenza di fuoco ideologica dispiegata contro il Muro di Berlino che è il Muro in sé, ogni Muro, a indignare l’occidente capitalistico. Ma se fosse così, perché Ezio Mauro e l’intero esercito di aedi dell’occidente imperialista tacciono sul lungo Muro che Israele ha eretto per accerchiare e incarcerare il popolo palestinese nella sua stessa terra? Perché fingono di non vedere il Muro che la Corea del Sud (colonia americana) ha costruito nella Penisola di Corea, per dividere l’intero popolo coreano, secondo i voleri USA? Perché fingono di non vedere il Muro che ha eretto il Marocco contro il popolo sahraui, per contenerne la lotta liberatrice? Perché i mille giornalisti e i reggimenti di intellettuali che ora raccontano il Muro di Berlino come fosse il castello di Dracula, in Transilvania, non si strappano i capelli per il Muro che Obama ha eretto sul confine del Messico e che ora Trump allunga e rafforza? E oltre tutto ciò, oltre i muri di mattoni, di reticolati, c’è un immenso Muro che l’imperialismo ha eretto nel mondo intero, accelerandone l’edificazione nella fase post sovietica: quello economico, politico e militare che serve a separare i ristretti ceti ricchi del mondo dai vasti popoli della miseria, il Muro che serve a dividere i tre miliardi e mezzo di uomini e donne – i tre quarti della popolazione mondiale adulta che detengono complessivamente meno del 2,5% della ricchezza globale – dai signori della ricchezza e della guerra, difesi dalle spade degli USA e dell’occidente imperialista.

L’immenso festival occidentale che si sta svolgendo per demonizzare il Muro di Berlino e che in verità ha come obiettivo il socialismo stesso, il comunismo, ha bisogno, per funzionare, per conquistare la coscienza di centinaia di milioni di persone, di mettere impunemente in campo un intero apparato scientifico di menzogne. La prima delle quali è relativa al supposto ruolo che la Germania socialista (la Repubblica Democratica Tedesca, la RDT) avrebbe scientemente svolto per dividere l’intero popolo tedesco in due popoli contrapposti, uniti poi solo dalla caduta del Muro. Qui, la rimozione è titanica, la menzogna è spaventosa. Mentre l’Unione Sovietica, alla fine della seconda guerra mondiale, si dichiarava contraria alla divisione della Germania, furono proprio le potenze imperialiste (USA, Francia e Gran Bretagna) a lavorare strenuamente affinché le “zone” tedesche da esse militarmente occupate si distaccassero dalla “zona” tedesca occupata dall’Armata Rossa, nell’intento di costruire una Germania capitalista legata alle forze imperialiste e prioritariamente subordinata agli USA e alla nascente NATO. Per questo obiettivo (portare subito nel campo imperialista la parte tedesca potenzialmente più ricca e industrializzata), gli USA, la Francia e la Gran Bretagna non smantellarono affatto le strutture naziste (come invece avveniva nella “zona” sovietica) ma riconsegnarono immediatamente ruolo, dignità e libertà d’azione ai gruppi capitalistici tedeschi (a partire dalla Krupp e dalla Siemens) che avevano sorretto Hitler. Da questa linea franco-britannica-americana (in netto disaccordo con gli stessi accordi di Jalta e di Potsdam) prende corpo la divisione della Germania e si costituisce (il 23 marzo 1949, un solo mese prima, significativamente, della nascita della NATO) la Repubblica Federale Tedesca (RFT), il nuovo nocciolo imperialista tedesco consustanziale al fronte imperialista e anticomunista mondiale.

È solo a partire da ciò, da questo fatto storico centrale, che va compreso il senso ultimo dell’edificazione del Muro di Berlino. Senza contestualizzazione, l’edificazione del Muro appare, come vuole la propaganda imperialista occidentale, un’operazione di tetri tiranni. I gruppi dirigenti della SED (il Partito di Unità Socialista che guida la RDT dal 1949) erano invece gli eredi della grande cultura politica e filosofica tedesca di Marx ed Engels, di Rosa Luxemburg, Karl Liebknecht ed Ernst Thalmann. Erano gli eredi delle lotte contro le guerre imperialiste, delle grandi lotte per la pace e per la costruzione del socialismo.

La Guerra Fredda voluta dalle forze imperialiste (una Guerra Fredda che già si palesa come progetto del fronte imperialista durante la coda della stessa guerra calda, attraverso lo sganciamento dell’atomica su Hiroshima e Nagasaki) come risposta all’immenso prestigio che l’URSS aveva conquistato per la vittoria contro il nazifascismo e come reazione alla conseguente espansione universale dei valori del socialismo, muove i suoi primi passi proprio attraverso il lavorio, condotto dagli USA e dai suoi alleati, volto alla divisione della Germania attraverso la collocazione della Germania Ovest nel campo imperialista. La Guerra Fredda imperialista vede accelerare il suo passo, peraltro, proprio attraverso l’entrata della Repubblica Federale Tedesca nella NATO, nel 1955, atto che sancisce la rottura del progetto di pace mondiale sostenuto dall’URSS dopo gli orrori della seconda guerra mondiale e che costringe il campo socialista (ben sei anni dopo la costituzione della NATO) a rispondere all’aggressività militare imperialista con il Patto di Varsavia. Un altro, eclatante, avviso da parte degli USA che il progetto di pace è recisamente respinto sarà la guerra americana in Corea, dal 1950 al 1953. Ma sarà proprio contro la Germania socialista che si scatenerà con forza il disegno di un’immediata destrutturazione del “campo” e dei sistemi socialisti prodotti dalla fine della seconda guerra in Europa. Il progetto del ritorno ad una Germania imperialista riunificata e legata al fronte imperialista mondiale in funzione anticomunista e antisovietica è in nuce, tra gli USA e i suoi alleati, sin dalla strenuamente ricercata divisione della Germania e dalla costituzione della RFT e tale progetto è un tutt’uno col progetto di attacco e destrutturazione della RDT e dell’intero “campo” socialista dell’Europa dell’Est.

In questo contesto va compresa e ricordata la potentissima azione politica, economica e ideologica che gli USA e gli altri Paesi imperialisti iniziano a sferrare, sin dai primi anni ’50, contro la Repubblica Democratica Tedesca.

Fanno parte di questa Guerra Fredda contro il socialismo tedesco la secca e impunita autoriduzione, da parte della RFT (ma sollecitata dagli USA) del pagamento dei danni di guerra prodotti dal nazismo, danni per i quali la Germania filo americana pagò, infine, solo 2, 1 miliardi di dollari, a fronte dei 99,1 miliardi di dollari che pagò la Germania socialista. Questione, questa dell’enorme pagamento iniziale da parte della Germania socialista, che sta alla base della difficoltà del pieno sviluppo economico della RDT ed è parte significativa del dislivello costituitosi tra lo sviluppo economico della Germania dell’Ovest e quello dell’Est. Fanno parte di questa Guerra Fredda gli aiuti economici straordinari che gli USA e il fronte imperialista dettero alla RFT, nella lucida strategia volta a far emergere una differenza di sviluppo tra le due Germanie; fanno parte di questa Guerra gli aiuti economici americani volti a far sì che le aziende tedesche dell’ Ovest avessero i mezzi per attrarre, con stipendi dorati, gli scienziati, i tecnici e gli intellettuali della RDT nella Germania capitalista; fa parte di questa Guerra la messa in campo di una poderosa propaganda mediatica volta all’esaltazione delle “libertà” e della ricchezza della Germania capitalista, propaganda che si accompagna all’attivazione, all’interno stesso della RDT, di una vera e propria militanza intellettuale e sociale volta a denigrare la Germania socialista e mitizzare quella capitalista ( chi crede poco al ruolo dei servizi segreti USA nel determinare alcune vicende storiche pensi ai grandi investimenti di risorse economiche del bilancio USA verso tali pratiche). Fa parte di questa Guerra la costruzione, da parte dell’occidente capitalistico, della mitologia della miseria di massa nella Germania socialista. Vera e propria menzogna di fronte ai risultati concreti dell’economia socialista tedesca, che furono particolarmente positivi dopo il superamento dell’iniziale e rigido modello di economia pianificata e dopo l’attuazione de “Nuovo sistema economico di pianificazione e direzione” sostenuto dall’allora segretario della SED Walter Ulbricht e che portò, dal 1964 al 1970, ad una crescita annua media del reddito nazionale del 5% e ad un tasso di accumulazione addirittura del 20%. E ciò di fronte agli enormi problemi di partenza che subì l’economia socialista tedesca: l’enorme spesa per i ripagare i danni di guerra del nazismo (che, come abbiamo visto, la RFT non pagò); la penuria di materie prime (in gran parte allocate nella Germania capitalista); l’emigrazione sino al 1961, che il Murò tentò di contenere, verso l’Ovest, di due milioni di cittadini , circa il 20% dell’intera forza lavoro, specie tecnica, scientifica ed intellettuale attratta da ben più alti stipendi; la difficile integrazione nel Comecon, il mercato socialista segnato da economie deboli e più arretrate di quella tedesca e chiuso al mercato mondiale; la cosiddetta “dottrina Hallstein”, la linea politica della RFT indotta dagli USA che interrompeva i rapporti diplomatici con i Paesi che riconoscevano la RDT. Questione che allontanava ancor più la Germani socialista dalle relazioni e dal mercato mondiale.

E’ in questo contesto che va giudicata la scelta della RDT di innalzare il Muro di Berlino, nel 1961: la Guerra Fredda annunciava tempesta, la NATO era stata costituita per pensare ad una guerra vera contro l’URSS e i Paesi socialisti, il disegno di destabilizzazione del “campo socialista” dell’Europa dell’Est e soprattutto della Germania socialista era in pieno e ribollente svolgimento, verso la parte più avanzata e qualificata dei lavoratori della Germania socialista era stato lanciato l’amo tedesco-americano degli alti stipendi e ciò al fine di colpire l’economia socialista. Inoltre la guerra di Corea aveva chiarito che gli USA erano concretamente volti alla guerra, tant’è che nelle fabbriche della RDT gli operai erano in armi, pronti a difendere il socialismo. Il Muro si erige di fronte a tutto ciò, anche di fronte alla possibilità, che a partire dalla materialità delle cose di quella fase non si poteva affatto escludere, di un attacco militare tedesco-americano.

Si può naturalmente discutere sul fatto che la scelta di costruire il Muro fosse davvero funzionale alla difesa e agli interessi del socialismo, si può certamente discutere di quanto quella costruzione abbia fatto male all’immagine del socialismo. Ma irricevibili sono le speculazioni del fronte occidentale-capitalistico, accompagnate dalla socialdemocrazia e da tanta “sinistra”: quelle secondo le quali il Muro è stato un orrore e che questo orrore è il socialismo stesso.

In verità, quando il compito che si era dato l’imperialismo (abbattere il socialismo, riunificare la Germania in un unico polo imperialista) ha trovato compimento, proprio attraverso l’abbattimento del Muro di Berlino, ciò che è iniziato non è stato un periodo prospero per i tedeschi dell’Est. La riunificazione tedesca sotto la guida di Helmut Kohl altro non è stata che una violenta annessione (una vera e propria, nuova “Anschluss”) da parte della Germania capitalista ai danni di quella socialista e la distruzione dell’economia della Germania est, della sua industria, delle sue garanzie sociali, con la conseguente produzione di una disoccupazione e di una povertà di massa sono stati i segni drammatici di quella stessa annessione.

L’imperialismo tedesco riunificato, peraltro, non ha tardato a mostrare la propria essenza reazionaria, sia quale traino della guerra contro la Jugoslavia che come “comando imperialista” di un’Unione europea ultraliberista, antipopolare e neocolonialista. Il ruolo svolto dalla Germania riunificata ai danni del popolo greco, nell’intento di imporre le regole e lo spirito di Maastricht, rimarrà come un segno intangibile della prepotenza e della violenza del nuovo imperialismo tedesco. Mentre l’intero fronte imperialista che ora celebra i trent’anni dalla caduta del Muro di Berlino, cantata come la nuova via della pace e della libertà, ha segnato i decenni successivi a quella caduta e alla sconfitta dell’Unione Sovietica con guerre, distruzioni e stragi di massa disseminate in ogni angolo del pianeta.

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