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Le sfide dei negoziati di Donald Trump con l’Ucraina

di Thierry Meyssan

222195 5 68296.jpgIl presidente Donald Trump non è riuscito a portare la pace in Ucraina, come aveva creduto di poter fare. Ha scoperto una situazione molto più complessa di quanto supposto.

Rifiutandosi di schierarsi con una parte o con l’altra, si è ritrovato in mezzo a un conflitto che perdura da un secolo tra due fratelli nemici; un conflitto che i suoi predecessori, Barack Obama e Joe Biden, alimentarono e strumentalizzarono. Prima di poter superare lo stallo, deve però chiarire la situazione ai propri concittadini.

* * * *

Dopo aver esaminato i negoziati con l’Iran [1], in questo articolo analizziamo i negoziati del presidente Trump con l’Ucraina. Purtroppo, non disponiamo di documenti dei nazionalisti integralisti ucraini, mentre abbiamo quelli dei nazionalisti integralisti israeliani. Questo perché l’Ucraina di oggi è una vera e propria dittatura militare. In Israele invece l’esercito è ancora il garante di ciò che rimane della democrazia, picconata dai sionisti revisionisti di Benjamin Netanyahu.

La questione ucraina è molto diversa da quella iraniana in quanto gli Stati Uniti non hanno miti in comune con l’Ucraina, mentre ne condividono con Israele. In Medio Oriente il presidente Trump sta cercando di negoziare una pace equa e duratura preservando al tempo stesso gli interessi di Israele (non quelli dei sionisti revisionisti, che aspirano a un Grande Israele). In Ucraina si rifiuta di schierarsi con una delle parti e si attiene a una posizione di stretta neutralità. I suoi predecessori Obama e Biden avevano invece concluso con i nazionalisti integralisti un accordo segreto contro la Russia. Trump deve innanzitutto scoprire la reale complessità della situazione, ma per conseguire un risultato è necessario che ne renda consapevole anche la propria amministrazione.

 

La messa a punto di Donald Trump

Il 3 febbraio i servizi d’intelligence esterni russi (SVR) hanno accusato la Nato di prepararsi a diffondere tre sorprendenti informazioni [2]:

• 1,5 miliardi di euro destinati all’acquisto di munizioni sono stati sottratti dalla presidenza ucraina;

• 130 mila soldati ucraini morti in combattimento continuano a percepire lo stipendio e ad essere iscritti nelle liste elettorali;

• il presidente non-eletto Zelensky ha ceduto ¬– non venduto – beni immobiliari a società estere, in cambio di compensi versati con discrezione su conti esteri.

Il 7 febbraio il presidente non-eletto Zelensky ha reagito affermando in un’intervista alla Reuters [3] che l’Ucraina possiede grandi quantità di terre rare per il cui sfruttamento potrebbe coinvolgere gli alleati.

Al contrario di quanto fa pensare la denominazione, le terre rare non sono rare: lo è la loro raffinazione. Sono minerali indispensabili per le nuove tecnologie civili e, soprattutto, militari.

Il segretario al Tesoro, Scott Bessent, si è recato a Kiev per presentare una bozza di trattato per la cessione delle ricchezze del sottosuolo ucraino a compensazione delle armi fornite dagli Stati Uniti. Il presidente non-eletto Zelensky ha accolto la proposta con freddezza in quanto le armi sono state offerte e non vendute a termine, come inizialmente immaginato (e come la legge americana Lend-lease, affitti e prestiti appunto, induceva a supporre).

Abbiamo tutti assistito con stupore alla sfuriata del presidente Trump e del vicepresidente JD Vance contro il presidente non-eletto Zelensky, il 28 febbraio scorso, durante l’incontro nello studio ovale della Casa Bianca. L’incontro si è concluso senza la firma dell’accordo per lo sfruttamento delle terre rare predisposto da Bessent. Ci si ricorderà che il presidente non-eletto Zelensky ha tentato diverse volte d’imporre la propria versione della guerra, secondo la quale la Russia ha invaso l’Ucraina per annetterla. Una tesi fino a quel momento sostenuta dalla Nato. Trump e Vance hanno accusato Zelensky di essere in «tournée propagandistica» e, di fronte alle sue smentite, gli hanno chiesto di rispettare l’amministrazione Usa, che stava cercando d’impedire la distruzione del suo Paese.

Mentre Regno Unito e i membri della Ue (a eccezione di Slovenia e Ungheria) facevano quadrato attorno a Zelenzky, il 5 marzo Washington sospendeva la condivisione dell’intelligence militare con Kiev. Improvvisamente al buio, Kiev arretrava, pur cercando di rallentare il proprio ritiro. Nel giro di quattro giorni è apparso chiaro che senza l’intelligence militare statunitense né le forze armate ucraine né quelle degli alleati avrebbero potuto vincere.

Lo shock ha profondamente scosso gli alleati, che si sono incontrati più volte per discutere come recuperare le proprie capacità militari.

 

Un periodo d’incertezze

In seguito al grave incidente alla Casa Bianca, l’Ucraina ha tentato di sostituire il sostegno degli Stati Uniti con quello di Unione Europea, Regno Unito e Canada. Questi Paesi non dispongono però di risorse paragonabili a quelle dello Zio Sam.

Mentre gli europei in senso allargato discutevano di ciò che potevano fare senza gli americani, il presidente Trump faceva il brutto e il cattivo tempo. Dapprima ha difeso la rappresentatività di Zelensky, accusato dalla Russia di non aver organizzato elezioni e di occupare la presidenza ucraina senza avere diritto né titolo, dal momento che il suo mandato è scaduto a maggio 2024. Per questa ragione Mosca ritiene che qualsiasi accordo di pace firmato da un leader non-eletto potrebbe essere invalidato e contestato.

Gli ucraini hanno fatto notare al presidente Trump che la loro Costituzione impedisce lo svolgimento di elezioni in un periodo di legge marziale. Ma Trump è stato informato da Steve Witkoff che Zelensky prolungava la legge marziale di tre mesi in tre mesi per evitare le elezioni [4]. Trump ha così iniziato a cercare possibili candidati per sostituire il presidente ucraino ed è qui che ha scoperto come la maggior parte dei soldati morti in combattimento siano ancora iscritti sulle liste elettorali. Le elezioni erano perciò impraticabili. La Russia ha proposto che venissero organizzate sotto la responsabilità delle Nazioni Unite. La questione non è stata risolta.

In un’intervista a Le Figaro, il presidente non-eletto Zelensky dichiarava [5]: «Il secondo motivo [che mi induce ad andare avanti] è l’odio per i russi, che hanno ucciso così tanti cittadini ucraini. Sono consapevole che parlare di odio in periodo di pace non è corretto. Ma quando si è in guerra, quando si vedono soldati entrare nella propria terra e uccidere persone innocenti, vi assicuro che si può provare questo tipo di odio».

Zelensky ha fatto più volte affermazioni simili, ribadendo che «odia i russi». Ma quando gli si chiede se intende dire che odia Putin, risponde «No, tutti i russi!». In questo modo fa propria la posizione dei nazionalisti integralisti, il cui fondatore, Dmytro Dontsov, sosteneva che gli ucraini sono nati per annientare la cultura russa e il popolo moscovita; principio che mise in atto con gli alleati nazisti dirigendo l’Istituto Reinhard Heydrich.

Come si vede, l’accusa russa di nazificazione dell’Ucraina è ben altro che propaganda: è realtà.

All’inizio di aprile, il presidente Trump ha inviato segretamente il proprio amico Steve Witkoff – peraltro inviato speciale per il Medio Oriente – a San Pietroburgo per discutere con Kirill Dmitriev di un primo scambio di prigionieri. Durante i colloqui, Dmitriev si è presentato come amministratore delegato del Fondo di investimenti diretti russi, ma anche come un russo-ucraino interessato agli sforzi dell’amministrazione Trump. Dopo aver concluso rapidamente le condizioni per lo scambio, Witkoff ha anche organizzato un insperato incontro con il presidente Putin, l’11 aprile. Putin ha esposto a Witkoff la versione russa del conflitto. Witkoff ha ascoltato con attenzione e ha immediatamente verificato le informazioni. Tornato a Washington, ha spiegato al presidente Trump la gravità del malinteso: i presidenti Democratici Obama e Biden avevano concluso un accordo con dei neonazisti per impadronirsi dell’Ucraina; i neonazisti ucraini hanno perseguitato gli ucraini di lingua russa; la Russia non ha invaso il Paese per annetterlo, ma ha applicato la risoluzione 2202 del Consiglio di sicurezza (gli Accordi di Minsk) di cui Mosca era garante; invece di aiutare, Francia e Germania, fedeli a Obama e Biden, pur essendo anch’esse garanti dell’applicazione della risoluzione 2202, hanno consapevolmente accusato la Russia di aver invaso l’Ucraina.

Trump, che conosce personalmente Witkoff da molto tempo e si fida di lui, ha immediatamente capito la manipolazione dei Democratici. Avendo osservato l’atteggiamento ostile di Zelensky durante il Russiagate, nonché il suo coinvolgimento nella campagna elettorale Biden-Harris, Trump si è rapidamente formato nuove convinzioni.

Il 14 aprile, adottata la versione Witkoff, il presidente Trump ha deplorato il fatto che Zelensky avesse scatenato la guerra: «Non si inizia una guerra contro qualcuno venti volte superiore a te, e dopo non si aspetta di ricevere missili da qualcuno». Il 17 aprile ha inviato a entrambe le parti una proposta di pace, che l’Ucraina ha respinto e che la Russia ha accettato con alcune riserve.

Tra Stati Uniti e Russia rimangono quattro punti di disaccordo:

• Mosca continua a bombardare obiettivi militari in aree civili durante i negoziati. Fin dalle Conferenze dell’Aia (1899 e 1907) è accettato il principio che le nazioni civilizzate non collocano installazioni militari in aree abitate da civili, ma gli ucraini stanno usando la loro stessa popolazione come scudi umani. È inoltre acquisito il principio che durante i negoziati le parti in conflitto devono fare scrupolosamente attenzione a colpire solo militari: dunque qui anche la Russia è dalla parte del torto.

• Washington accetterà la smilitarizzazione dell’Ucraina solo a condizione che forze straniere possano garantirne la sicurezza. Mosca propone quindi il dispiegamento dei Caschi Blu delle Nazioni Unite, mentre gli Alleati pretendono di dispiegare le proprie forze. Tuttavia, alla luce delle precedenti esperienze, Mosca ritiene che costoro non garantiranno la pace, ma continueranno la guerra.

• Mosca vuole conquistare l’intero territorio degli oblast che hanno votato per l’adesione alla Federazione di Russia, Washington ritiene invece che le poche aree non occupate di questi oblast debbano rimanere ucraine e che i confini definitivi debbano essere quelli del cessate-il-fuoco.

Da diversi anni l’Ucraina organizza una manifestazione internazionale annuale per riaffermare la propria sovranità sulla Crimea, che si è annessa alla Russia nel 2014. Ma, al momento del crollo dell’Unione Sovietica, la Crimea dichiarò la propria indipendenza prima dell’Ucraina. Mosca continuò per anni a pagarvi i suoi funzionari e le pensioni, fino a quando il presidente Boris Eltsin abbandonò questo costoso territorio e la Crimea accettò di unirsi all’Ucraina. Nel 2014, quando i nazionalisti integralisti rovesciarono il presidente eletto, la Crimea votò nuovamente per l’indipendenza, e poi per unirsi alla Federazione di Russia. Il presidente Trump considera legale questa annessione per due motivi: innanzitutto si è trattato di un referendum conforme al diritto internazionale, in secondo luogo l’Ucraina all’epoca non si oppose.

• Kiev vuole che le vengano restituite la centrale nucleare di Zaporizhjia e la diga idroelettrica di Kakhovka, indispensabile al raffreddamento della centrale; Mosca vi si oppone fermamente. Questa rivendicazione dell’Ucraina contraddice il punto precedente, dal momento che sia la centrale nucleare sia la diga sono oggi controllate dalla Russia. Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica (AIEA), all’inizio della guerra nella centrale di Zaporizhjia erano immagazzinate riserve incredibili di plutonio e uranio arricchito, accumulate in violazione dei trattati internazionali. La Russia occupò la centrale sin dall’inizio dell’operazione militare speciale, ritenendola un obiettivo prioritario. Riuscì a recuperare il materiale fissile e a trasferirne una parte più a est, nel territorio russo da sempre. Ne seguirono molti combattimenti, il che induce a credere che non tutto il materiale fosse stato prelevato.

In occasione dei funerali di papa Francesco a Roma, il 26 aprile, i presidenti Trump e Zelensky si sono incontrati nuovamente nella Basilica di San Pietro, a Roma, per 15 minuti. Sembra che abbiano concordato di ripartire su un piano diverso, mettendo da parte tutto ciò che è avvenuto in precedenza: Stati Uniti e Ucraina non parleranno più di guerra, ma di una tregua di un mese, e s’impegneranno insieme nella ricostruzione. Naturalmente questa riconciliazione non risolverà molto, ma permetterà di immaginare il seguito sotto una nuova angolatura.

Scottata dal non rispetto della risoluzione 2202, nonché dalla violazione della recente tregua pasquale, la Russia si è immediatamente dichiarata contraria a una tregua prolungata. Ha invece annunciato unilateralmente la sospensione dei combattimenti in occasione dell’anniversario della vittoria sul nazismo, il 9 maggio; un affronto ai nazionalisti integralisti ucraini, alleati dei nazisti, che si sono affrettati a rifiutare.

 

L’istituzione del Fondo di reinvestimento Stati Uniti-Ucraina

Il segretario al Tesoro, Scott Bessent, e il vice primo ministro ucraino, Yulia Svyrydenko, il 30 aprile hanno firmato a Washington un accordo per la creazione di un Fondo di reinvestimento Stati Uniti-Ucraina. Contrariamente a quanto riferito dalle agenzie di stampa (e da noi riportato, si veda VAI 3394), non si tratta di una semplice riformulazione della proposta statunitense di sfruttamento delle terre rare, ma di un meccanismo radicalmente nuovo.

Lo studio del testo, ora disponibile, mostra che gli Stati Uniti rinunciano al rimborso per le armi fornite all’Ucraina, mentre l’Ucraina rinuncia ad alcune garanzie di sicurezza [6]. Washington propone agli ucraini di gestire congiuntamente sia la guerra sia la ricostruzione del Paese. Kiev avrà accesso a nuovi fondi solo in proporzione ai profitti che le aziende ucraino-statunitensi realizzeranno nel Paese, metà dei quali saranno gestiti dal Fondo comune. Kiev potrà usare questi introiti o per perderli nella continuazione della guerra o per ricostruire il Paese.

L’Ucraina manterrà «il pieno controllo del sottosuolo, delle infrastrutture e delle risorse naturali» ha dichiarato il primo ministro Denys Shmyhal. L’istituzione del Fondo non ostacolerà nemmeno l’adesione dell’Ucraina all’Unione Europea.

Rivolgendosi alla nazione, il 1° maggio il presidente non-eletto Zelensky ha dichiarato: «Abbiamo parlato al presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, della nostra volontà di concludere l’accordo – ne abbiamo discusso nell’incontro al Vaticano. Di fatto, questo è il primo risultato tangibile dell’incontro al Vaticano, che lo rende un avvenimento di portata storica.» [7].

La Verkhovna Rada (il parlamento ucraino) dovrebbe ratificare l’accordo tra il 13 e il 15 maggio.

Il segretario al Tesoro ha dichiarato: «Gli Stati Uniti sono determinati a contribuire per fare in modo che questa guerra crudele e insensata finisca. Questo accordo invia un chiaro segnale alla Russia: l’amministrazione Trump è impegnata in un processo di pace incentrato su un’Ucraina libera, sovrana e prospera a lungo termine. Il presidente Trump ha immaginato questa partnership tra il popolo statunitense e il popolo ucraino per dimostrare l’impegno di entrambe le parti per una pace e una prosperità durature per l’Ucraina. E per essere chiari: nessuno Stato o persona che abbia finanziato o alimentato la macchina da guerra russa sarà autorizzato a beneficiare della ricostruzione dell’Ucraina» [8].

Secondo Reuters, tenuto conto delle incertezze politiche e del tempo necessario per la costruzione di miniere e fabbriche, ci vorrà un decennio, forse più, per ottenere proventi da un accordo sui minerali [9].

In un’intervista a Fox News Digital, il vicepresidente Vance ha dichiarato che si è dato il termine di 100 giorni dalla firma dell’accordo per concludere la pace tra Ucraina e Russia.


Traduzione di Rachele Marmetti

Note
[1] “Le sfide dei negoziati di Donald Trump con la Repubblica islamica dell’Iran”, di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 29 aprile 2025.
[2] « Натовцы готовят кампанию по дискредитации В. Зеленского », Пресс-бюро СВР России, 3 Февраля 2025.
[3] « Quotes from President Volodymyr Zelenskiy’s interview with Reuters », Reuters, February 7, 2025.
[4] «Проект Закону про затвердження Указу Президента України "Про продовження строку дії воєнного стану в Україні"», ерховна Рада України.
[5] «Volodymyr Zelensky : "Stopper la guerre c’est stopper Poutine"», Isabelle Lassere, Le Figaro, 27 mars 2025.
[6] “United States-Ukraine Reconstruction Investment Fund”, Voltaire Network, 30 April 2025.
[7] «Маємо перший результат ватиканської зустрічі, який робить її історичною – звернення Президента», Президент України , 1 травня 2025 року
[8] «Treasury Announces Agreement to Establish United States-Ukraine Reconstruction Investment Fund», US Department of the Tresuary, April 30, 2025.
[9] «US, Ukraine may wait decade or more to see revenue from minerals deal», Eric Onstad & Pavel Polityuk, Reuters, May 1, 2025.
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Comments

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Mara
Monday, 12 May 2025 16:23
Secondo me la Russia non ha abbattuto volutamente obiettivi civili, poiché Zelensk ha approfittato della decisione dell'Aia secondo cui durante le tregua dai combattimenti non si possono colpire obiettivi civili, per farsene Scudo e impiantare li le squadre di militari e mezzi militari perciò in questo caso sarebbero diventati obiettivi militari, non più civili.
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