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sinistra

Recensione a Per un nuovo materialismo di Roberto Finelli

di Nicolò Galasso

Roberto Finelli: Per un nuovo materialismo. Presupposti antropologici ed etico-politici, Rosenberg & Sellier 2018

9788878856417 0 221 0 75Il percorso teorico «delle pagine che seguono prova a ricongiungere vita e politica» (p. 9). Così, nella Premessa, Roberto Finelli presenta il suo ultimo lavoro. Il tentativo, tanto ambizioso quanto accurato e rigoroso, è quello di elaborare una nuova antropologia, di orientamento materialista ma non prigioniera del riduzionismo meccanicistico ottocentesco, con cui pensare una nuova forma di politica, coerente con le esigenze dell’oggi e, allo stesso tempo, non immemore della vis emancipativa della migliore tradizione marxista. Vita e politica da non intendere, pertanto, nell’accezione inflazionata di biopolitica, bensì focalizzando l’attenzione sul nesso strutturale che le lega, essendo la seconda la condizione di possibilità e di fioritura della prima: la politica quindi non ridotta a tecnica di funzionamento delle istituzioni, bensì pensata nel suo valore trascendentale di condizione di possibilità sia dell’agone politico sia dell’individuo che vi partecipa. Una volta sgombrato il campo dai possibili equivoci terminologici, risulta chiara la valorizzazione della psicoanalisi di matrice freudiana che Finelli propone come base del suo discorso.

I primi due capitoli del libro sono, infatti, dedicati a Freud. Nel primo si ripercorre, con acribia e singolare sensibilità critica, il percorso intellettuale del medico austriaco da L’interpretazione delle afasie (1891) a il Progetto di una psicologia (1895). L’interesse che questo periodo della ricerca di Freud suscita in Finelli non si giustifica solamente con la costatazione che questi sono gli anni decisivi per la svolta psicoanalitica la quale, infatti, si manifesterà di lì a poco.

L’aspetto su cui, invece, insiste la puntuale analisi dell’Autore è l’approccio materialista della ricerca neurobiologica del giovane medico che, tuttavia, non cede a facili riduzionismi o semplificazioni. Fin dall’inizio del suo percorso di studi, Freud sottolinea il ruolo sintetico e, in un certo senso, ermeneutico svolto dal corpo. La percezione, analizzata nella sua fisiologia, non può, pertanto, essere ridotta a mera riproposizione dell’oggetto esterno. Con la successiva comparsa della pulsione e del desiderio nell’orizzonte concettuale freudiano diviene possibile comprendere la funzione inibitoria svolta dall’Io e dal linguaggio.

Giunto a questo livello di approfondimento della dimensione psicofisica, Finelli concentra la sua analisi sulla doppia alterità che costituisce l’Io. Da una parte l’Io è chiamato a mitigare e modulare i bisogni e le pulsioni che nascono dal corpo (asse verticale), dall’altra è posto in relazione con un altro Io (asse orizzontale). In ambedue i casi, l’Io si costituisce nell’atto con cui si relaziona alle rispettive alterità che lo sollecitano dall’interno e lo riconoscono dall’esterno. In questa prospettiva, nota Finelli, il linguaggio, sebbene non possa assurgere a luogo esclusivo del senso come molta filosofia del Novecento ha affermato, acquisisce centralità, fungendo da medium tra l’intimità corporeoaffettiva del singolo e la dimensione sociale del riconoscimento.

L’esplorazione puntuale del pensiero di Freud continua nel secondo capitolo con l’analisi del Triebrepräsentant (rappresentante pulsionale), della Sachvorstellung (rappresentazione di cosa) e della Wortvorstellung (rappresentazione di parola). Le tre logiche (quantitativo-diffusiva della pulsione, qualitativo-associativa degli affetti, logico-discorsiva del pensiero), impiegate dai tre diversi luoghi della mente, vanno nella direzione della profondità e molteplicità verticale del soggetto che esclude ogni forma di riduzionismo fisicalista, da una parte, e di spiritualismo disincarnato, dall’altra. L’armonia e il libero gioco tra queste tre dimensioni permettono all’Autore di fare un’analogia con le tre facoltà kantiane e con il ruolo sintetico svolto dal soggetto conoscitivo nel criticismo. Mentre la scoperta dell’alterità nel cuore del soggetto stesso, approfondita soprattutto dallo sviluppo della psicoanalisi freudiana proposto da Bion, permette a Finelli di istituire un paragone con Hegel, valorizzando così l’aspetto dialettico presente inconsapevolmente in Freud. Questi due raffronti, quello con la relazione intrasoggettiva kantiana e quello con la relazione intersoggettiva hegeliana, chiariscono bene la finalità principale della proposta antropologica di Finelli volta a elaborare un concetto di individuazione che medi tra l’autonoma costruzione dell’interiorità e la necessaria relazione con il mondo sociale.

Per approfondire questo aspetto, l’Autore dedica il terzo capitolo a Spinoza, non inteso hegelianamente come il filosofo dell’acosmismo ma, contrariamente e paradossalmente, come il pensatore del principium individuationis. Il conatus di Spinoza «ha a che fare con la riproduzione di una ratio che è relazione di molteplici relazioni» (p. 91), l’individuo è societas di innumerevoli individui che nel loro reciproco rapporto lo rendono insostituibile e irripetibile. Il corpo spinoziano è il luogo del senso e della individualità che, costituendo il fondamento materialistico della mente, non riduce l’unità psicofisica alla meccanica di stimolo e risposta. L’aspetto che più interessa Finelli è, infatti, il nesso inscindibile, ma non riduzionistico, tra mente e corpo, concetto ed emozione, in virtù del quale il medesimo conatus viene denominato da Spinoza volontà, quando lo si considera in riferimento alla mente, e appetitus se riferito simultaneamente alla mente e al corpo. Tale nesso tra mente e corpo ha, inoltre, un valore terapeutico per la stessa psicoanalisi, ossia funge da riferimento concettuale contro alcune sue derive spiritualiste come il lacanismo. Spinoza, come d’altronde il Freud discusso nei primi due capitoli, pone il corpo al centro della vita psichica, rendendolo il luogo del senso e non, come Lacan, il luogo della sua assenza. Il materialismo non riduzionistico di Spinoza, quindi, è un alleato prezioso contro tendenze che presuppongono una rottura incolmabile tra natura e cultura. Tuttavia, non è solo Lacan è imboccare quella strada, bensì lo stesso Freud in Totem e tabù e in Disagio della civiltà. Qui, nota acutamente Finelli, la clinica psicoanalitica diventa filosofia della storia, di sapore nietzschiano, in cui la civiltà, per esistere, richiede la soppressione di una certa quota di esigenze biologicopulsionali degli individui, barattando così la sicurezza con la felicità. Tuttavia, era lo stesso Freud ad aver individuato nella realizzazione della domanda pulsionale lo scopo della coscienza: l’idiosincrasia che si viene a creare tra la teoria delle facoltà intrapsichiche e l’interpretazione complessiva della civiltà nella riflessione del padre della psicoanalisi può essere risolta, sostiene in modo convincente Finelli, valorizzando alcuni punti del pensiero di Spinoza e ampliando la riflessione, con Bion, alla dimensione interpsichica, ossia al riconoscimento sociale inteso, in modo radicale, come condizione stessa del pensiero dell’individuo e, dunque, della sua individualità.

Spinoza e il primo Freud, dunque, approfondiscono il soggetto, le sue possibilità e la sua profondità in vista di una sua comprensione totale e incarnata. In direzione contraria si muove, invece, la desoggettivazione proposta dal postmodernismo che, oltre a muovere critiche pertinenti al soggetto distruttore dell’alterità tipico della filosofia moderna, finisce con il negare ogni istanza di organizzazione e di sintesi che tale soggetto pure legittimamente rappresenta. Per approfondire la sua proposta antropologica, Finelli muove dunque una critica a quelli che, a ragione, considera i numi tutelari del postmodernismo, ossia Nietzsche e Heidegger. Al primo viene dedicato il capitolo quarto. La tesi interpretativa dell’Autore è che, in estrema sintesi, la filosofia del corpo di Nietzsche si basa su un uso parziale e poco approfondito della scienza medica e biologica del suo tempo che porta a una riduzione fisicalistica del corpo al concetto quantitativo di forza. Questa è l’origine, nota l’Autore, del carattere intrinsecamente conservatore della filosofia di Nietzsche, la quale, paradossalmente, sebbene esalti la forza anarchica delle pulsioni/forze in lotta tra loro, si risolve in una filosofia dell’identità in cui vengono meno le differenze, ridotte a mero differenziale di forze. Da qui, per conseguenza, la sfiducia nietzschiana dell’aspetto sintetico e organizzativo dell’Io, del soggetto e delle istituzioni prodotte dalla cultura.

Con Heidegger, invece, nota Finelli, siamo di fronte a una vera e propria ontologizzazione del corpo biologico e delle sue esigenze. Se da una parte, infatti, il pensatore di Meßkirch pone l’emotività al centro della sua analisi considerandola determinante per il modo in cui il Dasein comprende il mondo in cui è immerso; dall’altra, tuttavia, annulla l’individualità storico-biologica e i legami sociali e interpersonali che costituiscono l’Esserci. Questo ultimo aspetto si vede con chiarezza, nota Finelli, nella «sua scorporazione del problema della tecnica dal corpo delle relazioni storiche e sociali e delle forme di vita» (p. 133), portando come conseguenza una concezione mistica della tecnica, totalmente sconnessa sia dai luoghi della produzione sia dagli effetti di questa sui corpi.

Nel capitolo seguente, il quinto, Finelli approfondisce la critica all’ontologismo arcaizzante heideggeriano con l’aiuto della riflessione di Ernest Cassirer e Guido Calogero. Sebbene provenienti da diverse tradizioni filosofiche e distanti su alcuni punti dirimenti nella considerazione del rapporto tra mito e filosofia, Cassirer e Calogero offrono, infatti, categorie interpretative per svelare e disarticolare l’arcaismo del pensiero heideggeriano e mostrarne così i limiti. Tra i due, tuttavia, è Calogero, secondo Finelli, quello a fornire gli strumenti più idonei per la critica ad Heidegger. Mentre, infatti, il grande esponente del neokantismo contrappone in modo netto il mito alla filosofia, il pensatore e storico della filosofia italiano concentra piuttosto la sua attenzione su come il pensiero mitico continui ad agire e produrre effetti nel pensiero filosofico. In questa prospettiva, risulta chiaro come la filosofia heideggeriana, con il suo gusto per l’origine e il culto delle etimologie, rappresenti un residuo, immanente alla stessa filosofia, del pensiero mitico, dove non vi è oppure, come nel caso del filosofo tedesco, è venuta meno la distinzione tra parola e cosa, simbolo e simboleggiato – tema sul quale, com’è noto, Calogero scrisse celebri pagine nel primo volume di Storia della logica antica.

L’incapacità della filosofia di Nietzsche e di Heidegger, trasmessa poi al dilagante pensiero postmoderno, di cogliere il corpo nella sua effettività e materialità è presente, paradossalmente, anche nella riflessione filosoficopolitica del giovane Marx, come emerge, nella lettura che ne dà l’Autore, dai Manoscritti economicofilosofici del 1844. In questo testo il corpo è presentato come un residuo della natura nel soggetto che, in un’ottica ancora idealistica, produce e plasma la realtà. I bisogni naturali, per soddisfare i quali nasce il lavoro alienato, l’Arbeit, costituiscono i limiti biologici della Tätigkeit umana che, una volta liberata dal capitalismo, potrà finalmente realizzare la ricchezza comunitaria e produttiva del genere. La dipendenza di questo Marx da Feuerbach è evidente così come la riduzione del corpo, paradossale in una prospettiva materialistica, a bisogni fisici limitanti la creatività umana e destinati a cessare nella futura società comunista. Finelli sottolinea, inoltre, quanto questa prospettiva sia interna al soggettivismo moderno e al suo paradigma identitario volto a ridurre ogni alterità a oggetto deputato ad essere fagocitato dal soggetto.

Con Das Kapital Marx si libera dalle suddette distorsioni passando dalla filosofia della storia all’analisi del meccanismo di funzionamento della società capitalista. Nel Marx maturo – tesi che costituisce uno degli aspetti più interessanti del libro di Finelli – la contraddizione non è più tra individuo e genere o tra natura e cultura, bensì tra concreto e astratto. L’alienazione non sta nella contrapposizione tra bisogni individuali (animali) ed esigenze del genere (umane), ma nella divisione tra individuo e mondoambiente dovuta all’interposizione tra essi di mezzi privati di produzione e gruppi sociali. La produzione capitalista, con la divisione del lavoro, la proprietà privata degli strumenti produttivi e la regolazione dei rapporti per mezzo del denaro, genera un’«individualità astratta e intrinsecamente povera» (p. 168). La produzione postfordista, mettendo a lavoro la mente piuttosto che il corpo, non comporta libertà e autonomia, come pure sostiene la tradizione operaista. Al contrario, afferma Finelli, assistiamo a una spersonalizzazione e omologazione delle soggettività produttive le quali, depauperate nella loro più intima essenza, danno luogo a un processo di superficializzazione del mondo dove viene meno la possibilità stessa della comunità. La tendenza del nostro tempo è, secondo l’Autore, quella di nascondere il progressivo impoverimento della soggettività e dell’interiorità del singolo con una sovradeterminazione dell’esteriore, che si manifesta con una patologica ed effimera socializzazione della propria vita e una decorporeizzazione dell’aspetto emotivo. Il riflesso nell’alta cultura di tale andamento è, per l’Autore, il postmodernismo, con la sua liquefazione del corpo e di ogni forma di soggettività. Tale processo di superficializzazione del mondo e disumanizzazione delle relazioni viene ricondotto da Finelli al meccanismo di funzionamento del capitalismo con la sua tendenza universalizzatrice a riplasmare ogni rapporto umano secondo l’astratta logica quantitativa del denaro. Processo che trova la sua acme nell’epoca della globalizzazione dove la logica di valorizzazione quantitativa del mercato ha oramai fagocitato l’universo delle relazioni qualitative. Lo scontro fondamentale dell’epoca contemporanea è, quindi, quello tra astratto e concreto, tra apparenza ed essenza. Finelli ravvisa in questo ribaltamento della realtà, dove l’astratto domina un mondo che appare iperconcreto, la faglia in cui agire teoricamente e praticamente.

Partendo dall’analisi di questa situazione e con l’ausilio della filosofia e della psicoanalisi così come sono emerse nei capitoli precedenti, l’Autore propone la sua antropologia materialista, ma non riduzionista, volta a informare una concreta pratica politica. Purtroppo, per limiti di spazio, non è qui possibile ripercorrere la storia e la sottile analisi che Finelli presenta del riconoscimento, mettendone in luce di volta in volta gli avanzamenti e i limiti nelle teorizzazioni classiche dell’idealismo tedesco (Fichte, Hölderlin, Hegel) e nelle riprese contemporanee (Habermas, Honneth). Tale sforzo interpretativo e critico è finalizzato all’elaborazione, concettualmente coerente, di una società del riconoscimento. Una società dove le tutele giuridiche e sociali, provenienti dalla tradizione liberale e comunista, vengano integrate al diritto di una reale individuazione, ossia di decisione autonoma e incarnata del proprio progetto di vita. Una società in cui la scuola e l’università, in quanto luoghi essenziali della relazione tra conoscere e riconoscere, ottengano il prestigio e la centralità che compete loro. Una società, infine, che riesca a tenere sempre presente e a tutelare la natura dialettica del rapporto tra individuo e collettività, in ragione della quale un’autentica individuazione (livello verticale) è possibile solo per il tramite di un’autentica socializzazione (livello orizzontale) e viceversa.

Comments

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pino
Sunday, 05 September 2021 12:20
Sulle Mancate declinazioni storico- sociali dell Esserci Heideggheriano, Mi trovo pienamente d 'accordo Tanto da pensare
Con Girolamo de Michele, su Carmilla Online, che bisogna buttare
Heideggher Giù dalla torre!!!!
BEl lavoro, Finelli sull 'etica DEL RICONOSCIMENTO'!!!!!!
UN saluto
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pino
Sunday, 05 September 2021 12:10
D'avvero interessante l'ultimo lavoro di Finelli. Fa intravedere, analizza, il Percorso ad ostacoli che Il principio Individuationis deve
percorrere per il suo riconoscimento. Sia si Tratti del Conatus Spinoziano, sia quello quello inteso alla Deleuze, o al desiderio in Lacan. come ha scritto molto Recalcati, che e un Lacaniano.
Anche Paolo Bartolini ci Ha dato importanti riflessioni in merito a Finelli e al principio Individuaionis. Secondo Me alla base di questo principio come nucleo Principale Sta Il Daimon Che James Hillmann ha riportato all'attenzione anni Fa con Il coDice dell'anima,e di cui a recentemente scritto anche Donini e non manca nelle riflessioni di Recalcati, sia pure avvolto nel suo concetto più generale di Desiderio. Non so Finelli; richiama molto la psicanalisi Freudiana, e Ottimamente direi, non so che ne pensi della psicologia del Profondo Junghiana.
Ultima osservazione SULL'ESSERCI di Heideggher, non declinato questo nelle sue declinazioni storico sociali.........
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