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bollettinoculturale

Che cosa è la "legge del valore"?

di Bollettino Culturale

615Sebbene la legge del valore sia una delle idee fondamentali e centrali dell'approccio economico marxista, le sue caratteristiche non sono così chiare come sembra. Tale legge può essere intesa fondamentalmente in tre versioni successive e complementari, all'interno del piano dell'economia nazionale. Partendo dal complesso elementare-semplice al complesso composto: la versione più semplice è la legge della determinazione del valore in base all'orario di lavoro, poi c'è la legge del valore come legge della distribuzione del lavoro sociale (che solleva interrogativi sul suo significato di legge dell'equilibrio nella distribuzione del lavoro sociale), infine può essere inteso come una legge di minimizzazione dell'orario di lavoro astratto, che è legata alle leggi generali di riproduzione e sviluppo del modo di produzione capitalistico.

 

La legge del valore nel capitalismo

Per Marx, la grandezza del valore di una merce è proporzionale all'orario di lavoro socialmente necessario per produrla, quindi esiste la legge della determinazione del valore in base al tempo di lavoro. Questa conclusione iniziale, oltre ad essere oggetto di critica da parte dell'economia borghese, può portare a certe confusioni sulla natura della legge del valore. In “Salario, prezzo e profitto” Marx dichiara che:

“Quale è dunque il rapporto fra valore e prezzi di mercato, o tra prezzi naturali e prezzi di mercato? Voi tutti sapete che il prezzo di mercato è lo stesso per tutte le merci della stessa specie, per quanto diverse possano essere le condizioni di produzione dei singoli produttori. Il prezzo di mercato esprime soltanto la quantità media di lavoro sociale necessario, in condizioni medie di produzione, per fornire al mercato una certa quantità di un determinato articolo.

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ilcomunista

Marx e la MEGA nel dibattito anglofono

di Tommaso Redolfi Riva

Il dibattito “aperto” dell’International Symposium on Marxian Theory

images6td7Introduzione

L’International Symposium on Marxian Theory (ISMT) è un gruppo di ricerca nato da un’idea di Fred Moseley, economista del Mount Holyoke College (USA). Verso la fine degli anni Ottanta, poco soddisfatto degli esiti della ricerca su Marx, Moseley decise di dare vita a un convegno al quale invitò alcuni economisti e filosofi studiosi dell’opera di Marx, con l’obiettivo di dar vita ad un progetto teorico che sviluppasse produttivamente i temi specificamente marxiani in un’ottica alternativa rispetto a quella egemone nei paesi anglosassoni nonché di mettere in comunicazione due categorie – filosofi ed economisti – che, pur occupandosi dello stesso soggetto, raramente avevano modo di dialogare. Il gruppo era inizialmente formato da quattro professori di filosofia (Chris Arthur, Paul Mattick jr., Patrick Murray e Tony Smith) e da quattro professori di economia (Martha Campbell, Guglielmo Carchedi, Fred Moseley e Geert Reuten). In seguito al primo convegno, il gruppo ha continuato ad incontrarsi con cadenza annuale. Nel corso degli anni Guglielmo Carchedi e Paul Mattick jr. lo hanno lasciato e sono stati sostituiti da Riccardo Bellofiore e Roberto Fineschi. Ne ha fatto parte per alcuni anni anche Nicola Taylor e vi si è aggiunto recentemente Andrew Brown.

L’attività di ricerca dell’ISMT ha mostrato la propria fecondità scientifica attraverso una serie di volumi collettanei1 in cui ha trovato realizzazione il continuo dialogo intellettuale che i membri hanno sviluppato tra loro e con la comunità scientifica.

Una considerazione preliminare è necessaria. Diversi membri dell’ISMT hanno prestato molta attenzione alla stratificazione del testo marxiano.

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marxdialectical

Il denaro nel Capitale

di Roberto Fineschi

Trascrizione leggermente rivista dell’intervento tenutosi il giorno 11 gennaio 2018 all’interno del 4° ciclo (2017-2018) - L’anima nell'era della tecnica. Denaro. Natura, storia, religione? Ciclo di incontri su autori e temi della filosofia contemporanea organizzati dal Liceo Da Vinci di Casalecchio, dal Liceo Marco Minghetti di Bologna, con il sostegno e la collaborazione della Casa della Conoscenza e dal Comune di Casalecchio. Video. Sbobinatura e trascrizione di Rosalba Scinardo Ratto

interesse compostoPrima di tutto vorrei spendere due parole su Karl Marx, che voi sicuramente conoscerete, perché so che i vostri docenti vi hanno preparato per queste lezioni e anche perché fino a qualche anno fa era un autore molto popolare. Non c’era bisogno che i docenti lo introducessero, perché era conosciuto di per sé, perché al di là della sua teoria economica e sociale era un autore che aveva un forte impatto politico e, come saprete certamente, era addirittura l’autore di riferimento dell’ideologia di una parte del mondo, dell’Unione Sovietica, dei cosiddetti paesi oltrecortina, la cui visione politica e istituzionale si rifaceva a quest’autore.

Il venir meno di questa esperienza storico-politica, con la caduta del muro di Berlino e con la fine dell’Unione Sovietica ha reso meno popolare automaticamente anche l’autore a cui questi paesi si riferivano e quindi è un po’ sparito. Per un certo periodo è addirittura più che sparito, c’è stata una damnatio memoriae, non se ne poteva parlare perché il crollo del socialismo reale appariva come l'evidenza che aveva sbagliato tutto: se il socialismo reale era la verifica della bontà delle sue teorie, il crollo del Socialismo reale automaticamente sembrava la verifica del contrario.

Adesso, a distanza di un po’ di anni, è rinato l’interesse verso quest’autore perché finalmente si è presa la giusta direzione, cioè si è iniziato a distinguere tra quello che Marx ha detto, scritto e teorizzato da una parte e dall’altra le esperienze politiche, non solo del Socialismo reale ma anche in altri paesi, che a lui si sono ispirate. Senza dire che le due cose sono identiche, ma distinguendo i piani si può ancora vedere che cosa ha da dire Marx all’oggi per la comprensione del mondo reale, al di là delle esperienze storiche del passato.

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bollettinoculturale

La critica dell'economia politica in Étienne Balibar

di Bollettino Culturale

838 738 mai 68 paris mao sorbonneNell'opera di Étienne Balibar, Cinq études du matérialisme historique, del 1974, ci troviamo di fronte a un contributo alla critica dell'economia politica che mira a riprendere la specificità della teoria scientifica marxista, a rettificare le sue deviazioni nell'ambito della teoria sociale e i suoi rispettivi sviluppi politici. Questo era uno sforzo comune della cosiddetta scuola althusseriana, di cui faceva parte il filosofo francese in questione. Per quanto riguarda l'economia politica (critica) marxista, questa scuola ha enfatizzato la dimensione politica del processo produttivo, ha privilegiato i rapporti di produzione rispetto alle forze produttive e ha cercato, così, di costruire un concetto ampio di modo di produzione capitalistico, comprese le dimensioni dello sfruttamento e il dominio di classe. In questo senso, Althusser ha detto:

"La lotta di classe è l’''anello decisivo” per la comprensione del Capitale ... Spieghiamo in poche parole il principio essenziale della tesi di Marx. Non c'è produzione economica "pura", non c'è circolazione (scambio) "pura", né c'è una distribuzione "pura". Tutti questi fenomeni economici sono processi che avvengono nell'ambito di relazioni sociali che sono, in ultima analisi, sotto le loro apparenze, relazioni di classe e relazioni di classe antagonistiche, cioè relazioni di lotta di classe."

Il ricorso alla scuola althusseriana, che si dice sia morta intorno agli anni '70 e per decenni oggetto di vile diffamazione, non è un movimento aleatorio, ma fa parte di una significativa ripresa di questo campo di riflessione marxista. In concreto, sottolineiamo come Balibar, attraverso i classici del marxismo e la “problematica althusseriana”, colleghi il processo di produzione alla valorizzazione del capitale e alle classi sociali (in lotta) come chiave per comprendere il marxismo.

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bollettinoculturale

Intervista a Bernard Chavance

di Bollettino Culturale

51wRZa8jtPLBernard Chavance è professore emerito all'Università Paris-Diderot. La sua ricerca si concentra sull'analisi comparativa dei sistemi economici e delle istituzioni. Allievo di Charles Bettelheim, ha scritto per importanti riviste come Actuel Marx. In italiano è disponibile il suo libro “L’economia istituzionalista”.

* * * *

1. Professore, lei è uno dei principali rappresentanti della teoria della regolazione. Può spiegare brevemente cosa questa teoria ci permette di analizzare, in relazione al marxismo, dell'attuale fase del capitalismo?

1. La teoria della regolazione è una corrente o una scuola di pensiero, che ha subito uno sviluppo e acquisito un'influenza significativa in Francia e, in misura minore, all'estero, dagli anni '70, per quasi quattro decenni, il che è notevole. È un approccio istituzionalista, prevalentemente macroeconomico, caratterizzato da un ancoraggio storico della teoria economica e da un'enfasi sulla prospettiva comparativa. Le influenze iniziali sono il marxismo, il post-keynesismo e la scuola storica francese degli Annales. Ma presto prese forma un approccio originale al capitalismo, in particolare per quanto riguarda le tradizioni marxiste dell'epoca.

Si prolunga l'eredità marxiana riguardo alla conflittualità tra lavoro e capitale e tra capitalisti reciprocamente competitivi, luogo centrale dell'accumulazione del capitale, dinamica trasformativa permanente del sistema. Un allontanamento avviene simultaneamente rispetto ai temi delle tradizioni marxiste, del teleologismo, della nozione di leggi tendenziali, della teoria del valore, della concettualizzazione del denaro.

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coku

La Cattiva Possibilità. Una pagina di Spettri di Marx

di Leo Essen

71C2j9pHWhLAlcuni hanno considerato Spetti di Marx il libro più importante scritto nell’ultimo mezzo secolo da un filosofo di primo piano e dedicato a Marx. Altri, soprattutto marxisti, hanno considerato questo libro come l’occasione per un’adesione (sempre che si tratti di adesione) tardiva di Derrida al marxismo, adesione in grado di nobilitare una carriera votata a un nichilismo inconcludente.

Sia come sia questo libro c’è, e bisogna farci i conti. Non basta citarne qualche frase per arricchire una propria uscita con un frammento di un accademico figo. Oppure bollarlo in blocco come un testo farraginoso, esagerato, eccessivo, baracco. Bisogna dedicargli l'attenzione che merita e mostrare la torsione che imprime al marxismo novecentesco, soprattutto alla Moneta e alla Valorizzazione del capitale. Bisogna misurarsi con il «Paradosso dell’iterabilità» - essa (l’iterabilità) fa sì che l’origine debba originariamente ripetersi e alterarsi per valere come origine, cioè per conservarsi (Nome di Benjamin).

L’iterabilità non impedisce una certa sostanzializzazione. Ecco perché occorre stare in guardia contro i suoi pericoli. In più, l’iterabilità che opera nell’origine – o in una cosiddetta accumulazione originaria – non si consuma, ma agisce in ogni atto in cui la moneta o il capitale si pongono ogni volta nuovamente in gioco in uno scambio – e non solo in uno scambio con il lavoro.

In virtù di questa legge della iterabilità, la distinzione - che regge la tesi circuitista - tra Moneta (emessa originariamente dalla banca centrale) e Denaro (usato nelle transazioni ordinarie), perde la sua consistenza.

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bollettinoculturale

Marx, Althusser, Foucault e il presente

intervista a Jacques Bidet

unnamed 7664ft6Jacques Bidet, nato nel 1935 da una famiglia di contadini, è un filosofo e teorico sociale francese, attualmente professore emerito all’Université Paris-Nanterre.

Già membro del Partito Comunista Algerino clandestino negli anni ‘60 e del Partito Comunista Francese, nel 1986 fonda con Jacques Texier la rivista Actuel Marx, tra le più importanti riviste teoriche marxiste del mondo.

Tra i suoi libri principali ricordiamo “Que faire du « Capital » ? : Matériaux pour une refondation”; “Altermarxisme : un autre marxisme pour un autre monde”; “Foucault avec Marx”; “Explication et reconstruction du « Capital »” e “Théorie de la modernité, suivi de Marx et le marché”. Quest’ultimi due libri sono disponibili anche in italiano.

* * * *

1. La ricerca di una teoria generale della modernità, ti ha portato all’elaborazione dell’idea della metastruttura, un livello più astratto della struttura, in cui convivono mercato ed organizzazione, ribaltante con un segno di classe nel capitalismo. Questa metastruttura è il riferimento per i subalterni per ribaltare con le proprie lotte il capitalismo e costruire un ordine contrassegnato dalla libertà, l'uguaglianza e la razionalità. Dire che nelle modernità convivono mercato ed organizzazione, mi sembra un voler tornare al progetto originario di Marx di distinguere ciò che è proprio del capitalismo e ciò che non gli appartiene. Come ci aiuta questa riflessione nel ricostruire la teoria di Marx?

R 1. Marx espresse con forza nei Grundrisse - e cito spesso questo testo, che mi sembra molto significativo - l'idea che dal momento in cui consideriamo il processo lavorativo nella sua dimensione sociale, ci troviamo di fronte a due possibilità di coordinamento razionale, sia del mercato che dell'organizzazione.

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voxpopuli

Per un ampliamento della concezione materialistica della storia

di Vox Populi

Schermata del 2020 09 05 16 32 031. Una questione storica

La “tradizione” marxista, per via delle sue origini, si è sempre concentrata sulla questione della produzione e dell’organizzazione: infatti, il suo luogo privilegiato di analisi della realtà (il luogo di produzione), le relazioni a cui presta attenzione (il modo di produzione), i suoi intenti politici e sociali (rivoluzione sociale) oltre che la priorità data a determinati fattori (quelli materiali e strutturali su quelli immateriali e sovrastrutturali) ne hanno influenzato fortemente il corso della teoria e della pratica.

Nel corso di circa un secolo e mezzo di diffusione del marxismo abbiamo avuto modo di assistere a varissime interpretazioni, elaborazioni, che spesso hanno ribadito la determinazione della struttura sulla sovrastruttura, altri invece hanno tentato di uscire da questo “riduzionismo” e “iper-materialismo”, talvolta proponendo delle interpretazioni astratte e volontaristiche. Trovo che il problema fondamentale non sia nella correttezza o scorrettezza delle tesi di Marx ed Engels: io sono della ferma opinione che la loro elaborazione teorica a riguardo sia corretta, date le mille e una volte che ha aiutato a vederci giusto nel corso degli eventi, talvolta per capire le cause reali di movimenti ideali, altre volte per riuscire a fare una piccola previsione per quanto concerne il futuro, per orientare le aspettative del movimento rivoluzionario.

Il problema che dobbiamo affrontare, però, è quello della completezza di tale “frammento” teorico, perché il pensiero che si è poi fondato sul loro non è errato nelle sue tesi di fondo ma tende a far valere tale determinazione in modo immediato sulla realtà ideale e complessiva, mentre nella realtà il rapporto è necessariamente mediato.

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bollettinoculturale

Sul concetto di formazione economico-sociale in Marx

Parte III. L'intervento di Luporini e Sereni

di Bollettino Culturale

Qui la Parte I, qui la Parte II

socialistaSulla base di queste due grandi tendenze, altri autori sono entrati nel dibattito sul concetto di formazione economico-sociale negli anni '60 e '70. I contributi di Cesare Luporini ed Emilio Sereni hanno segnato in modo decisivo questo dibattito. Le interpretazioni emerse sono state caratterizzate da un approfondimento della definizione del concetto di formazione economico-sociale attraverso la critica delle interpretazioni correnti e un ritorno ai testi di Marx.

Nonostante le divergenze sulla comprensione del concetto, è possibile unire questa discussione sotto la stessa matrice dal momento in cui i due autori si allontanano, secondo Luporini, dallo stesso campo di indagine, caratterizzato da due punti principali:

1) applicare la nozione di “modello” teorico alla nozione di formazione economico-sociale

2) esistenza di una "legge generale" per tutte le formazioni economico-sociali - anche come criterio per il "modello" teorico - enunciata da Marx nell'Introduzione alla Critica dell'Economia politica del 1857:

“In tutte le forme di società vi è una determinata produzione ed i suoi rapporti, che assegnano rango ed influenza a tutte le altre [produzioni] ed a tutti gli altri rapporti. Si tratta di una generale lucentezza, che investe tutti gli altri colori e da cui essi vengono modificati nella loro particolarità. Si tratta di un etere particolare, che determina il peso specifico di ogni esistenza, che in esso assume rilievo.”

La revisione di questo dibattito si propone di mettere in luce questi due punti comuni agli autori, nonché di evidenziare le loro diverse interpretazioni.

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sinistra

Homo prometheus e marxismo prometeico

di Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli

Pubblichiamo la prefazione “Homo prometheus e marxismo prometeico” al nuovo libro che uscirà a novembre, intitolato “Il prometeismo sdoppiato: Nietzsche o Marx?”, scritto da Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli, con un’introduzione di Giorgio Galli

Creation of man Prometheus Berthelemy Louvre INV20043 n2Cosa hanno in comune il mito di Faust e i fumetti dell’Uomo Ragno; gli sciamani del paleolitico e Superman; il grande poeta comunista Shelley e il filosofo anticomunista Nietzsche; Marx e Pico della Mirandola; il mito di Icaro e quello di Frankenstein; Esiodo e il geniale Goethe; il Golem medioevale e il temerario capitano Achab creato da Melville; la torre di Babele biblica e il potente stregone Prospero della “Tempesta” di Shakespeare; i due splendidi film su Blade Runner e 2001: Odissea nello spazio; la saga di fantascienza dei Precursori, ideata da Greg Bear, e quella su Harry Potter?

L’Homo prometheus, la tendenza titanica.

Cosa hanno in comune i romanzi di Chrétien de Troyes, Tolkien, Terry Brook e Dan Brown, se non la ricerca affannosa del proteiforme Graal con le sue sconfinate conoscenze esoteriche? 1

Il prometeismo costituisce una tendenza cultural-politica che ha come suo fondamento la valutazione positiva della carsica ma concreta trasformazione, da parte umana, dell’impossibile di ieri nel possibile del presente, e soprattutto nella realtà del futuro: ossia l’esaltazione delle grandi capacità di sviluppo dei poteri e delle conoscenze umane, soprattutto nella sfida contro i limiti interni/esterni posti al pieno dispiegarsi delle loro potenzialità di crescita.

Si tratta di una complessa e contraddittoria corrente, culturale e politica, che risale all’era paleolitica di trentamila anni fa e che ormai ha accumulato quasi tremila anni di proteiforme storia scritta in Europa, rappresentando un pezzo importante all’interno del mosaico del processo di riproduzione delle ideologie, delle concezioni del mondo e della letteratura all’interno dell’occidente, dall’800 a.C. fino ad arrivare al nostro terzo millennio: un fenomeno significativo sia per gli intellettuali che per le masse popolari, anche se in forme e con livelli di elaborazione assai diverse, che ha segnato concretamente non solo le classi sfruttatrici ma anche quelle sfruttate, partendo dal mito del serpente della Genesi biblica e da Esiodo, con la sua prima cristallizzazione del mito prometeico per arrivare via via anche ai film e ai fumetti dedicati ai supereroi contemporanei.

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ilcomunista

Domenico Losurdo e la comune umanità

Tra categorie del pensiero e conflitto sociale

di Salvatore Favenza

S. G. Azzarà, La comune umanità. Memoria di Hegel, critica del liberalismo e ricostruzione del materialismo storico in Domenico Losurdo, La Scuola di Pitagora, Napoli 2019

CR13 263x330La comune umanità. Memoria di Hegel, critica del liberalismo e ricostruzione del materialismo storico in Domenico Losurdo, di Stefano G. Azzarà, precedentemente edito dalle Editions Delga di Parigi nel 2012 ed ora pubblicato da "La Scuola di Pitagora" in edizione italiana riveduta, ampliata ed aggiornata dalle corpose integrazioni di Emiliano Alessandroni, costituisce una privilegiata chiave d’accesso all’itinerario di pensiero di Domenico Losurdo.

I tre capitoli di cui si compone il libro riguardano il confronto storico e filosofico di Losurdo con la storia del liberalismo, con la filosofia classica tedesca e con il materialismo storico.

Secondo le narrazioni oggi in Occidente più gettonate, il liberalismo, nato tra Sei e Settecento presso le più illuminate intellettualità europee, lottò e vinse contro l’assolutismo monarchico facendo acquisire centralità al valore dell'individuo e realizzando lo stato di diritto. Dopodiché, una volta conferita una più o meno solida struttura alla sua propensione democratica, si trovò ad affrontare nemici ancora più temibili. Un parto gemellare di natura totalitaria diede infatti vita a nazismo e comunismo che, affratellati dalla comune natura dispotica, hanno tentato entrambi di contendere al mondo liberale la guida del Novecento. Fortunatamente, tuttavia, il liberalismo vinse anche quest’ultima battaglia e a tutt'oggi si candida a prosperare sull'intero globo, esportando il proprio modello sociale e politico, garanzia di serenità e di pace.

Domenico Losurdo ha mostrato l’inconsistenza di una simile narrazione, opponendo a questa storia sacra (la cui credibilità è stata favorita dalla sconfitta dei tentativi di costruzione del socialismo in Europa orientale) una storia profana, finora abilmente schivata dalla luce dei riflettori.

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bollettinoculturale

Sul concetto di formazione economico-sociale in Marx

Parte II. L'interpretazione sovietica e althusseriana

di Bollettino Culturale

Qui la Parte I

realismo socialista mosaico di gli albanesi sul museo di storia nazionale di tirana h602m1L'interpretazione sovietica

Durante i decenni che ci interessano ai fini di questo lavoro, la partecipazione di questa matrice interpretativa attorno alla definizione del concetto di formazione economico-sociale avviene in due forme, ma in entrambe resta una concezione specifica, ereditata dal periodo antecedente gli anni ‘50: i rapporti di produzione costituiscono l'elemento di discernimento sia del modo di produzione, sia della formazione economico-sociale, che si definisce dalla coesistenza dei rapporti di produzione con le “sovrastrutture politico-ideologiche”.

Vediamo, inizialmente, come avviene questa costruzione nei manuali di economia politica del periodo indicato, come è il caso di Nikitin, e poi analizzeremo l’analisi fornita da Oskar Lange.

Partendo dalla definizione di economia politica marxista-leninista come scienza che studia le leggi che governano lo sviluppo della società, Nikitin afferma che il movimento e il progresso delle società umane devono essere compresi dalla produzione di beni materiali, come base della vita sociale. La produzione dei beni materiali avviene nell'ambito di un certo processo produttivo che contiene necessariamente il lavoro dell'uomo, i mezzi di lavoro e l'oggetto su cui lavorare. In questo modo, “in qualsiasi fase di sviluppo che si incontra, la produzione ha sempre avuto i seguenti aspetti: le forze produttive e i rapporti di produzione”.

Ecco i due concetti fondamentali per la concezione sovietica dello sviluppo delle società e, di conseguenza, dei modi di produzione e delle formazioni economico-sociali. Le forze produttive sono intese come mezzi di produzione e strumenti di lavoro prodotti nella società e, inoltre, dagli uomini che hanno prodotto questi beni materiali.

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bollettinoculturale

Sul concetto di formazione economico-sociale in Marx

Parte I. Il dibattito marxista fino agli anni '50

di Bollettino Culturale

unnamed mp9u765tSfortunatamente Marx non espose formalmente cosa intendeva con il concetto di formazione economico-sociale. Marx utilizza alcune derivazioni per questa nozione, come la formazione sociale, la formazione della società, le forme economiche, ecc., derivazioni che seguono il processo di maturazione della teoria di Marx. Tuttavia, in due occasioni, secondo Sereni, Marx utilizza il concetto di formazione economica della società (Ökonomische Gesellschaftsformation), la cui nozione si avvicina alla concezione attribuita successivamente dagli autori marxisti alla formazione economico-sociale. Dovrebbe essere chiaro che l'obiettivo di questo scritto non è ricomporre il concetto di formazione economico-sociale in Marx, ma piuttosto rivedere il dibattito più recente attorno a questo concetto. A questo punto, è interessante evidenziare in Marx i due contesti in cui sono stati utilizzati tali concetti preliminari, lasciando così una base per il dibattito che svilupperemo intorno all'obiettivo che proponiamo.

Nella Prefazione per la critica dell'economia politica, pubblicata originariamente nel gennaio 1859, Marx fa una retrospettiva della sua formazione politico-intellettuale dove espone il risultato generale dei suoi studi in una sintesi chiara e astratta di dialettica dei rapporti di produzione e sviluppo delle forze produttive dalla concezione materialistica della storia. Dopo aver distinto, nella trasformazione materiale del processo storico, il movimento delle condizioni economiche di produzione dalle forme ideologiche, Marx sviluppa dialetticamente questo movimento, esponendone le implicazioni per società specifiche, dove sottolinea:

“Una formazione sociale non perisce finché non si siano sviluppate tutte le forze produttive a cui può dare corso; nuovi e superiori rapporti di produzione non subentrano mai, prima che siano maturate in seno alla vecchia società le condizioni materiali della loro esistenza.

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ilcomunista

Essere marxista, essere comunista, essere internazionalista oggi

di Samir Amin

Da: http://www.rifondazione.it/formazione - [estratto dal libro di Samir Amin LA CRISI. Uscire dalla crisi del capitalismo o uscire dal capitalismo in crisi? Punto Rosso 2009].
Samir Amin è stato un economista, politologo, accademico e attivista politico egiziano naturalizzato francese

samiraminIo sono marxista. Per me vuol dire “partire da Marx”. Sono convinto che la critica che Marx ha messo nell’agenda del pensiero e dell’azione – la critica del capitalismo, la critica della sua rappresentazione centrale (l’economia politica del capitale), la critica della politica e del suo discorso – costituisce l’asse centrale e imprescindibile delle lotte per l’emancipazione dei lavoratori e dei popoli.

Io non sono “neo-marxista”. Per esserlo, bisogna confondere Marx e i marxismi storici, il che non è il mio caso. I “neo-marxisti” vogliono rompere con il marxismo storico e pensano che bisogna andare “oltre Marx”. Di fatto, essi si oppongono solo a quelli che io definisco “paleo-marxisti”, cioè ai seguaci acritici del marxismo storico, in particolare il “marxismo-leninismo” nelle sue diverse versioni. Essere marxista come intendo io non significa essere “marxiano” (che trova “interessante” una qualche “teoria” di Marx, isolata dal resto dell’opera), né essere “marxologo”.

Significa necessariamente essere comunista.

Marx non dissocia teoria e prassi. Non si può seguire la scia di Marx se non ci si impegna nella lotta per l’emancipazione dei lavoratori e dei popoli. Essere comunista significa anche essere internazionalista. L’internazionalismo non è solo un’esigenza della ragione umanista. Non si cambierà mai il mondo se si dimentica l’immensa maggioranza dei popoli che lo costituiscono, quelli delle periferie.

Questi popoli hanno la responsabilità del proprio avvenire. Non sono i popoli dei centri imperialisti opulenti che possono da soli “cambiare il mondo” (in meglio). La carità, gli aiuti, l’umanitarismo, che si vuole sostituire all’internazionalismo, inteso come solidarietà nelle lotte, contribuiscono solo a consolidare il mondo come è, o, peggio, ad avviarlo verso la costruzione di un apartheid su scala mondiale.

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sinistra

Quale sinistra?

di Salvatore Bravo

La engelsiana dialettica della storia è non solo antiumanistica, ma favorisce forme di sudditanza rafforzando comportamenti fatalistici e minando l’essenza stessa del comunismo, la quale è emancipazione comunitaria, tensione positiva tra libertà del singolo e libertà della comunità

gramsci no euroLa sinistra che non c’è lascia spazio alle sue imitazioni, ai partiti-movimenti utilizzati ad hoc dai potentati economici per le elezioni o per far accettare più docilmente dai popoli “provvedimenti e riforme” contro i popoli. La fine del comunismo reale novecentesco impone un lungo percorso di ricostruzione ideologica mediata dalla riflessione non solo sugli errori strettamente storici, ma anche di ordine ideologico.

Il comunismo è stato segnato, in tal senso, dall’interpretazione engelsiana di Marx. Non è stato sufficientemente valutato che il determinismo di Engels era parte del positivismo dell’Ottocento, un mezzo, probabilmente, per rendere il messaggio coerente alla sua epoca e per rafforzare la lotta con l’errata idea della inevitabilità della vittoria finale del proletariato. Il determinismo ha anche favorito la sconfitta della sinistra, poiché è stato utilizzato dai burocrati e dalle nomenclature per passivizzare l’attività politica della base – tanto il successo era già iscritto nella dialettica della storia, pensata come ineluttabilmente vincente –, con l’inevitabile allontanamento della base dal comunismo reale del Novecento, vissuto come estraneo ed opprimente. Non solo! Forse vi è una sostanziale relazione tra la passività con cui i popoli hanno accettato l’economicismo crematistico attuale ed il passato ideologico comunista, in quanto anche quest’ultimo era sostanzialmente una forma di economicismo che aveva esemplificato banalizzandolo il ben più profondo e radicale pensiero di marxiano. Vi è stato solo un passaggio di consegne tra forme diverse di economicismo.

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la citta futura

Ripartire da Marx

Alessandro Bartoloni intervista Giulio Palermo

Dal 25 al 29 agosto si terrà a Seriate (BG) la seconda scuola estiva internazionale diretta da Giulio Palermo in cui si parlerà di teoria marxista, istituzioni europee, crisi da coronavirus nel contesto della crisi globale e relative vie di uscita anticapitalistica, con l’obiettivo di porre la scienza al servizio della rivoluzione proletaria

c5cad36bff4da825da5717182fdc14c9 XLIl nuovo Coronavirus ha reso evidente la crisi economica che covava da tempo. Ciononostante, sui grandi mezzi di informazione, nelle università e nei bar, il virus viene dipinto come la causa dei problemi. Un’operazione di disinformazione molto simile a quella messa in campo nel 2008 quando ad essere portati sul banco degli imputati furono l’avarizia dei banchieri, la deregulation, i mutui subprime. Per rimettere le cose al proprio posto c’è bisogno di analizzare la realtà in maniera scientifica e per farlo è necessario possedere le giuste categorie analitiche. Un’ottima occasione per impossessarsene è rappresentata dalla Scuola estiva internazionale organizzata dall’Università critica, l’Università di Brescia ed il Coordinamento comunista. Ne parliamo con Giulio Palermo, economista e animatore di questa seconda edizione che si intitola “crisi economica e lotte sociali nell’Unione europea”.

* * * *

D. Ciao Giulio. Innanzi tutto grazie per l’intervista. Puoi raccontarci come nasce questa scuola estiva e a chi è rivolta?

R. La scuola estiva nasce all’interno di un progetto scientifico-politico di trasformazione dell’università borghese e della società capitalista intitolato Università critica.

L’università svolge precise funzioni economiche e sociali nella produzione scientifica e nella riproduzione ideologica del capitalismo. La critica scientifica e la produzione di nuove conoscenze utili alla lotta non possono quindi separarsi dalla critica dell’università stessa, sempre più asservita al capitale, in cui non c’è coerentemente spazio per la critica anticapitalistica.

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bollettinoculturale

Negri lettore di Marx. Parte II

di Bollettino Culturale

marx negri 2Cosa fare dalla definizione del soggetto rivoluzionario al di là del lavoro e del potere?

Le basi teoriche di cui parliamo hanno cambiato le concezioni dell'organizzazione e dell'azione politica, del soggetto politico rivoluzionario e del progetto strategico. Dagli anni '70, tuttavia, la questione della definizione del soggetto rivoluzionario è rimasta senza risposta per Negri, fino al recupero del concetto spinoziano di moltitudine. La difesa di un potere costituente autonomo e alternativo come progetto distinto da un'idea di transizione fa emergere precisamente il tema del potere che prende il sopravvento e permea la discussione sullo stigma che porta il termine massa, a cui il concetto di moltitudine servirebbe da contrappunto. La novità della moltitudine sarebbe nel reindirizzamento delle dinamiche dello sfruttamento capitalistico che oggi si rivolgono verso lo sfruttamento della cooperazione. Questa stessa cooperazione sarebbe un fattore favorevole alla creazione di reti di resistenza. Ma, se esaminiamo le tesi di Marx sul lavoro vivo, vediamo che le reti di collaborazione menzionate da Negri, associate a questo concetto, non implicano un potenziale di resistenza. Le forme di lavoro cooperativo restano strettamente legate alle loro forme espropriate. Questo perché "gli individui che costituiscono la classe dirigente (...) dominano anche come pensatori, come produttori di idee, regolano la produzione e la distribuzione delle idee del loro tempo".

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palermograd

Non solo settario

Bordiga lettore innovativo di Marx

di David Broder

Una recensione di The Science and the Passion of Communism: Selected Writings of Amadeo Bordiga (1912-1965), curato da Pietro Basso

Schermata 2016 01 03 alle 09.26.25Il 27 marzo del 1944, Palmiro Togliatti sbarcò a Napoli dopo diciotto anni trascorsi in esilio. Secondo un suo compagno, Maurizio Valenzi, al momento di incontrare i comunisti partenopei una delle prime domande del segretario del PCI fu: “Ma che cosa fa Bordiga?” Il fondatore del Partito Comunista era stato espulso dal partito clandestino nel 1930, in un momento in cui la sua organizzazione sul territorio italiano era stato pressoché schiacciata dal fascismo; tornando dall’URSS nel 1944 per costruire il suo “partito nuovo,” Togliatti voleva perciò combattere ciò che chiamava i residui di “bordighismo” nella base comunista. E come Togliatti stesso aveva insistito nel 1930, espellere Bordiga dal partito era una cosa; espellere il “bordighismo” tutta un’altra. Parallelamente, di fronte alle espressioni diffuse di “estremismo” e di “settarismo classista” tra la base comunista nelle regioni liberate (e anche all’ascesa di forze dissidenti organizzate in tutta Italia), gli agenti dell’Allied Military Government temevano la potenza sovversiva di uno spettrale Bordiga, sfuggente eppure “very popular amongst masses and especially amongst workmen”.

Che cosa faceva Bordiga, in quei mesi? I compagni di Togliatti risposero seccamente: non faceva quasi nulla, ancora non si era fatto vivo. Il segretario del PCI: “Non è possibile, cercate di capire” (o secondo un’altra versione, in tono più tetro: “Eppure con questo abbiamo un conto aperto e dobbiamo chiuderlo”.) Per lo storico Luigi Cortesi questo episodio evidenzierebbe un aspetto chiave della vicenda storica di Bordiga, che potremmo qualificare come lo scarto tra, da una parte, la presenza duratura fra la base comunista di un insieme di idee tendenzialmente “livorniste” e poco gramsciane, ma anche un po’ generiche (l’opposizione frontale al mondo borghese, la politica classe-contro-classe, l’imminenza della rivoluzione proletaria “come in Russia” ecc.), e, dall’altra, l’attività e i posizionamenti politici concreti del fondatore stesso.

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sinistra

Quel ‘vilain’ di Friedrich Engels

di Eros Barone

ETK3sWNXgAEtDUR«Il pezzo del cattivo E[ngels] che ha corrotto il buon M[arx] dal 1844 si è alternato innumerevoli volte con l’altro di Ahriman-M[arx], che ha allontanato Ormuzd-E[ngels] dalla strada della virtù».

Lettera di Engels a Eduard Bernstein, del 23 aprile 1883.

1.Marx sì, Engels no”: le idiosincrasie del revisionismo

Chiunque esplori la letteratura marxista dei duecento anni successivi alla nascita di Friedrich Engels non può non restare colpito dalla presenza, pressoché ininterrotta e più o meno accentuata secondo i periodi e le aree politico-culturali, di una sindrome che può essere qualificata con il termine di antiengelsismo. Il presente articolo si propone di individuare le molteplici forme sotto cui si è manifestato il rifiuto (parziale o totale) nei confronti della impostazione del materialismo storico e dialettico, che ha caratterizzato, sempre con il pieno e a volte entusiastico consenso di Marx, il lavoro teorico di Engels.

Il primo elemento da valutare è che la causa principale dell’antiengelsismo fa leva sulla presunta incompatibilità del marxismo-leninismo rispetto agli sviluppi della scienza e, attraverso la mediazione dello ‘stalinismo’, fa risalire tale incompatibilità sino ad Engels. Per demistificare questo tipo di antiengelsismo è sufficiente mostrare l’impossibilità di separare il pensiero di Marx da quello di Engels. A questo riguardo, è anche opportuno porre rimedio ad una certa ingiustizia storica per quanto concerne la parte di Engels nella classica diade Marx-Engels. In effetti, a forza di porre, per così dire, ‘a priori’ una sorta di unità indifferenziata tra i due fondatori del socialismo scientifico, si è finito col mettere in ombra, dal punto di vista filosofico, la parte di Engels (nel mentre è ormai pienamente consacrato dalla storia del movimento operaio internazionale il suo enorme apporto politico e ideologico, oggetto peraltro di numerosi studi).

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gliasini

Marx revival

di Antonino Morreale

120 1024x723Pubblicato a fine 2019 da Donzelli, Marx Revival, raccolta di “Concetti essenziali e nuove letture” a cura di Marcello Musto, è già uscito in inglese a giugno 2020; e per il 2021 sono previste le pubblicazioni in cinese, tedesco, giapponese, coreano e portoghese. Con le sue 469 pagine può incutere qualche preoccupazione; e si rivela invece, scorrendo l’indice, ventaglio amplissimo e godibile di temi e di punti di vista.

I titoli dei saggi – li cito tutti per dare un’idea compiuta – rivelano l’ottica non banale secondo cui la raccolta è costruita: Capitalismo, Comunismo, Democrazia, Proletariato, Lotta di classe, Organizzazione politica, Rivoluzione, Lavoro, Capitale e temporalità, Ecologia, Eguaglianza di genere, Nazionalismo e questione etnica, Migrazioni, Colonialismo, Stato, Globalizzazione, Guerra e relazioni internazionali, Religione, Educazione, Arte, Tecnologia e scienze, Marxismi.

È evidente che in questo volume non è Marx a interrogare il presente, ma sono piuttosto i temi dell’attualità a interrogare Marx, ottenendo risposte più o meno convincenti, più o meno strutturate, ma sempre stimolanti; senza forzature per trovare in Marx quel che non c’è.

Per il lettore italiano, che viene da una tradizione di studi e di elaborazioni teoriche di alto livello, ma anche molto diversa da questa, è un’occasione importante, che speriamo voglia cogliere.

Cominciamo dagli autori dei 22 saggi. Pochi gli studiosi già da noi conosciuti. Infatti dei 19 non italiani, solo cinque hanno opere già tradotte (Achkar, Antunes, Löwy, van der Linden, Wallerstein. Quest’ultimo, appena scomparso, già molto noto fin dagli anni Settanta, però solo come storico, per opere fondamentali).

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antiper

Gramsci e la rivoluzione contro il Capitale

Riflessione su un famoso articolo

di Antiper

gramsci rossoAntonio Gramsci è pressoché unanimemente considerato il più importante marxista italiano e gli “studi gramsciani” si sono sviluppati in modo vastissimo, soprattutto a livello internazionale.

Gramsci è stato anche una vittima del fascismo, un uomo che ha pagato con 10 anni di carcere e con la morte la sua lotta contro la dittatura mussoliniana; è dunque comprensibile che gli siano stati tributati tanti meritati omaggi, soprattutto nel passato.

Il testo che ha dato maggior fama a Gramsci è senza dubbio la raccolta dei Quaderni del carcere pubblicati dalla casa editrice Einaudi dopo la fine della guerra. Ma come ha giustamente osservato Alberto Burgio per capire davvero quest’opera è necessario collocarla nel quadro dell’intera vita di Gramsci che comprende anche gli anni prima del carcere [1]. Senza tenere conto di questi anni di impegno politico la lettura dei Quaderni può condurre a numerosi fraintendimenti.

Negli anni precedenti al carcere Gramsci scrisse molti articoli e tra i tanti ce n’è uno che merita particolare attenzione, sia per la grande risonanza che ha avuto nel tempo, sia perché mostra come anche le migliori intenzioni possano dare origine a esiti problematici. Questo articolo si intitola La rivoluzione contro il Capitale ed è stato pubblicato sul quotidiano del Partito Socialista Italiano Avanti! il 24 novembre 1917 e sul settimanale di area socialista Il Grido del Popolo il 5 gennaio 1918.

Possiamo quindi già fissare un primo punto cronologico: mentre in Russia i bolscevichi stanno conquistando il potere politico in Italia i rivoluzionari stanno dibattendo nel PSI su cosa fare (come si sa, si dovrà attendere il 21 gennaio 1921 per avere la nascita del Partito Comunista d’Italia).

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cahiersdugrm

Nota su Da Marx al post-operaismo

di Salvatore Tiné

Da Marx al post-operaismo, Giovanni Sgro’ e Irene Viparelli (a cura di), Napoli, La Città del Sole, 2019

richard serra.jpg 2 600x4541. Tanti i temi e tanti gli autori marxisti e non solo affrontati in questo piccolo ma densissimo libro. E tuttavia mi pare che alcuni temi li leghino tra loro in profondità. Uno tra questi, forse il più importante, e non caso vi si rimanda esplicitamente nel sottotitolo, è quello della soggettività, delle sue figure e forme insieme sociali e politiche, teoriche e insieme pratiche. Un tema che ha attraversato l’intera storia del movimento operaio e del marxismo e che ha acquistato in questi ultimi decenni, quelli per l’appunto successivi alla fine dell’Urss e alla tragica sconfitta del movimento operaio che l’ha insieme preceduta e accompagnata, una straordinaria attualità nel dibattito teorico e politico.

2. I saggi del volume affrontano il tema della soggettività a partire da Marx, e soprattutto dal Marx in cui la nozione di soggetto e di soggettività è ancora esplicita e evidentemente centrale, il Marx giovane dei Manoscritti del ’44 e quello meno giovane della Ideologia tedesca, ma già approdato al materialismo storico, ebbene ancora nettamente al di qua della critica dell’economia politica e della teoria del modo di produzione capitalistico cui il pensatore di Treviri approderà compiutamente nei Grundrisse e poi nel Capitale.

3. Particolarmente nel saggio sui Manoscritti parigini di Luca Mandara, mi pare interessante il tentativo di una lettura insieme politica e materialistica del tema della soggettività che percorre tutta l’analisi marxiana del lavoro alienato e il suo sforzo di definire il carattere insieme attivo e passivo, ovvero al contempo soggettivo e oggettivo del lavoro, al di là della impostazione ancora troppo astrattamente e genericamente “umanistica” che caratterizza questa fase del pensiero di Marx, ovvero come dice bene Mandara la sua “ontologia umanista”: in tal senso egli individua nella storicizzazione del bisogno innescata dalla trasformazione o umanizzazione della natura attraverso il lavoro una delle premesse fondamentali della critica dell’economia politica del Marx maturo e anche della stessa teoria politica che egli comincerà ad elaborare dopo l’esperienza delle rivoluzioni del ’48.

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il rasoio di occam

Quale comunismo? Un invito a rileggere il “Manifesto del Partito Comunista”

di Michele Martelli

Il “Manifesto” non è la sacra Bibbia, né il Catechismo dei comunisti, ma un’opera aperta, laica, profana, imperfetta, incompiuta, in fieri, con luci e ombre, intuizioni geniali e difetti innegabili. Un’opera che va letta e studiata senza estrapolarla dall’epoca in cui fu scritta e senza pregiudizi fideistici, al pari di ogni altro classico della politica

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Comunismo si dice in molti modi

«Il Manifesto del Partito comunista è uno dei più grandi scritti politici di tutti i tempi»[1]. Così un filosofo e stu

dioso liberale italiano ultracritico di Marx, allacciandosi a un giudizio analogo del giovane Max Weber, poi divenuto il grande sociologo, denominato l’Anti-Marx, o «il Marx della borghesia»: «il Manifesto è una realizzazione scientifica di prim’ordine. Questo è innegabile»[2].

Ma perché, chiediamoci in via preliminare, Marx ed Engels l’hanno intitolato Manifesto del Partito comunista, e non «socialista»? In primo luogo, per ragioni politiche contingenti: a) perché il compito di scriverlo gli era stato affidato nel dicembre del 1947 dal Congresso londinese della Lega dei Comunisti (ex-Lega dei Giusti)[3], in cui militavano da qualche tempo: b) perché – lo spiegò poi Engels nella Prefazione del 1890 al Manifesto – «socialisti» si definivano in quel tempo i seguaci di «vari sistemi utopistici» (Owen e Fourier), e molti «ciarlatani sociali» e riformatori borghesi (tra cui Proudhon), mentre invece con «comunismo» si intendeva il «movimento» reale, le agitazioni e le lotte concrete degli operai[4]. In secondo luogo, per ragioni filosofiche e teoriche: la loro idea di comunismo era stata già da loro elaborata nelle sue linee fondamentali dal 1844 al 1847 in diversi scritti di critica e confutazione del socialismo utopistico e del riformismo borghese. Il loro comunismo, lungi dall’essere «un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi», coincideva col «movimento reale che abolisce lo stato di cose presente»[5].

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lon lordinenuovo

Il Circo Liberale – Dal Ferro arrugginito su Marx (1/3)

di Sergio_LON

“Il Circo Liberale” nasce con l’intento di discutere, criticamente e con un linguaggio tagliente, autori e intellettuali del pensiero liberale. Inauguro la rubrica con una serie di tre articoli su Riccardo Dal Ferro, divulgatore del pensiero liberale su youtube

the white meadows poster goldposter com 1Introduzione

Vorrei iniziare questo scritto porgendo le scuse ai miei pochi lettori. Avrei infatti voluto inaugurare questa rubrica partendo dalla critica di un autore classico del liberalismo, o che perlomeno sia considerato come una loro punta di diamante (un Popper, per esempio). Ma la mia poca tolleranza per le bestialità mi costringe ad iniziare da un divulgatore. Non solo: mi costringe ad iniziare da un divulgatore che ha una fastidiosissima sindrome della vittima. Nella live apparsa sul canale del Cerbero Podcast infatti, Riccardo Dal Ferro si è prodigato nel tentativo di spiegare il pensiero di Marx. Il risultato è stato analogo a quello che sarebbe accaduto se Adolf Hitler fosse stato chiamato a spiegare biologia: un pasticcio tragicomico. Comico, per la grande quantità di assurdità inanellate una dietro l’altra senza la minima coscienza di starle dicendo; tragico, perché il tipo ha una notevole influenza. Vorrei però spezzare una lancia in favore del leader nazionalsocialista: non avendo Hitler una laurea in biologia, è normale che dica idiozie su quel campo.

Cosa c’entra questo col vittimismo? Nel video, Rick si fa ripetutamente beffe di uno strawman del marxista, secondo cui “solo i marxisti possono parlare di Marx” (ponendolo in analogia con un altro strawman, quello del femminista, secondo cui “solo le donne possono parlare di femminismo”). Il sottotesto retorico è semplice: “povero me, so già che i marxisti che mi criticheranno lo faranno con argomenti stupidi!” Ma io voglio rassicurare il nostro furbacchione, e dirgli, con una carezza, che lui può parlare di ciò che vuole, finché lo fa con buoni argomenti.

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bollettinoculturale

Il bisogno permanente di autoeducazione delle masse per il superamento del capitale

di Bollettino Culturale

Визит М.Горького в КуряжIl capitale e la sua crisi strutturale: un sistema di mediazione da superare

In “Oltre il capitale: verso una teoria della transizione”, István Mészáros sviluppa una critica senza compromessi del sistema del capitale, accompagnata da una strategia politica coerente volta ad aiutare i lavoratori del mondo nelle loro lotte per l'emancipazione. Ci sono innumerevoli contributi presenti nel lavoro. Ciò che forse può essere messo in evidenza in primo luogo è la concettualizzazione del capitale come un complesso di mediazioni di secondo ordine - vale a dire: mezzi alienati e obiettivi feticistici della produzione, lavoro "strutturalmente separato dalla possibilità di controllo", denaro, la famiglia nucleare, il mercato mondiale e le varie forme dello Stato del capitale - che si afferma sulla mediazione di primo ordine dell'attività produttiva, subordinandole gerarchicamente e componendo con esse una dinamica guidata dall'imperativo della "massima estrazione praticabile del pluslavoro”, in un movimento sempre cumulativo, espansivo,"automatico"- nel senso che questo processo si sviluppa senza che la collettività umana sia in grado di controllarlo coscientemente - ed è, oggi più che mai, dispendioso e distruttivo.

All'interno di questo sistema, dice Mészáros, lo Stato non è altro che l'elemento la cui specificità consiste nel promuovere la rettifica - cioè la momentanea "armonizzazione" - dei "microcosmi strutturati antagonicamente" che configurano il capitale.

Si trova all'interno del complesso in questione, partecipando attivamente allo spostamento delle contraddizioni - alcuni dei cosiddetti "limiti relativi" - inerenti a tale sistema. Per questo motivo, afferma il filosofo, è sbagliato prendere lo Stato come un'entità separata dal capitale, in grado di imporre redini e frenare la sua spinta feticista.