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lantidiplomatico

L'inquietante accordo militare con Kiev: rischi e scenari

Alessandro Bianchi intervista Fabio Mini

Molti degli elettori che hanno scelto Giorgia Meloni alle scorse elezioni non si sarebbero certo aspettati una politica estera più draghiana di Draghi, più atlantista del direttore di Repubblica Molinari o più filo Zelensky di un’Ursula qualunque. Eppure, l’ultimo viaggio a Kiev da presidente di turno del G7 del nostro premier nella capitale ucraina ha sciolto tutti i dubbi rimasti. L’accordo decennale con cui la Meloni, senza nessun passaggio parlamentare, ha legato il paese al regime di Kiev rimane il lato più oscuro e inquietante.

Nessuno più del generale Fabio Mini, autore di "L'Europa in guerra" (Paper First, 2023) e della premessa al nuovo libro di Giuseppe Monestarolo "Ucraina, Europa mondo" (Asterios, 2024) può aiutarci a fare luce, individuare i dettagli e scenari futuri. Mini è una delle voci più coerenti e forti nel denunciare i rischi connessi all'atteggiamento europeo verso il conflitto in corso. Con i suoi articoli su Limes e il Fatto Quotidiano, è riuscito a rompere la propaganda dominante. Quella propaganda che, come abilmente preannunciato dallo stesso generale, sta portando il nostro continente a un passo da un baratro sempre più visibile.

Abbiamo chiesto al generale Fabio Mini di aiutarci a sciogliere diversi dubbi per “Egemonia”.

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contropiano2

La fine di un consenso ingiustificato. Israele verifica come le è cambiato il mondo intorno

di Sergio Cararo

Alcuni anni fa lo storico israeliano Ilan Pappè inchiodava le responsabilità della comunità internazionale nella complicità con i crimini coloniali israeliani contro i palestinesi chiedendo: “Fino a quando il mondo permetterà a Israele di fare quello che fa?

L’incantesimo sbagliato, che ha consentito decenni di consensi e complicità del tutto ingiustificati a livello internazionale verso Israele, sembra però essersi spezzato in più punti di fronte al genocidio dei palestinesi in corso a Gaza

Perfino in tre importanti paesi dove il livello di servilismo e complicità con lo Stato di Israele appariva inamovibile (Germania, Stati Uniti, Italia), si è rotto il silenzio e si palesano proteste sia verso la politica israeliana sia verso i suoi pervasivi – ma oggi meno efficaci – apparati ideologici di stato.

Mentre non si è ancora spenta né risolta la questione della partecipazione israeliana all’Eurovision, sul piano culturale si sono aperti altri fronti di contestazione contro Israele.

In Germania durante la cerimonia di premiazione del festival del cinema di Berlino sabato scorso ha fatto scalpore il regista statunitense Ben Russell ha accettato il premio per il suo documentario Direct Action indossando una kefiah palestinese sulle spalle e dichiarando che “Naturalmente siamo per la vita e siamo contrari al genocidio, e per un cessate il fuoco in solidarietà con i palestinesi”.

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lantidiplomatico

Sinistra o destra? Guerra di classe

di Pasquale Cicalese

È notte fonda, ho fatto 7:30 di sonno, sto ascoltando Radio Gaga dei Queen. Mi si chiede, con citazioni di canzoni, di ritornare al campo di sinistra, mio naturale approdo. Non vi appartengo dalla delusione della Pantera, ero simpatizzante socialista, rimasi depresso dalla fine della Prima Repubblica, e dalla distruzione degli assetti pubblici e istituzionali fatti con la Seconda Repubblica.

Dopo la laurea volevo lavorare presso la Presidenza del Consiglio come analista economico, ma rinunciai, non volli servire la Seconda Repubblica. Ora c'è una nuova generazione di gente di sinistra, giovani che forse non hanno a che fare con i dinosauri distruttori come Prodi, Draghi ecc. D'altra parte a destra c'è il Premierato e l'autonomia differenziata, miei nemici assoluti.

Mi muovo nel solco della dialettica di guerra, ora gioco con lui, poi gioco con l'altro, fine: l'avanzamento delle istanze dei movimenti operai e contadini. Dal 1994 fino alla sua morte ho seguito la politica estera di Berlusconi, una cosa non gli perdonai (ma era minacciato): la morte di Gheddafi, l'ho scritto in 50 anni di guerra al salario. Ho frequentato gente di Potere Operaio, del 77, ex brigatisti, ex Prima Linea, a Crotone vedevo negli anni settanta, anche in ambito familiare, la lotta di classe, tramandata dalle lotte bracciantili degli anni 50.

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sinistrach

La Cina rompe gli indugi e si schiera con il popolo palestinese: “la lotta armata contro il colonialismo è un diritto!”

di Redazione

Mentre la Casa Bianca pone veti su veti per impedire il cessate il fuoco e nelle cancellerie europee continua il silenzio di fronte al genocidio in Palestina a opera del regime sionista, il governo cinese ha rilasciato una coraggiosa dichiarazione in cui afferma il diritto del popolo palestinese a impegnarsi nientemeno che nella lotta armata per la sua liberazione. Si tratta di un messaggio fortissimo per una diplomazia, quella cinese appunto, conosciuta per essere stato sempre (almeno negli ultimi 30 anni) molto cauta e moderata. La Cina peraltro continua teoricamente a difendere la linea dei “2 popoli 2 Stati”, ma di fronte al genocidio in corso e al fanatismo sionista ha deciso di schierarsi.

 

La Cina distingue la lotta armata di liberazione nazionale dal terrorismo

Il 22 febbraio, in occasione del secondo giorno di udienze della Corte internazionale di giustizia (CIG) sulle “conseguenze legali derivanti dalle politiche e dalle pratiche di Israele nei Territori palestinesi occupati, compresa Gerusalemme Est”, tenutesi all’Aia, in Olanda, Ma Xinmin, consigliere giuridico del Ministero degli Affari Esteri della Repubblica Popolare Cinese, ha affermato, riferendosi ai risultati della “Guerra dei Sei Giorni” del giugno 1967, che sono passati 57 anni dall’inizio dell’occupazione da parte di Israele e che la natura illegale dell’occupazione e la sovranità sul territorio occupato rimangono immutate.

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lantidiplomatico

Ucraina. Il vero motivo di rottura tra Italia e Francia

di Alberto Fazolo

Nel 2024 l’Italia ha assunto la presidenza del G7. La Meloni ha deciso d’indire a Kiev il primo vertice dell’anno, per sfruttare la concomitanza con il secondo anniversario dell’inizio dell’Operazione Militare Speciale lanciata dalla Russia sul territorio ucraino.

Con l’occasione la Meloni ha stipulato con Zelensky una serie di scellerati accordi bilaterali in ambito militare, dell’energia, per la ricostruzione. Tutte cose che non è chiaro come verranno pagate.

Anche se la cosa non ha costi economici diretti immediati, la Meloni ha anche impegnato l’Italia a sostenere l’ingresso dell’Ucraina nella UE e nella NATO. Dato che l’attuale crisi è prevalentemente determinata dalla possibilità che la NATO si prenda anche l’Ucraina, impegnare l’Italia a insistere su quella linea, significa legare indissolubilmente il nostro paese alla guerra.

La Meloni ha condizionato il destino dell’Italia senza nemmeno consultare il Parlamento. Lei che fino a quando non è diventata Premier si atteggiava da sovranista, ora si dimostra essere la più atlantista dei politici europei, soprattutto perché si ostina a portare avanti una linea ormai abbandonata da chiunque altro. Gli stessi USA hanno interrotto gli aiuti all’Ucraina e puntano a un cambio di strategia, cosa che comunque va in collisione con gli interessi della UE.

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ilchimicoscettico

Ops, la censura! Chi l'avrebbe mai detto

di Il Chimico Scettico

Quasi mi viene da sorridere. In tempi ormai lontani, quando CS era sui social, accadde una cosa. Un giorno aprii la pagina e mi resi conto che tutti i post contenenti un link a questo blog erano spariti. Era il 12 dicembre 2019 e il blog aveva appena raggiunto 100.000 visualizzazioni ("Che caso!" disse Starbuck). Per due giorni successe anche su twitter.  Per alcuni mesi fu impossibile postare su facebook un link a questo blog. Poi tutto finì, senza mezza parola, senza mezza comunicazione da parte della piattaforma. Non sono mai stato propenso a tirar fuori "Complotto! Censura!" senza avere in mano solide evidenze e non lo feci, sposando come prima ipotesi che il tutto fosse un prodotto del generico giro di vite "contro le fake news" che aveva reso gli algoritmi più stringenti (una cosa grave di suo).

Poi però qualcuno ci volle mettere la firma: qualcuno degli "amici che gestiscono i social" di Roberto Burioni, qualcuno che aveva a sua volta cari amici tra chi mandava avanti il facebook italiano. "La scienza (lascienza) non è democratica", dalla teoria alla prassi, prove tecniche. 

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sinistra

Transnistria e Moldova, un altro fronte di guerra?

di Enrico Vigna

Le politiche guerrafondaie e di scontro del governo sottomesso ai diktat occidentali e della NATO, stanno chiudendo la piccola repubblica della Pridnestrovie in una situazione pericolosa e molto delicata, da qui la richiesta ufficiale di aiuto del Parlamento di Tiraspol, per l’unificazione alla Russia come forma di autodifesa. Ma in caso di conflitto, c’è un fattore che potrebbe essere un detonatore che investirebbe e incendierebbe a domino, anche i paesi vicini: la base militare di Kolbasna sotto protezione russa, dove si ipotizza vi siano anche armamenti nucleari.

Nell’ultimo anno la “zelenskaya di Chisinau” Maia Sandu, invece di cercare forme e proposte di negoziazione e conciliazione con la regione orientale, ha intensificato azioni, proposte di legge provocazioni continue e minacce, che stanno alimentando odio e tensioni altissime. Questo da un lato sta spaccando la popolazione in Moldova e incoraggiando forme di smembramento interno della stessa, come nelle regioni della Gagauzia e della Taracalia, dove è sempre più forte la volontà di distacco, oltre alla sempre più profonda avversità della componente russofona del paese.

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lafionda

Contro la propaganda di guerra

di Michele Berti

Sul Quotidiano L’Adige, giornale pubblicato in Trentino, di venerdì 23 febbraio comparivano in prima pagina due contributi a firma Aldo Civico (antropologo) e di Domenico Quirico (famoso giornalista). Gli scritti pubblicati erano molto netti e preannunciavano in realtà un evento organizzato da EUcraina, l’associazione sponsorizzata da Giovanni Kessler, ex parlamentare europeo (anche ex obiettore di coscienza a questo punto…), dal 2011 al 2017 direttore dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e nominato nel 2014 membro della commissione per la selezione del primo capo dell’Ufficio indipendente Anticorruzione dell’Ucraina.

Le espressioni erano secche ed erano tutte rivolte a convincere il lettore che l’unica soluzione è “battere Putin sul campo di battaglia” mandando più armi e risorse a Zelensky.

Sabato 24 febbraio dopo una giornata di riflessione e qualche mal di pancia, ho pensato di dover rispondere a questi signori, che ho definito “master of war”, con un piccolo contributo volutamente incisivo, che volevo venisse pubblicato nella rubrica delle lettere in cui il giornale dà spazio al dibattito dei lettori. Ho inviato il mio scritto al direttore e alla rubrica, ma visto che a oggi, 28 febbraio, nessun riscontro è arrivato, deduco che il direttore Depentori ha ritenuto di non pubblicare la mia lettera.

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comidad

L’affinità elettiva tra lobbying e cleptocrazia militare

di comidad

Il Sacro Occidente non ha mai preteso di essere perfetto e immune da critiche; si accontenta più modestamente di stabilire di essere meglio dei regimi dittatoriali che lo circondano e lo minacciano. Non è vero che noi pretendiamo di essere i buoni, è solo che gli altri sono cattivi e ci dobbiamo difendere, quindi siamo costretti a spendere per le armi. Andando al sodo, a questo si riduce l’essere occidentali: comprare armi. Potevano dirlo subito senza tanti preamboli inutili. Chissà quante armi ci siamo fatti sfuggire con queste perdite di tempo. Il governo tedesco finalmente si è svegliato accorgendosi della minaccia russa; perciò si è dato una mossa: prima si è comprato tanti caccia F-35 dagli Stati Uniti, poi nel novembre scorso ha concluso un contratto con Israele per acquistare il sistema di difesa antimissile “Arrow 3”, che le Industrie Aerospaziali Israeliane (IAI) producono insieme con la statunitense Boeing. La consegna del sistema antimissile è per il 2025, quindi giusto in tempo per fermare la prossima invasione russa. Il sistema “Arrow 3” ha funzionato benissimo contro un missilino balistico lanciato dallo Yemen, quindi è certo che funzionerà alla grande anche contro i missili ipersonici russi.

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comuneinfo 

La scuola e il silenzio su Gaza

di Paola Lattaro

Pisa non ha mostrato solo l’attacco vigliacco degli agenti di polizia ma anche il silenzio della scuola. La verità, scrive Paola Lattaro su Insegnare, la rivista del Centro di iniziativa democratica degli insegnanti, è che sulla facciata di ogni scuola, da mesi dovrebbe esserci un striscione con la scritta “Stop Bombing Gaza”, da mesi si dovrebbero portare avanti in aula iniziative per informare su quello che sta accadendo. Con che faccia gli chiederemo di realizzare l’ennesimo powerpoint di educazione civica? Come gli diremo ancora una volta che vogliamo sentire le loro voci? Pisa, in realtà, ha mostrato anche come tanti adolescenti vengono picchiati e arrestati, perfino resi orfani oppure uccisi. Accade in Palestina, da decenni.

* * * *

Le immagini delle studentesse e degli studenti manganellati a Pisa (e a Firenze e a Catania) per essere scesi in piazza a manifestare contro il genocidio che si consuma, indisturbato, nella striscia di Gaza, sotto gli occhi di un mondo complice, da riempiono le home dei social e i nostri discorsi. Ci fanno pensare che quella democrazia che tendiamo, ingenuamente, a dare per scontata, dove manifestare (pacificamente) un dissenso è un diritto sacrosanto, scontata non è; anzi: non gode esattamente di ottima salute (del resto i segnali ci sono tutti da anni).

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la citta futura

Á la guerre comme à la guerre

di Pasquale Vecchiarelli

Macron vuole mandare i militari sul campo, la Von der Layen non esclude la possibilità di una guerra in Europa, Scholz ha un piano per attaccare la Russia in quattro fasi e i servizi segreti italiani riferiscono sull’importanza di colonizzare l’Africa, investire in armi, e zittire gli antagonisti. E’ crisi nera della borghesia

Ci sono giorni che contano come anni per la velocità con cui si svolgono gli eventi ed è proprio questo il caso delle settimane appena trascorse. Dalle dichiarazioni di Trump, in cui ha annunciato di non voler più proteggere militarmente i membri della NATO che non contribuiscono adeguatamente alle spese militari dell’organizzazione più guerrafondaia della storia, si sono succedute una serie di prese di posizioni di leader europei, a partire da quello tedesco Olaf Scholz, che hanno rivelato l’intenzione, che probabilmente già covava sotto la cenere, di riconvertire la propria economia verso un’economia di guerra. Hanno fatto scalpore le parole di Macron e quelle della Von der Leyen, le cui bocche, come spesso accade a questi governanti, si beano nel pronunciare parole di morte. Genocidio, guerra, escalation, violenza e terrore, punizioni e sanzioni, missioni militari, morti sul lavoro e precarietà, queste le parole più pronunciate e che meglio descrivono il mondo in cui viviamo.

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sollevazione2

Un patto di guerra

di Leonardo Mazzei

L’«Accordo di cooperazione sulla sicurezza tra Italia e Ucraina», firmato a Kiev il 24 febbraio da Zelensky e Meloni, è un fatto grave di cui ancora non è stata colta la portata.

Sia il governo, che la stampa mainstream, lo hanno presentato come un atto più simbolico che sostanziale. «Il nostro accordo – come quelli stipulati da Francia, Germania e Regno Unito – non sarà giuridicamente vincolante», ha detto il ministro Tajani il 22 febbraio alle Commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato. Non vincolante? Ma allora a cosa serve? Per provare a capirlo, seguiamo ancora il discorso del titolare della Farnesina:

«Dal testo non derivano obblighi sul piano del diritto internazionale, né impegni finanziari. Non sono previste garanzie automatiche di sostegno politico o militare. Come quella dei nostri partner, anche la nostra intesa bilaterale non richiederà, quindi, la procedura di ratifica parlamentare».

Ma davvero possiamo credere a questa rassicurante melassa del Tajani? Evidentemente no. Chiaro che l’accordo firmato da Meloni è sulla stessa linea di quelli sottoscritti da Londra, Parigi e Berlino. Chiaro, infatti, che tutte queste iniziative sono state coordinate in ambito NATO e G7. Chiaro, infine, che non potendo far entrare adesso l’Ucraina nell’Alleanza Atlantica, questi accordi bilaterali dovrebbero offrire a Kiev una rete di protezione equivalente, anche se formalmente diversa.

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lantidiplomatico

L'Europa è nuda. Le parole (importanti) di Mario Draghi a l'Ecofin

di Giuseppe Masala

Non si può non notare l'attivismo di Mario Draghi di quest'ultimo periodo. Il dinamismo del Grand Commis romano per la verità non sembra dettato dall'ambizione che lo spinge a ricercare altre super poltrone di grande potere ma piuttosto dalla volontà di salvare la creatura di cui è stato certamente uno dei massimi architetti. Ormai che l'Europa rischi di non sopravvivere non è più argomento per complottisti, ma un dato di fatto di cui si prende atto ai massimi livelli e infatti Draghi ne ha parlato apertamente il 24 Febbraio durante l'ultimo Ecofin tenutosi a Gend in Belgio, al quale è stato invitato nonostante non ricopra la carica di Ministro delle Finanze in nessun paese dell'Unione.

Certamente, il “saggio” Draghi non ha deluso le attese parlando in maniera schietta dei mali dell'Unione Europea. Innanzitutto colpisce che Draghi delinei una disamina che appunto fino a qualche tempo fa pochissimi avevano il coraggio di fare. L'Europa non può più contare: «sull'energia russa, sulle esportazioni cinesi e sulla difesa degli Stati Uniti.

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transform

La costruzione di un sistema di guerra

di Alfonso Gianni

Da gennaio in poi stiamo assistendo a un susseguirsi di accordi di cooperazione in materia di sicurezza fra l’Ucraina e diversi stati europei, sia che facciano parte della Ue che no, e anche d’oltreatlantico. A partire dal 12 gennaio di quest’anno, tali accordi bilaterali, che più propriamente e realisticamente dovremmo chiamare di alleanza militare, sono stati firmati dalla Gran Bretagna, Francia, Germania, Danimarca e da ultimo Italia e Canada. Il tratto comune di questi accordi, che rivela apertamente la loro finalità, consiste nel riferimento a una collaborazione immediata e rafforzata tra le due parti con un sistema di risposta di emergenza in 24 ore da attivarsi su richiesta di uno dei due contraenti il patto in caso di un futuro attacco armato da parte della Russia. Infatti all’articolo 11, primo comma, dell’accordo fra Italia e Ucraina si legge: “In caso di futuro attacco armato russo contro l’Ucraina, su richiesta di uno dei partecipanti [ovvero Italia o Ucraina], questi ultimi si consultano entro 24 ore per determinare le misure successive necessarie per contrastare o scoraggiare l’aggressione”.

Per comprendere di quali misure si sta parlando, si può continuare a leggere il testo dell’accordo che impegna il nostro paese:

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mondocane

Libera menzogna in libera guerra

 Mentre c’è chi vive per uccidere e chi muore per la libertà, come sa chi per lei vita rifiuta

di Fulvio Grimaldi

Byoblu-Mondocane 3/16 in onda domenica 21.30. Repliche lunedì 9.30, martedì 11.00, mercoledì 22.30, giovedì 10.00, sabato 16.30, domenica 09.00

Mi sono permesso, nel titolo, di parafrasare, fino a cambiarne il riferimento ma non il senso, il verso di Dante sul sacrificio di Catone per la libertà sottratta da Cesare. Riferimento cambiato fino a un certo punto, però, visto che l’aviere dell’aeronautica USA proprio per la libertà di vivere del popolo palestinese, si è ucciso, facendosi liberare e purificare dal fuoco della sua involontaria, ma subita, complicità col male.

Non mi va di usare il termine cuore, per quella roba zuccherosa e scipita che s’è fatta di questo muscolo nelle mille e mille canzonette che ci avvelenano da Sanremo e da tutti i facili e ipocriti sentimentalismi letterari, cinematografici o formulati a voce. Così è diventata molesta, perfino e soprattutto e non da mo’, la parola amore e, per dirla tutta, la triade, abusata come nessun’altra mai, di cuore amore dolore. Alla larga! E’ l’abuso che si fa di certi elementi del linguaggio, pur integri alla nascita, che li degrada fino a svuotarli di senso. O a invertirlo. Pensate a cosa è stato fatto di “Bella ciao”…

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piccolenote

Il nuovo, vecchio, rilancio della guerra ucraina

di Piccole Note

La disperazione dei neocon a cui non basta il "momento Navalny" per superare gli ostacoli del congresso Usa. Le nuovo, folli proposte per continuare la macelleria ucraina

Lo tsunami Navalny si è abbattuto su entrambe le sponde dell’oceano con effetti differenti. Se negli Usa l’effetto è stato attutito, salvo qualche intemperanza verbale verso Putin, in Europa ha avuto l’effetto della benzina sulle fiamme in via di estinzione della guerra ucraina, ravvivando l’incendio.

 

Guerra ucraina, la “disperazione” neocon

Al congresso Usa infatti i repubblicani fedeli a Trump sembrano aver resistito alle pressioni neocon per rilanciare la crociata anti-russa. E questa non è cosa da poco visto che la Camera dovrà decidere del nuovo stanziamento destinato all’Ucraina, o meglio dovrà decidere un nuovo finanziamento destinato alle aziende Usa che producono armi destinate all’Ucraina, come ha recentemente puntualizzato la Nuland, citata Ron Paul.

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comuneinfo

La transizione energetica è impossibile nel capitalismo

di Raúl Zibechi

Il sistema capitalista è profondamente dipendente dai combustibili fossili ed è in agricoltura che quella dipendenza è decisiva. Quelli che sono in alto lo sanno, non possono e non vogliono sbarazzarsi del fossile: per questo promuovono una transizione energetica con cui consolidarsi in un periodo caos climatico. In questo senso, il capitalismo, scrive Raúl Zibechi, opera con le stesse modalità che mette in atto di fronte alle contestazioni del patriarcato e del colonialismo: cercando di legittimarsi con presunte politiche contro il maschilismo e il razzismo

Il capitalismo starebbe promuovendo una transizione energetica per consolidarsi in un periodo di crisi e caos climatico che può minacciare la sua [presunta] legittimità. In questo senso, opera con le stesse modalità che mette in atto di fronte alle contestazioni del patriarcato e del colonialismo: cercando di legittimarsi con presunte politiche contro il maschilismo e il razzismo, fingendo che il sistema condivida alcuni aspetti delle lotte femministe e di quelle dei popoli oppressi, con l’obiettivo di ritagliarsi un piccolo settore di fedeli che si incastonano al vertice della piramide del sistema.

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lantidiplomatico

Al NYT hanno scoperto che gli “stupri di massa” erano solo propaganda

di Daniele Luttazzi

Anche in Italia i propagandisti pro-Netanyahu scrissero sui giornali e raccontarono in tv degli “stupri di massa” commessi da Hamas a Gaza il 7 ottobre. L’avevano letto sul New York Times, e la “notizia” era stata rilanciata dalla Bbc, dal Guardian, dalla Cnn, dall’Associated Press e da Reuters; ma quegli articoli sugli “stupri di massa” erano un falso. I co-autori di quei pezzi, lodati all’epoca dal caporedattore del Times Joe Kahn, erano Jeffrey Gettleman, Anat Schwartz e Adam Sella. Sabato scorso l’account Telegram @zei_squirrel ha aperto un vaso di Pandora: ha mostrato al mondo i like di Anat Schwartz a diversi post di propaganda sionista su X, fra cui uno che definiva i palestinesi “animali” che meritano un “Olocausto”; uno sui “40 bambini decapitati” (un altro falso); uno che invocava la trasformazione di Gaza in un “mattatoio”; e un altro che esortava i propagandisti di Israele a diffondere il paragone “Hamas è l’Isis” per spaventare l’opinione pubblica occidentale (t.ly/ntbMI).

Il Times ha aperto un’inchiesta interna sulla Schwartz poiché le norme aziendali vietano ai suoi giornalisti di “esprimere opinioni di parte, promuovere opinioni politiche, sostenere candidati, fare commenti offensivi o fare qualsiasi altra cosa che possa minare la reputazione giornalistica del Times”.

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linterferenza

Pisa: ipocrita sceneggiata di destra e “sinistra”

di Fabrizio Marchi

Voglio ribadire la mia solidarietà ai giovani liceali pisani che sono stati presi a manganellate dalla polizia. Dire – come hanno fatto alcuni esponenti del governo e del centrodestra – che gli agenti hanno reagito in quel modo perché sono stati provocati o presi a parolacce è ridicolo. Ogni domenica negli stadi poliziotti e carabinieri vengono insultati (e a volte anche fatti oggetto di lanci di oggetti di vario genere) e, anche se può essere fastidioso accettarlo, sono pagati anche per sopportare insulti, fischi e lazzi, perché il fine delle forze dell’ordine (così si chiamano non a caso) è il mantenimento e la salvaguardia dell’ordine pubblico, non caricare o pestare chi ti prende a parolacce durante una manifestazione, specie se si è in presenza di ragazzini che magari giocano a fare i duri e a incappucciarsi, ma sempre di ragazzini si tratta. E siccome è il grande che contiene il piccolo e non viceversa, le forze dell’ordine sono chiamate a svolgere la loro funzione con equilibrio e con le dovute proporzioni, cosa che a Pisa non mi pare sia avvenuta. Se anche quegli studenti avessero tentato di dirigersi in luoghi non autorizzati – perché questa è stata una delle risposte date da alcuni esponenti del centrodestra per giustificare quanto avvenuto – la polizia era sicuramente in grado di bloccarli senza ricorrere a una risposta così dura.

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altrenotizie

Il NYTimes e la guerra della CIA

di Mario Lombardo

Le due tesi fondamentali su cui si è basata e in larga misura continua a basarsi la campagna di propaganda occidentale contro la Russia sono la natura “non provocata” dell’intervento militare lanciato quasi esattamente due anni fa e il semplice appoggio esterno dei paesi NATO al regime di Zelensky, ufficialmente contrari a una partecipazione diretta alle operazioni belliche contro Mosca. Un lungo articolo del New York Times, pubblicato nel fine settimana, ha smentito però entrambe le versioni, confermando sia la strettissima collaborazione tra gli Stati Uniti e, in particolare, la CIA e le forze ucraine sia la valanga di provocazioni orchestrate da Washington e Kiev almeno a partire dal colpo di stato neo-nazista del febbraio 2014.

È lo stesso giornale americano a convalidare ciò che i servizi segreti russi e il Cremlino avevano sostenuto alla vigilia dell’inizio della cosiddetta “Operazione Militare Speciale”. La CIA, assieme al britannico MI6, stava cioè trasformando a tutti gli effetti l’Ucraina in un centro nevralgico da cui pianificare e condurre operazioni destinate a colpire e indebolire la Russia.

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marx xxi

Il pantano dell’ultimo azzardo e i trent’anni contro la Russia

di Fabio Mini

Sull’anniversario dei due anni dall’invasione russa in Ucraina non dovrei scrivere nulla, sia per coerenza con quanto ho sempre sostenuto (la tragedia non è iniziata il 24 febbraio 2022), sia perché dopo due anni non vedo fatti sorprendenti da commentare in Ucraina rispetto a quanto succede altrove. Semmai merita una riflessione l’anniversario dei trent’anni (dal 1994) di destabilizzazione in Europa e allargamento della Nato ai danni della sicurezza russa, dei vent’anni di guerra di sovversione (dal 2004) da parte degli Stati Uniti in Ucraina e dei dieci anni (dal 2014) di guerra di repressione ucraina nei confronti dei suoi stessi cittadini russofoni. In questa prospettiva, la spedizione militare russa in territorio ucraino del 2022 appare per quello che veramente è stata e non per ciò che a essa è stato attribuito da chi voleva e ancora vuole la guerra in Europa contro la Russia e contro la stessa Europa. Non è stata un’invasione full scale (totale), unmotivated (immotivata), unprovoked (non provocata), illegal (illegale) e nemmeno criminal (criminale) come ci viene propinato. È stata una delle possibili risposte alla guerra voluta, preparata e sostenuta esattamente da chi la definisce con tali espressioni. Di fronte a un regime ucraino che con i presidenti Yuschenko, Turcynov e Poroshenko era palesemente nazista e antirusso, e con quello di Zelensky pronto a subire i diktat dell’estrema destra sostenuta dagli Stati Uniti e dall’Europa, la Russia aveva già lanciato chiari messaggi.

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linterferenza

Perfect Days. La speranza orientale di Wim Wenders

di Roberto Donini

1) Sul Kototoi bridge di Tokyo, sospeso sullo scorrere del canale di Sumida, insieme alla nipote Niko, Hirayama, il protagonista, pronuncia il suo unico discorso per esporre una teoria di spazio e tempo. Lo spazio è “monadi”, afferma: “ognuno è un Mondo” con possibilità ma non necessità di incontrare “un altro Mondo”. Il tempo è istanti presenti - discontinui, canticchia con la nipote: “adesso è adesso - un’altra volta è un’altra volta” e allude a una non linearità – progressiva del tempo. Il film narra la “routine” del protagonista e questa ripetizione ci propone un mondo stabile. Lo spazio si allarga (espira) dall’angusta casa → alla città intera dove lavora, ai giardini, alle terme, al piccolo bar dove mangia la sera → alle piccole variazioni del giorno di festa (la lavanderia, la libreria, il locale) → per poi, infine, tornare a restringersi nella casa (inspira).

Analogamente “respira” il tempo: ogni “genere” di gesto (alzarsi /piegare il futon, ecc.) con minime varianti “specifiche” è celebrato ogni giorno. Circoscrizione dello spazio con abitudinale frequentazionedegli stessi luoghi e ritualizzazione del tempo con la ripetizione altrettanto puntuale dei gesti. Torna sempre sugli stessi posti e fa sempre le stesse cose, così ha familiarità del proprio Mondo e “rallenta” il proprio tempo.

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altrenotizie

Kiev, i colpi di coda dell'Occidente

di Fabio Marcelli

Non ci vogliono stare. La propaganda atlantista rilancia, imperterrita e sbruffona, traendo alimento dalla triste e oscura fine di Alexei Navalny. Eppure la situazione sul campo è molto chiara e indica che, come prevedibile, la Russia sta prevalendo. Putin del resto ha più volte espresso la sua disponibilità a negoziare una pace onorevole per entrambe le parti. Base concreta del negoziato è l’accordo raggiunto a Istanbul poco tempo dopo l’invasione, che lo stesso Putin cita più volte nella nota intervista al giornalista statunitense Tucker Carlsson. Gli ingredienti sono quelli noti da tempo: autonomia del Donbass, Crimea alla Russia (eventualmente verificando in entrambi i casi la volontà popolare), divieto di propaganda nazista e neutralità per l’Ucraina. Un accordo mutuamente soddisfacente che si sarebbe potuto raggiungere agevolmente due anni e circa duecentomila morti fa.

Ma le infami burocrazie atlantiste non demordono. Con incredibile arroganza il presidente (ancora per poco) del Consiglio europeo, Charles Michel, afferma che esiste solo un piano A, la vittoria dell’Ucraina, mentre il malfermo Joe Biden, che ricopre ancora per poco la carica di presidente degli Stati Uniti, approfitta della morte di Navalny per tornare a insultare grossolanamente Putin.

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lantidiplomatico

Sicurezza? Quello che Meloni ha firmato a Kiev a nome dello stato italiano

di Andrea Zhok

Giorgia Meloni a nome dello stato italiano ha firmato un accordo bilaterale di cooperazione per la Sicurezza con il presidente ucraino Zelensky.

L'accordo ha validità decennale (10 anni).

L'accordo impone all'Italia di intervenire in sostegno di Kiev entro 24 ore in caso di nuovo attacco di Mosca e di continuare a fornire aiuti economici e militari al governo ucraino.

L'Italia si impegna inoltre a favorire l'ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea e nella Nato.

Si prospetta poi la possibilità di addestrare l'esercito ucraino e di condurre esercitazioni da parte dell’esercito italiano anche in territorio ucraino.

In sostanza, non paga di aver bruciato ottimi rapporti pluridecennali con la Russia, di aver buttato un numero indefinito di miliardi (i numeri sono secretati) nel sostegno bellico all'Ucraina, di aver contribuito a un'esplosione dei prezzi dell'energia che ha impoverito il paese e proseguito nell'attività di deindustrializzazione, ora Giorgia Meloni vuole lasciare il suo segno nella storia legando l'Italia sempre più strettamente a un paese che sta colando a picco, militarmente ed economicamente, esponendola in maniera crescente sul piano bellico.

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lafionda

La censura sui social

di Giusi Di Cristina

Si sa che nelle democrazie la libertà d’espressione è una cifra fondamentale, uno di quegli elementi che ci assicura di vivere nel posto giusto, ove mai qualcuno potrebbe proibirci di dire o scrivere la nostra opinione.

Certo. Fin quando non si instaura una intellighenzia superiore, una sovrastruttura potremmo dire, che decide cosa si può o non si può dire, scrivere, condividere sui social per non turbare talune indefinite “sensibilità”. Tutto questo è particolarmente evidente nelle piazze dei social, mascherate da luoghi di libera parola ma sottoposti alla scure del padrone che detta le regole di ciò che è postabile e ciò che non lo è. Utenti hanno visto restrizioni alla condivisione di opere d’arte con nudi, per non parlare della guerra alle immagini sull’allattamento: un corto circuito culturale per cui l’algoritmo non riconosceva l’arte o un atto assolutamente naturale.

Negli ultimissimi anni però si è passati da un algoritmo che non comprendendo l’arte punisce glutei e seni a un algoritmo che al contrario capisce benissimo cosa e chi punire dietro alla scusa di difendere il pubblico da post che diffonderebbero contenuti violenti o falsi. Vengono tolti post e bloccati utenti e profili senza la possibilità di un contraddittorio.

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futurasocieta.png

Da Milano verso la costruzione di un movimento antimperialista

a cura della redazione

“Con la Resistenza palestinese – Blocchiamo le guerre coloniali e imperialiste”: questo lo striscione di apertura del grande corteo di sabato scorso a Milano, città paralizzata dalla marea di 35mila manifestanti contro il genocidio del popolo palestinese. I fatti antecedenti, di violenza delle forze dell’ordine nei cortei studenteschi a Pisa e Firenze – seguiti subito dopo dall’invasione spontanea delle piazze da parte di moltitudini di cittadini – hanno dato probabilmente una spinta ulteriore a un livello di partecipazione che non si vedeva da tempo. Questo avvenimento, però, è importante non solo per la “quantità”, ma anche per la qualità dei contenuti espressi: non la rivendicazione di una pace generica, ma una decisa denuncia delle cause dell’oppressione dei popoli, della strage di proletari, del ricorso alla guerra globale. Da qui si deve partire per costruire un forte movimento antimperialista.

Accade da sempre, manifestazioni di piazza oceaniche il giorno successivo diventano cortei di sparute minoranze; se poi una decina di giovani prende di mira la vetrina di un ipermercato, già contestato dal Bds per rapporti commerciali con Israele, ci si sofferma sul particolare vandalico e l’azione simbolica diventa l’argomento su cui focalizzare ogni attenzione per imporre divieti e tolleranza zero facendo calare il silenzio sul genocidio del popolo palestinese.

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sinistra

Credito, finanza, denaro ... fiducia

di Luciano Bertolotto

 

Piccola storia di paese

1987. Nel Pinerolese, scoppiò lo scandalo dei container fantasma. Un noto e stimato imprenditore (tale Nuccio Candellero) raccolse, tramite una sua finanziaria quote da investire in container. Questi, affittati per spedizioni internazionali, garantivano una rendita del 18% annuo.

Si era agli albori della globalizzazione e i cassoni da trasporto simboleggiavano la rivoluzione economica.

In 1700 abboccarono e versarono un importo complessivo di 35 miliardi di lire.

Lettere anonime informarono che i cassoni non esistevano. Crollò l'intero castello: le quote dei nuovi soci servivano a pagare i promessi interessi a chi aveva precedentemente sottoscritto.

Sistema in grado di funzionare solo crescendo su se stesso.

In questo meccanismo, l'esistenza o meno dei container non aveva grande importanza.

Era la fiducia riposta in essi che permetteva il dipanarsi della catena di sant'Antonio.

Niente di nuovo. Un sistema nato nell'Ottocento per diffondere preghiere e, poi, utilizzato, nel Novecento, per racimolare soldi.

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mondocane

Per far sopravvivere il Potere --- ASSANGE (e WIKILEAKS) DEVE MORIRE

di Fulvio Grimaldi

Per “Il ringhio del bassotto”, Paolo Arigotti intervista Fulvio Grimaldi

Il ringhio del bassotto: Assange e i pericoli per la libertà di espressione (con Fulvio Grimaldi)

Qui si parla in lungo e in largo della vicenda Assange, omicidio bianco programmato, e della spaccatura tra due mondi in contesa strategica e definitiva: quello di Assange e il l’antimondo di Navalny.

 Altri ne hanno trattato, anche meglio e sotto le più varie angolazioni. La stampa mainstream, dal canto suo, che si trova nel secondo dei due mondi citati, del primo non sa, non vede, non dice, se non per ripetere l’arzigogolo dello spione – altro che giornalista - al servizio di Putin. Il giornalismo lo concepiscono così, essendo della razza di quelli che si beccano uno stipendio e buffetti da mane a sera per ogni servizietto fornito, cioè per fare i ragazzi di bottega di assassini in marsina, truffatori, mentitori, rapinatori. E, dunque, per ignorare e diffamare Assange ed elevare sugli altari il qui pro quo russo.

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dellospiritolibero

Tronti e le rivolte dell’individuo massa. Un incontro mancato?

di Massimo Ilardi

Sono consapevole che prendere una posizione critica e anche poco argomentata, come nel caso di questo scritto, sul pensiero di Mario Tronti è una scelta che mi farà correre il rischio di un’avventura teorica pericolosa perché il confronto è con il più raffinato teorico e il più incomparabile interprete di quel lungo secolo che fu il Novecento. Ma ho deciso di assumermi questo rischio perché l’alternativa sarebbe stata poco ‘trontiana’ e cioè quella di descrivere semplicemente il suo pensiero o di accettarlo in tutta la sua complessità.

Una breve premessa autobiografica (che ho avuto occasione di discuterla con Gigi Roggero dopo aver letto il suo bell’intervento In guerra col mondo. Per Mario Tronti sulla rivista Machina all’indomani della sua morte): ho seguito fin dagli anni Sessanta e condiviso attivamente le fasi del suo pensiero, dall’operaismo all’autonomia del politico, e questo quando all’interno dello establishment culturale della sinistra esisteva nei suoi confronti un ostracismo neanche troppo velato. La cosa più ridicola che mi sta capitando in questi giorni è di leggere elogi sul pensiero di Tronti fatti dagli stessi intellettuali che se negli anni ’70 dicevi loro che stavi leggendo Carl Schmitt o Nietzsche ti davano come minimo del fascista!

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marx xxi

La pace per la pace. Il conflitto in Ucraina e l’opinione pubblica europea. Editoriale

di Francesco Galofaro - Università IULM

Il 22 febbraio l’agenzia ANSA ha diffuso i dati di un sondaggio realizzato in 12 paesi europei (Austria, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Spagna e Svezia) sulle prospettive della guerra in Ucraina. Il committente è un think-tank paneuropeo, lo European Council on Foreign Relations, che comprende ex-ministri, politici, diplomatici, imprenditori. Il sito dell’ECFR è pieno di buoni consigli ai politici europei: come convivere con una guerra di lungo periodo; come convincere l’opinione pubblica sull’allargamento a est dell’UE; come mantenere il supporto all’Ucraina anche dopo il terremoto delle prossime elezioni europee e americane. Poiché la maggior parte degli articoli ha per oggetto la manipolazione di un’opinione pubblica riottosa, ci si chiede quali interessi servano i politici cui il think tank si rivolge.

Venendo al sondaggio, il morale dei cittadini è piuttosto basso. In media, solo 10 cittadini europei su 100 pensano che l’Ucraina vincerà. Il 20% crede che vincerà la Russia, mentre il 37% è convinto che il conflitto si risolverà con un accordo. Quanto al nostro Paese, solo 6 italiani su 100 credono nella vittoria ucraina; il 19% pensa che vincerà la Russia; il 43% ritiene che l’accordo sia lo scenario più probabile.