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perunsocialismodelXXI

Quel marxismo ridotto a "terrapiattismo"

di Carlo Formenti

30c9bfa0 8bd2 4f54 bfca 884c38efc9c8 largeHosea Jaffe e Gunder Frank, benché esponenti di rilievo del marxismo (sebbene defilati ed “eretici”), hanno avuto il coraggio di puntare il dito contro l’incapacità della maggior parte dei loro compagni di strada (a partire dagli stessi Marx ed Engels) di emanciparsi da una visione eurocentrica. Basti pensare, in proposito, al disprezzo nei confronti delle culture precapitalistiche (liquidate come arretrate e barbare e destinate ad essere “civilizzate” dal capitalismo) che trasuda da certe pagine del Manifesto, o ai giudizi espressi in molti degli scritti raccolti nell’antologia Cina, India, Russia (con l’eccezione di alcuni testi dell’ultimo Marx, nei quali veniva valorizzato e riconosciuto il potenziale rivoluzionario delle comunità di base dei contadini russi).

Di questo e altri limiti della tradizione marxista occidentale (vedi in proposito gli scritti di Domenico Losurdo) mi sono occupato, assieme all’amico Onofrio Romano, in un recente volumetto pubblicato da DeriveApprodi (Tagliare i rami secchi, 2019). La lettura di un libro di Paolo Perulli (Il debito sovrano. La fase estrema del capitalismo, La nave di Teseo) mi stimola a riprendere il filo di quei ragionamenti. Chiarisco subito che questa non è una recensione, nel senso che il libro in questione – alquanto ambizioso – tocca un ampio ventaglio di problemi che richiederebbero considerazioni più estese di quelle che intendo svolgere in questo scritto, nel quale mi limiterò a esaminare gli aspetti che più hanno sollecitato la mia attenzione critica.

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la citta futura

Cento anni di Pci. Riflessioni aperte

di Roberto Fineschi

La crisi e l’ingloriosa fine del Pci sono dipese da trasformazioni storiche epocali del modo di produzione capitalistico; mancarono allora e mancano oggi risposte intellettuali e pratiche all’altezza delle sfide da affrontare. Individuare le semplificazioni teoriche su cui quella politica si basava è un primo necessario passo per cercare risposte alternative

d2c94f18bec6a858c1df8274c0123ad6 XLSe ha ancora senso continuare a dirsi comunisti, cercare di trasformare il mondo per renderlo più giusto, libero, vivibile, le ragioni di una lotta non si possono limitare alla difesa della propria sopravvivenza o a un astratto senso di umanità o al disgusto per il sopruso. A questo fine sembra che oggi sia di nuovo necessario fare il fatidico passaggio dall’utopia alla scienza, o meglio raffinare la nostra scienza. A dispetto di quanto possa pensare il senso comune, infatti, anche la scienza si muove, cambia, sia soggettivamente che oggettivamente: non solo si capisce sempre di più e in forme rinnovate, ma anche l’oggetto della conoscenza si modifica, ha una storia e con lui la nostra comprensione di esso. Anche il modo di produzione capitalistico ha una sua storicità e quindi la comprensione che ne abbiamo deve adeguarsi alle sue fasi. Questo non significa che quanto si credeva prima fosse sbagliato, ma che diventa parte di sviluppi più complessi. Il mancato adeguamento è stata, credo, una delle concause della crisi profonda del marxismo e dei partiti che a esso si ispiravano. Il Pci non ha fatto eccezione.

Che cos’era diventato il marxismo-leninismo del Pci? Procedendo in maniera estremamente schematica e inevitabilmente approssimativa, si possono forse individuare alcuni punti chiave:

1. la classe operaia come soggetto antagonista; l’idea della tendenziale polarizzazione sociale in operai contro capitalisti;

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materialismostorico

Accumulazione del capitale e crisi

“Vecchi” concetti in un nuovo schema teorico

di Andrea Pannone

Pubblicato su “Materialismo Storico. Rivista di filosofia, storia e scienze umane", n° 1/2020, a cura di Stefano G. Azzarà, pp. 131-155, licenza Creative Commons BY-NC-ND 4.0

5 IMG 0479 ok 501x500In un recente articolo su Jacobin Marco Palazzotto (PALAZZOTTO 2019), ha ricordato, in occasione del centenario della morte di Rosa Luxemburg, il fondamentale contributo alla critica dell’economia politica della rivoluzionaria polacca. In particolare, l’autore si sofferma sulla domanda che emerge chiaramente nel libro L’accumulazione del capitale (LUXEMBURG 1913): da dove proviene la domanda continuamente crescente che sta alla base del progressivo allargamento della produzione capitalistica nello schema di Marx (esposto nel secondo libro del capitale)? In questo scritto si prova a fornire uno schema di produzione allargata molto diverso, anche se ispirato, da quello di Marx e che integra, in modo originale, alcuni aspetti del contributo fornito da Augusto Graziani con la Teoria del Circuito Monetario (GRAZIANI 2003). Tale schema permetterà di rispondere alla questione sollevata dalla Luxemburg mostrando come un sistema ‘puramente’ capitalistico possa in effetti, sebbene solo casualmente, generare la domanda di merci prodotte in regime di accumulazione. Ad ogni modo, questa possibilità non mette assolutamente il sistema al riparo da crisi ricorrenti, allontanabili solo con una continua e crescente creazione di mezzi monetari, che però espone il sistema stesso all’innesco ricorrente di bolle speculative, a un aumento esponenziale delle diseguaglianze distributive e al rischio di ulteriori crisi. Il lavoro è articolato come segue: nel primo paragrafo verrà esemplificato lo schema di riproduzione allargata di Marx.

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marxdialectical

Controversie sull’Ideologia tedesca. Dalla filologia all’interpretazione

di Roberto Fineschi

image66753frCirca un anno fa, su “Historia Magistra”[1] ho cercato di presentare al lettore italiano lo stato filologico corrente del testo noto come Ideologia tedesca dopo la sua ri-pubblicazione nella nuova edizione storico-critica[2]. Gli editori della MEGA2, provocatoriamente, hanno dichiarato che il testo non esiste e questo ovviamente ha dato adito a discussioni e dibattiti perché nella ricezione grande peso è stato dato a questo testo come luogo di origine del “materialismo storico”. A mio modo di vedere, le dichiarazioni degli editori sono fattualmente vere, ma presentano il rischio di fuorviare la comprensione effettiva di che cosa fosse quel testo per gli stessi Marx ed Engels. Riprendo qui alcune delle conclusioni che avevo svolto nel suddetto articolo che sintetizzano il discorso. In una prima parte spiego in che senso gli editori della MEGA hanno sicuramente ragione; in una seconda cerco però di chiarire i rischi che si corrono prendendo troppo alla lettera le loro affermazioni. I fatti sono:

"1) Marx ed Engels non hanno mai scritto un libro dal titolo L’ideologia tedesca. Volevano invece dare alle stampe il primo numero di una rivista trimestrale alla quale dovevano contribuire diversi autori. L’impossibilità di pubblicarlo portò a ipotizzare la realizzazione, pure mai concretizzata, di un volume a sé che includesse solo i loro contributi.

2) A parte che [in una nota occasionale di Marx], nessuno dei due autori ha mai utilizzato “Ideologia tedesca” come titolo generale. In tutte le altre occasioni - lettere, articoli, opere, faldoni in cui il testo era conservato - tanto nel periodo giovanile che maturo non utilizzarono alcun titolo.

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materialismostorico

La multimodalità del processo di astrazione in Marx nella relazione fra logica formale e dialettica

di Giancarlo Lutero*

Pubblicato su “Materialismo Storico. Rivista di filosofia, storia e scienze umane", n° 1/2020, a cura di Stefano G. Azzarà, pp. 70-130, licenza Creative Commons BY-NC-ND 4.0

unnamed87538gr«La trama nascosta è più forte di quella manifesta» Eraclito, DK I - 162

   1. Introduzione

Uno dei meriti storici della tradizione dialettica moderna è stato indiscutibilmente quello di favorire la transizione da una visione statica ad una dinamica del sapere scientifico e nel cercare di far comprendere come il progresso scientifico e sociale sia un processo travagliato, problematico, e di come esso sia intimamente connesso col pensiero filosofico. Si può sostenere che G.W.F. Hegel, ed i suoi “cattivi allievi” K. Marx, F. Engels e Lenin, siano stati tra i più autorevoli araldi di questa visione dialettica del rapporto fra conoscenza scientifica e visione critica del mondo, favorendo il superamento di quelle concezioni euristiche che interpretavano le verità scientifiche come dato immutabile ed assoluto. Sebbene si siano chiaramente manifestati i limiti a cui sono andate incontro le scienze particolari1, tuttavia, assistiamo in questo frangente al dominio sociale incontrastato dello scientismo e ad un persistente stato di separazione conflittuale e d’incomprensione fra la cultura umanisticofilosofica e quella tecnico-scientifica, nefasto esito della divisione del lavoro e dei saperi. Non si può negare il peso crescente che hanno assunto nel mondo odierno le scoperte scientifiche e le loro applicazioni tecniche: i risultati della ricerca scientifica occupano così un ruolo sempre più preminente, trasmettendo un senso di grande autorevolezza attraverso i principali mezzi di comunicazione di massa e assumendo un ruolo imprescindibile nei centri di produzione del sapere e della ricchezza.

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machina

Negri a Francoforte

La polemica tra la Teoria critica e il marxismo autonomo

di Patrick Cuninghame

0e99dc 026a78ec138d406fb04d4cc549b2ba69mv2L’operaismo politico italiano e la Scuola di Francoforte sono, indubbiamente, due grandi movimenti teorico-politici del Novecento. Hanno alcuni tratti comuni dal punto di vista dei riferimenti genealogici, innanzitutto la rottura con l’ortodossia e il dogmatismo marxisti; hanno, soprattutto, profonde divergenze nello sviluppo politico. Alla ricerca dell’emergenza delle nuove soggettività della lotta di classe, l’operaismo; la constatazione di un’integrazione ormai avvenuta, di una società divenuta gabbia totalitaria, la prima generazione francofortese. In questo articolo Patrick Cuninghame analizza il rapporto di comunanze e contrasti tra i due movimenti di pensiero in particolare attraverso le analisi di Toni Negri, dalla teoria dello Stato-piano fino al concetto di impero. Tenendo ben presente, ci dice l’autore, che mentre l’operaismo è stato un pensiero incarnato in una costellazione di esperienze rivoluzionarie militanti, la Teoria critica è rimasta ai margini dell’attività politica diretta, finendo spesso per limitarsi a osservare le macerie della storia.

Patrick Cuninghame è professore di sociologia alla Universidad Autónoma Metropolitana di Città del Messico. Tra i suoi saggi sul tema qui trattato si segnalano Autonomism as a Global Social Movement (2010), El «Otoño caliente»: Consejos de fábrica y asambleas obreras autónomas italianas de la década de 1970 (2017) e The Self-Organization of the Mexican Multitude Against Neoliberal State Terror: The Cnte Dissident Teachers’ Movement Against the 2013 Education Reform (2020).

* * * *

Per esplorare l’interazione tra la Teoria critica e l’operaismo e post-operaismo italiani, prendo in considerazione i dibattiti teorici, perlopiù polemici, tra Negri e la Scuola di Francoforte, con l’obiettivo di valutare il contributo di Negri a tale scuola.

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lavocedellelotte

Prefazione a "Il marxismo di Gramsci"

di Fabio Frosini

Antonio Gramsci antropologiaÈ in uscita, con la casa editrice Red Star Press, il libro Il marxismo di Gramsci dell’argentino Juan Dal Maso: un’opera che dal 2017 ha costituito un significativo contributo in Argentina e in America Latina nel dibattito – molto ricco ed eterogeneo nel Cono Sur – sul marxismo e sui grandi temi politici legati all’opera di Antonio Gramsci e in particolare ai suoi Quaderni del Carcere.

Questo libro esce finalmente anche in italiano (dopo l’edizione in lingua portoghese) con una traduzione a cura della redazione della Voce delle Lotte, e per maggiori informazioni sull’acquisto invitiamo a scrivere alle nostre pagine sui social o alla nostra mail This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it..

Riproduciamo di seguito, come primo di molti materiali che proponiamo per lo studio e il dibattito attorno a questa opera, la prefazione a cura di Fabio Frosini, professore di Storia della filosofia all’Università di Urbino “Carlo Bo” autore di La religione dell’uomo moderno. Politica e verità nei Quaderni del carcere di Antonio Gramsci e di altri libri, membro della IGS- Italia e dell’equipe che sta curando una nuova edizione critica dei Quaderni.

* * * *

1. Questo libro tratta un argomento – Gramsci come “marxista” – importante e molto controverso. Infatti, nella quasi immensa quantità di interpretazioni di Gramsci, quest’ultimo è stato poco a poco allontanato dalla tradizione marxista. Da principio, si è sostenuto che si trattava di un marxista molto originale, quindi, che il suo era un marxismo radicalmente originale e innovativo; infine, si è parlato di Gramsci come di un post-marxista, o in alcuni casi come un autore che non ha nulla a che fare con il marxismo (essendo piuttosto riconducibile alla tradizione del pensiero liberale o, addirittura, cattolico).

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antiper

La strada meno percorsa. Appunti su comunismo e natura umana

di Antiper

mitoraj 1Due strade divergevano in un bosco ed io,
io presi quella meno percorsa
e questo ha fatto tutta la differenza”
Robert Frost, The road not taken [1]

È passato molto tempo dal Manifesto [2] ma del comunismo si continua a parlare; e molto, stando alle quotidiane dichiarazioni di morte di cui è oggetto. Evidentemente lo “spettro” – come ebbero a definirlo Marx ed Engels (e oggi il termine sembra ancor più appropriato, se è vero che della prospettiva del comunismo si dice che sia morta e sepolta) – sembra incutere ancora una certa qual inquietudine.

Non c’è da stupirsi, in fondo. I capitalisti (o quanto meno i loro “intellettuali organici”) sanno bene che il modo di produzione capitalistico genera le loro ricchezze, ma anche una serie di irrisolvibili contraddizioni; ed è proprio dentro queste contraddizioni, prima ancora che nella soggettiva consapevolezza degli uomini, che si costituiscono la possibilità e la necessità storica del “nuovo mondo”, del non ancora esistente.

Viviamo in una società in cui la maggior parte degli individui ha smesso di domandarsi quale sia il senso della propria esistenza e persino se debba esisterne uno. Ogni giorno ci muoviamo dentro un sistema di relazioni sociali che si è costituito nel corso di migliaia di anni e che abbiamo ereditato da ciò che è venuto prima di noi.

“Gli uomini fanno la propria storia, ma non la fanno in modo arbitrario, in circostanze scelte da loro stessi, bensì nelle circostanze che essi trovano immediatamente davanti a sé, determinate dai fatti e dalla tradizione.

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bollettinoculturale

Contro l'uso politico della legge del valore nell'economia politica del socialismo

di Bollettino Culturale

soviet leader joseph stalinChe cosa dicono i sovietici per difendere la tesi secondo cui la legge del valore non può sparire immediatamente dopo la transizione dal capitalismo al socialismo?

Marx in Critica al Programma di Gotha afferma che nella fase inferiore del comunismo, segnata dalle stigmate del capitalismo, il produttore riceverebbe, dopo le detrazioni per i fondi sociali, l’equivalente esatto della quantità di lavoro da lui fornito alla società.

“Domina qui evidentemente lo stesso principio che regola lo scambio delle merci in quanto è scambio di valori uguali. Contenuto e forma sono mutati, perché nella nuova situazione nessuno può dare niente all'infuori del suo lavoro, e perché d'altra parte niente può diventare proprietà dell'individuo all'infuori dei mezzi di consumo individuali. Ma per ciò che riguarda la ripartizione di questi ultimi tra i singoli produttori, domina lo stesso principio che nello scambio di merci equivalenti: si scambia una quantità di lavoro in una forma contro una uguale quantità in un'altra.”

I sovietici usarono questo testo per avvalorare la tesi secondo cui affermare che Marx avrebbe previsto la sopravvivenza della legge del valore nel socialismo è un caso di deformazione cosciente.

In realtà Marx precisa che nella fase inferiore del comunismo, la merce, il valore e lo scambio sono scomparsi, poiché qualunque lavoro ha un carattere direttamente sociale dato che i mezzi di produzione sono ormai “bene comune” o “proprietà collettiva” dei produttori. Passa poi al problema della ripartizione del prodotto sociale e critica la rivendicazione della distribuzione secondo un “diritto eguale”, secondo l’”equità”, come era formulata nel programma di Gotha.

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kriticaeconomica

“Good ol’ Karl”. Alla riscoperta di Marx

di Dario Corallo

good ol Karl1200Quando Marx iniziò a scrivere “Il Capitale”, decise di partire da quello che, all’epoca, sembrava un concetto imprescindibile dell’economia, senza il quale non sarebbe potuta esistere alcuna ricchezza: la merce.

La centralità di questo concetto è ribadita proprio nella prima frase:

La ricchezza delle società nelle quali predomina il modo di produzione capitalistico si presenta come una “immane raccolta di merci” e la merce singola si presenta come sua forma elementare. Perciò la nostra indagine comincia con l’analisi della merce”.

Lo schema marxiano di produzione di un valore è tanto semplice quanto elegante. Ogni merce ha un valore (V) dato dalla somma del valore intrinseco, ovvero dalla disponibilità o rarità della materia prima (M), dal bisogno che quel bene soddisfa (B) e dal lavoro necessario alla sua realizzazione (L). Quindi, per dirla in maniera semplice, V=M+B+L. L’imprenditore, non potendo determinare i primi due valori, si rifà tutto sul lavoro dei suoi dipendenti, sottraendone una parte, e “aggiungendo” una variabile che non ha niente a che fare con la merce e che Marx chiama, appunto, “plus-valore”. Questo processo di produzione e scambio della merce è ciò che permette di incrementare il capitale.

Quindi l’imprenditore utilizza del denario (D) per produrre merce (M) che verrà riveduta un valore superiore rispetto al denaro investito (D1). Il processo di accrescimento del capitale (e cioè il capitalismo, che chiameremo C) è quindi sintetizzabile con la formula C= D→M→ D1.

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mondorosso

L’assalto al cielo e il “mondo nuovo”

di Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli

Pubblichiamo il capitolo undicesimo “L’assalto al cielo e il “mondo nuovo” tratto dal libro Il prometeismo sdoppiato: Nietzsche o Marx? di Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli

cover id1171 w600 t1599659103.jpgLa principale modalità operativa assunta all’interno del mondo occidentale del prometeismo di matrice collettivistico durante gli ultimi due secoli, a partire dal 1789 e dalla rivoluzione francese, è costituita dalla titanica lotta collettiva condotta da frazioni più o meno consistenti di operai e lavoratori salariati (oltre che di intellettuali) e tesa ad abbattere i rapporti di produzione classisti lottando con gravi problemi, contraddizioni interne più o meno acute e soprattutto contro nemici assai più potenti sul piano materiale per creare e costruire un “mondo nuovo”: ossia una formazione economico-sociale di matrice cooperativa e socialista, in una linea rossa che parte dagli Arrabbiati guidati da Jacques Roux e dalla congiura degli Eguali da Babeuf-Buonarroti per arrivare mano a mano all’inizio del nostro terzo millennio.

Come sottoprodotto di tale fenomeno politico-sociale, inoltre, un’altra forma importante di espressione non teorica del prometeismo rosso si è sostanziata nella speranza collettiva riposta da segmenti più o meno ampi delle masse popolari occidentali, ivi compresa la Russia, rispetto a leader politici ed “eroi rossi” (Ernst Bloch) ritenuti in possesso di eccezionali doti politiche, intellettuali e morali, tali da trasformarli più o meno completamente in supereroi agli occhi dei suoi seguaci.

Partiamo comunque dall’analisi del “prometeismo della rivolta”, ossia del titanismo insito nei processi insurrezionali popolari che sono stati purtroppo sbaragliati e annientati nel mondo occidentale, immediatamente al loro sorgere oppure dopo solo un breve istante storico di conquista del potere, dopo solo una “breve estate” (H. M. Enzensberger) di inebriante vittoria.

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bollettinoculturale

Il Tronti di "Operai e capitale"

di Bollettino Culturale

558px NousSommesLePouvoirOuvrierGli anni Sessanta e Settanta furono gli anni della nascita della “Nuova Sinistra”, una fase contraddistinta dall'emergere di dibattiti ed eterodossie marxiste che entravano in rotta di collisione con i partiti comunisti dei rispettivi paesi. In questi vent'anni travagliati, emerse in Italia un'esperienza teorico-politica estremamente innovativa: l'operaismo.

L’operaismo si sviluppò nelle lotte che hanno caratterizzato il nostro paese in quegli anni, sfidando da sinistra l’egemonia del PCI sul movimento operaio italiano.

Brevemente, è doveroso ricordare che l’operaismo non nasce con Tronti ma dentro l’esperienza dei Quaderni Rossi di Raniero Panzieri, esponente dell’ala sinistra del PSI.

Nel 1964 una parte rilevante dei Quaderni Rossi, tra cui Tronti, Toni Negri e Asor Rosa, si staccò per dare vita alla rivista Classe Operaia. L’esperienza della rivista terminò nel 1967. Una parte di questi intellettuali seguì una strategia entrista, tornando nel PCI (tra cui Tronti), altri esponenti dell’operaismo confluirono in esperienze della sinistra extraparlamentare come Lotta Continua e Potere Operaio (tra cui Toni Negri).

Lo scopo del testo è riflettere sul libro di Mario Tronti “Operai e Capitale”, uscito un anno prima della fine dell’esperienza di Classe Operaia, nel 1966, e diventato un classico della Nuova Sinistra e che condensa le tesi dell’operaismo degli anni '60.

La tesi principale degli operaisti era che lo sviluppo capitalista costituiva una risposta alle lotte della classe operaia. Gli operaisti si ribellarono ad una lettura del Capitale per cui, in nome dell'economia politica, il capitale diventava oggetto della storia. Al contrario, Tronti affermava il primato del rapporto di classe sulla strutturazione della borghesia come classe. La classe operaia era tale prima dei suoi sfruttatori.

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blackblog

Una contraddizione tra materia e forma

di Claus Peter Ortlieb

Sull'importanza della produzione di plusvalore relativo ai fini della dinamica della crisi

OrtliebMentre l'economia politica in carica ritiene di stare osservando solo il lato materiale del modo di produzione capitalistico, e si interessa di magnitudini quali la crescita "reale" del prodotto interno lordo, oppure del reddito "effettivo" - tutte cose che, tuttavia, sono mediate dai loro valori in denaro - la maggioranza dei testi che si legano alla teoria del valore lavoro analizza il medesimo processo di produzione in relazione alla massa di valore e di plusvalore che viene realizzata in quel processo. Entrambe la parti, sembrano partire implicitamente dal principio secondo cui si tratti solo di differenti unità di misura della ricchezza. Viceversa, questo testo parte, con Marx, dal duplice concetto di ricchezza nel capitalismo, storicamente specifico, che viene rappresentato nel duplice carattere della merce e del lavoro. Il valore, come forma dominante di ricchezza nel capitalismo, si contrappone alla ricchezza materiale, alla cui forma specifica il capitale è di fatto indifferente, ma alla quale continua ad essere indispensabile in quanto portatore del valore. Ora, con l'aumentare della produttività, queste due forme di ricchezza entrano necessariamente a far parte di un'evoluzione divergente; ed era a partire da questo che Marx poteva parlare del capitale come «contraddizione in processo». Ed è tale contraddizione che vado qui ad esaminare. L'obiettivo è quello di mettere alla prova le argomentazioni del saggio di Robert Kurz (del 1986), che ha fondato la teoria della crisi dell'ex Krisis, contro quanto meno alle argomentazioni più serie contrarie a quelle formulate da Kurz.

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resistenze1

La Dialettica della Natura di Engels nell'antropocene

di John Bellamy Foster

xpiero gilardi mare pagespeed ic rreokiqrojNel capitolo «Parte avuta dal lavoro nel processo di umanizzazione della scimmia» del suo Dialettica della natura, Friedrich Engels affermava: «Ogni cosa influenza ed è influenzata da ogni altra cosa» [1]. Oggi, a duecento anni dalla sua nascita, Engels si può considerare uno dei fondatori del pensiero ecologico moderno. Se la teoria della frattura metabolica di Karl Marx è alla base dell'ecologia odierna ispirata al materialismo storico, resta pur vero che il contributo di Engels alla nostra comprensione del problema ecologico nel suo insieme rimane indispensabile - un contributo basato sulle sue approfondite ricerche sul metabolismo universale della natura, che rafforzarono e ampliarono l'analisi di Marx. Come afferma Paul Blackledge in un recente studio del pensiero di Engels, «La concezione di Engels di una dialettica della natura apre uno spazio attraverso il quale le crisi ecologiche» possono essere ricondotte alla «natura alienata delle relazioni sociali capitaliste» [2]. È proprio in virtù della completezza del suo approccio alla dialettica della natura e della società che l'opera di Engels può contribuire a chiarire le sfide epocali che l'umanità deve fronteggiare nell'antropocene, e la crisi ecologica planetaria che caratterizza l'epoca attuale.

 

In corsa verso la rovina

La rilevanza contemporanea della critica ecologica di Engels può essere colta a partire da un celebre commento del 1940 di Walter Benjamin, citato sovente dagli ecosocialisti, tratto dai «Paralipomeni» (o note a margine) delle sue «Tesi sul concetto di storia».

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il rasoio di occam

200 anni di Engels: per una nuova lettura della “Dialettica della natura”

di Gabriele Schimmenti

unnamedno75epNell’anno del bicentenario di Engels, vale ancora la pena di tornare a discutere del Generale e di tenere a mente come la sua attività teorica, nelle ultime fasi della sua produzione, si fosse concentrata sul progetto incompleto di una “Dialettica della natura”. Il libro di Kaan Kangal, “Friedrich Engels and the Dialectics of Nature” (Palgrave Macmillan 2020), affronta le intenzioni, i fini, le procedure, le tesi e la storia degli effetti dell’“opera” in questione, invitandoci a ritornare ad Engels senza cadere vittima delle stratificate maldicenze sul suo conto. Solo in questo modo, da una nuova lettura di Engels, sarà possibile osservare i meriti e i limiti del progetto di una “Dialettica della natura”, del suo discorso e delle sue intenzioni.

Nei manoscritti de L’ideologia tedesca, Marx ed Engels scrissero che

conosciamo una sola scienza, quella della storia. La storia può essere considerata sotto due aspetti, ed essere suddivisa in storia della natura e storia degli uomini. Tuttavia, questi aspetti sono inseparabili: finché esistono uomini, la storia della natura e la storia degli uomini si condizionano reciprocamente.[1]

Sebbene la ricerca più recente ci mostri come entrambi i sodali fossero versati nella storia naturale (come mostrato ad esempio di recente, relativamente a Marx, dai lavori John Bellamy Forster o di Kohei Saito), è stato Engels che ha dedicato la maggior parte della sua ad un progetto in cui la natura assumeva un ruolo centrale, ovvero la cosiddetta Dialettica della natura.

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bollettinoculturale

Bozze per un'analisi della teoria dello Stato in Marx (breve risposta a Riccardo Dal Ferro)

di Bollettino Culturale

athusser098gh6Riflettere su un argomento così complesso come lo Stato in Marx comporta diversi tipi di problemi. Un primo problema è la vastità dell'opera di Marx, un altro la complessità del suo pensiero e l'erudizione delle sue esemplificazioni. Tuttavia, questi problemi possono diventare secondari o minori rispetto ad altri di dimensioni maggiori: cosa intendiamo cercare e trovare quando parliamo di "Stato in Marx"? Un problema teorico della massima importanza, poiché riguarda la definizione dell'oggetto da indagare.

Partendo da una prima approssimazione potremmo, ad esempio, dire: l'oggetto di questa indagine è il concetto di Stato che esiste nell'opera di K. Marx. Ma poi, poco dopo, ci imbattiamo in un problema: se c'è un “concetto” è chiaro che si tratta necessariamente di una teoria. Quindi l'"oggetto" della nostra ricerca non è semplice. È complesso e potrebbe essere una "cosa" diversa da come pensavamo che fosse. Appaiono una serie di domande sollevate anche da Riccardo Dal Ferro nella sua riflessione critica sul pensiero di Marx, a cui proverò a rispondere, e che grosso modo sono: esiste una teoria dello Stato in Marx? E se sì, di quale "tipo" di teoria stiamo parlando? Qual è il suo grado di sviluppo? Implica un "concetto" di Stato?

Le preoccupazioni per il problema dello Stato in Marx avevano forse raggiunto il loro culmine negli anni Sessanta con l'affermazione di Bobbio che non solo Marx non aveva elaborato una teoria dello Stato capitalista, ma non l'aveva nemmeno fatto in relazione al futuro Stato socialista, questo perché il suo interesse centrale era stato il problema del partito.

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materialismostorico

I vizi e le virtù del determinismo marxiano

di Alessandro Barile*

Pubblicato su “Materialismo Storico. Rivista di filosofia, storia e scienze umane", n° 1/2020, a cura di Stefano G. Azzarà, pp. 58-69, licenza Creative Commons BY-NC-ND 4.0

unnamed984ec8«Il diciottesimo secolo ha messo in discussione ogni cosa, il diciannovesimo ha il compito di concludere; e conclude con delle realtà; ma realtà che vivono e camminano»

(Balzac, Illusioni perdute, 1837-1843)

Attorno al grande problema dell’oggettività, tanto della realtà quanto dei suoi processi sociali, si è istituito un confronto che ha attraversato tutto il marxismo. Oggi il problema ha perso di rilevanza: il campo del marxismo, di per sé residuale, è profondamente venato di soggettivismo nelle sue proposizioni teoriche, e la militanza pensata tutta all’interno di una prassi politica contingente. Un recente volume di Luigi Vinci1 ci ricorda che così non fu per una lunga epoca del movimento operaio. Da Marx fino (almeno) allo scoppio della Grande guerra — e soprattutto lungo tutta l’esperienza della II Internazionale — la teoria politica della socialdemocrazia costruiva la propria forza organizzativa e narrativa pienamente dentro il campo del determinismo storico. Il famigerato “crollismo” altro non era che la fiducia in processi sociali teleologici: il capitalismo era destinato ad essere superato, a prescindere dall’azione del movimento operaio. È quanto asseriva candidamente un marxista rivoluzionario come Plechanov, laddove indicava come «la sociologia non diventa scienza che nella misura in cui perviene a comprendere la comparsa di fini nell’uomo sociale (“teleologia” sociale) come una conseguenza necessaria del processo sociale, condizionato in ultima istanza dal corso dello sviluppo economico»2.

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jacobin

Il ritorno di Engels

di John Bellamy Foster

Friedrich Engels spesso viene accusato di aver dirottato il marxismo su un terreno troppo deterministico. Ma le sue analisi su rapporto tra evoluzione, lotta di classe e ambiente ne hanno fatto un anticipatore dell'eco-socialismo

Friedrich Engels jacobin italia 990x361Pochi sodalizi politici e intellettuali possono competere con quello di Karl Marx e Friedrich Engels. Divennero famosi come co-autori del Manifesto del Partito comunista nel 1848, entrambi prendendo parte alle rivoluzioni sociali di quell’anno, ma anche di due opere precedenti: La Sacra Famiglia nel 1845 e L’ideologia tedesca nel 1846.

Verso la fine degli anni Settanta dell’Ottocento, quando i due socialisti scientifici finalmente poterono vivere in stretta vicinanza e discutere tra loro ogni giorno, spesso camminavano avanti e indietro nello studio di Marx, ciascuno dalla propria parte della stanza, solcando ripetutamente il pavimento mentre giravano sui tacchi e discutevano di idee, piani e progetti.

Spesso leggevano insieme brani dai loro lavori in corso. Engels lesse a Marx l’intero manoscritto del suo Anti-Dühring (al quale Marx contribuì con un capitolo) prima della sua pubblicazione. Marx scrisse un’introduzione a L’evoluzione del socialismo dall’utopia alla scienza di Engels. Dopo la morte di Marx nel 1883, Engels preparò i volumi due e tre del Capitale per la pubblicazione dalle bozze che il suo amico aveva lasciato. Se Engels, come riconobbe per primo, si trovava all’ombra di Marx, era nondimeno un gigante intellettuale e politico a pieno titolo.

Eppure per decenni gli accademici hanno suggerito che Engels avesse declassato e distorto il pensiero di Marx. Come ha osservato criticamente lo scienziato politico John L. Stanley nel suo postumo Mainlining Marx nel 2002, i tentativi di separare Marx da Engels – al di là del fatto ovvio che erano due individui diversi con interessi e talenti differenti – hanno teso sempre più a dissociare Engels, visto come la fonte di tutto ciò che è riprovevole nel marxismo, da Marx, visto come l’epitome dell’uomo di lettere civilizzato, e lui stesso un non-marxista.

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sinistra

Per il 200° anniversario della nascita di Friedrich Engels

di Eros Barone

8862dd0a01f151eee4de679c42e5867fL’effettivo contenuto della rivendicazione proletaria dell’eguaglianza è la rivendicazione della soppressione delle classi. Ogni rivendicazione di eguaglianza che esce da questi limiti va necessariamente a finire nell’assurdo.
F. Engels, Antidühring. 1

1. Il punto sulla “questione di Engels”

Friedrich Engel nacque il 28 novembre 1820 a Barmen, oggi distretto del comune di Wuppertal, città tedesca della Renania Settentrionale-Vestfalia. Il 28 novembre 2020 cade pertanto il duecentesimo anniversario della sua nascita. È questa un’occasione per fare il punto sulla “questione di Engels”, unendo la necessaria difesa di un patrimonio gigantesco – la teoria marx-engelsiana -, oggetto di tentativi ricorrenti di deformazione, falsificazione e financo liquidazione condotti dai più disparati avversari (ma anche da taluni falsi amici), alla vigorosa riaffermazione della sua forza esplicativa e della sua potenza predittiva, concernenti il carattere ciclico dell’economia capitalistica e le leggi dello sviluppo, della crisi e della transizione che ne derivano. Si tratta allora, prendendo spunto dall’anniversario, sia di promuovere la conoscenza di una figura ricca di fascino intellettuale e morale, appartenente a quella generazione di titani che ha impresso un’orma indelebile nella storia del proletariato mondiale, sia di ribadire l’istanza per cui la natura scientifica della teoria marx-engelsiana, costantemente verificata e da verificare sul terreno dell’“analisi concreta della situazione concreta”, 2 non viene compromessa, bensì rafforzata dal legame inscindibile con la concezione materialistica del mondo, della natura, della storia e dell’uomo.

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conflitti e strategie 2

Marx non era idealista, Marx non era un filosofo

di G. P.

Karl Marx 500x400Karl Marx non era idealista, checche’ ne abbiano scritto filosofi purtroppo scomparsi o sedicenti tali, purtroppo esistenti. Questo modo di etichettare Marx, ricercando una filosofia spontanea idealistica nei suoi testi (ed è già strano che dei dialettici siano ricorsi ad un linguaggio althusseriano per rintracciare scampoli filosofici nelle opere, per lo più giovanili, del pensatore tedesco), ha contribuito a generare molta confusione. Si badi bene che coloro i quali, dichiarandosi marxisti, hanno insistito sull’approccio filosofico di Marx al Capitalismo, non hanno mai scoperto nulla di nuovo, ne’ su Marx, ne’ in Marx, invece, costoro si sono ben accodati ad un coro generale dominante antimarxista, il quale per neutralizzare Marx aveva elaborato proprio la strategia di incasellarlo nell’albo dei filosofi per rendergli un cattivo servigio. Ma se il Nostro e’ stato davvero un filosofo allora, in questo albo immaginario, egli occupa una posizione di secondo piano. Marx non ha manifestato un pensiero filosofico organico, un sistema filosofico compiuto, quindi già per questo può essere giustamente retrocesso in basso in questa ipotetica classifica, molto al di sotto dei filosofi minori. E’ questo il modo migliore per rendere giustizia al pensiero rivoluzionario di Marx? Non lo crediamo ed anzi siamo convinti che quelli che hanno così proceduto hanno contribuito, per dirla con parole vecchie, ad innalzare più in alto la bandiera per affossarla meglio. Appunto, chiameremo costoro gli ultimi affossatori di Marx, i più infidi come ogni nemico che marcia alla testa dei suoi nemici.

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blackblog

Classe, lotta di classe e determinismo storico

di Michael Heinrich

Il testo che segue, è tratto dal libro di Michael Heinrich, "Critica dell'economia politica. Un'introduzione a Il Capitale di Marx", capitolo 10.3. Il capitolo 10, di cui questa parte è un estratto, costituisce la terza ed ultima parte del libro, e si intitola "Il feticismo delle relazioni borghesi"

Théorie du prolétariat. Une histoire 1Numerose correnti del marxismo tradizionale hanno compreso l'analisi di Marx come se si trattasse innanzitutto di una analisi di classe e della lotta tra borghesia e proletariato. Al giorno d'oggi, per la maggior parte dei conservatori e dei liberali attuali, i concetti di «classe», ed in particolare quello di «lotta di classe» sono «ideologici»; cosa che non vuole significare niente più se non che sono «non scientifici». Generalmente, di norma, questi concetti vengono utilizzati soprattutto a sinistra. Innanzitutto, è importante ricordare che il «discorso di classe» non è affatto specifico del contributo dato da Marx. Già da prima che lo facesse lui, gli storici borghesi parlavano di lotta di classe, e David Ricardo - quello che è stato il più importante rappresentante dell'economia politica classica - era arrivato addirittura a specificare come le tre più importanti classi delle società capitalistiche (capitalisti, proprietari fondiari e lavoratori) avessero degli interessi fondamentalmente opposti.

I concetti di classe e di lotta di classe costituiscono il nodo centrale delle argomentazioni di Marx nel Manifesto comunista (1848). [...]Ma è in una lettera scritta all'amico Weydemeyer che Marx riassunse tutto ciò che egli aveva individuato come costitutivo la natura del suo contributo alla teoria delle classi. Egli sottolinea di non aver in alcun modo scoperto l'esistenza delle classi, o della loro lotta:

« Per quanto mi riguarda, non compete a me il merito di aver scoperto l’esistenza delle classi nella società moderna, né tanto meno la loro lotta reciproca. Molto tempo prima di me, degli storiografi borghesi avevano illustrato lo sviluppo storico di questa lotta delle classi, e degli economisti borghesi avevano descritto la loro anatomia economica.

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marxdialectical

"Critica" tra Hegel e Marx

di Roberto Fineschi1

Abstract: Marx fa largo uso del termine “critica”, che è presente nel titolo di varie sue opere. In questo articolo cercherò di ricostruire lo sviluppo e i cambiamenti di significato di questo termine nelle diverse fasi dell’indagine di Marx. Mi concentrerò sulle fonti dirette, come il dibattito “critico” tedesco durante il Vormarz, e su autori come Straufi, Bruno Bauer, Feuerbach. Certamente Hegel è un punto di riferimento privilegiato dell’approccio filosofico di Marx. Mostrerò come Marx si sia spostato lentamente da un significato specifico del termine “critica” che era predominante durante il Vormarz per approssimarsi alla posizione hegeliana

i332622È noto che Marx fa largo uso del termine “critica”. Esso è presente nel titolo di varie sue opere e non è quindi un caso che l’attenzione si sia concentrata su di esso. In questo articolo si cercherà di contribuire alla ricostruzione della sua storia interna e della sua origine nella tradizione filosofica anteriore. Essendo Hegel uno dei filosofi di riferimento privilegiati di Marx, si indagherà anche in questo autore il significato del termine per vedere a quale uso specifico di critica Marx si avvicini di più. Si vedrà del resto come il ruolo e la funzione della critica cambino nel corso della sua maturazione teorica.

 

1. Critica è un termine dall’uso diffusissimo nel dibattito intellettuale dall’illuminismo in poi. Qui fa da generale ed emblematico punto di riferimento la ricca, articolata e programmatica voce “Critique” nella Encyclopédie di Diderot e D'Alembert scritta da Marmontel (1754, vol. IV, pp. 490a-497b). Riviste critiche, biografie critiche, approcci critici, per non parlare ovviamente del criticismo kantiano, inondano la produzione letteraria e pubblicistica al punto che non è affatto semplice individuare un significato univoco del termine. Il tema è così complesso che non può certo essere oggetto di questo saggio; ci si limiterà in questa sede a indicarne alcune interpretazioni specifiche che reputo rilevanti per Marx ed il suo rapporto con Hegel.

Vediamo la lista di titoli significativi di pugno di Marx in cui compare il termine “critica”:

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petiteplaisance

Pietra d'inciampo

di Salvatore Bravo

Sei ancora capace di scandalizzarti come Karl Marx? La "pietra d'inciampo" ("Scandalum") è anche qualcosa che rende presente il tuo cammino. Pensa allora allo scandalo del denaro e del possesso, pensa alla tua, e altrui, libertà interiore

000834919 1 9825b411a4a93eb64dfde39c81c8f4f6Se vuoi godere dell’arte, devi essere un uomo artisticamente educato; se vuoi esercitare qualche influsso sugli altri uomini, devi essere un uomo che agisce sugli altri uomini stimolandoli e sollecitandoli realmente. Ognuno dei tuoi rapporti con l’uomo, e con la natura, dev’essere una manifestazione determinata e corrispondente all’oggetto della tua volontà, della tua vita individuale nella sua realtà. Se tu ami senza suscitare una amorosa corrispondenza, cioè se il tuo amore come amore non produce una corrispondenza d’amore, se nella tua manifestazione vitale di uomo amante non fai di te stesso un uomo amato, il tuo amore è impotente, è un’infelicità.

Karl Marx

Lo scandalo del denaro

I Manoscritti economico-filosofici del 1844 di Marx e pubblicati nel 1932, sono giudicati un’opera “giovanile”. In realtà i manoscritti sono fondamentali per riscontrare – in un periodo di passaggio tra le opere giovanili e le opere della maturità – il nucleo profondamente umanistico del pensiero marxiano. Per umanistico si intende la centralità dell’essere umano nella storia e nel sistema sociale e politico, che può essere giudicato positivamente, se risponde all’essenza generica e sociale dell’essere umano.

L’umanesimo marxiano pone al centro della storia l’essere umano. Non si tratta di un essere umano astratto ed idealizzato, ma colto nella concretezza della sua realtà materiale. L’umanesimo marxiano riporta il male ed il dolore alle condizioni storiche che ne determinano la genesi, per trascenderlo. Il male non ha realtà ontologica, ma alligna nei rapporti sociali ed economici. Marx è nello stesso solco di autori come Spinoza e Rousseau, i quali hanno smascherato il male metafisico per riportarlo a quella che è realmente la sua dimensione all’interno delle relazioni sociali. Il male è l’epifenomeno dei sistemi che negano la natura sociale dell’essere umano. L’essere umano che soffre è spesso il portatore infetto di relazioni sociali sbagliate, innaturali.

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bollettinoculturale

Sulla dialettica in Marx

di Bollettino Culturale

hqdefault 2Introduzione

Lo sviluppo filosofico che Louis Althusser intraprende all'interno della teoria marxista richiede, come egli stesso sottolinea, di essere inquadrato nella congiuntura storica degli anni Sessanta. Il movimento comunista internazionale fu sconvolto da due eventi accaduti dopo la morte di Stalin: il XX Congresso del PCUS nel 1956, che proclamò l'inizio del processo di "destalinizzazione" e la critica al "culto della personalità" e il XXII Congresso del 1961 che segna la rottura definitiva tra il PC di Cina e il PC dell'URSS. Entrambi gli eventi hanno avuto ripercussioni non solo in ambito politico ma anche in ambito ideologico e teorico; è nel contesto di quest'ultimo che Althusser indirizzerà la sua critica alle "reazioni ideologiche" degli intellettuali comunisti. Queste reazioni, che sotto lunghi fiumi di inchiostro "liberatorio" hanno criticato il "dogmatismo" staliniano, sono riuscite a riabilitare il vecchio e moderno problema della "libertà", dell’"uomo" e dell’"alienazione" utilizzando le opere giovanili di Marx come strumento teorico.

Il risultato diretto di questo fenomeno si fece sentire in tutta la filosofia marxista, capovolgendo la situazione in cui si trovava. Se negli anni '30, con la comparsa dei Manoscritti Economico-Filosofici del 1844, furono i socialdemocratici a leggere il Capitale alla loro luce e proclamare, nella loro battaglia contro il marxismo, la continuità di un tema etico in entrambi, ora, all'interno dei partiti comunisti, è stata imposta una nuova interpretazione "umanista" dell'opera di Marx.

Potremmo quindi dire che l'impresa althusseriana si concentra principalmente sul “tracciare una linea di demarcazione” tra la teoria marxista (materialismo storico e materialismo dialettico) e tendenze ideologiche che assumono una forma filosofica e politicamente soggettivista.

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maggiofil

C’è vita su Marx? Cronache MarXZiane n. 1

di Giorgio Gattei

Per il diritto d’autore: devo il titolo di questa prima parte delle “Cronache marxziane” a Riccardo Bellofiore che l’ha posto (perchè ispirato dalla canzone di David Bowie “Life on Mars”?) in testa alla sua introduzione a Marx inattuale (Edizioni Efesto, Roma, 2019). Ma quel titolo è finito lì, che lo svolgimento successivo è stato di tutt’altro tenore, mentre io l’ho preso sul serio e quindi….

unnamedjui652ix1. Come il pianeta Nettuno nel Sistema solare, anche il pianeta Marx è stato individuato nella Costellazione dell’Economia inizialmente solo per via speculativa a seguito di una discrepanza, inspiegabile nella traiettoria del valore rispetto ad ogni altro corpo economico già conosciuto, che lasciava intendere che in quello spazio di cielo dovesse esserci presenza di qualcosa di anomalo, anche se al momento non individuabile. E’ stata questa la grande intuizione dell’astronomo britannico Adam Smith, peraltro autore di una Storia dell’astronomia pubblicata postuma in cui teorizzava che «un sistema di pensiero è una macchina immaginativa inventata per collegare nell’immaginazione i vari movimenti ed effetti che nella realtà già si compiono». Per questo nella Ricchezza delle stelle (1776) egli aveva mostrato come ci fosse nel cielo un luogo economico in cui il valore delle merci misurato come “lavoro contenuto” (V = L) non coincideva più con la misura in “lavoro comandato” (o Salario: V = Lw), come invece avrebbe dovuto essere, essendo questo dovuto al semplice fatto che il salario unitario w pagato per ogni ora di lavoro L doveva risultare minore di 1, così che Lw < L. Ciò lo giustificava perché, mentre nello “stadio naturale” dell’economia (ossia dovunque) «tutto il prodotto del lavoro appartiene al lavoratore,.. non appena il capitale si è accumulato nelle mani di persone singole, alcune di loro naturalmente lo impiegheranno nel mettere al lavoro uomini operosi», a cui pagheranno un salario tale per cui «il valore che gli operai aggiungono ai materiali si dividerà in due parti, di cui una paga il loro salario e l’altra i profitti di chi li impiega». Ed era una anomalia inaspettata nell’ordine dei sistemi economici, con l’effetto che «nel prezzo delle merci i profitti costituiscono una componente del tutto diversa dai salari del lavoro e regolata da principi del tutto diversi». Sì, ma quali?