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 nazione indiana

Errore di sistema

di Alessandro Busi


carcereLa settimana scorsa parlavo con F., un detenuto della redazione di Ristretti Orizzonti con un importante curriculum carcerario alle spalle. Gli chiedevo un parere sulla storia di Stefano Cucchi e lui, lapidariamente, mi ha guardato e mi ha detto:

Cosa c’è da dire Ale? In carcere queste cose sono normali. Infatti, io non capisco tutta questa attenzione da fuori, ‘sto giro.

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Il risultato dell’autopsia di Stefano Cucchi è stato questo: sangue nel suo stomaco e nella vescica, un vasto edema cerebrale, ecchimosi sul volto, traumi plurimi e due vertebre rotte (la terza lombare e la sacrale).

Ora, ciò che succede in questi giorni, è che giustamente la famiglia vuole sapere la verità di quanto accaduto a Stefano. Chi gli ha fatto queste lesioni, perché, perché nessuno li ha informati, perché gli hanno proibito di vederlo in quei giorni…La famiglia chiede tutto questo, perché è disumano quanto è stato fatto a lui e a loro, quindi vogliono sapere chi sono i responsabili. Ovviamente, anche la società civile si mobilita di fronte a questo fatto. I giornalisti si indignano, i politici si impegnano a fare interrogazioni parlamentari e la gente si costerna: si costerna, s’indigna, s’impegna, poi… A questo punto, quindi, la macchina è partita e procede per un percorso che, personalmente, trovo prevedibile e divisibile in due blocchi, in due fasi.

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punto rosso

Il servo, la puttana, il moderato: tre figure della democrazia reale

di Stefano Calzolari

berlusconi daddarioCi sono tre figure della democrazia reale che hanno goduto di grande attualità in quest’ultimo periodo: il servo, il puttana, il moderato. Meritano qualche veloce osservazione, al di fuori delle righe di cronaca.

Partiamo dalla più complicata, e anche da quella di cui non si parla quasi mai, il servo. Non se ne parla, ma viviamo in un tempo in cui il servo potrebbe fungere come emblema: per tutti coloro che dall’infanzia alla morte sono impiegati in attività e lavori che non possono essere definiti schiavistici solo perchè remunerati da qualche capitale con salari da fame; o per il meccanismo generalizzato di servizio per cui tutto serve a tutto, in una serie infinita di funzioni concatenate; ovvero per l’ideologia del servo, inteso come fornitore di attività servili d’ogni genere, che accetta la subordinazione ai padroni, al potere, ai media, come condizione naturale. Sfruttati, impiegati in lavori sporchi, e del tutto privi di reale potere su qualunque pezzo significativo della loro vita, questi ultimi funzionano economicamente come lavoro subordinato, spettacolarmente come propagandisti, socialmente come fabbrica del consenso.

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comedonchisciotte

Questo è il potere

di Paolo Barnard

rockefeller with his bookEccovi i nomi e cognomi del Potere, chi sono, dove stanno, cosa fanno. Così li potrete riconoscere e saprete chi realmente oggi decide come viviamo. Così evitate di dedicare tutto il vostro tempo a contrastare le marionette del Potere, e mi riferisco a Berlusconi, Gelli, Napolitano, D’Alema, i ministri della Repubblica, la Casta e le mafie regionali. Così non avrete più quell’imbarazzo nelle discussioni, quando chi ascolta chiede “Sì, ma chi è il Sistema esattamente?”, e vi toccava di rispondere le vaghezze come “le multinazionali… l’Impero… i politici… ”. Qui ci sono i nomi e i cognomi, quindi, dopo avervi raccontato dove nacque il Potere (‘Ecco come morimmo’, paolobarnard.info), ora l’attualità del Potere. Tuttavia è necessaria una premessa assai breve.

Il Potere è stato eccezionalmente abile in molti aspetti, uno di questi è stato il suo mascheramento. Il Potere doveva rimanere nell’ombra, perché alla luce del sole avrebbe avuto noie infinite da parte dei cittadini più attenti delle moderne democrazie.

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crisis

Vaccino. Squalene, thimerosal e altre piacevolezze

Debora Billi

pandemia pandemicIeri sera ascoltavo distrattamente Primo Piano, su Raitre. Un medico -non ricordo chi fosse- dopo aver sostenuto che l'influenza A è dieci volte meno pericolosa dell'influenza normale (in realtà è 72 volte meno pericolosa, ma sono dettagli) ha poi schizofrenicamente continuato con un panegirico del vaccino. Per la prima volta si è illustrato l'adiuvante MF59, ovvero lo squalene: si vede che comincia a diventare famoso anche presso l'opinione pubblica, visto che finora lo si è trattato come il convitato di pietra. Insomma, secondo l'illustre scienziato lo squalene è assolutamente innocuo, perché "è naturale e già prodotto dal nostro organismo".

La spiegazione, forse rivolta a noi ignorantoni, ha molto poco di scientifico: anche gli ormoni, ad esempio, sono naturalissimi e prodotti bontà loro dalle nostre ghiandole, eppure tutti sappiamo cosa succede se si prendono ormoni in eccesso rispetto alla produzione standard. Lo stesso vale per decine di altre sostanze.

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Lettera ai genitori sulla "nuova influenza"

Postato il Venerdì, 25 settembre @ 04:19:27

di Eugenio Serravalle

Specialista in Pediatria Preventiva, Puericultura-Patologia Neonatale

Cari genitori,

ogni giorno parliamo della nuova influenza, e mi chiedete se sia utile e sicuro vaccinare i bambini.

La mia risposta è NO! Un ‘no’ motivato e ponderato, frutto delle analisi delle conoscenze fornite dalla letteratura medica internazionale. Un ‘no’ controcorrente perché molti organismi pubblici, alcune società scientifiche e i mezzi di comunicazione trasmettono messaggi differenti:

avranno le loro ragioni...

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 megachip

«Il vaccino? Soprattutto un affare colossale»

Mauro Lissia  - «La Nuova Sardegna»

Intervista a Cornaglia Ferraris, il pediatra che denuncia la malasanità

vacciniPaolo Cornaglia Ferraris, la banca d’investimento J.P. Morgan ha calcolato che i governi dei vari paesi prenoteranno molto presto milioni di dosi del vaccino anti influenza A, al costo di dieci euro l’una, per una fattura finale attorno ai dieci miliardi di euro.
Un affare colossale per Big Pharma, il gruppo di multinazionali farmaceutiche che governa la salute mondiale. Ma è giustificato un investimento di queste proporzioni?


«Finora no, il numero di morti è molto basso e il rischio riguarda solo chi è già fragile, debilitato da malattie. Però è un virus nuovo, quindi cresce la possibilità che si comporti in maniera imprevedibile e questo provoca allarme. I responsabili delle politiche di prevenzione sono appesi a quanto dicono gli scenziati e su questo si gioca il futuro della spesa e della campagna di vaccinazione».

- Siamo quindi ancora nel campo delle incertezze.

- Sì, oggi non è chiaro quale sia il grado di severità di questo virus. Non si capisce se il numero di morti rispetto agli infettati sia superiore alle altre banali influenze del passato. E quest’incertezza genera ansia, c’è il timore che l’enzima N1 sia severo come quello che fece milioni di morti con la spagnola, negli anni Venti.

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 manifesto

Mezzogiorno di fuga

di Enrico Pugliese

È positivo che i mezzi di comunicazione di massa abbiano dato tanta attenzione alla pubblicazione del rapporto Svimez sull'economia del Mezzogiorno. È anche positivo il fatto che, con emigrazionel'eccezione de Il Giornale di Berlusconi i toni siano preoccupati. E da questo punto di vista i dati sono incontrovertibili.
In alcuni casi il significativo peggioramento della situazione è evidente. In altri non c'è nulla di nuovo e si tratta del proseguimento, senza alcuna modificazione della portata di un trend ormai decennale.

È questo il caso della «ripresa dell'emigrazione dal Mezzogiorno» messa in evidenza per la prima volta dalla Svimez dieci anni addietro e ribadita annualmente nei rapporti. Insomma il vero merito della Svimez è stato quello di aver rilevato per prima dieci anni fa l'esistenza e l'importanza sociale del fenomeno, quando ancora sociologi, economisti e politici erano impegnati a spiegarsi un fenomeno che ormai

non esisteva più: quello della presunta indisponibilità alla mobilità territoriale del Mezzogiorno, espressa soprattutto dal fatto che i giovani non volevano «lasciare il nido», non erano disponibili a muoversi dal paese e dalla comodità della famiglia nonostante gli elevati tassi di disoccupazione giovanile.

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manifesto

L’educazione finanziaria per i più piccoli

di Manlio Dinucci

scuola.gifMentre l'esplosione della crisi mette a nudo la natura speculativa del mercato finanziario, il cui collasso ha travolto milioni di piccoli risparmiatori, una senatrice italiana presenta un disegno di legge per consentire «a tutti i cittadini di coglierne i benefici e sfruttarne i vantaggi». Come? Istituendo l'«educazione finanziaria» anche «tra le attività didattiche della scuola primaria e secondaria». L'idea non è di un'allieva di Tremonti eletta nelle liste del Pdl, ma della senatrice Maria Leddi del Pd.

Forte della sua esperienza di procuratore speciale della finanziaria Perseo SpA (holding di investimenti), nonché di segretario generale della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino, la sen. Leddi propone che il ministro dell'economia e delle finanze Tremonti, di concerto con quelli dell'istruzione e dello sviluppo economico Gelmini e Scajola, istituisca un comitato di rappresentanti del sistema bancario e altri esperti, per «programmare e promuovere iniziative di sensibilizzazione e educazione finanziaria», così che i cittadini possano «utilizzare in maniera più consapevole gli strumenti e i servizi finanziari offerti dal mercato». Secondo la sen. Leddi, quando tante famiglie hanno bruciato i loro risparmi investendoli in azioni Cirio o Parmalat, in obbligazioni argentine e in altri titoli tossici privi di valore, ciò non è dipeso dal fatto che essi erano garantiti dalle più importanti banche e agenzie di rating, ma da un'insufficiente educazione finanziaria delle famiglie.

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schermata copy

Meridionale, sottoproletaria, incazzata

incazzataCioè: ma cosa credeva di fare, ’sto brianzolo, calando nel Sud Italia con vetrini e brillantini manco si credesse in visita tra gli Apache?

Perché, insomma, le donne della mia zona so’ pragmatiche, e hanno nel DNA mille secoli di sopravvivenza ai maschilismi più beceri. E quando arriva il momento in cui, come dice oggi la Aspesi, “Mai le donne, tutte le donne, sono state tanto lontane dalle cosiddette pari opportunità“, nessuna più di loro gioca in casa. Figurati se ci andavano senza registratore o senza macchina fotografica, a casa di Berlusconi, la escort navigata e la ragazza madre coperta di tatuaggi.

Figurati se si fanno prendere per il naso da un pirla autocompiaciuto, due che si pagano un anno di affitto in Puglia con una settimana dall’emiro a Dubai. Queste sono donne che lavorano e lo sanno benissimo, mica se la raccontano come la Carfagna.

E invece Berlusconi cosa fa? Una, se la porta a letto e la paga con una tartarughina, scordandosi della promessa di sbloccarle l’appalto. A una escort di quaranta e rotti anni. Ma ci credo che si incazzi, scusa. Hai Berlusconi per cliente e quello ti tira il pacco? Ma le sarà venuta voglia di sbranarlo e poi di pulirsi i denti con le di lui ossa, e giustamente.

E all’altra, che ti ha detto chiaramente che la vita è dura e che lei ha molte spese, invece di sistemarla con qualche contrattino le metti una busta in mano con la frase: “Così tiri avanti per un po’“?? Ma se ne rendeva conto di stare firmando la sua condanna a morte, con una frase così incauta, che è come dire: “Non aspettarti altro“? I soldi vanno e vengono, e la cartamoneta ha più fascino al Nord, temo. Giù, ciò che piace è la “sistemazione”. E un Berlusconi deve potersela permettere, se vuole frequentare certi ambienti. Sennò cambi aria, appunto, e frequenti le borghesi, che sono più ingenue e infinocchiabili.

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comedonchisciotte

Il crepuscolo di internet e l'alba di Oligonet

di Roberto Quaglia

internet2Premetto che io ero uno di quelli che ci capivano qualcosa di Internet. Mi ero sprofondato in internet appena il World Wide Web fece capolino in Italia nel 1995, con VideoOnLine. Non c’era quasi nulla, su Internet, e i motori di ricerca facevano schifo, eppure si trovava tutto. Quindici anni dopo il paradigma si è invertito: su Internet c’è tutto, e i motori di ricerca sono intelligentissimi, ma non si trova più nulla. Quindici anni fa i motori di ricerca erano decisamente stupidi, si limitavano ad indicizzare le pagine web e l’unico criterio di ricerca che usavano era contare quante volte una parola chiave compariva all’interno di una certa pagina. Dato che io producevo pagine web e non ero altrettanto stupido, compresi quindi che bastava ripetere centinaia di volte una parola chiave all’interno di una pagina per finire in testa ai motori di ricerca, il più importante dei quali era Altavista.

Iniziai quindi a fare proprio così usando praticamente tutte le parole chiave che mi venivano in mente, colorando le migliaia di parole chiave dello stesso colore dello sfondo, così che non si vedessero. Adesso questo suona oggi banale, ma all’epoca era un’idea brillante. Tanto brillante che tutti me la copiarono (forse anch’io copiai qualcosa da altri, ma in Italia fui uno dei primi e, di sicuro, per almeno un paio di anni il più efficiente) e ben presto il web italiano divenne in parte un immondezzaio.

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manifesto

Pandemia? Non ve la prendete con i maiali

Mike Davis

La chimera genetica detta «influenza suina» non è una sorpresa, Science l'aveva prevista da anni. È nata in allevamenti-industrie, ha travolto la Maginot chimica dei grandi paesi, ha beffato l'Oms. In nome del profitto

pandemiaLe orde di turisti primaverili sono tornate quest'anno da Cancún con un invisibile ma sinistro souvenir. L'influenza suina messicana, chimera genetica probabilmente concepita in qualche pantano fecale di un industria di maiali, all'improvviso minaccia di portare la sua febbre in giro per il mondo. Il suo rapido propagarsi nel continente nord americano rivela una velocità di trasmissione superiore all'ultima varietà pandemica ufficialmente riconosciuta, la febbre di Hong Kong del 1968. Rubando la scena all'assassino ufficialmente designato, l'H5N1 altrimenti conosciuto come influenza aviaria – che oltretutto ha dimostrato di mutare vigorosamente – questo virus suino costituisce una minaccia di sconosciuta magnitudo. Sicuramente, sembra meno letale della Sars del 2003 ma, essendo un'influenza, potrebbe durare molto più di questa ed essere meno incline a tornare nelle segrete caverne da cui è saltata fuori. Ammesso che una normale influenza stagionale di tipo A uccide un milione di persone ogni anno, un suo anche modesto incremento di virulenza, specialmente se accoppiato con un'alta incidenza, potrebbe produrre una carneficina pari a un grande conflitto bellico. Intanto, una delle sue prime vittime sembra essere la consolante fiducia, per lungo tempo predicata dagli spalti dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che la pandemia potesse essere contenuta tramite una rapida risposta della burocrazia medica, indipendentemente dalla qualità dello stato di salute della popolazione locale.

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H1N1 è una normale influenza, ma lo spettacolo continua

di mazzetta

influenza“Il virus dell'influenza suina è dello stesso tipo di quello dell'influenza stagionale che circola per il mondo ogni anno e uccide circa lo 0.1% degli infettati”. Lo ha comunicato il World Influenza Centre di Mill Hill, Gran Bretagna, dove hanno analizzato a fondo il virus dell'influenza suina. Alle stesse conclusioni sono giunti altri ricercatori: l'influenza suina è nulla di più di una “banale” influenza. Non c'è più un solo serio istituto di ricerca che ritenga il virus in grado di portare stragi o capace di una particolare resistenza a cure e rimedi già noti e disponibili. Nessun allarme del genere di quelli che circolano ancora in queste ore è quindi giustificato. La sua pericolosità è nella media di quella di altri virus influenzali, che ogni anno mietono decine di migliaia di vittime nel mondo senza suscitare particolare allarme.

Meno letale di quello dell'influenza aviaria, il virus dell'influenza suina è contagioso come altre forme comuni d'influenza e come questi interagisce con la popolazione umana. L'allarme per l'influenza suina è quindi infondato. Inutili le draconiane misure di profilassi, inutili allarmismo e paura, inutile anche la corsa all'accaparramento di medicine anti-virali. L'arrivo della stagione calda sarà più che sufficiente per stroncarla drasticamente come accade per agli altri virus influenzali.

Non è difficile comprendere come sia nato l'allarme. In Messico hanno effettivamente tardato ad accorgersi del nuovo virus, non tanto per le ricordate inefficienze dello Stato, quanto per il fatto che questa epidemia era in tutto e per tutto sovrapponibile alla gran parte delle epidemie influenzali che ogni stagione fanno il giro del mondo infettando una gran parte dell'umanità, compresa quella messicana. Quando se ne sono accorti, il timore di aver fatto un danno grosso ha spinto autorità sanitarie e governative ad esagerare in prudenza e nel volume dell'allarme. Resta il fatto che in Messico, nella corrente stagione influenzale, il virus della suina ha ucciso meno messicani dei altri virus già noti agli epidemiologi: qualche decina contro qualche migliaio.

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corrosivo

Sale la febbre suina insieme ai profitti di Big pharma

di Marco Cedolin

big pharmaPrima la SARS, poi l’influenza aviaria, infine la febbre suina. Dall’inizio del secolo l’incubo della pandemia continua a riproporsi evocando i fantasmi di un lontano passato fatto di pestilenze e bubboni marcescenti, da leggere attraverso le lenti del presente che parla il linguaggio della guerra batteriologica, degli esperimenti con virus mutanti, dei laboratori segreti all’interno dei quali gli agenti virali vengono manipolati.

Come accaduto con la SARS e con l’influenza aviaria, anche l’epidemia di febbre suina che avrebbe già fatto un’ottantina di vittime in Messico e contagiato alcune persone negli Stati Uniti e in Nuova Zelanda, si manifesta fenomeno estremamente difficile da interpretare. Sia per quanto riguarda le conseguenze che l’epidemia potrebbe avere a livello mondiale, sia per quanto concerne gli intrecci politici ed economici che sempre si muovono sullo sfondo di “allarmi globali” come questo, destinati a traumatizzare pesantemente l’opinione pubblica.

Stando alle ultime notizie la situazione a Città Del Messico, dove l’epidemia avrebbe avuto inizio, risulta piuttosto grave. Le vittime accertate sarebbero 81 e le autorità hanno deciso la chiusura delle scuole e delle università, oltre alla sospensione delle messe in tutte le parrocchie cittadine a tempo indeterminato.

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megachip

Per salvare la vita

28 tesi contro la barbarie*

di Marino Badiale e Massimo Bontempelli

Premessa: le tesi che seguono rappresentano idee di fondo sulle quali costruire un movimento politico che contrasti la barbarie verso la quale l’attuale organizzazione sociale ed economica ci sta portando. Trattandosi di tesi, l’argomentazione logica ed empirica a loro sostegno è lungi dall’essere completa. Precisazioni ed approfondimenti potranno emergere dalla discussione con le persone interessate.

1. Il modo di produzione capitalistico ha ormai storicamente svelato la sua natura spaventosamente distruttiva su molteplici piani. Esso ha creato ricchezza economica ad un livello mai raggiunto da alcun sistema precedente. Ma la creazione capitalistica di nuova ricchezza ha dimostrato di essere, allo stesso tempo, creazione di nuove povertà, distruzione della socialità degli esseri umani, della loro sanità psichica, dell’ambiente naturale adatto alla loro vita biologica, delle risorse per il loro futuro. Esso è ormai la maledizione del genere umano, che è condannato, per creare e distribuire ricchezza secondo i rapporti di produzione capitalistici, in maniera sufficiente a mantenere un minimo di equilibrio sociale, a vivere in modo sempre più distruttivo nei confronti della natura e di se stesso.

2. La critica più penetrante fino ad ora compiuta del modo di produzione capitalistico è stata quella di Marx. Egli ha indagato la logica dell’accumulazione capitalistica mostrandone il carattere autoreferenziale e illimitato. Marx ha creduto che la logica autoriproduttiva del capitalismo portasse in sé una contraddizione per la quale il proletariato sarebbe cresciuto al suo interno come classe antagonistica dell’intero sistema, fino a rovesciarlo e ad instaurare la società comunistica dei liberi ed eguali, in cui ciascuno avrebbe prodotto secondo le sue capacità e ricevuto secondo i suoi bisogni. Il comunismo novecentesco ha assunto questa idea come dogma condiviso. Ma la realtà della storia è stata sotto questo aspetto completamente diversa. Del comunismo nel senso marxiano del termine non si è mai vista traccia. Ciò che nel Novecento si è fregiato di questo nome è stato un impasto, in proporzioni diverse nei diversi tempi, luoghi ed individui, di lotte di liberazione e nuove oppressioni, orrori ed eroismi, aperture generose ed ottusità fideistiche.

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deriveapprodi

Prime note per la riflessione dell'Onda

di Franco Piperno

Un’altra università non vuol dire l’università del futuro

1. L’Onda sta mutando la sua fase

Con la massiccia concentrazione del 14 novembre su Roma, si compie un ciclo del movimento, il primo. Tutto era cominciato con un decreto romano, illiberale e statalista che, trattando la formazione come un costo piuttosto che un investimento, tagliava drasticamente la spesa pubblica per scuola e università. Il 14 novembre è così la risonanza sociale provocata da quel decreto.

Ma tanto la pluralità quanto i numeri coinvolti testimoniano, con tutta evidenza, che l’Onda ha già prodotto una eccedenza che è fuori misura rispetto al gesto che l’ha provocata.

In altri termini l’orizzonte parasindacale incentrato sulla questione dei tagli risulta ormai limitato, anzi asfittico; ed emergono forme di vita attiva che hanno compiuto l’esodo dalla temporalità moderna dove il futuro è vissuto nel modo dell’attesa (nuove riforme, nuovi governi, nuove scienze, nuove ricerche, nuovo mondo ecc.) e s’impegnano «a strappare la felicità al futuro» praticando qui e ora il terreno della critica alla divisione disciplinare del sapere: la prassi dell’autoformazione ovvero un’altra università, in grado di richiamarsi all’origine, all’autonomia e unità del sapere.

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manifesto

Scuola politica

Marco Bascetta

«Né di destra, né di sinistra». Di questa definizione, da tempo utilizzata a piene mani dalla destra e dalla sinistra appunto, abbiamo imparato a diffidare. È infatti attraverso questa pretesa di oggettività indiscutibile, divinamente ispirata dall'«interesse generale» che sono stati imposti fino a oggi contenuti di natura restauratrice e repressiva: il controllo pervasivo delle nostre vite, la sicurezza come puro e semplice ordine pubblico, la repressione dei comportamenti giovanili, la discriminazione dei migranti.

Accade ora che questa stessa espressione venga impiegata dall'imponente movimento di studenti, insegnanti e cittadini, che da settimane attraversa tutto il paese, per descrivere se stesso. Ma rovesciandone interamente il senso. È soprattutto questa novità che ha fatto saltare i nervi a Silvio Berlusconi e al suo governo. Che, non a caso, si sono sforzati in ogni modo e contro ogni evidenza di ricondurre questa tumultuosa ripresa dei movimenti all'«estrema sinistra» (che sarà mai?) e al mondo dei centri sociali. Il conflitto «né di destra né di sinistra» che ha invaso scuole, università e piazze di tutta Italia comincia a trasformarsi in un incubo tanto per la maggioranza di governo quanto per le ombre dell'opposizione parlamentare.

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manifesto

Nella terra di nessuno

Marco Revelli

scontri valdisusa2«Ma col passare degli anni, non senza crescente stupore, mi sono accorto di soffrire di un'afflizione rimossa e sgradevole, un male che si dichiara in queste pagine, sia pure velatamente, a partire da una certa data: l'incapacità, o l'impossibilità, di sentirmi un cittadino del mio paese». Sono le parole con cui Cesare Garboli apriva la sua raccolta di Ricordi tristi e civili, nel gennaio del 2001, come ha ricordato, due giorni or sono, sulla piazza di Empoli, Adriano Prosperi in uno splendido ricordo dell'amico troppo presto scomparso.

Esprimono un sentimento privato. La caduta di una speranza. La coscienza di un'impotenza e di una solitudine tra tanta folla e brusio.

Ma anche un atteggiamento collettivo. La coscienza di un pezzo d'Italia che vive da esule la propria cittadinanza. E che con cadenze ricorrenti, ma inesorabili, misura di volta in volta la propria estraneità rispetto al proprio paese. Per Garboli, i primi sintomi di quella malattia della coscienza di luogo

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comedonchisciotte

Oh mastro o-lindo vestito di nuovo...

di Rattus

Un assessore PD alla sicurezza di Firenze intervistato l'altra sera da una radio locale alla domanda: "Ma è un problema di sicurezza o di percezione di insicurezza?" risponde: "E' una domanda sbagliata ! Che si tratti di percezione o di un fatto reale per noi non cambia nulla".

La questione merita di essere approfondita. Secondo l'assessore di Firenze, se la gente sente bisogno di sicurezza, lui deve dargli soddisfazione. Indipendentemente da quel che dicono i dati. Benissimo. Quindi, quando la gente chiederà esecuzioni e torture in piazza, lui gliene darà in abbondanza. Già abbiamo visto tornare, nei manuali di criminologia di recente pubblicazione, la funzione "satisfattoria" della pena. Ridotta a vezzo socialistoide l'utilitaristica "neutralizzazione dei cattivi" facciamo teorie su ceppi e catene.

Tra le altre cose, l'assessore sostiene che una delle cose più incredibili che gli è capitata è stata il fatto che alcuni parlamentari verdi abbiano osato lavorare come lavavetri, cioè fingersi dei lavavetri, per sperimentare il trattamento che a Firenze è riservato a questa sfortunata categoria.

L'assessore, di fronte a questo terribile sconcio perde la pazienza ed esclama: «Beh, ma se uno fa una cosa del genere, vuol dire che proprio non ha capito come funziona il mondo!».

Quando l'ho sentito fare questa esclamazione non ho potuto fare a meno di segnarmela sul libro nero. Come funziona il mondo ? Funziona, presumo, con i potenti che si accaniscono contro i deboli; di solito per interesse, qualche volta per puro gusto.

Ma, se è per questo, lo sapevamo già come funziona il mondo, caro assessore.

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la repubblica logo

Imprese, politici e camorra: ecco i colpevoli della peste

di Roberto Saviano

camorraGli ultimi dati dell'Oms parlano di un aumento vertiginoso, oltre la media nazionale, dei casi di tumore a pancreas e polmoni.

È un territorio che non esce dalla notte. E che non troverà soluzione. Quello che sta accadendo è grave, perché divengono straordinari i diritti più semplici: avere una strada accessibile, respirare aria non marcia, vivere con speranze di vita nella media di un paese europeo. Vivere senza dovere avere l'ossessione di emigrare o di arruolarsi.

E' una notte cupa quella che cala su queste terre, perché morire divorati dal cancro diviene qualcosa che somiglia ad un destino condiviso e inevitabile come il nascere e il morire, perché chi amministra continua a parlare di cultura e democrazia elettorale, comete più vane delle discussioni bizantine e chi è all'opposizione sembra divorato dal terrore di non partecipare agli affari piuttosto che interessato a modificarne i meccanismi.

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materiali resistenti

Siamo tutti sospettati

Andrea Cortellessa intervista Giorgio Agamben

Un filosofo e le politiche della sicurezza. "I governi ci considerano terroristi in potenza"

pinocchio 2Presentando il «pacchetto sicurezza» all’indomani dell’omicidio di Giovanna Reggiani a Roma, il ministro dell’Interno Giuliano Amato disse che non occorreva «tirare in ballo la filosofia». Ma che ne pensano i filosofi? Lo abbiamo chiesto a Giorgio Agamben, uno tra quelli che più ha riflettuto sui dispositivi della politica.


Le statistiche dicono che i delitti effettivamente perpetrati diminuiscono eppure nell’opinione pubblica cresce un senso di insicurezza. Perché la questione sicurezza è oggi la più sentita?


«Come già lo Stato di eccezione, oggi la Sicurezza è divenuta paradigma di governo. Per primo Michel Foucault, nel suo corso al Collège de France del 1977-78, ha indagato le origini del concetto mostrando come esso nasca nella pratica di governo dei Fisiocratici, alla vigilia della Rivoluzione francese.

Il problema erano le carestie, che sino ad allora i governanti si erano sforzati di prevenire; secondo Quesnay occorre invece quella che definisce appunto "Sicurezza": lasciare che le carestie avvengano per poi governarle nella direzione più opportuna. Allo stesso modo il discorso attuale sulla Sicurezza non è volto a prevenire attentati terroristici o altri disordini; esso ha in realtà funzioni di controllo a posteriori. Nell’inchiesta seguita ai disordini di Genova per il G8, un alto funzionario di polizia dichiarò che il Governo non voleva l’ordine, voleva piuttosto gestire il disordine. Le misure biometriche, come il controllo della retina introdotto alle frontiere degli Stati Uniti del quale ora si propone l’inasprimento, ereditano funzione e tipologia di pratiche introdotte nell’Ottocento per impedire la recidiva dei criminali: dalle foto segnaletiche alle impronte digitali. I governi sembrano considerare tutti i cittadini, insomma, come terroristi in potenza. Ma questi controlli non possono certo prevenire i delitti: possono semmai impedire che vengano ripetuti».

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manifesto

Ricominciare da Genova

Marco Revelli

fans1Genova 2001, Genova 2007. Sono passati più di sei anni da allora, e l'Italia che abbiamo di fronte è irriconoscibile. Isterica e avvelenata. Servile e violenta. Sempre sull'orlo di una crisi di nervi, e contemporanemente soffocata da un conformismo dilagante, con un sistema dell'informazione insieme emotivo e cinico. E con una politica insieme arrogante e impotente: tanto più arrogante nel decisionismo emergenziale, nel suo operare con gesti simbolici estremi, quanto più impotente nella ricerca di soluzioni efficaci. Le ultime settimane ce ne hanno offerto un esempio sconcertante: l'immagine di un'Italia imbarbarita, persino più decomposta di quella che era stata mostrata al mondo dal set globale del G8, perché allora, dietro la maschera ufficiale, si poteva intravvedere la promessa - anzi, qualcosa di più, l'embrione - di un'altra Italia. Che nella propria ribellione sa di incarnare il futuro, mentre quello di oggi quel futuro non lo sa più immaginare, seppellito sotto uno strato denso di rancore e accettazione.

Quest'Italia brutta, moralmente logorata, per molti versi irredimibile è anche figlia di Genova. Del modo con cui a Genova quell'embrione di un'altra Italia è stato schiacciato a colpi di blindati e manganelli. Figlia degli spari impuniti di piazza Alimonda, della mattanza impunita della Diaz, delle torture impunite di Bolzaneto. Un paese non può archiviare tutto ciò come «normalità», senza perdere se stesso. Senza naufragare nel cinismo e nel conformismo.

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comedonchisciotte

Effetti collaterali di economie (e politiche) spietate

di Paolo Barnard

terzomondoNella maggioranza delle persone la percezione dell’insicurezza è quasi sempre alterata, è, oserei dire, una commedia. Fra il menù medio di una mensa aziendale e il rumeno che incrociamo per strada, la prima è un killer di massa, il secondo è uno 0,1% di probabilità di esserlo.

Fate solo la proporzione fra i decessi annui per malattie cardiovascolari o tumori all’apparato digerente e quelli per mano di assassini stranieri e capite subito di cosa parlo. E non mi si dica che l’alimentazione al lavoro è una scelta del cittadino mentre il ceffo straniero no, poiché sappiamo tutti che la presenza degli immigrati nel nostro Paese è tanto una nostra scelta/necessità quanto quella di mangiare di corsa cibi preconfezionati. Esistono fisiologicamente insidie nei primi quanto nei secondi.

Eppure quel tizio losco ci fa paura mentre la fettina con mozzarella su un lago di sugo al glutammato no. E così è in tante altre componenti del nostro vivere: per numero di morti e feriti il semaforo rosso violato batte il rumeno cattivo 1000 a 1; il fumo passivo, i drink serviti in discoteca, le polveri fini, le infezioni/errori ospedalieri letali ma occultati, la diagnostica tardiva per liste d’attesa, gli indulti fraudolenti… battono qualsiasi ceffo straniero con punteggi umilianti, e sono tutti fenomeni in cui le vittime non sono certo consenzienti. Ma è lui, il (presunto) migrante cattivo, a terrorizzarci.