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Coordinamenta2

Non votare

di Coordinamenta femminista e lesbica

io non voto def 2<Hanno detto – non prendertela… Hanno detto – stai calma… Hanno detto – smettila di parlare… Hanno detto – stai zitta… Hanno detto – stai seduta… Hanno detto – abbassa la testa… Hanno detto – continua a piangere, lascia scorrere le lacrime… Come dovresti reagire? Dovresti alzarti ora dovresti stare in piedi tenere le spalle dritte tenere alta la testa… dovresti parlare dire cosa pensi dirlo forte urlare! Dovresti urlare così forte da farli correre a nascondersi. Diranno – “Sei una svergognata!” Quando lo senti, ridi… Diranno – “Hai un carattere dissoluto!” Quando lo senti, ridi più forte… Diranno – “Sei corrotta!” E tu ridi, ridi ancora più forte… Sentendoti ridere, grideranno, “Sei una puttana!” Quando dicono così, tu mettiti le mani sui fianchi, stai ferma e dì, “Sì, sì, sono una puttana!” Resteranno scioccati. Ti fisseranno increduli. Aspetteranno che tu dica di più, molto di più… Gli uomini fra loro arrossiranno e suderanno. Le donne tra loro sogneranno di essere una puttana come te. > TASLIMA NASRIN < Vai ragazza!>

Che il neoliberismo sia una vera e propria ideologia e che le sue linee di tendenza siano molto chiare ce lo dice, se mai ce ne fosse bisogno, la parabola politicoeconomica che l’Italia ha percorso in tutti questi anni.

Il PD è stato il motore trainante delle scelte che hanno portato alla privatizzazione di importanti strutture pubbliche, alla svendita di interi settori produttivi alle multinazionali, alla aziendalizzazione della sanità, della scuola e degli altri servizi sociali, alla trasformazione del mercato del lavoro, nel senso di una precarizzazione selvaggia, alla distruzione dei ceti medi e delle piccole strutture economiche, alla elaborazione di una vera e propria ideologia della “sicurezza” e “legalità”, apparato teorico giustificativo di una serie di stravolgimenti dello stesso diritto borghese, primo fra tutti la creazione di quelle infami istituzioni totali chiamate oggi Cpr e del principio della detenzione amministrativa e delle sanzioni amministrative. Riforme che hanno avuto un forte impatto sul tessuto sociale e culturale del Paese, determinando alcuni spostamenti del comune sentire, progressivamente sempre più assuefatto all’utilizzo di strumenti di controllo generalizzato, capillare, diffuso e parossistico di ogni azione personale e collettiva.

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lavocedellelotte

Gran Bretagna: gli scioperi contro l'inflazione non si fermano

di Paul Demarty

Fask0nDWIAEB4We 1024x682 1Dal giugno scorso la Gran Bretagna è scossa da un’ondata di scioperi che vedono come protagonisti i settori strategici della classe lavoratrice. Il principale bersaglio è l’impennata dell’inflazione e il muro contro muro opposto dal governo conservatore alle richieste dei sindacati. A luglio – anche a causa della sua incapacità di frenare il movimento rivendicativo – il premier Boris Johnson ha dovuto dimettersi, senza per questo che gli scioperi si siano arrestati. Anzi, proprio in questi giorni in cui un altro esponente dei Tory si appresta a installarsi a Downing street, la dinamica della lotta di classe continua la sua traiettoria ascendente coinvolgendo strati sempre più larghi di lavoratori.

In un contesto in cui il caro-vita erode il potere d’acquisto anche nel nostro paese – mentre la burocrazia CGIL riesce a rispondere solo sul piano verbale – è importante che l’esperienza del movimento operaio britannico venga discussa dai lavoratori italiani.

In quest’ottica, pubblichiamo la traduzione di un’analisi delle lotte in corso in Gran Bretagna, uscita la settimana scorsa sul sito dell’estrema sinistra britannica, Weekly Worker. Il pezzo è particolarmente interessante poiché non si limita all’elenco degli scioperi, ma li inserisce nel quadro della crisi politica che coinvolge il Regno Unito, mentre fornisce un giudizio critico sulle campagne di sostegno alla lotta contro il carovita portate avanti dalla sinistra del partito laburista vicina a Corbyn. Si tratta di campagne “liquide” rivolte a un pubblico generico, quindi strutturalmente incapaci di radicarsi nel movimento operaio (figuriamoci di proporre una direzione); un modus operandi che in Italia conosciamo bene.

* * * *

A nessun lettore di Weekly Worker può essere sfuggita l’enorme ondata di lotte industriali degli ultimi mesi. Si tratta di un fenomeno senza precedenti da quando chi scrive milita nella sinistra (ovvero dalla metà degli anni duemila).

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lantidiplomatico

Reagire e non aspettare: il manifesto della lotta di classe nel XXI secolo

di Lidia Undiemi

81iqYt4PlzLcMentre il dibattito sul lavoro prosegue spedito su questioni spicciole, la realtà corre molto più velocemente verso un inesorabile stravolgimento della capacità dei lavoratori di produrre reddito, per sé e per la propria famiglia.

Sino a poco tempo fa abbiamo vissuto nel mito del lavoro dipendente “stabile” e in grado di garantire il benessere economico, senza troppe pretese.

Adesso siamo nella fase di stordimento, quella in cui tutti ci siamo bene o male resi conto che il lavoro dipendente sta gradualmente perdendo i suoi due attributi di “stabilità” e “benessere”.

Senza capire il perché è inutile discutere di quale sia l’alternativa.

Come spiego in dettaglio nell’indagine compiuta nel libro “La lotta di classe nel XXI secolo”, i motivi sono sostanzialmente legati alla deriva del sistema capitalista globalista, che inevitabilmente conduce a conflitti tra super potenze, di cui oggi possiamo iniziare a cogliere le conseguenze con il pericoloso aumento del costo della vita dovuto alla guerra energetica.

 

Il ritorno al lavoro tecnologico di stampo fordista

Riguardo alla tecnologia, questa ha indubbiamente migliorato per molti versi taluni processi di lavoro e la qualità della vita in generale, ma d’altro canto sta producendo gravi danni al benessere dei lavoratori, riproponendo modelli di organizzazione del lavoro sempre più simili alle catene di montaggio dell’800 e del 900: tempi di lavoro scanditi in modo standardizzato dalle macchine “virtuali”, risultati sempre più basati sulla mera capacità dei lavoratori di elaborare pratiche nel più breve tempo possibile senza un rilevante apporto di conoscenze, che sono invece inglobate direttamente nei software delle macchine in uso.

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carmilla

Paul Auster e i fantasmi della guerra civile americana 2.0

di Sandro Moiso

american family“Forse questo è il punto più interessante di tutti: vedere quello che accade quando non rimane più nulla e scoprire se, anche così, sopravviveremo”. (Paul Auster – Nel paese delle ultime cose)

“Negli Stati Uniti sta destando sempre più scalpore un sondaggio realizzato dall’Institute of Politics dell’University of Chicago e reso pubblico in questi giorni, secondo cui la maggioranza degli americani ritiene che il governo sia “corrotto” e che agisca “contro gli interessi della gente comune”. La stessa indagine demoscopica ha inoltre evidenziato che un terzo degli statunitensi sarebbe pronto a “imbracciare le armi contro le autorità”. (Gerry Freda – Il Giornale, 27 luglio 2022)

“La guerra civile è già in corso”. (Gloria Feldt, femminista americana, 26 giugno 2022)

E’ il fantasma della guerra civile che oggi sembra assumere, sempre più spesso, forme concrete e tangibili nella società statunitense. Qualcuno, gravemente contagiato dal politically correct, potrebbe affermare che ad aggirarsi nell’immaginario di quella società sia ancora e soltanto il fantasma di Donald Trump, ma in realtà quel fantasma agita le coscienze e l’immaginario americano da ben più tempo.

Almeno dagli anni che precedettero e seguirono la Guerra Civile svoltasi tra il 12 aprile 1861 e il 23 giugno 1865. Quella guerra che costituisce infatti, al di là di ogni retorica, il fatto politico fondamentale della nazione nord-americana, ben più della Dichiarazione di Indipendenza e della successiva guerra contro la corona britannica. Un fatto politico e militare la cui valenza mitopoietica e fantasmatica per l’immaginario collettivo fu chiaramente colta già all’epoca dal fondatore della poesia americana moderna, Walt Whitman:

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ilrovescio

Istantanee per le anime afflitte e per quelle esaltate

di Il Rovescio

Pubblichiamo anche qui l’editoriale del numero 14 (Luglio 2022) della rivista anarchica “i giorni e le notti”. Il titolo è nostro

71f9DlKq9pL1. Excusatio non petita. È passato un anno dall’ultimo numero della rivista. E che anno. Neanche il tempo di analizzare come l’Emergenza Covid-19 stesse affondando i propri artigli nelle relazioni sociali, nei sentimenti e nei corpi, che ci troviamo ai bordi della Terza Guerra mondiale. Mentre la spirale si fa sempre più veloce nei moti e sempre più imprevedibile negli effetti, non possiamo certo far rientrare – per forza e per pigrizia – l’inedito del presente storico dentro il già-visto. Il ritardo con cui usciamo è dovuto senz’altro a una serie di cause oggettive: il sequestro poliziesco-giudiziaro di materiali preparatòri e di articoli già pronti, gli impedimenti dovuti alle varie misure repressive, gli sforzi per mantenere comunque una presenza nelle strade. Ma le ragioni sono anche e soprattutto soggettive. L’assenza negli ultimi quattro anni di una riunione redazionale – nel senso umano e non tecnologico del termine: stare nello stesso luogo e discutere ad agio e a lungo – ha avuto un effetto sullo slancio, sulla qualità e sulla puntualità delle nostre riflessioni teoriche. Siamo di fronte a un passaggio epocale che non può essere affrontato da cervelli isolati che assemblano i rispettivi contributi. Soprattutto se non si vogliono evitare le domande scomode e difficili. Soprattutto se dalle risposte si fanno discendere i necessari orientamenti etico-pratici.

Ecco spiegati la composizione e i limiti del numero che avete tra le mani. Nonché la maggiore aperiodicità che la rivista avrà in futuro.

 

2. «Origine è la meta». Queste parole di Karl Kraus, che ritroviamo anche nelle tesi Sul concetto di storia di Walter Benjamin, vanno oggi applicate letteralmente alle dinamiche statali. Nelle Emergenze, il dominio ricapitola la violenza della propria origine storica, che la quotidianità capitalistica e la finzione democratica riescono in buona parte, almeno alle nostre latitudini, a nascondere.

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lacausadellecose

Tra antirazzismo di maniera e razzismo di fatto

di Michele Castaldo

Schermata 07 2459039 alle 15.32.33 342x250Massimo Giannini, il precoce giornalista partito giovanissimo da Repubblica e approdato a dirigere La Stampa del padrone per eccellenza, la famiglia Agnelli, in un accorato editoriale rivolge un appello a tutti i partiti ad andare al funerale, svoltisi sabato 6 agosto, del povero Alika ucciso dal bianco italiano Ferlazzo, un dissociato. Epperò la cosa suona un poco sospetta per una ragione molto semplice, perché il Giannini paragona l’uccisione del povero Alika di fine luglio 2022 a Civitanova Marche a quella di G. Floid negli Usa il 25 maggio del 2020 ad opera di un poliziotto bianco che premette per alcuni minuti il ginocchio sul collo soffocandolo nonostante che gli urlasse che non riusciva a respirare.

L’uso strumentale che ne voleva fare Massimo Giannini e tutta la stampa democratica italiana giunge piuttosto sospetta. C’è un allarme che va spiegato.

I giornali e tutti i mezzi di informazione sanno perfettamente che gli immigrati di colore vengono trattati peggio delle bestie nei lavori più umili nel nostro paese. Nei confronti delle persone di colore viene fatta un’unica distinzione che riguarda i fuoriclasse dello sport e dello spettacolo, strumenti di arricchimento di holding finanziarie e personaggi collegati a società che sfruttano la fame circense del popolo per scaricare le proprie frustrazioni.

Giochiamo allora a carte scoperte: ma a chi si vorrebbe dar da bere la frottola che gli immigrati arrivano come disperati sulle nostre coste e verrebbero salvati dalla buona volontà di volontari capitati per caso in mezzo al mare? Va bene la propaganda, ma c’è un limite a tutto.

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cumpanis

Morto un Draghi, se ne farà un altro?

di Vladimiro Merlin

IMG 20220801 103518Stiamo parlando, ovviamente, di una morte politica. In questa morte, come per Giulio Cesare, le coltellate sono venute da molte parti e da molti “figliocci” del ex premier.

Da molti suoi seguaci che, fino al giorno prima, lo esaltavano e lo adulavano.

SuperMario era il nuovo “uomo della provvidenza”, l’italiano più “prestigioso” a livello internazionale, l’unico che poteva portare l’Italia fuori dalla crisi sanitaria, economica, ecc. le adulazioni di molti leader politici e di quasi tutti i media erano persino imbarazzanti, non si erano mai viste, in quei termini, nella storia della Repubblica; bisogna tornare agli “imperi” per trovarne di analoghe, da quello del ventennio del ‘900 a quelli più antichi.

Ma appena si è aperto uno spiraglio, una possibilità, è stato subito liquidato.

Più che ironica è ridicola questa situazione se si pensa che poco tempo fa, quando è stato rieletto Presidente della Repubblica Mattarella, quasi contro la sua volontà, nonostante la disponibilità avanzata dallo stesso Draghi, si è sostenuto che non si poteva eleggere Draghi perché era “indispensabile” come Presidente del Consiglio.

Noi non siamo certo tra quelli che si strappano i capelli per la fine prematura di superMario, anzi, ne siamo felici, vista non solo la sua “carriera” precedente ma anche quanto ha fatto, e quanto non ha fatto, da Presidente del Consiglio.

Tra i suoi assassini c’è lo stesso Draghi, quando ha deciso di far scattare un attacco pesante volto alla distruzione del M5S.

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lafionda

La dialettica del liberalismo

di Carlo Freccero

Liberalismo coverUgo Mattei è giurista, ricercatore e docente universitario sia in Italia che in America. Questa possibilità di conoscere da vicino e dall’interno la cultura statunitense, di cui siamo in qualche modo una colonia, gli conferisce una lucidità ed uno sguardo che oltrepassa la bolla spazio-temporale e autoreferenziale in cui da anni è relegato il dibattito politico italiano.

In un momento di grande incertezza e di incomprensione del presente, il suo libro “Il diritto di essere contro” ci offre la bussola per orientarci.

Tutti capiamo che la nostra Costituzione è stata calpestata, messa da parte e neutralizzarla. Ma come? Dove? Quando? E a che scopo?

Mattei fa un lavoro enorme sia sul piano giuridico che storico, per spiegare e ricostruire nei particolari il ribaltamento delle Costituzioni liberal-democratiche nel nuovo dispotismo occidentale.

Il suo ultimo libro potrebbe intitolarsi “La dialettica del liberalismo”. Mi ha colpito nell’impostazione del discorso proprio la struttura dialettica per cui una premessa si ribalta nel suo contrario. È la stessa struttura del libro di Horkheimer Adorno “La dialettica dell’illuminismo”. L’illuminismo, che è la glorificazione della razionalità, si ribalta, nel corso del tempo, nel suo opposto: l’assoluta irrazionalità del nazismo. La stessa cosa accade alle costituzioni liberal-democratiche moderne. Il liberalismo nasce per essere la glorificazione della libertà politica e si ribalta, nel corso del tempo, in dispotismo. Le limitazioni della libertà di espressione e di opposizione al sistema che soffriamo oggi hanno la propria matrice nel sistema liberale stesso.

Come si spiega tutto ciò? Mattei vede le origini del momento attuale nell’11 settembre. È a partire dal Patrioct Act che le libertà individuali della tradizione liberale vengono sacrificate sull’altare di un unico bene imposto dalla propaganda: la sicurezza.

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lafionda

L’attacco finale alle società pubbliche, la legge sulla concorrenza del Governo Draghi

di Valeria Soru

frecciaIl “doppio binario” del sistema europeo delle società pubbliche

La scelta di ostacolare l’impresa pubblica è una caratteristica tutta italiana che non trova riscontro negli altri paesi europei, tuttavia la spinta alle privatizzazioni ha matrice europea. E’ infatti attraverso un sofisticato sistema di “due pesi e due misure” messo in piedi dal regolamento 1176/2011, meglio conosciuto come “Semestre Europeo” che la Commissione Europea ed il Consiglio hanno il potere di introdurre un diritto speciale, contrario al diritto generale, rivolto puntualmente a singoli paesi.

La forzatura che ha spinto alle privatizzazioni delle municipalizzate rappresenta un esempio di diritto speciale valevole solo per l’Italia, indotto dalle istituzioni comunitarie essendo le pubbliche amministrazioni ordinariamente libere di utilizzare le proprie società in house, per la gestione dei servizi pubblici anche di rilevanza economica,1 in base al principio di autorganizzazione o di libera amministrazione.

I poteri esercitati da Commissione e Consiglio sui singoli paesi2 sono ampi: “la Commissione può formulare progetti di raccomandazioni agli Stati membri per la correzione degli squilibri individuati. Queste raccomandazioni possono essere pubblicate contestualmente alla pubblicazione dell’esame approfondito o successivamente, unitamente ad altre raccomandazioni specifiche per paese”3

E’ stato così generato un ordinamento a doppio binario per cui nel primo binario sono previste le norme generali contenute nei trattati, nei regolamenti e nelle direttive, valide per tutti gli Stati dell’Unione Europea, che consentono l’indifferente utilizzo delle imprese pubbliche4 e private per lo svolgimento di servizi di rilevanza economica.

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sollevazione2

L’attuale modello socio-economico occidentale: due tesi a confronto

di Luca Dinelli

controverso 600x400Nell’interessante dibattito avviato nelle riunioni della Direzione Nazionale di Liberiamo l’Italia e ripreso in alcuni interventi all’Assemblea Nazionale, si sono delineate due tesi: la prima secondo la quale il profitto deve essere ancora considerato come il motore primo che determina l’azione dei soggetti economici e informa la società occidentale, la seconda che vede il ruolo del profitto ridimensionato alla stregua di mero indicatore al pari di altri, di fatto scavalcato dal reale obiettivo rappresentato ormai dal controllo delle vite dei cittadini; faccio notare che questa seconda ipotesi implica il superamento del capitalismo e l’ingresso in una nuova epoca, caratterizzata da un totalitarismo in atto, ma del tutto nuova rispetto al passato.

La prima obiezione che muovo ai sostenitori della seconda tesi, è che eliminando il primato rivestito del profitto nel modello socio-economico del mondo occidentale, la lettura dei meccanismi che muovono la società ne risulta estremamente complicata. Non si capiscono gli appelli alla necessità per gli Stati di diventare appetibili per attrarre investimenti stranieri; non si dà una spiegazione razionale dell’attacco ai pilastri storici del welfare, costituiti dalla previdenza, dalla scuola e dalla sanità pubbliche; non si vede perché questo è stato abilmente perseguito negli ultimi trent’anni attraverso la ricerca spasmodica del controllo dell’inflazione, assurto a principio fondativo dell’Unione Europea. Tutti questi aspetti dovrebbero essere letti come strumenti intermedi per la ricerca del fine ultimo, coincidente col controllo delle vite altrui; da qui, il probabile approdo a spiegazioni irrazionali sulle motivazioni recondite dei signori del mondo che sarebbero stati inquinati inequivocabilmente dal tocco della Bestia.

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ilcomunista

"Ipocrisia"

di Carlo Rovelli

Guerra Russia Ucraina Questa volta Hiroshima risponderaPoche volte mi sono sentito come in questo periodo, così lontano da tutto quanto leggo sui giornali e vedo alla televisione riguardo alla guerra ora in corso in Europa orientale.

Poche volte mi sono sentito così in dissidio con i discorsi dominanti. Forse era dai tempi della mia adolescenza inquieta che non mi sentivo così ferito e offeso dal discorso pubblico intorno a me.

Mi sono chiesto perché. In fondo, sono spesso in disaccordo con le scelte politiche e ideologiche dei paesi in cui vivo, ma questo è normale — siamo in tanti e abbiamo opinioni diverse, letture del mondo diverse. Anche del mio pacifismo, poi, sono poi così sicuro? Ho dubbi, come tutti.

Allora perché mi sento così turbato, ferito, spaventato, da quanto leggo su tutti i giornali, e sento ripetere all’infinito alla televisione, nei continui discorsi sulla guerra?

Oggi l’ho capito. L’ho capito proprio ritornando col pensiero al periodo della mia prima adolescenza, quando tanti anni fa la gioventù di tanti paesi del mondo cominciava a ribellarsi a uno stato di cose che le sembrava sbagliato. Cos’era stata quella prima spinta al cambiamento? Non era l’ingiustizia sociale, non erano i popoli massacrati dal Napalm come i Vietnamiti, non era il perbenismo, la bigotteria, l’autoritarismo sciocco delle università e delle scuole, c’era qualcosa di più semplice, immediato, viscerale che ha ferito l’adolescenza di mezzo secolo fa e ha innescato le rivolte di tanti ragazzi di allora: l’ipocrisia del mondo adulto.

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cumpanis

Attacco alla democrazia e neocretinismo parlamentare

di Raffaele Gorpia*

IMG 20220624 163747«Questi disgraziati poveri di spirito per tutto il corso delle loro esistenze generalmente molto oscure […] dal principio della loro carriera legislativa erano stati più di qualsiasi altra frazione dell’Assemblea contaminati dalla incurabile malattia del cretinismo parlamentare, infermità che riempie gli sfortunati che ne sono vittime della convinzione solenne che tutto il mondo, la sua storia e il suo avvenire, sono retti e determinati dalla maggioranza dei voti di quel particolare consesso rappresentativo che ha l’onore di annoverarli tra i suoi membri e che qualsiasi cosa accada fuori delle pareti di questo edificio […] non conta nulla in confronto con gli eventi incommensurabili legati all’importante questione, qualunque essa sia, che in quel momento occupa l’attenzione dell’onorevole loro assemblea».

Nel luglio del 1852, Friedrich Engels scriveva a proposito dei deputati della sinistra nell’Assemblea legislativa.

In tempi di riduzione del numero dei parlamentari è ampiamente prevedibile l’accanimento alla corsa al seggio parlamentare da parte di vecchi e nuovi parlamentari, vecchi e nuovi politicanti dediti alla coltivazione delle proprie clientele per poter conservare la propria peculiare e sottile forma di parassitismo sociale.

L’ottuso populismo grillino, oggi in declino, ha sancito la fine del residuo di democrazia esistente nel nostro Paese con l’affermazione del sì al recente referendum costituzionale confermativo della riforma che riduce il numero di parlamentari e senatori a partire dalla prossima legislatura. In soldoni, le piccole formazioni politiche, ammesso che riuscissero a superare le soglie di sbarramento previste per entrare in Parlamento, saranno diffusamente assenti sul territorio nazionale in quanto a rappresentanza parlamentare in tutte le regioni di piccole e medie dimensioni, al contrario verrà favorito e consolidato praticamente senza concorrenza tutto il notabilato locale che già controlla sul territorio, con le buone e con le cattive, consistenti pacchetti di voti.

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commonware

Il Grande Contraccolpo: ascesa e prospettive del neostatalismo

di Marco Duò

Recensione di Paolo Gerbaudo: Controllare e proteggere. Il ritorno dello Stato, Milano, Edizioni nottetempo, 2022 (ed. orig. The Great Recoil: Politics After Populism and Pandemic , Brooklyn, Verso Books, 2021)

lookoutChi ultimamente ha prestato attenzione alla cronaca avrà forse notato uno shift notevole nel comportamento delle più grandi istituzioni economiche, finanziarie e governative incaricate di gestire la crisi attuale; la Bce, ad esempio, la cui principale prerogativa è sempre stata la solidità dell’euro e il contenimento dei prezzi, sembra oggi aver assunto un atteggiamento più che tollerante nei confronti dell’inflazione. Tale atteggiamento può lasciare perplesso chi ha sempre creduto che la Banca centrale europea fosse un baluardo delle politiche economiche ultraliberiste improntate sull’austerity. Tuttavia, le motivazioni dietro a questa scelta sono chiare: l’unico modo per far ripartire l’economia sono gli investimenti e l’accesso facilitato al credito, ma, com’è noto, questo richiede che i tassi d’interesse rimangano il più possibile vicino allo zero, il che, a sua volta, implica un aumento dell’inflazione dovuto alla crescente quantità di moneta in circolazione. Questa situazione viene a crearsi, fra le altre cose, con il ricorso al Quantitative Easing (Qe) e alla continua introduzione di spese per il sostegno della domanda e misure d’assistenza sociale, fattori che non sono di certo mancati negli ultimi mesi. Sebbene, proprio in questi giorni, la Fed abbia deciso di distaccarsi da questo indirizzo, annunciando un imminente rialzo dei tassi d’interesse, si ricorderà senza dubbio il ruolo che essa ha giocato nel finanziamento dello stimulus check trumpiano e dei recenti piani multimiliardari di Biden. Insomma, pare che di comune accordo banche e governi abbiano abbandonato le politiche di contenimento della spesa degli ultimi anni, arrivando persino a sospendere il Patto di Stabilità, il tutto in nome della ripresa postpandemica.

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lafionda

Il diritto al dissenso in tempo di emergenza

di Giulio Di Donato

analisidellopera cover dissensoNegli ultimi due anni, sull’onda della crisi pandemica prima e della guerra in Ucraina poi, abbiamo assistito a una crescente compressione del dibattito pubblico, con forme sempre più estreme di delegittimazione e marginalizzazione del dissenso. L’elemento più paradossale è che in questo caso le opinioni divergenti non sono quelle di una avanguardia avventurista che promuove istanze potenzialmente eversive, ma quelle di chi si schiera in difesa dei principi costituzionali e quindi, come avviene nel nostro paese, reclama una maggiore fedeltà ai valori fondativi della Repubblica. Giocando con le parole, potremmo dire che assistiamo all’insorgenza di un dissenso diffuso dal basso contro i protagonisti del dissenso antisistema dall’alto (i fautori della cosiddetta “ribellione delle élite” verso il nucleo profondo delle democrazie costituzionali, che non può essere oggetto di dissenso). Contro questo ricorrente “sovversivismo delle classi dirigenti”, ovvero contro il polo della subalternità al vincolo esterno e del neoliberismo nelle sue diverse varianti, va fatto appunto valere un dissenso radicale dal basso, il quale, se vuole essere efficace, non può limitarsi a denunciare il baratro nel quale stiamo precipitando ma deve puntare a rigenerare un nuovo consenso attorno all’indirizzo politico fondamentale contenuto nella nostra Costituzione, che ha subito nel tempo una progressiva disattivazione. Rilanciando il senso dei principi basilari della sovranità democratica, della piena occupazione e della libertà incarnata, in relazione.

La democrazia, scriveva Bobbio ne Il futuro della democrazia, non è caratterizzata soltanto dal consenso, ovvero se essa può contare sul consenso dei consociati, ma anche dal dissenso. Del resto, che valore ha il consenso dove il dissenso è ostracizzato, censurato, intimidito? Dove dunque non c’è scelta fra consenso e dissenso?

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lafionda

Recensione di “Contro la sinistra neoliberale” di Sahra Wagenknecht

di Leandro Cossu

101541781 4ec03857 665e 4ec8 833a 2e4ade1b8f5a…Unsere Parolen sind in Unordnung. Einen Teil unserer Wörter
Hat der Feind verdreht bis zur Unkenntlichkeit…
Bertolt Brecht

Baizuo, radical chic, gauche caviar. Ogni lingua ha oramai un’espressione per descrivere l’ideologia dei vincitori della globalizzazione: un guazzabuglio melenso di multiculturalismo, ambientalismo e identity politics che, dietro la maschera di una tolleranza benevola, nasconde la propria natura classista ed essenzialmente neoliberale. Ora, la critica a questo tipo di posizioni rischia di sfociare in un moralismo spicciolo (e nei casi estremi nella reazione) se si accetta di decostruire queste posizioni rimanendo nel campo morale e post-ideologico dell’avversario. Le domande da porsi, in realtà, sono diverse. Qual è la relazione tra questa narrazione e il sostrato economico? Quali sono i suoi meccanismi di propagazione ideologica? C’è un rapporto con lo scivolamento a destra di un elettorato che tradizionalmente si riconosceva nell’altra parte del quadrante politico?

Sahra Wagenknecht, già leaderdel gruppo parlamentare del partito Die Linke di Germania, prova a dare una risposta a queste domande nel suo libro Contro la sinistra neoliberale, uscito nel 2021 in tedesco e tradotto quest’anno in italiano per Fazi Editore (20 €), con una preziosa introduzione di Vladimiro Giacché. Il titolo, oltre a non rendere giustizia all’originale tedesco (cioè Die Selbstgerechten, letteralmente “i pieni di sé”, “gli autocompiacenti”) è fuorviante. Il libro è diviso in due parti: più o meno, una prima pars destruens, il cui oggetto di discussione è la figura, appunto, del liberale di sinistra; e una pars costruens, in cui a partire da alcuni nuclei problematici, l’autrice abbozza un programma per un partito che volesse riportare la parola sinistra, almeno in Germania, al suo significato tradizionale ed economico.