Print Friendly, PDF & Email
Print Friendly, PDF & Email

cumpanis

Il mondo nuovo non verrà con un pranzo di gala

di Leonardo Masella*

IMG 20220614 174734Il conflitto in corso in Ucraina non è una guerra locale, sia pure nel cuore dell’Europa, ma è una guerra mondiale dell’imperialismo americano contro la Russia e la Cina, “una guerra a pezzi” come spesso negli anni scorsi l’ha definita il Papa, o a tappe, che ora sta toccando il suo punto più alto (finora), più cruento e pericoloso. Il passaggio da un mondo unipolare dominato dagli Usa e dal dollaro ad un mondo multipolare non è e non sarà un pranzo di gala, parafrasando Mao, per la rivoluzione. Questa in corso è una rivoluzione, una rivoluzione mondiale, un passaggio epocale, uno spartiacque della storia, dopo di che tutto ne uscirà cambiato. Ne usciranno cambiati gli Usa, finalmente ridimensionati ad una potenza più o meno come le altre, non più gendarme del mondo; ne uscirà cambiata l’Europa con la fine della Ue e forse con un nuovo polo europeo fra quegli Stati che saranno in grado di dire NO agli Usa; ne uscirà cambiata la Russia, più vicina alla Cina sia nei rapporti diplomatici e commerciali sia nel modello di economia mista pubblico-privato a direzione statale; ne usciranno cambiati i paesi che facevano parte del Patto di Varsavia i cui popoli torneranno ad avvicinarsi alla Russia dopo un ventennio di sbornia liberista, anti-comunista e anti-russa; ne usciranno cambiati i paesi del Sud del mondo sfruttati e oppressi da secoli di colonialismo; ne usciranno cambiate le classi sfruttate nel capitalismo sviluppato; ne uscirà cambiata la coscienza del mondo.

Chi vive dentro le fasi storiche di cambiamento non ne è mai pienamente consapevole. Noi non siamo pienamente consapevoli che stiamo vivendo una fase storica di cambiamento epocale, rivoluzionario, del mondo, una delle fasi più rivoluzionarie della storia dell’umanità. Un cambiamento di doppia grandezza e importanza.

Print Friendly, PDF & Email

labottegadelbarbieri

Rosa Luxemburg e la crescita

di Bruna Bianchi(*)

275624917 3417235021830032 3252580685846096834 nEsiste un patrimonio enorme, per quanto non sempre visibile, di riflessione delle donne sulle origini e sulle forme del patriarcato, ma anche sulla relazione tra patriarcato e guerra, tra patriarcato e devastazioni delle risorse naturali. Un complesso e ormai robusto pensiero ecofemminista ha preso forma e azione in molti angoli del mondo e trova ispirazione, tra l’altro, nelle straordinarie riflessioni di Rosa Luxemburg. In questo prezioso breve saggio ne dà conto Bruna Bianchi per mostrare come la guerra resti una prosecuzione dell’economia con altri mezzi. “Solo il riconoscimento dell’interconnessione tra tutti i rapporti di dominio, solo l’abbandono di un modo di pensare che separa le relazioni di potere tra uomini e donne, tra umani e mondo naturale, tra umani e animali, tra metropoli e colonie, potranno condurre a una strategia di pace efficace…”. Un grido contro lo smarrimento.

* * * *

Nel 1915, nello scritto Juniusbrochüre, così scriveva Rosa Luxemburg a proposito dello sconcerto suscitato scoppio della guerra in Europa:

Per la prima volta oggi le bestie feroci, liberate dall’Europa capitalistica contro tutte le altre parti del mondo, hanno fatto di un balzo irruzione nel bel mezzo dell’Europa. Un grido di raccapriccio è risuonato per il mondo, quando il Belgio, la piccola e graziosa gemma della civiltà europea, quando i più venerandi monumenti culturali della Francia settentrionale sono caduti fragorosamente in pezzi sotto il cozzo di una cieca forza di distruzione. Il “mondo civile” – il quale aveva tollerato che questo imperialismo votasse alla più spaventosa fine decine di migliaia di Herero, […] che a Putumayo una banda di cavalieri di industria europei per dieci anni martoriasse a morte quarantamila esseri umani […];

Print Friendly, PDF & Email

orizzonte48

Quale pace e quale guerra. Il discrimine tra "neutralità qualificata" e interventismo co-belligerante

di Quarantotto

cq5dam.web.1280.1280Riprendiamo la pubblicazione dei post su questo blog per un intervento da me tenuto al Convegno "Fermare la guerra" svoltosi a Roma lo scorso 27 maggio 2022.

Al titolo originario andrebbe aggiunto un "sottotitolo" che origina dalle (brevi...per motivi di spazio; molto altro si potrebbe aggiungere) conclusioni di real-politik: si potrebbe formularlo come un rinvio alla consapevolezza che L'Unione europea sia, in un modo che non appare ben chiaro alla sua stessa governance, un paese oggetto, a sua volta, di un'apertura di ostilità, fatta per ora di costrizioni e di risposte non ben ponderate, e, un domani, di risvolti sulla crescita e la stabilità finanziaria al suo interno, che la porrebbero in una situazione di co-belligeranza, politicamente ed economicamente contraddittoria ed insostenibile, verso l'intero mondo "non occidentale"; e questo risalterebbe all'interno di una spiralizzazione conflittuale che non corrisponde affatto all'interessi dei popoli che vivono entro lo spazio dell'Unione economica e monetaria e del suo "mercato unico". https://twitter.com/nytimes/status/1533564338983903238?s=20&t=Pxx4e6XgDHYBCPIucAwm8Q

* * * *

1. Quale pace e quale guerra? - Convegno "Fermare la guerra"

Premessa - Fermare la guerra è una proposizione che dovremmo assumere nel senso più elevato ed umanistico: cioè, intesa come restaurare la pace. In astratto, la pace è la fine del conflitto tra Russia e Ucraina, come composizione dei rispettivi interessi contrapposti in un assetto stabile che consenta di risolvere ogni aspetto controverso che contrappone i due Paesi, ripristinando normali relazioni di diritto internazionale.

Print Friendly, PDF & Email

kamomodena

Punti di condensazione. La guerra, i media e il «secondo populismo»

di Raffaele Sciortino, Silvano Cacciari

IMG 20220413 003758 478«S’i nel mondo ci fosse un po’ di bene» avremmo, come ricetta per l’avvenire, la chiave per una ricomposizione di classe facile, coerente, pulita. Soprattutto in linea con i precetti, i desiderata, i pregiudizi e gli automatismi dei ceti politici (quali?) e intellettuali (dove?) di sinistra, e della loro sinistra ideologia. Saremmo già bell’è pronti, bandiere rosse al vento – o nere, o arcobaleno, scegliete voi al mercato delle identità il vostro pride – e via andare. Ma gli ultimi cicli di mobilitazioni sociali ci hanno ormai definitivamente abituato ad aspettarci qualcosa di ben più complicato, sporco, contraddittorio – ambivalente. Un “guazzabuglio” di soggetti sociali, con un diverso grado di internità alle categorie che usiamo per dare senso e orientarci nel caos del presente – sia di ordine sociale che geopolitico, e i due livelli sono collegati – di cui è difficile sciogliere i nodi. Linguaggi incomunicabili, comportamenti ambigui, potenzialità abortite. Bravo chi ne viene a capo. Ce lo siamo detto tutti.

I feticisti dello spurio e dell’ambivalenza a tutti i costi, così come chi considera il “casino” una maledizione esclusiva di questa fase storica e di questa composizione di classe, se ne stiano a distanza: non siamo noi quello che fa per voi. Non c’è da scandalizzarsi, né da applaudire. Davanti alla realtà concreta, la critica morale di ciò che non si conforma a quello che vorremmo e l’elogio di quello che ancora non c’è portano a ben poco. Occorre, invece, analisi concreta. Come ci stiamo dentro a questa realtà – nello specifico alla guerra, che sta informando il prossimo futuro? Quali lenti e strumenti dobbiamo usare, e quali buttare via? Che uso ne facciamo delle faglie, delle contraddizioni, delle ambiguità che ci stanno intorno e ci determinano? La domanda è politica, non analitica.

Print Friendly, PDF & Email

ilponte

Credere, obbedire e …far combattere gli altri

di Giancarlo Scarpari

830285 thumb full 720 di feo 29042022defNella lunga intervista rilasciata a Federico Rampini (Kosovo, gli italiani e la guerra, Milano, Mondadori, 1999), Massimo D’Alema presentava l’intervento della Nato contro la Serbia – 79 giorni di bombardamenti, 23.614 bombe e missili sganciati (tra cui 355 bombe a frammentazione e altre all’uranio impoverito), più di 500 morti e 8.000 feriti tra i civili, con l’ambasciata cinese colpita e la sede della televisione di Belgrado semidistrutta, con 16 morti tra giornalisti e tecnici, ecc. – come un’azione di forza volta «a garantire i diritti umani e civili per decine di migliaia di profughi in fuga dalle città e dai villaggi del Kosovo e a riaprire, una volta conseguito questo obiettivo prioritario, il dialogo per giungere a una pace giusta che ponga fine a quel conflitto».

D’Alema, il 5 marzo, venti giorni prima che iniziasse la guerra, era andato (convocato?) negli Usa e, ricevuta l’assicurazione da Clinton che si sarebbe fatta «qualunque cosa per riparare» all’ingiusta assoluzione dei piloti responsabili della strage del Cermis, aveva poi parlato della guerra in preparazione e appreso che, se Milosevic non si arrendeva dopo i primi bombardamenti, la Nato li avrebbe proseguiti a oltranza: la promessa sarebbe rimasta senza seguito, la previsione si sarebbe invece concretizzata sul campo.

L’Italia partecipò alla guerra con la messa a disposizione delle basi e l’invio di 52 aerei.

Nell’intervista i due non sembrano interessati a valutare la compatibilità, o meno, di tale scelta con l’impegno stabilito dall’art.11 della Costituzione, visto che non ne parlano proprio.

Print Friendly, PDF & Email

cumpanis

L’opposizione possibile tra terza via ed economia di guerra

di Fulvio Bellini

IMG 20220526 215241Premessa: la terza via è ancora possibile?

Come è stato correttamente notato, più passano le settimane di conflitto in Ucraina e maggiori dubbi crescono tra gli osservatori, e si spera nell’opinione pubblica, rispetto al suo reale significato. Per essere maggiormente chiari, trascorrono le settimane e si evidenziano le crepe nell’affresco dipinto dalla propaganda di regime rispetto all’operazione militare speciale. Ad esempio, sorge il dubbio che la Russia volesse effettivamente quello che aveva dichiarato: intervenire in Ucraina a difesa delle repubbliche di Lugansk e Donetsk; oppure che il Presidente Zelensky è quello che è: un attore che recita copioni scritti a Washington; oppure ancora che nella resistenza ad oltranza nell’acciaieria Azovstal a Mariupol del battaglione nazista Azov c’è qualcosa che non torna: “Il caso degli istruttori NATO a Mariupol che imbarazza l’Occidente” scrive l’Antidiplomatico del 6 Aprile scorso; ed infine la durata del conflitto in Ucraina che non dipende solo da Mosca ma altrettanto da Washington aprendo innumerevoli scenari che vedono l’Ucraina solo come pretesto per altro.

La crisi ucraina funge anche da acceleratore e chiarificatore dei rapporti politici tra Stati ufficialmente non belligeranti e all’interno degli stessi, tra le forze politiche a favore della guerra (sostanzialmente tutte) e le forze sociali contrarie (molto più numerose di quello che si pensi). In altre parole sorge sempre più prepotente la necessità di fare opposizione alla politica dettata dagli Stati Uniti e applicata con stretta osservanza in Europa da Gauleiter quali Ursula von der Layen, Mario Draghi, Olaf Scholz e la schiera degli oscuri leader dell’Est europeo.

Print Friendly, PDF & Email

lafionda

Strage di Capaci, trent’anni dopo

di Pino Arlacchi

19c5c20378a1ec67ddbdda65fd19b6In occasione del trentennale della Strage di Capaci (23 maggio 1992) vi proponiamo, per gentile concessione dell’autore, un breve estratto dell’ultimo libro di Pino Arlacchi, dal titolo Giovanni e io, uscito per i tipi di Chiarelettere (sul sito www.pinoarlacchi.it potete trovare l’introduzione). Vicino ai giudici Chinnici, Falcone e Borsellino, in prima linea contro Andreotti, Cosa nostra e la cosiddetta mafia di Stato, Pino Arlacchi ha scritto un libro particolarmente significativo che non è solo il racconto di una bella amicizia e di un forte legame professionale, ma anche l’occasione per una ricostruzione storica profonda e accurata, condita con importanti aneddoti e retroscena, di una lunga stagione della storia del nostro Paese, che ha visto come protagonista la criminalità del potere (“il gioco grande” del potere direbbe Giovanni Falcone) le cui varie componenti hanno spesso interagito tra loro sui diversi terreni della corruzione sistemica, della mafia e dello stragismo, tramite una miriade di vasi comunicanti che hanno fatto circolare lo stesso sangue infetto all’interno di un unico fragile corpo.

* * * *

Gladio, Mattarella e il dopostragi

Pur non essendo più titolare di capacità investigativa, e dovendosi tenere lontano da qualsiasi indagine in corso per non fornire pretesti ai suoi nemici, Giovanni [Falcone] non resisteva all’attrazione fatale esercitata su di lui dai casi più misteriosi del passato. Anche perché c’erano in campo sviluppi clamorosi, come la rivelazione del segreto su Gladio fatta da Giulio Andreotti alla fine del 1990.

Print Friendly, PDF & Email

pierluigifagan

Il congelamento di agosto

di Pierluigi Fagan

TRUE 1200X675 6 1 1120x630Raccolgo qui una serie di informazioni, articoli, opinioni lette in questi giorni sulla stampa internazionale, per tentare la risposta alla domanda su quanto manchi alla fine del conflitto russo-ucraino. Sviluppiamo il ragionamento in forma ovviamente ipotetica, sebbene riteniamo di aver solide ragioni che limitano il campo delle ipotesi. E la risposta alla domanda è simile a quella data, se ben ricordo, poco tempo fa da un generale ucraino ed altri analisti che indicava agosto come termine dello scontro armato. Perché?

Chiariamo innanzitutto che con “termine del conflitto” intendiamo non la pace, ma la sospensione delle operazioni sul campo, quello che chiamano “congelamento del conflitto”, il conflitto rimane, diventa diplomatico o prende altre forme politiche ed economiche e perde quelle militari. Agosto è la stima del tempo che i russi potrebbero impiegare per prendere territorio dell’est fino ai confini amministrativi pieni dei due oblast del Donbass. Quasi raggiunto l’obiettivo per il Lugansk, manca ancora un bel po’ per il Donestsk. A quel punto, i russi potrebbero vantare appunto tutto il Donbass, la striscia sud fino all’antistante di terra della Crimea, il Mar d’Azov trasformato in un lago russo, la Crimea che già avevano annessa, il blocco navale completo nell’antistante Odessa, Kherson, la centrale di Zaporizhzhia (la più grande d’Europa) e altri annessi.

I russi avevano dato gli obiettivi dell’operazione militare speciale già il 7 marzo in una intervista Reuters a Peskov e da allora sono stati ribaditi ogni volta che ne hanno avuto occasione. Che fossero i veri obiettivi o gli obiettivi di minima qui non ci interessa, ci interessa fossero la versione ufficiale perché è rispetto a questa che il Cremlino chiederà alla propria opinione pubblica e quella internazionale, di esser giudicato.

Print Friendly, PDF & Email

sollevazione2

Opposizione fittizia e nuovo soggetto politico in Italia

La lezione francese

di Emanuele Montagna e Franco Soldani

gatekeepers 600x360Conoscere è distinguere.
(H. von Foerster)

Il caso francese

La recente rielezione politica di Emmanuel Macron a presidente della Francia (con un 28% circa di astenuti tra gli aventi diritto al voto), se da un lato ci dimostra l’enorme e incontrastato (finora) potere dei media, nel manipolare l’opinione pubblica a favore dell’élite al governo (cosa resa possibile dal loro monopolio dell’informazione e della disinformazione, quest’ultima particolarmente grave in Italia), dall’altro porta nuovamente alla ribalta anche un fenomeno relativamente recente, che conviene prendere in considerazione.

Mai come oggi, infatti, l’opposizione fittizia (d’ora in poi: OFI) ha fatto così tanti danni come la, e anzi più della, grandine. Milioni di persone per mesi e mesi nelle strade e nelle piazze di Francia e nessuna formazione, spontanea o organizzata, di un nuovo soggetto politico: un partito, un movimento di massa, una coalizione, un fronte unito ecc. Come è stato possibile? Un recente articolo di Claude Janvier ci aiuta a capire meglio la realtà[1].

A dispetto del fatto che la politica economico-sociale di Macron sia stata, nei passati 5 anni della sua presidenza, dice Janvier, «una catastrofe» per i suoi effetti sulla popolazione civile (aumento della disoccupazione, diminuzione del PIL, aumento dell’inflazione, crisi degli alloggi ecc.), una parte consistente dell’elettorato ha votato per lui. Come si spiega questo fatto?

Print Friendly, PDF & Email

contropiano2

La fabbrica della “russofobia” in Occidente

di Sergio Cararo

russofobia primaIl nostro paese e l’Occidente sono in preda ad una evidente sindrome di russofobia. Potrebbe apparire tale ma non è una novità. Non lo è sicuramente per le leadership e le società europee e, di conseguenza, neanche per quelle statunitensi.

Colpisce il fatto che la Russia possa essere zarista o socialista, capitalista o nazionalista, ma alla fine in Europa scatta comunque il demone russofobico. Da dove nasce questo pregiudizio che troppo spesso è diventato contrapposizione frontale o guerra?

Prima di arrivare all’isteria a cui stiamo assistendo in queste settimane c’è una lunga storia da conoscere, ragione per cui prendetevi il tempo necessario per conoscerla.

 

Le radici della russofobia in Europa

C’è un interessante libro di Guy Mettan edito dalla Teti “Russofobia. Mille anni di diffidenza”, che aiuta a capire molte cose.

Per molti aspetti la russofobia ha qualcosa in comune con l’antiebraismo ossia un antico “documento” – ritenuti quasi unanimemente dei falsi storici – che ne dimostrerebbe la intrinseca natura aggressiva e dominatrice. Nel caso delle comunità ebraiche sarebbe il “Protocollo dei Savi di Sion” (tra l’altro si dice elaborato proprio nella Russia zarista). Nel caso della Russia sarebbe addirittura il “Testamento di Pietro il Grande”, fatto arrivare in Europa, e poi pubblicato e utilizzato in Francia durante l’invasione napoleonica della Russia.

Print Friendly, PDF & Email

jacobin

La cancellazione del nemico

di Giancarlo Ghigi

Le campagne russofobe non hanno nulla a che fare con l'anticolonialismo. Perché nessuno potrà rimuovere il passato delle storie intrecciate di Russia e Ucraina senza smarrire sé stesso. E scoprirsi vinto

russia jacobin italia 1536x560Autocrate maligno!
Te, il tuo trono disprezzo,[…]
Sulla fronte tua si legge
della condanna del popolo il sigillo.
Tu, orrore del mondo, della natura
vergogna, d’esser Dio in terra è l’accusa.
Libertà – Aleksandr Seergevič Puškin,1817

«Zio Vasya» sembra quasi uno scemo di guerra seduto lì a terra, così. Pare intontito davanti a quel piccolo fuoco improvvisato tra gli scheletri di metallo arrugginiti. Il suo sguardo si è perso, è stato rapito dalle piccole fiamme che avvolgono le bruciature nerastre che appannano il fondo d’una caffettiera di rame. Indossa un vecchio colbacco con la stella rossa, ha come arma solo un vecchio e pesante fucile di cinquant’anni fa. Zio Vasya assedia con gli altri miliziani della Repubblica Popolare di Doneck le rinomate officine dell’Azovstal che sono ancora occupate dagli ultimi soldati e paramilitari di Kiev, laggiù, tra le rovine dei sobborghi di Mariupol. Chiede al corrispondente occidentale che gli passa accanto se vuole bere della vodka con lui, ma il giornalista resta interdetto, sa che gli alcolici sono severamente proibiti nelle zone di combattimento. «Zio Vasya può bere», gli confermano gli altri. Quell’anziano di Kostantinovka infatti ha saputo solo ieri che suo figlio, il figlio che non vede da sette anni, è lì dentro, sta con quelli di Azov, sta proprio con i nemici che lui e gli altri stanno assediando ai cancelli della fabbrica. Così quel padre non ci capisce più niente. Sta da solo, seduto su una cassa di munizioni, fissa inebetito il fondo bruciato d’una caffettiera, niente sarà mai più come prima.

Print Friendly, PDF & Email

lavoroesalute

La spettacolarizzazione della guerra e la fabbrica del falso

Alba Vastano intervista Angelo D’Orsi

new normalUn biennio di pandemia. Una guerra ad un nemico invisibile quanto letale. Ne usciamo, forse, da questa guerra che ha mietuto vittime in tutto il Pianeta. Ed è di nuovo guerra, ma questa volta il nemico, i nemici, sono fin troppo visibili e belligeranti. ‘ Non ci si ferma, finchè l’obiettivo non è raggiunto’. E’ un mantra radicato nei neuroni deformati di chi ha sete di potere . Ed è braccio di ferro fra i due leader contendenti la vittoria. In mano a questi uomini assetati di potere personale la pace che può scaturire dai negoziati non è fondamentale, tanto quanto portare la palma della vittoria a casa. Intanto sui luoghi di guerra si bombarda e si spara, si muore, si fugge, si vive in bunker senza acqua e cibo. Muoiono civili, muoiono giovani combattenti di entrambe la nazionalità. Si muore a 18 anni, per una guerra che giovanissimi, a volte ancora imberbi, buttati sul campo per fare il gioco crudele della guerra, probabilmente non capiscono e non condividono.

Intanto dalle lussuose stanze dei bottoni dei palazzi del potere i lorsignori della guerra non si fermano, anzi si accaniscono maggiormente nello spietato gioco mortale a chi ha più potere e armi più letali, tanto da rischiare una escalation senza ritorno. La guerra si trasforma in derby con tifoseria mondiale. E vi si affianca un’altra guerra a latere, ma altrettanto micidiale. E’ la guerra alla verità. E’ la perversa e tossica fabbrica delle notizie contraffatte, delle fake news che ci propinano i media h.24, per suscitare morbosità e scatenare le tifoserie mondiali contro il nemico, decretato da diversi capi di Stato aderenti alla Nato il number one dei malvagi, l’invasore, il folle, il criminale. Intorno a questa guerra alla verità si affolla e spunta, come funghi parassiti, un popolo di informatori, di tuttologi, di esperti disfunzionali e di parte, di conduttori di talk show che accendono i microfoni a lungo all’opinionista che fa gioco al sior paron. Chi contesta viene silenziato e, a volte, anche dileggiato.

Print Friendly, PDF & Email

giuliopalermo

È il turno della Francia

di Giulio Palermo

imagemoiuyedvyLunedì sera, il Presidente Macron ha aggiornato i francesi sul nuovo giro di vite sui loro diritti. Lo ha fatto, come è ormai costume, con un annuncio a reti unificate per radio e televisione.

Dal 21 luglio per accedere ai luoghi di svago e di cultura, tutte le persone non vaccinate di più di 12 anni dovranno produrre un test PCR negativo di meno di 48 ore. A inizio agosto, queste misure si estenderanno a bar, ristoranti, centri commerciali, ospedali (!), treni e aerei. Il 15 settembre scatterà l’obbligo di vaccinarsi per il personale infermieristico e non medico di ospedali, cliniche, case di riposo, istituti per disabili e per tutti i professionisti e i volontari in contatto con gli anziani e le altre categorie a rischio. A settembre, sarà anche predisposta una campagna di richiamo per permettere a quelli che si sono vaccinati per primi, che “vedranno presto diminuire il loro livello di anticorpi, di beneficiare di una nuova iniezione” (sì è proprio così: mentre ci dicono che il vaccino è la soluzione finale, danno per scontato che il suo effetto protettivo dura solo pochi mesi!). Nelle scuole saranno lanciate specifiche campagne di vaccinazione all'inizio dell'anno scolastico. I test PCR, finora gratuiti, “saranno resi a pagamento, al fine di incoraggiare la vaccinazione”. Già da oggi, sono inoltre rinforzati i controlli alle frontiere. Infine, cercando di prendere la faccia della maestrina buona, Macron ammonisce con chiarezza: “dovremo senza dubbio porci la questione della vaccinazione obbligatoria per tutti i francesi, ma per ora io scelgo di essere fiducioso”.

Questo per quanto riguarda repressione e sanità. Ma Monsieur le President sa benissimo che tutte queste misure socio-sanitarie da sole non risolvono la crisi economica se non si traducono in un inasprimento dello sfruttamento dei lavoratori. Nella seconda parte del suo discorso, Macron ha dunque affrontato qualche tema economico non esattamente secondario.

Print Friendly, PDF & Email

carmilla

La peste nera in Europa

di Nico Maccentelli

279394486 4941259072645663 1648414743527727714 nIn occasione dell’anniversario della strage di Odessa, avvenuta il 2 maggio del 2014, e che è possibile approfondire sulla stessa Carmillaonline qui e su L’Interferenza qui, intendo mettere in rilievo un fenomeno preoccupante che si stagliando in Italia e in Europa in generale e che sostanzialmente si basa sullo sdoganamento, e direi la “santificazione”, da parte dei media mainstream del nazismo ucraino.

Partirei dall’episodio avvenuto a Bologna, alla festa partigiana Oltre il ponte, organizzata da Potere al Popolo: ore 19,00, un ucraino inizia a inveire contro i compagni del banchetto del Comitato Ucraina Antifascista, si cerca di contenerlo con le buone, questi chiama i suoi compari al telefono, nel giro di mezzora arriva una trentina di facinorosi i quali iniziano a fotografare e filmare gli astanti e cercano di attaccare il banchetto del comitato, qualcuno di questi si è qualificato come aderente a Pravy Sektor (Settore Destro), qualcuno parlava bene l’italiano, i compagni presenti alla festa erano in numero preponderante e sono riusciti a respingere l’attacco oltre le transenne che limitano lo spazio della festa.

Questi sono i fatti accaduti il 23 aprile a Bologna, ma gli episodi analoghi come l’ostruzione aggressiva alla presentazione del libro di Sara Reginella a Senigallia “Donbass una guerra fantasma”, ormai non si contano più. A questo si aggiungono aggressioni e cartelli intimidatori contro cittadini russi: chiare forme di razzismo che non fanno fare una piega a quella “sinistra” soprattutto dem che parla tanto a vanvera di razzismo. È un fatto estremamente grave che i “paladini” dirittoumanitaristi, vieppiù in una società che vanta di essere civile, non potrebbero tollerare. E invece tollerano.

Print Friendly, PDF & Email

effimera

Diserzione, guerra e comando sul mondo

di Massimo De Angelis

Stop armamentiIn questo approfondito contributo, Massimo De Angelis riflette sulle ragioni della guerra in corso in Europa, a seguito dell’invasione dell’esercito russo in Ucraina. Una guerra che accentua una situazione socio-economica e politica, già provata da due anni di pandemia e di malessere sociale crescente. Di fronte alla nocività della guerra, pur tenendo ben conto delle colpe dirette e delle immediate responsabilità, l’unica possibile risposta che ci si sente di dare è: diserzione. L’autore la rilancia, ricordando i contributi di Franco Berardi e Sandro Mezzadra sul tema. Tale parola può suonare indigesta alle letture che forzosamente contrappongono i (presunti) “valori occidentali” all’aggressione dei “barbari”. La storia ci insegna che quando scoppia una guerra di questa entità, finalizzata (come spiega l’autore), a ridisegnare l’attuale (dis)ordine geo-politico e geo-economico, non esistono poteri buoni.

L’Ucraina è vittima delle tentazioni egemoniche del disegno panrusso di Putin, da un lato, e nella necessità Usa (che comanda la Nato) di mantenere una supremazia militare ed economica fortemente compromessa, dall’altro. Questo sono i pilastri centrali dell’attuale crisi. E tutto ciò con la Cina sullo sfondo. In questo quadro, l’Europa non è in grado, o meglio non vuole, ritagliarsi un ruolo autonomo, andando così incontro al proprio suicidio. Gli eccidi e le morti civili in Ucraina sono il prezzo cinico che deve essere pagato, mentre le potenze imperiali rinfocolano lo scontro, affondando qualsiasi tentativo diplomatico, e i mercanti di guerra festeggiano.

Per questo, disertare non è vigliaccheria, ma l’unico vero atto di coraggio possibile. Perché “disertare la guerra è disertare il comando sul mondo”.

******

Oltre la claustrofobia della guerra, la diserzione