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 lantidiplomatico

A Monaco si è decisa la rottura della NATO che conoscevamo

di Giuseppe Masala

Mai come quest'anno è stata di cruciale importanza la Conferenza sulla sicurezza di Monaco (Münchner Sicherheitskonferenz MSC) che si è svolta la settimana scorsa nella città bavarese e che ha visto le élites dei paesi più importanti sotto l'aspetto diplomatico e militare dibattere sui temi d'attualità della sicurezza mondiale. Inutile sottolineare che ovviamente la Russia non è stata invitata in ossequio alla strategia che vorrebbe trasformare Mosca in un paria mondiale.

Naturalmente i mass media generalisti si sono concentrati sugli aspetti ormai quasi folkloristici dei vertici internazionali, come per esempio il solito - trito e ritrito - discorso del Presidente ucraino Zelenskij a caccia di armi e finanziamenti dai cosiddetti paesi “donatori” e alleati.

Comunque, dietro il palcoscenico spesso accadono le cose più importanti. A mio avviso è stato così anche in questa conferenza di Monaco. Aleggiava infatti nei discorsi pubblici e nelle interviste ai giornalisti, un Convitato di Pietra, innominato e innominabile, ma non per questo meno importante. Si tratta dell'ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Fantasma reale e palpabile, non foss'altro che per il semplice fatto che è candidato – e grande favorito – nelle elezioni presidenziali di fine anno.

Sappiamo tutti qual è l'opinione di Trump sulla Nato: si tratta per il Tycoon newyorkese di una organizzazione desueta, costosissima e non più funzionale agli interessi americani. Anzi, ad essere più precisi, per Trump la Nato è dannosa per gli interessi americani perché costringe Washington a pagare le spese per la difesa di paesi (leggi la Germania) che non solo fanno accordi sottobanco con i presunti avversari della Nato (leggi Putin) ma utilizzano altresì le spese risparmiate in ambito militare per favorire le aziende nazionali che faranno così una concorrenza sfrenata a quelle americane. Credo che nulla meglio possa chiarire la situazione di quanto detto da Trump a un comizio elettorale tenuto in Carolina del Sud proprio qualche giorno fa: «Incoraggerei la Russia ad attaccare i paesi Nato che non pagano».

È proprio in questo contesto che alla conferenza di Monaco si è dibattuto della sicurezza mondiale, in sostanza senza sapere se la più importante alleanza militare degli ultimi settanta anni esisterà ancora tra appena dodici mesi. Secondo il Sole24Ore, una delle idee più sconvolgenti presentate alla conferenza sarebbe quella secondo cui l'UE dovrebbe acquistare dagli USA mille bombe atomiche, prima che ritorni al potere Trump. Una chiara provocazione, visto che non basta acquistare gli ordigni, ma bisogna avere anche le piattaforme da cui verrebbero lanciati come per esempio i sottomarini, le installazioni a terra e gli aerei strategici per quanto riguarda il deterrente strategico, senza contare poi che serve anche il personale addestrato, il sistema satellitare di puntamento e via dicendo. Insomma prima che l'UE possa avere un simile background sarebbero necessari comunque molti anni.

Comunque sia, simili idee chiariscono quanto siano potenti le fibrillazioni europee per un possibile disimpegno americano dalla Nato.

Per la verità è già da parecchi anni chiaro agli osservatori più attenti che il deterrente strategico nucleare americano non sarà mai posto a difesa dell'Europa: soltanto gli ingenui potrebbero credere che gli americani possono rischiare di vedere bruciare New York, Chicago e Los Angeles per difendere Berlino, Roma o Varsavia. Questo chiaramente vale anche per francesi e inglesi che non metteranno mai a rischio Londra e Parigi per Bratislava o Bucarest. Infatti ormai da anni in Germania si dibatte sulla necessità di avere un “ombrello nucleare europeo”, che tradotto in termini brutali significa l'allargamento dell'ombrello nucleare francese fino a Berlino.

Molto interessanti anche le voci che arrivano da oltre Atlantico a commento della Conferenza sulla Sicurezza di Monaco. Secondo il Washington Post, quotidiano notoriamente voce delle élites statunitensi, l'Europa si sta attrezzando per la costituzione di un alleanza che garantisca la sicurezza collettiva dei paesi europei anche in caso di disimpegno americano per decisione di Trump nel caso in cui egli ritorni alla Casa Bianca. L'importante quotidiano americano nella sua disamina non nasconde le difficoltà europee innanzitutto legate a chi dovrà sobbarcarsi le spese relative alla difesa collettiva. “Chi pagherà il banchetto?” effettivamente appare il perfetto slogan per questa nuova avventura europea, anche in considerazione dei precedenti europei degni dell'avaro di Molière!

L'altro tema fondamentale appare poi legato alla fiducia tra i contraenti di questo ipotetico nuovo patto di difesa. È chiaro che le esigenze difensive del Portogallo sono ben diverse da quelle dei paesi baltici spesso legate anche a idiosincrasie e fobie verso Mosca: a Lisbona (o a Barcellona) saranno disponibili a tirare la cinghia (ed eventualmente a morire) per Riga? Sinceramente ne dubito.

La verità vera è che i paesi dell'Europa - anche sul piano della difesa - hanno diversissime esigenze: se la penisola iberica è proiettata naturalmente verso le americhe, i piccoli paesi baltici e la Polonia sono sovrastati dal grande colosso eurasiatico russo. Allo stesso modo, la Grecia vede nella Turchia il grande e unico nemico da cui l'Europa deve difenderla mentre l'Italia – giustamente – ha come pensiero fondamentale quello del controllo del cosiddetto “Mediterraneo allargato”.

Un puzzle, come emerge chiaramente, difficilmente componibile nel concreto. Ma come ben sappiamo i politici europei sono bravissimi nel produrre slogan ma molto meno bravi a risolvere problemi complessi. Dubito fortemente che anche in questo caso la situazione sarà diversa.

Giuseppe Masala, nasce in Sardegna nel 25 Avanti Google, si laurea in economia e si specializza in "finanza etica". Coltiva due passioni, il linguaggio Python e la Letteratura. Ha pubblicato il romanzo (che nelle sue ambizioni dovrebbe essere il primo di una trilogia), "Una semplice formalità" vincitore della terza edizione del premio letterario "Città di Dolianova" e pubblicato anche in Francia con il titolo "Une simple formalité" e un racconto "Therachia, breve storia di una parola infame" pubblicato in una raccolta da Historica Edizioni. Si dichiara cybermarxista ma come Leonardo Sciascia crede che "Non c’è fuga, da Dio; non è possibile. L’esodo da Dio è una marcia verso Dio”.

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