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marxdialectical

Marx oggi. Una rinascita?

di Roberto Fineschi

Introduzione a Karl Marx 2013. A cura di Roberto Fineschi, Tommaso Redolfi Riva e Giovanni Sgro’, numero monografico de «Il Ponte», LXIX, 5-6, mag.-giu. 2013

marx engels 51. Da più parti, non solo nel nostro paese, si parla apertamente di una Marx-Renaissance. In realtà l'interesse per il nostro autore non è mai venuto meno completamente; anche nei momenti più difficili degli ultimi decenni sono apparsi libri e saggi, alcuni dei quali di notevole valore. Ciò che però probabilmente si intende non è tanto stabilire se, da un punto di vista teorico, Marx sia stato oggetto di studio, quanto se egli sia ancor oggi un autore “efficace”, ovvero utilizzabile per comprendere la realtà e, soprattutto, trasformarla. Alla dimensione teorica se ne affianca quindi una più genericamente culturale (Marx fra i padri spirituali del pensiero progressista) e, infine, una più strettamente politica (Marx strumento pratico di lotta). Di questi tre livelli, l'unico ad aver sostanzialmente retto al colpo mortale inflitto dalla fine del cosiddetto “socialismo reale” mi pare sia il primo. Renaissance è allora forse da intendersi come auspicio che, da questo livello base, si torni a dare un contenuto più sostanzioso anche agli altri due; in questa prospettiva pare effettivamente essere rinato un interesse più diffuso, né strettamente teoretico né immediatamente politico, nei confronti della sua opera; dal primo livello, Marx sta riguadagnano terreno nel secondo. Il terzo pare al momento decisamente fuori portata, almeno in numerose realtà occidentali.

Non c'è bisogno di spendere molte parole per ricordare il peso della svolta – proprio “die Wende” la chiamano convenzionalmente in Germania – rappresentata dalla caduta del muro di Berlino, e non solo dal punto di vista degli equilibri geopolitici mondiali dei quali non si intende ovviamente parlare in questa sede.

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illatocattivo

Il valore come forma sociale dei mezzi di produzione

di Bruno Astarian

[Capitolo IV de L'Abolition de la valeur, Entremonde, Ginevra 2017]

4 key 85webDopo avere esaminato il pensiero di Marx in merito al valore e alla sua abolizione, e dopo avere visto quali problemi esso pone, possiamo ora presentare il nostro modo di affrontare la questione. Anch’esso è storicamente determinato. Poiché cerchiamo di comprendere il modo di produzione capitalistico dal punto di vista del suo superamento, il nostro sguardo sulla società capitalistica è determinato dalle forme attuali della lotta delle classi, allo stesso modo che per Marx in relazione alla sua epoca. Marx metteva in primo piano le lotte del proletariato per creare cooperative1. Da parte nostra, consideriamo che le lotte più significative della nostra epoca siano le rivolte anti-lavoro degli operai presi nel contesto della crisi del fordismo. Queste lotte sono apparse negli anni 1960-‘70 nei paesi industrializzati dell’Occidente2. Le ritroviamo oggi in Oriente, dove una parte significativa del lavoro industriale fordizzato è stata trasferita. In queste rivolte, il proletariato affronta il capitale rigettando la propria identità di classe del lavoro. Esso rivendica poco o nulla, non rispetta gli strumenti di lavoro e non avanza delle proposte di presa in carico dell’economia. Quando, anziché rivendicare dei miglioramenti, distrugge in modo apparentemente cieco i mezzi stessi della sua sopravvivenza all’interno del capitale (fabbriche, infrastrutture dei quartieri in cui vive, scuole, mezzi di trasporto etc.), esso esprime il rifiuto di ciò che lo assegna alla condizione proletaria. Ciò non esclude delle lotte più tradizionali (lotte rivendicative o tentativi di autogestione, ad esempio). Ma nel movimento perpetuo e cangiante della lotta di classe, occorre portare un’attenzione particolare alle lotte anti-lavoro in quanto sono la manifestazione delle contraddizioni più avanzate del modo di produzione capitalistico3.

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perunsocialismodelXXI

Glosse sulla "Ontologia dell'essere sociale" di Lukàcs (III)

di Carlo Formenti

landscape 5363681 12804. L’ideologia come forza materiale

Questa sezione propone un estratto delle riflessioni lukacsiane sull’ideologia come forza trasformativa della realtà sociale, tema cui l’ Ontologia dedica ampio spazio. Per comodità espositiva, ho raggruppato il materiale in quattro sotto-sezioni dedicate, rispettivamente, al doppio significato del termine ideologia, all’ideologia come strumento rivoluzionario, al diritto e alla religione.

  a) Il doppio significato del termine ideologia

Lukacs inizia il terzo capitolo del quarto volume citando Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce di Antonio Gramsci (1), a proposito del quale scrive: Gramsci parla di un doppio significato del termine ideologia. Nel suo interessante discorso non possiamo però non rilevare una carenza, e cioè che egli contrappone la sovrastruttura necessaria soltanto alle idee arbitrarie di singole persone. Ciò nondimeno ha il merito di aver messo in evidenza il doppio significato che sta sempre nello sfondo di questo importantissimo termine. Ma purtroppo cade subito vittima di una astrazione convenzionale. Da un lato è certamente vero che i marxisti intendono con ideologia la sovrastruttura ideale che necessariamente sorge da una base economica, ma dall’altro è fuorviante interpretare il concetto peggiorativo di ideologia, che rappresenta una realtà sociale indubbiamente esistente, come un’arbitraria elucubrazione di singole persone (vol. IV, p. 445).

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tempofertile

Glosse a “Il concetto di nazione. Ovvero una patata bollente per il marxismo”, di Carlo Formenti

di Alessandro Visalli

allegoria Italia UnitaSul suo blog Carlo Formenti ha pubblicato[1] una recensione del testo spagnolo “La base material de la nación en Marx y Engels” di Carlos Barros. In questo testo proverò a ricostruire il suo argomento ed aggiungere qualche altro spunto. In particolare, dalla rilettura di un saggio di Lelio Basso su “La natura dialettica dello Stato secondo Marx”, contenuto in un libro autori vari del 1977, “Stato e teorie marxiste[2]. Non si tratta, dunque, di trattare l’enorme tema del concetto di Stato (o, e non è ovviamente la stessa cosa, di nazione) nel marxismo, e neppure in Marx o Engels, ma di aggiungere una semplice glossa ad un passaggio.

Infatti, Carlo conclude il suo pezzo scrivendo:

“Se già ai tempi di Marx era impossibile fissare criteri universalmente validi per rispondere alla domanda su quali lotte nazionali sostenere, oggi l’impresa è ben più ardua: è giusto sostenere l’irredentismo catalano anche se assume i connotati di un “separatismo dei ricchi” (6); è giusto appoggiare le rivendicazioni di tibetani, uiguri e abitanti di Hong Kong contro il governo centrale della Cina Popolare, anche se è alimentato e sostenuto dall’imperialismo occidentale e ha caratteri esplicitamente antisocialisti? E ancora: ha senso attribuire un significato progressivo all’integrazione europea in nome dell’accelerazione dello sviluppo economico, anche se il costo di tale sviluppo è la subordinazione e l’impoverimento delle nazioni (e delle classi subalterne!) mediterranee da parte della Germania? È giusto considerare ideologicamente regressivo il carattere patriottico delle rivoluzioni bolivariane dell’America Latina? Rispondere a ognuna di queste domande richiede di svolgere un’analisi concreta di tutti i fattori economici, socioculturali, storici e geopolitici implicati in ogni singola situazione, dopodiché l’unico fattore di cui tenere conto - in ultima istanza - per dare loro risposta resta a mio avviso quello della valutazione degli interessi di classe in campo; certamente non quello dello sviluppo delle forze produttive” (corsivo mio).

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la citta futura

Un dibattito produttivo?

di Ascanio Bernardeschi

c19b15f2f214db2a095e013acc18f933 XLSe si condivide l’idea che la categoria di lavoro produttivo, come definito da Marx, ha finalità diverse da quella di delimitare la classe sfruttata che si contrappone al capitale, qual’è il vantaggio di allontanarci da quella categorizzazione?

Su invito del collettivo politico de “La Città Futura”, scrissi per il numero del 22 gennaio scorso di questo giornale un articolo sul concetto di lavoro produttivo al fine di aprire un dibattito su questa categoria economica. L’articolo, nell’aderire alla definizione marxiana, precisava che la stessa, per quanto utile sia ai fini della conoscenza del punto di vista del capitale sia per mantenere fermo il principio che l’unica la fonte del plusvalore sia il lavoro non pagato, non fosse idonea a definire la classe che si contrappone al capitale, la quale deve includere anche lavoratori non addetti alla produzione diretta del plusvalore. A tale articolo si rinvia anche per il tentativo di collocare le varie tipologie di lavoratori (e non lavoratori) rispetto al conflitto di classe.

La discussione che ne è seguita, insieme a adesioni a questa impostazione, ha registrato anche due posizioni che se ne differenziano: una più restrittiva e una più inclusiva.

La restrittiva eccepisce sull’inclusione nella categoria del lavoro produttivo del lavoro intellettuale, e in generale quello dedito alle produzioni immateriali. Di tale posizione non è stato redatto un vero e proprio articolo ma solo degli apprezzabili materiali di discussione.

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perunsocialismodelXXI

Il concetto di nazione. Ovvero, una patata bollente per il marxismo

di Carlo Formenti

10361Spulciando il catalogo online di El Viejo Topo https://www.elviejotopo.com/ editore storico della sinistra iberica (al quale devo due edizioni di altrettanti miei saggi e la conoscenza di importanti materiali teorici in lingua spagnola), mi sono imbattuto in un titolo che ha catturato la mia attenzione: La base material de la nación. El concepto de nación en Marx y Engels, di Carlos Barros (dal profilo biografico dell’autore ho appurato che si tratta di uno storico medievista, fra i fondatori del partito comunista galiziano e membro del comitato centrale del PCE).

A intrigarmi, ancor più dell’argomento scottante (la questione nazionale è sempre stata fonte di problemi irrisolti e di conflitti teorici e ideologici in campo marxista), è stato il sottotitolo, il quale, come mi è stato confermato da un breve video di presentazione del libro registrato dall’autore, allude all’esistenza di un discorso sistematico e coerente, se non di una vera e propria teoria, dei due fondatori del materialismo storico sull’argomento in questione. La cosa mi è parsa sorprendente, non essendo a conoscenza di scritti di Marx ed Engels dedicati alla questione nazionale di peso e dimensioni paragonabili a quelli di altri mostri sacri del pensiero socialcomunista, Lenin su tutti (1).

Tuttavia, dopo avere acquistato e letto l’e.book di Barros, ho avuto conferma che il mio difetto di informazione non è frutto di disattenzione o ignoranza: effettivamente Marx ed Engels non hanno scritto nulla di sistematico sul concetto di nazione.

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coku

Le Lezioni di Napoleoni sul capitolo sesto inedito di Marx

di Leo Essen

unnamedp97e43Nella primavera del 1971 Claudio Napoleoni tiene alcune lezioni sul Capitolo sesto inedito di Marx. L’anno successivo le Lezioni vengono pubblicate da Boringhieri. Riscuotono quasi immediatamente un grande successo, tanto che nel 74, 75 e 79 vengono ristampate. Poi cala il sipario. L’edizione del 79 si trova ancora in vendita nel 1990.

Il testo pubblicato, che riproduce la trascrizione delle lezioni tenute all’UniTo, è sorprendente, sia per la chiarezza, sia per il rigore filologico. Una vera rarità nel panorama della ricerca universitaria italiana. Leggerlo rende la sensazione di partecipare a un seminario. La sua influenza, meritata, si è estesa a tutta la galassia della sinistra radicale – marxista e non marxista. L’andamento ripetitivo, tipico delle lezioni universitaria, invece di appesantire la lettura, ha quasi un effetto ipnotico. Di più, suscita quella sensazione di stupore che solo le grandi opere riescono a suscitare.

Il tema del libro è riassunto in poche righe nella Lezione settima, dove Napoleoni dice che uno dei modi attraverso i quali Marx stabilisce la differenza tra la produzione capitalistica e altri modi di produzione è questo: che mentre altri modi di produzione sono indirizzati al consumo di qualcuno, viceversa la produzione capitalistica è produzione di ricchezza astratta, ossia ricchezza destinata a riconvertirsi in ricchezza addizionale; con la conseguenza che, mentre nel primo caso il valore-uso ha una rilevanza decisiva – proprio perché il processo è finalizzato al consumo -, nel secondo caso, il valore-uso diventa irrilevante, non in quanto scompare, perché questo naturalmente è impossibile, ma in quanto il valore-uso diventa un semplice supporto materiale per la ricchezza come tale. Ricchezza come tale, la cui espressione formale è il valore, che ha poi nel valore-scambio la sua necessaria rappresentazione o espressione fenomenica.

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maggiofil

Inside Marx. Viaggio al fondo del pianeta. Cronache marXZiane n. 3

di Giorgio Gattei

43414423 303Sono stato trasportato sul pianeta Marx dall’astronave marxziana “La Grundrisse” nel 1968 e laggiù ho vissuto per più di mezzo secolo, interessandomi soprattutto alla sua composizione geologica costituita da una “crosta” di Prezzi di mercato, da un “mantello” di Prezzi naturali/Prezzi di produzione e da un “nucleo” di Valore, come ho raccontato nella Cronaca precedente. Però sulla sostanza del Valore le congetture teoriche, nell’impossibilità di arrivare fino al nucleo, si erano nel tempo così ingarbugliate che il governo marxziano ha deciso di organizzare una spedizione scientifica apposita per verificare come andassero le cose laggiù. La spedizione è stata affidata ad un esploratore di qualità come Piero Sraffa (che peraltro non era nemmeno un marxziano: era chiamato l’“Uomo dalla luna” per il ritratto che una volta aveva dato di sè scrivendo che, «se un uomo caduto dalla luna sulla terra registrasse l’ammontare delle cose consumate in ogni impresa e le quantità prodotte da ogni impresa durante un anno, ne potrebbe dedurre a quali valori le merci devono essere vendute, se il tasso di profitto deve essere uniforme e il processo di produzione ripetuto: le equazioni mostrerebbero così che le condizioni dello scambio sono interamente determinate dalle condizioni della produzione»).

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perunsocialismodelXXI

Glosse a "Ontologia dell'essere sociale" di Lukàcs (II)

di Carlo Formenti

La pubblicazione delle mie Glosse alla "Ontologia" di Gyorgy Lukacs prosegue con questa seconda puntata (qui la prima) che raggruppa la seconda e la terza sezione tematica

3a540578849b96324dfe2307a92611272. Critica del materialismo meccanicista

La critica delle interpretazioni meccaniciste e deterministe del pensiero di Marx è un filo rosso che attraversa tutta l’Ontologia, per cui lo ritroveremo in tutte le sezioni in cui sono articolate queste Glosse. In questa seconda sezione, tuttavia, intendo concentrare l’attenzione soprattutto su due aspetti: 1) il modo in cui, nel pensiero di Lukacs, il principio della determinazione (in ultima istanza!) della coscienza da parte del fattore economico si associa all’affermazione della (relativa!) libertà del fattore soggettivo; 2) la critica della feticizzazione oggettivistica della tecnica.

Parto da un passaggio particolarmente illuminante per quanto riguarda il primo punto: il metodo dialettico, scrive Lukacs, riposa sul già accennato convincimento di Marx che nell’essere sociale l’economico e l’extraeconomico di continuo si convertono l’uno nell’altro, stanno in una insopprimibile interazione reciproca, da cui però non deriva (…) né uno sviluppo storico privo di leggi (…) né un dominio meccanico <<per legge>> dell’economico astratto e puro. Ne deriva invece quella organica unità dell’essere sociale in cui alle rigide leggi dell’economia spetta per l’appunto e solo la funzione di momento soverchiante (vol. II, pp. 290/91). Il passaggio è denso e ricco di aspetti degni di rilievo. In primo luogo, l’affermazione secondo cui economico ed extraeconomico si convertono di continuo l’uno nell’altro, fa eco alla concezione dell’essere sociale come complesso di complessi descritta nella prima sezione: nessuna dimensione dell’essere sociale è separata dalle altre da un confine rigido, per cui il gioco dialettico delle interazioni reciproche è continuo, e soprattutto non è mai unidirezionale, nel senso che nessuna dimensione condiziona le altre senza venirne a sua volta condizionata.

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machina

Evento e struttura in Marx

Note su La guerra civile in Francia

di Franco Berardi Bifo

0e99dc c61a5c03fe004ca283fedd48106416bfmv2Il concetto di rivoluzione non viene elaborato in modo specifico nelle opere di Marx: si potrebbe dire, sostiene Franco Berardi Bifo, che quello di rivoluzione non è neppure un concetto, per lui: è un evento difficilmente concettualizzabile in termini strutturali. Ne parla negli scritti storici, nel Manifesto del partito comunista e ne La guerra civile in Francia. Questo breve documento, pubblicato a Londra nel 1871, raccoglie tre discorsi tenuti al Consiglio generale dell’Internazionale. Le pagine centrali del pamphlet sono dedicate alla Comune di Parigi, di cui in questi giorni ricorrono i 150 anni: in presa diretta Marx ne coglie la straordinaria novità, come manifestazione autonoma della classe operaia in quanto soggetto politico. La Comune durò meno di cento giorni, eppure marcò in modo profondo l’immaginazione politica del secolo successivo, fino ad arrivare ai giorni nostri. Quell’esperimento, «forma politica finalmente scoperta», non è la manifestazione di una tendenza implicita ma un evento imprevedibile, in quanto la struttura non implica necessariamente ogni evento. Marx lo capisce, perché non era un determinista e neppure un dottrinario bisbetico, un dogmatico credente nella necessità storica. Centocinquant’anni dopo, ripercorriamo con Bifo quel viaggio incantato alla scoperta di qualcosa che non ci aspettiamo.

* * * *

Marx non ha parlato molto di rivoluzione. Il concetto di rivoluzione non viene elaborato in modo specifico nelle sue opere. Oserei dire che quello di rivoluzione non è neppure un concetto, per lui: è un evento che difficilmente si può concettualizzare in termini strutturali.

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collettivolegauche 

Elia Pupil intervista Alain Badiou

alain badiouAlain Badiou, nato a Rabat, in Marocco, il 17 gennaio 1937, è stato insegnante presso l’Università di Paris VIII Saint-Denis Vincennes. Attualmente è professore all’École normale supérieure di Parigi.

Tra i membri fondatori del Parti socialiste unifié, nel 1967 si unì ad un gruppo di studio intitolato a Baruch Spinoza, organizzato da Louis Althusser alla Scuola Normale e nello stesso anno partecipò alla fondazione dell’Union des communistes de France marxiste-léniniste, partito di ispirazione maoista di cui fu dirigente fino agli anni ’80. Partecipò al ’68. Influenzato dal pensiero di Althusser e Lacan, nel 1969 divenne membro dell’Università di Parigi VIII dove ebbe l’opportunità di confrontarsi con pensatori del calibro di Gilles Deleuze e Lyotard. Nel 1999 passa all’École normale supérieure. Badiou è anche un famoso drammaturgo.

Tra le sue opere principali troviamo: La République de Platon, Théorie du sujet, Saint Paul. La fondation de l’universalisme, L’Être et l’Événement, L’Hypothèse communiste e Métaphysique du bonheur réel.

* * * *

1. Nel contesto dell’ipotesi comunista, come pensa che possa rinascere un nuovo polo rivoluzionario in Occidente, dopo il crollo delle socialdemocrazie e l’avvento della demagogia dell’eterogeneità nei movimenti? Come, e quale evento occorre attendere per sviluppare una situazione storica che sia favorevole a una rottura degli equilibri?

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micromega

Il rasoio di Occam

Tra marxismi e post-marxismi: una mappatura globale

di Emanuele Lepore

È appena uscito il “Routledge Handbook of Marxism and Post-Marxism”, curato da Alex Callinicos, Stathis Kouvelakis e Lucia Pradella (Routledge, 2021). Si tratta di un importante contributo agli studi marxiani contemporanei, ricco di numerose estensioni storico-geografiche e teoriche

Schermata del 2021 03 21 11 12 33È stato dato da poco alle stampe il Routledge Handbook of Marxism and Post-Marxism, a cura di Alex Callinicos, Stathis Kouvelakis e Lucia Pradella. Ne offriremo qui una presentazione generale, in cui proveremo a individuare alcuni fili che di questo handbook costituiscono la fitta trama.

Il volume si caratterizza anzitutto come una ricognizione puntuale dell’ampio e variegato spettro di esperienze teoriche del marxismo e del post-marxismo, secondo una scansione abbastanza netta, che ripercorriamo brevemente: la prima parte è dedicata al momento fondativo del marxismo, alle figure di Karl Marx e Friedrich Engels. Se è vero che il marxismo è costitutivamente “teoria della crisi” (Kouvelakis 2005), allora il ritorno alla fondazione si presenta come una necessità storica, rispondendo alla quale è possibile guadagnare una nuova prospettiva tanto sulle fonti a cui si fa ritorno, quanto sugli eventi determinati che si vuole comprendere. In questo caso, si può dire che il ritorno sia riuscito, poiché nel saggio dedicato specificamente a Karl Marx, Lucia Pradella – tenendo fede ad uno degli impegni teorici stabiliti in L’attualità del Capitale (2010) – imposta un confronto ravvicinato con chi ha inteso scorgere nell’opera marxiana assenze tematiche e vicoli ciechi, dalla questione di genere al presunto eurocentrismo della critica di Marx all’economia politica.

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filosofiainmov

Rileggendo le riflessioni di un maestro sul proprio maestro

Giuseppe Prestipino ripensa Lukács

di Antonino Infranca

IMG 1644A pochi mesi dalla scomparsa di Prestipino un piccolo libro (Su Lukács. Frammenti di un discorso etico-politico) riporta la nostra attenzione sull’analisi che il filosofo italiano ha dedicato a Lukács, soprattutto a un aspetto centrale dell’ultimo Lukács: l’etica. Come è noto Lukács negli ultimi anni della sua vita, all’incirca negli ultimi venti anni, si dedicò alla stesura di un vero e proprio sistema filosofico. Prima l’Estetica, a cui sarebbe seguita un’Etica. Dopo aver terminato l’Estetica – almeno nella forma monumentale in cui la conosciamo, 1600 pagine, perché l’intenzione di Lukács era di scriverne un secondo volume – il filosofo ungherese si accingeva a scrivere questa Etica, ma si rese conto che avrebbe prima dovuto definire il soggetto di questa etica e, quindi, iniziò a scrivere l’Ontologia dell’essere sociale. Quest’opera era stata appena terminata, insieme alla sua versione più breve e più agile, i Prolegomeni all’Ontologia dell’essere sociale, quando la morte fermò l’opera sistematica di Lukács. Dell’Etica ci rimangono degli appunti, da cui con qualche difficoltà si può trarre qualche concetto.

Prestipino, però, riuscì soprattutto negli anni di fine secolo a rintracciare qualche concetto di natura etico-politica di Lukács e La Porta, il curatore del libro, è riuscito a sintetizzare questa ricerca nelle pagine di questo libretto, soprattutto è riuscito a sintetizzare l’attitudine di Lukács verso la grande questione della democrazia: «La democrazia è per Lukács essere con l’altro, o essere fra gli altri» (p. 12). Si nota che la democrazia, categoria della politica, ha un contenuto etico, un’apertura all’Altro e una convivenza con gli altri, in modo che l’individuo è un essere-in-comune con gli altri, l’individuo è in fondo una comunità di azioni reciproche.

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sinistra

Le ragioni del materialismo dialettico di Lenin

di Eros Barone

lenin streetart2     1. Premessa storica

Per situare nel contesto specifico il maggiore saggio filosofico di Lenin, vale a dire Materialismo ed empiriocriticismo, bisogna tener conto di due circostanze particolarmente importanti: la condizione della cultura filosofica russa nella prima metà del secolo XX; l’interazione delle diverse formulazioni teoriche dei filosofi russi con i programmi politici che caratterizzarono sia la fase prerivoluzionaria che la fase postrivoluzionaria. In quel lasso di tempo la filosofia russa aveva seguito un’evoluzione del tutto differente da quella del resto dell’Europa. L’illuminismo non era sfociato nell’idealismo e questo non aveva dato luogo al positivismo, come in Francia e in Germania, bensì tendenze illuministiche, idealistiche e positivistiche avevano contrassegnato contemporaneamente e non senza una certa confusione la vita culturale russa. La ragione di questo ‘décalage’ storico-filosofico va cercata nel fatto che mentre la naturale evoluzione della filosofia nei paesi occidentali aveva scandito il passaggio della borghesia da classe dirigente economica a classe dirigente politica (basterà ricordare a questo riguardo la nota tesi di Stalin, per il quale l’idealismo e il positivismo corrispondono rispettivamente all’ascesa e al trionfo della borghesia), in Russia la nascita della borghesia fu un evento improvviso e per certi aspetti persino prematuro, che coprì, si può dire, l’arco di una generazione, talché la nuova classe finì col portare avanti concezioni del mondo sostanzialmente contraddittorie. In questo senso è particolarmente illuminante la letteratura russa della seconda metà dell’Ottocento, specie in alcuni scrittori come Čechov.

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perunsocialismodelXXI

Glosse a "Ontologia dell'essere sociale" di Lukàcs (I)

di Carlo Formenti

0 0 626 75Nota introduttiva

L’ultima opera del più grande filosofo marxista del 900 (Gyorgy Lukacs, 1885 – 1971) è di gran lunga la meno conosciuta. Alla Ontologia dell’essere sociale Lukacs iniziò a lavorare nel 1960, subito dopo avere concluso la sua Estetica, ma non fu pubblicata che diversi anni dopo la morte (in due volumi usciti, rispettivamente, nel 1984 e nel 1986). L’edizione italiana (uscita assai più tardi, nel 2012, per i tipi di PGRECO) si articola in quattro volumi, il primo dei quali contiene i Prolegomeni all’ontologia dell’essere sociale che in realtà fu scritto per ultimo, per sintetizzare e chiarire i concetti dell’opera principale (sia perché Lukacs non era soddisfatto della struttura espositiva che le aveva dato, sia per replicare alle critiche e alle osservazioni che gli erano state fatte da alcuni allievi). Questo ritardo non è tuttavia il solo né l’unico motivo per cui il pensiero dell’ultimo Lukacs continua ad essere meno conosciuto di quello dei suoi lavori “classici”, come Storia e coscienza di classe (1) o La Distruzione della ragione (2). A questa “rimozione” contribuirono infatti tanto la sua collocazione in un’epoca storica caratterizzata da una profonda crisi del marxismo, quanto le critiche sfavorevoli che un gruppo degli allievi di Lukacs – fra cui Agnes Heller, oggi nume tutelare del pensiero liberale – fecero circolare sulla Ontologia prima che l’opera venisse pubblicata (3). Senza dimenticare il non trascurabile impegno richiesto dalla lettura di un testo complesso e lungo quasi 2000 pagine.

Nella sua Introduzione, Nicolas Tertulian richiama l’attenzione su alcuni dei temi principali affrontati dall’autore. In particolare, si concentra sulla critica tanto di quelle interpretazioni del pensiero marxiano che attribuiscono alla storia la natura di un processo teleologico governato da una ferrea necessità immanente, per cui ogni fase di sviluppo rappresenterebbe una tappa verso un esito predeterminato, quanto di quelle che lo associano a una sorta di determinismo univoco dei fattori economici.

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ilcovile

Chi ha paura di Jacques Camatte?

di Federico Corriente

Il lettore potrà rendersi conto che l’invar­ianza dichiarata-proclamata al­l’i­ni­zio, quella della teoria del proleta­riato, è già inclusa in un’altra assai piú vasta: la ricer­ca di una comunità umana, il cui com­plemento è la messa in risalto della di­struzione delle antiche comunità e l’ad­domesticamento degli uomini e delle donne cosí come la lotta contro di esso, una delle condizioni storiche per­ché il tentativo di fondare una comunità uma­na possa realizzarsi. («Communauté et devenir», 1994)

Schermata del 2021 03 12 16 03 32I. Inizi di Jacques Camatte nella sini­stra comunista italiana e prime opere. Rottura con il pc-int

Gli inizi di Camatte si trovano nel Par­tito Comunista Internazionale (PC-Int), uno tra gli eredi del Partito Co­munista Italiano originale, che l’Internazional­e Comunista finí per espellere intorno al­l’an­no 1928. In quanto ai dati biografici, è cu­rioso che quasi non ve ne siano: Camatte è riuscito a rendersi molto piú «anti-spettacola­re», di Guy Debord, ad esempio. Il poco che sap­piamo è che nacque vicino a Marsiglia nel 1935 e che lavorò come professore di Scienze della Vita e della Terra in varie località del sud della Francia (Tolone, Brignoles e poi Ro­dez) fino al 1967. Quanto alla sua iniziale mi­litanza nella Frazione Francese della Sini­stra Comunista In­ternazionale, entrò nel gruppo di Marsiglia nel 1953. Un paio d’anni piú tar­di, conobbe a Napoli Bordiga (che visse fino all’anno 1970), con il quale concorderà un gran numero dei suoi primi testi.

Nel 1957 il gruppo francese della Sinistra Comunista Internazionale cominciò a pubblicar­e la rivista Programme Communiste, sotto la direzione di una donna, Suzanne Voute — germanista e traduttrice di gran parte dell’ope­ra di Marx per le edizioni Gallimard e La Pléiade, in collaborazione con Maximilien Ru­bel — che arrivò da Parigi per stabilirsi nel Sud e farsi carico della direzione del gruppo. A quanto sembra, segnò subito la personalità di Camatte (non è azzardato supporre che Camatt­e abbia imparato il tedesco da lei). Suzan­ne Voute precedentemente aveva animato la Fra­zione Francese della Sinistra Comunista Inter­nazionale sino agli anni 1949–1950, quando il suo compagno sentimentale, l’ex membro del POUM Albert Masó («Véga»), portò la grande maggioranza della FFGCI nelle file di «Socia­lisme ou Barbarie».

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perunsocialismodelXXI

L'eurocentrismo "funzionale" di Marx ed Engels

Paradossi e contraddizioni del concetto di modo di produzione asiatico

di Carlo Formenti

Mi scuso con i lettori, ma la mia insufficiente conoscenza delle funzioni del template di questa piattaforma mi ha impedito di inserire le traslitterazioni corrette dei nomi di persone e istituzioni russe per cui queste parole risultano malamente "italianizzate"

S. V. Ivanov. Yuris Day. 1908Le accuse di eurocentrismo ai due autori del Manifesto del Partito Comunista nonché fondatori del socialismo scientifico non sono nuove. Una delle requisitorie più dure in tal senso si deve al sudafricano Hosea Jaffe, esponente delle correnti marxiste più attente alle lotte di liberazione dei popoli coloniali ed ex coloniali; costui, in un saggio intitolato Davanti al colonialismo: Engels, Marx e il marxismo (Jaca Book, Milano 2007) arriva ad affibbiare ad Engels l’epiteto di euro-razzista e di social-sciovinista tedesco, citandone alcune frasi (che oggi farebbero effettivamente rizzare i capelli sulla testa a ogni militante di sinistra) contenute in scritti sulla guerra degli Stati Uniti contro il Messico, sulla conquista francese dell’Algeria e sulla colonizzazione italiana dell’Eritrea. Il suo giudizio è meno severo nei confronti di Marx, in quanto ritiene che i suoi scivoloni eurocentrici – comunque meno plateali di quelli di Engels - siano riscattati dal suo fondamentale contributo all’analisi del ruolo del colonialismo nel processo di accumulazione capitalistica.

Con Onofrio Romano, nel libro Tagliare i rami secchi. Catalogo dei dogmi marxisti da archiviare (DeriveApprodi 2019), che contiene la trascrizione di una nostra lunga conversazione, ho rilanciato – sia pure in forma meno virulenta – critiche analoghe, estendendole all’insieme della cultura marxista occidentale e riproponendo l’opposizione fra marxismo occidentale e marxismo orientale teorizzata da Domenico Losurdo (Il marxismo occidentale, Laterza, Roma-Bari 2017).

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lordinenuovo

Necessario o superfluo? Comunismo, bisogni umani e i rischi di una semplificazione pseudo-socialista

di Luca Colamini

audience 868074 1920 1024x681.x67568“Il capitalismo ti dà il superfluo, il socialismo ti dà il necessario”: così recita uno slogan, coniato e diffuso da Marco Rizzo e largamente impiegato nel corso di comizi e interventi su organi televisivi e di stampa. Apparentemente una formula snella ed efficace, una sintesi chiara e senza fronzoli, che va dritta al punto ed è comprensibile da tutti. Coerente, peraltro, con l’immagine bread and butter di quadri politici capaci di rabboccare l’olio del motore dell’automobile e di tirare di boxe. Gente vicina alla classe operaia, di cui condivide il linguaggio, le abitudini e il buon senso.

Ma quali sono i presupposti di un simile slogan? Non intendiamo certo “fare le pulci” a una formula propagandistica per puro e sterile esercizio polemico. Tuttavia, anche quando si adatta il registro al contesto, le parole d’ordine qualificanti di un’organizzazione comunista dovrebbero contenere ed esprimere sinteticamente una solida impostazione teorica, legarsi a un’adeguata analisi della situazione storica contemporanea e della “fase”, e agli obiettivi di avanzamento del movimento operaio. Per questa ragione, gli slogan vanno sempre interrogati, e occorre considerare accuratamente la possibilità che inducano ad assumere posizionamenti tattici improduttivi o dannosi, o addirittura riflettano un orizzonte strategico inadeguato. Nel caso della formula in questione, la ricerca dell’efficacia comunicativa corre il serio rischio di veicolare distorsioni teoriche, controproducenti sul piano pratico e politico, e per giunta subalterne ai leitmotiv della propaganda borghese circa la natura e gli obiettivi del socialismo. Ma andiamo con ordine.

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sebastianoisaia

A sua immagine e somiglianza

Sul concetto di sussunzione reale del lavoro al capitale

di Sebastiano Isaia

clas6La cooperazione degli operai comincia soltanto nel
processo lavorativo, ma nel processo lavorativo hanno
già cessato d’appartenere a se stessi. Entrandovi, sono
incorporati nel capitale (K. Marx).

1. Studiare l’Industrial Smart Working e la cosiddetta Fabbrica Intelligente (cioè robotizzata e digitalizzata), chiamata anche Industria 4.0 e in altri mille modi (tutti ugualmente suggestivi e idonei alla mistificazione del rapporto sociale capitalistico da parte di economisti, sociologi e politici “modernisti”), ha avuto per me soprattutto il significato di ritornare a riflettere su un fondamentale concetto marxiano: la sussunzione reale del lavoro sotto il capitale, con annessa dialettica tra sussunzione formale e sussunzione reale. Una dialettica che peraltro si presta benissimo, a mio avviso, come chiave di interpretazione analogica di molti e importanti fenomeni sociali che si danno fuori dai luoghi immediati della produzione del valore, e che investono appunto aspetti della nostra vita che sembrano non avere nulla a che fare con la sfera immediatamente economica. Di più: è proprio questa dialettica che, a mio avviso, giustifica l’uso – si spera non ideologico – del concetto di sussunzione totale della vita da parte del capitale, anche se è nella sfera produttiva (di plusvalore) che tale concetto trova il suo più pregnante e puntuale riscontro.

I teorici della Fabbrica Intelligente affermano che a differenza della vecchia fabbrica, quella di nuova concezione richiede agli operai non solo di eseguire gli ordini ma soprattutto di pensare (nientedimeno!), anche in “modalità creativa” e, addirittura, “critica” [1]. Ma si tratta di una truffa ideologica (vedi, ad esempio, il concetto di Coboticacollaborative robot –, che rimanda all’«assistenza collaborativa» del robot nei confronti del lavoratore), di un guazzabuglio terminologico inteso a capovolgere i termini della questione, a mistificare la realtà, la quale vede il capitale assorbire sempre più completamente nel proprio corpo il lavoratore.

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blackblog

I due Marx

di Robert Kurz

postmarx doppioNel momento in cui ci si trova a commemorare delle nascite, delle morti, o altri anniversari che risalgono a più di un secolo prima, l'oggetto del ricordo, il più delle volte, si è già trasformato in un pezzo da museo finito tra i reperti di un passato ormai morto che non suscita più la minima emozione. Le pagine culturali dei quotidiani, i dignitari della cultura e i curatori fallimentari della storia possono celebrare il loro "evento" stando comodamente appoggiati agli scaffali sui quali sono esposti i ricordi che un tempo avevano fatto battere assai più velocemente i loro cuori. Il "Manifesto del partito comunista" del 1848, redatto da due giovani intellettuali allora pressoché sconosciuti, Karl Marx e Friedrich Engels, ha conservato per molto tempo una sua freschezza ed attualità sorprendente. Un testo che, anche dopo più di un secolo, continua ancora a suscitare un odio rabbioso e ad essere messo all'indice - mentre allo stesso tempo ha una diffusione pari a quella della Bibbia - un testo del genere deve per forza contenere tanta dinamite intellettuale quanto ne possa bastare per un'epoca intera.

Ciò malgrado, il "Manifesto" ormai non potrà più festeggiare il suo 150° anniversario come se fosse un documento che viene discusso in maniera controversa nel bel mezzo del tumulto delle lotte sociali. In un qualche punto degli anni 1980 - al più tardi con la grande svolta verificatasi nel 1989 - questo testo rimasto scottante per così tanto tempo, improvvisamente tutt'a un tratto è diventato freddo e scialbo; è come se, da un giorno all'altro il suo messaggio si fosse come ingiallito, e oggi, anche se lo si studia ancora, lo si fa ormai «senza né odio né passione», come se fosse solo la testimonianza di una storia finita.

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bollettinoculturale

La proposta di Jacques Bidet di ricostruzione e rifondazione del "Capitale" di Marx

di Bollettino Culturale

marx3Il libro di Jacques Bidet, intitolato Explication et reconstruction du “Capital”, è così audace che il lettore si sente sfidato a seguire il suo autore dall'inizio alla fine. Non solo audace, ma anche estremamente provocatorio per chiunque proponga di leggere Marx alla luce di nuovi fenomeni contemporanei. Il libro ha un contenuto straordinariamente denso, che richiede una profonda conoscenza del Capitale da parte di coloro che desiderano giudicare, con correttezza, la proposta di rifondazione di Bidet.

La prima parte del suo libro è dedicata alla Spiegazione il cui scopo è quello di completare l'esposizione di Marx basata su ciò che ha lasciato implicito e persino incompleto. Più chiaramente, si tratta di aggiungere nuovi concetti all'esposizione di Marx che non sono stati esplorati da lui, ma che, in un certo senso, non gli sarebbero estranei. Nella seconda parte, la Ricostruzione, Bidet propone una nuova esposizione categorica del Libro I, in modo che "sia all'altezza delle sue ambizioni: scientificamente coerente, empiricamente rilevante e politicamente significativo".

 

La controversia sulle letture del Capitale

Chiunque si impegni in una simile impresa, non può ignorare che il Capitale è già oggetto di letture che godono di una certa posizione di monopolio nel campo accademico. Bidet lo sa molto bene. Mette in evidenza le tre interpretazioni più conosciute e accettate, sottolineando i loro crediti dovuti, sottolineando le loro inadeguatezze teoriche.

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carmilla

Tra soggetto e oggetto, la classe operaia di Panzieri

di Fabio Ciabatti

Marco Cerotto, Raniero Panzieri e i “Quaderni rossi”. Alle radici del neomarxismo italiano, DeriveApprodi, Roma 2021, pp. 138, € 10,00

raniero panzieri mario tronti gaspare de caro toni negri torino 1962L’opera intellettuale e l’attività di organizzatore culturale di Raniero Panzieri (Roma 1921 – Torino 1964) sono il punto di avvio del marxismo italiano che si sviluppa al di fuori delle organizzazioni storiche della classe operaia negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso e in particolare dell’operaismo, grazie soprattutto alla fondazione della rivista “Quaderni Rossi”, pubblicata dal 1961 al 1966. L’operaismo sarà successivamente associato principalmente ad altre figure intellettuali come Mario Tronti e Toni Negri, anche a causa della prematura scomparsa di Panzieri, avvenuta all’età di 43 anni. A cento anni dalla sua nascita vale la pena recuperare il contributo originale del pensatore romano, troppo spesso relegato al ruolo di semplice precursore. A tal fine torna utile il libro scritto da Marco Cerotto, Raniero Panzieri e i “Quaderni Rossi”. Alle origini del neomarxismo italiano, pubblicato da DeriveApprodi.

Dirigente del Partito Socialista, direttore della rivista Mondo operaio, traduttore del secondo libro de Il capitale di Marx, Panzieri si caratterizza da subito per un marxismo non ortodosso, sostenendo l’idea della democrazia diretta e la concezione del partito-strumento. La pubblicazione delle Sette tesi sul controllo operaio, scritte nel 1958 con Lucio Libertini, segna il punto di svolta nella biografia intellettuale di Panzieri e avvia il suo allontanamento dal Partito Socialista. Si trasferisce l’anno successivo a Torino dove lavora fino al 1963 per la casa Editrice Einaudi e dà vita alla rivista cui il suo nome è indissolubilmente associato. La vecchia capitale sabauda rappresenta un osservatorio privilegiato per studiare il cuore del “neocapitalismo” italiano: la grande fabbrica fordista-taylorista e la nuova composizione di classe formata da quello che sarà successivamente definito operaio massa.

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ilcomunista

H.G. Backhaus e la dialettica della forma di valore

Una valutazione critica

di Riccardo Bellofiore, Tommaso Redolfi Riva

fedro plato immagine1. L’opera di Backhaus rappresenta un indispensabile grimaldello per l’accesso ai temi fondamentali della critica dell’economia politica di Marx.Questo grimaldello può essere utilizzato efficacemente sia per comprendere il dibattito che ha caratterizzato la ricezione dell’opera di Marx a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta, che per accedere direttamente ai problemi che caratterizzano l’esposizione marxiana e che rappresentano ancora oggi un terreno di vivace discussione tra gli studiosi.

La corrente interpretativa di cui Backhaus è l’iniziatore, ormai riconosciuta nella letteratura critica con il nome di «Neue Marx-Lektüre»1, ha trovato in Italia una diffusione quasi coeva alla pubblicazione delle opere in lingua originale, grazie alle tempestive traduzioni delle opere di Schmidt, Reichelt e Krahl. Questi autori avevano svolto il loro apprendistato teorico presso la Scuola di Francoforte e l’originalità dei loro lavori non risiedeva tanto nei temi trattati, in qualche modo già al centro della discussione nel dibattito marxista sia occidentale che orientale, quanto nella spregiudicatezza con cui questi temi erano trattati. Si cominciava a mettere in discussione, come sulla sponda francese aveva iniziato a fare la scuola di Althusser, la ricezione che il marxismo aveva sviluppato dell’opera di Marx nonché l’autocomprensione di Marx nei confronti della propria metodologia e delle proprie ascendenze rispetto alla filosofia hegeliana. Si cercava di ripensare la teoria del capitale al di fuori delle strette maglie che le interpretazioni economicistiche – soprattutto di matrice anglofona – l’avevano racchiusa, concentrate quasi esclusivamente sulla disputa relativa alla trasformazione.

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maggiofil

Che vita su Marx! Cronache MarXZiane n. 2

di Giorgio Gattei

411M9LUD8DL. AC UL320 SR212320 Come raccontato nella Cronaca precedente, il pianeta Marx è stato individuato inizialmente per via speculativa nel 1776, poi è stato visto al telescopio nel 1868 e infine nel 1968 i marxziani sono arrivati a Bologna a prelevarmi con la loro straordinaria astronave HMS (His Marxzian’s Ship) “La Grundrisse”. Dopo di allora ho vissuto per 50 anni su quel pianeta, il cui aspetto esteriore è di essere una mezza sfera coperta da una cupola trasparente come inaspettatamente dipinto (all’alba del XVI secolo!) dal pittore fiammingo Hieronymus Bosch sulla faccia esterna del Trittico delle Delizie. E’ questa l’immagine che ho messo ad illustrazione di questa mia seconda Cronaca, ma come abbia fatto l’artista a dipingere la forma di quel pianeta prima ancora che ci si accorgesse della sua esistenza astronomica non si sa, a meno che Bosch non fosse propriamente un terrestre, bensì un marxziano già infiltrato tra noi (lascio poi alla malizia dell’osservatore decidere se nel pannello centrale del dipinto, dove è rappresentato il Giardino di quelle delizie, sia mostrata la comunanza edenica quotidiana di marxziani e marxziane di fra loro, perché su questo io non dirò niente).

Comunque, dopo l’arrivo sul pianeta Marx anch’io ho dovuto superare lo sconcerto, descritto da Ray Bradbury in Cronache marziane, che subirono i terrestri approdati nel 1999 su Marte quando, vantandosi del loro viaggio interplanetario, ricevevano dai marxiani (prima di sterminarli con una epidemia di morbillo d’importazione) la più olimpica indifferenza: «“Che cosa volete” domandò la signora Ttt. “Lei è marziana!”. L’uomo sorrise. “La parola non le è certamente familiare, dato che è una espressione in uso sulla Terra. Ma lei è la prima marziana che vediamo!”. “Marziana?” La signora Ttt inarcò le sopracciglia. “Questo pianeta si chiama Tyrr” disse lei “se proprio volete sapere il suo vero nome”. “Tyrr, Tyrr”. Il capitano Williams rise di cuore. “Che nome magnifico! Ma, mia buona donna, come mai lei parla un inglese tanto perfetto?” “Io non parlo, penso” disse la signora. “Telepatia! Buongiorno!” E sbatté loro la porta in faccia».

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ospite ingrato

La Cina di Marx

di Donatello Santarone

1EpWFIhvnpTeBGk4lmRSZIgDue sterline ad articolo: tanto era il compenso che Karl Marx, «il nostro corrispondente da Londra», percepiva per i suoi densi e documentati articoli sul quotidiano statunitense «New York Daily Tribune», articoli che spaziavano dalla schiavitù in America al Risorgimento italiano, dalle guerre dell’oppio in Cina al colonialismo britannico in India, dalla servitù della gleba nella Russia zarista alla guerra di Crimea, dalle dittature borghesi di Napoleone III (1808-1873) e Lord Palmerston (1784-1865) alle crisi finanziarie e commerciali dei principali paesi europei.

La «New York Daily Tribune» fu fondata nel 1841 come giornale della componente di sinistra del partito whig americano. Nei decenni Quaranta-Cinquanta si distinse per la campagna antischiavista, e negli anni in cui vi collaborarono Marx ed Engels era l’organo del partito repubblicano statunitense. Marx dall’inizio del 1853 scriveva gli articoli direttamente in inglese e alcuni venivano talvolta pubblicati senza l’indicazione dell’autore. Ma le indicazioni contenute nei taccuini in cui Marx e sua moglie Jenny annotavano la data di stesura o di spedizione dei singoli articoli e quelle presenti nella corrispondenza di Marx ed Engels negli stessi anni consentono di individuarne, al di là di ogni dubbio, la paternità letteraria. Gli articoli di Marx, inoltre, subivano spesso più o meno pesanti interventi redazionali.

La «Tribune» è stata fondata da Horace Greeley nel 1841 come organo militante delle cause progressiste, benché con un particolare carattere americano e cristiano. […] Durante il periodo in cui egli [Marx] vi scrisse, il giornale contava più di 200.000 lettori ed era il quotidiano più diffuso nel mondo in quel periodo.