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Nuova lettera a Liliana Segre

di Elena Basile

Sento il dovere di oppormi ad alcuni argomenti utilizzati da Liliana Segre nell’intervista pubblicata dal Corriere della Sera il 5 maggio 2025. La Senatrice rappresenta una delle voci più autorevoli e lucide della comunità ebraica, una sorta di icona, nel bene come nel male, di un certo potere italiano. Appare essenziale confutare alcune tesi da lei sostenute, proprio in quanto in grado di influenzare l’opinione pubblica, seminando una confusione che potrebbe essere nociva al dibattito democratico.

Spero che la Senatrice non me ne voglia e non mi denunci nuovamente per antisemitismo. Io la leggo con attenzione e rispetto. Mi domando se Liliana Segre faccia lo stesso con i miei scritti e quelli di tanti altri, a cominciare da Moni Ovadia e Raniero La Valle, che esprimono una critica senza indulgenze alle politiche di Israele e non solo al Governo di Netanyahu.

Ecco, in sintesi, le mie obiezioni a una certa retorica che traspare dalle risposte assertive della Senatrice.

 

1. Si afferma, in un inciso, di non voler confondere un governo democraticamente eletto, quello di Netanyahu, con un movimento terroristico, Hamas.

In effetti, Hamas è stato anch’esso eletto democraticamente a Gaza nel 2007 e aveva fatto non poche aperture sul riconoscimento di Israele, che vennero rimandate al mittente.

Con Hamas non è mai stato intavolato un dialogo che avrebbe potuto stabilire un circolo virtuoso, come avvenuto con l’OLP, organizzazione terroristica che ha poi scelto la via politica. Dispiace, inoltre, che la Senatrice non abbia ricordato come Hamas sia stato finanziato dal Qatar con la complicità della CIA e di Israele, al fine di ostacolare la crescita politica dell’Autorità Palestinese, e che le Nazioni Unite stabiliscano che un movimento di liberazione di un popolo dall’occupazione illegale di uno Stato straniero non sia considerato terrorista. In altre parole, quando Hamas uccide i soldati israeliani non è un movimento terrorista, ma lo diventa quando uccide i civili.

Infine, un governo democraticamente eletto ha responsabilità maggiori rispetto a un movimento terroristico, ed è quindi ancora più colpevole se si macchia di crimini di guerra e contro l’umanità, come il Governo di Israele. Frantz Fanon, nel libro I dannati della Terra, ha ricostruito la disperazione dei paria della storia, i rifugiati palestinesi, che hanno scelto necessariamente la lotta armata come palingenesi identitaria di un popolo perseguitato e dimenticato. Se possiamo, quindi, comprendere la disperazione che porta alla violenza, ci riesce impossibile intendere le ragioni del terrorismo di Stato di Netanyahu. Nel mio libro L’Occidente e il nemico permanente, la seconda parte è interamente dedicata al conflitto israelo-palestinese, che attraversa, come è noto, un secolo e più di storia.

 

2. La Senatrice si oppone alla menzione di genocidio per qualificare l’azione del Governo di Israele, sebbene la CIG, organo dell’ONU, abbia chiesto al Governo di Israele di fornire alla Corte le prove delle misure intraprese per evitare il genocidio, considerandolo quindi implicitamente plausibile. Possiamo noi sostituirci al giudizio della Corte? La Convenzione sul genocidio del 1948 ha l’intento di fermare anche solo il tentativo di genocidio, rintracciabile nell’azione concreta di Israele e nelle molteplici dichiarazioni dei componenti del Governo di Netanyahu e dello stesso Trump.

 

3. La Senatrice parla dell’odio tra i due popoli senza nominare l’occupazione illegale, secondo le Nazioni Unite, dal 1967 da parte di Israele dei territori palestinesi, né il regime di apartheid instaurato da Israele in Cisgiordania, dove non esiste Hamas ma è presente l’Autorità Palestinese. Afferma inoltre, come Trump e Netanyahu, che il ritiro dell’esercito israeliano da Gaza nel 2005 sia stata un’opportunità per i palestinesi che non andava sprecata. Dimentica di menzionare che la smobilitazione dell’esercito israeliano da Gaza era dovuta, secondo le leggi del diritto internazionale, al fatto che Gaza non è mai stata israeliana e, cosa ben più grave, non ricorda l’assedio — contrario al diritto internazionale — con cui Israele, già all’epoca, ha centellinato aiuti e risorse ai palestinesi, mantenendoli in una situazione di povertà. Parlare di odio tra due popoli non fotografa con equità una situazione caratterizzata da un popolo espropriato e sotto occupazione, e un altro che colonizza e utilizza la forza in modo arbitrario, creando in risposta la violenza terroristica dei palestinesi, ai quali sono stati levati reali canali politici per poter realizzare lo Stato di Palestina, come da risoluzione 181 dell’ONU del 1947.

 

4. Lo Stato di Israele si autodefinisce ebraico dal 2018. Credo che la comunità ebraica nel mondo venga in questo modo ingiustamente implicata nelle azioni di Israele. Se concordo con la Senatrice nella netta distinzione tra Israele e diaspora, vorrei tuttavia chiedere se non si ritenga un dovere politico e morale, da parte degli esponenti della comunità ebraica, la condanna dell’occupazione israeliana illegale della Palestina. Molti si sono appellati agli esponenti più illustri della diaspora affinché levassero la voce, senza ambiguità, per impedire lo sterminio in corso. La condanna di Israele, l’applicazione delle sanzioni, il riconoscimento simbolico dello Stato di Palestina, l’esecuzione del mandato di arresto di Netanyahu decretato dalla CPI, la fine della cooperazione militare tra USA, Europa e Israele sono, ad avviso della Senatrice, misure opportune per far cessare il conflitto (a mio avviso e ad avviso di tanti altri, anche personalità ebraiche), il genocidio?

 

5. La Senatrice denuncia l’antisemitismo ma non la repressione nelle università statunitensi e in Europa, soprattutto in Germania, delle manifestazioni pacifiche a favore del popolo oppresso di Palestina. L’antisemitismo è stato per secoli rivolto a un popolo per le sue caratteristiche somatiche, per la sua religione e la sua lingua, a una minoranza debole e discriminata, rinchiusa nei ghetti. Come si può parlare di antisemitismo se gli studenti o i pochi intellettuali coraggiosi insorgono con veemenza contro le politiche di Israele e contro tutti coloro che le difendono, ebrei e non ebrei? Se essi denunciano un potere subdolo che maschera, dietro una apparente equanimità, il sostegno alla pedina atlantica in Medio Oriente e alla sua strategia colonialista e ormai di pulizia etnica? Se i tedeschi non avessero ripudiato l’Olocausto e le politiche antisemite, non sarebbero ancora condannati e odiati? La Senatrice non pensa che la disumanizzazione dei palestinesi, realizzata dal Governo di Netanyahu, non sia poi così diversa rispetto a quella che ha colpito gli ebrei?

 

6. Infine, la Senatrice sente il bisogno di paragonare la Russia alla Germania nazista e di sostenere la continuazione della guerra ucraina, possibile grazie al sostegno della NATO a Kiev contro una potenza nucleare, la Russia. Il paragone è, a mio avviso, offensivo verso il popolo russo, che ha registrato 25 milioni di vittime (contro il mezzo milione anglosassone) per liberare l’Europa dal nazismo. La guerra russo-ucraina è, come molti analisti occidentali hanno dimostrato con libri e idonea documentazione, una guerra per procura statunitense contro la Russia, un tentativo di regime change che, dopo tre anni di conflitto, ha massacrato il popolo ucraino e fatto fallire un Paese. Il paragone tra Putin e Hitler non ha nessun fondamento storico, in quanto Mosca, con il PIL del Texas, ingenti materie prime, un territorio immenso e un tasso demografico decrescente, non ha alcun interesse nella conquista dei Paesi europei. La guerra cesserebbe subito se si promettesse un’Ucraina federale, neutrale, vicina economicamente all’Europa ma non militarizzata dagli anglosassoni in funzione antirussa. Sui territori conquistati sarebbe possibile trattare.

Spero che la Senatrice legga con animo privo di pregiudizi le mie argomentazioni, non le consideri un oltraggio oppure, peggio, una manifestazione di odio nei suoi confronti, ma l’espressione della normale dialettica democratica.

Da Senatrice che ha giurato sulla Costituzione, dovrebbe accettare la critica ai suoi punti di vista da parte di tutti i cittadini italiani, inclusa un’ex ambasciatrice, scrittrice ed editorialista de Il Fatto Quotidiano.

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Comments

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eva
Thursday, 31 July 2025 10:55
Elena Basile fa benissimo a rispondere come risponde a Liliana Segre.
La lettera non è una lettera privata, ma pubblica e pubblicata su un giornale, il che significa che informa i cittadini, le cittadine di che senatrice hanno in Parlamento e delle argomentazioni utili nei confronti e dibattiti di tutti i giorni.
Che poi queste informazioni siano veicolate con il "pretesto" di una lettera, nulla toglie al loro valore politico e di informazione/formazione per tutt* e al senso di risorse giustamente investite in una replica
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alberto
Saturday, 10 May 2025 13:55
Consiglierei alla senatrice Segre la lettura del libro di Yaja Faris "relazioni pericolose" per rendersi conto di cosa è veramente il sionismo.
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kruzaros
Saturday, 10 May 2025 11:31
gran bell'articolo ,purtroppo indirizzato a chi non merita tale attenzione.
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Alfred
Friday, 09 May 2025 23:31
Forse alla senatrice e a chiunque si riconosca in quello che esprime su Israele gioverebbe leggere parecchi commentatori di area ebraica. Basterebbe confrontarsi con Norman Finkelstein, Noam Chomsky, Ilan Pappe' e molti altri.
Rispetto la storia della senatrice, ma non vedo perche' deve diventare punto di riferimento per le valutazioni da dare all'operato di Israele. E' chiaro che per lei e molti sionisti Israele rappresenta qualcosa che non e' la stessa che viene misurata con il metro delle minime leggi per i diritti umani internazionali. Bisogna braccarla affinche' modifichi il suo punto di vista o si esprima come la corte penale internazionale o l'Onu? Credo sia tempo perso e non giudico chi con il suo passato si aggrappa a un illusiorio ideale di stato ebraico o morale o quel che preferisce. Probabilmente con la sua storia alle spalle molti troverebbero rassicurante un rifugio illusorio purchessia. Qualche reduce dai lager ancora oggi, tutti i giorni (a Londra e riportato da Moni Ovadia) protesta contro i crimini israeliani, ma non tutti sono uguali e reagiscono allo stesso modo pur avendo attraversato orrori analoghi. Capisco anche Elena Basile che insiste, ma sarebbe preferibile lasciare perdere e concentrarsi nel sensibilizzare chi (di qualsiasi origine), pur avendolo davanti agli occhi, preferisce non vedere il genocidio e l'orrore dello stato israeliano. Non necessariamente persone sioniste o simpatizzanti (che una volta inquadrate si gestiscono come si puo'), ma semplici ignavi che ci circondano e sono legione. Perche' dico questo? Perche' la questione senatrice vs critici di Israele rischia di diventare un teatrino che risucchia tempo ed energie. Che la pensi come preferisce e si confronti con la sua coscienza, non credo che le critiche la smuoveranno dalle sue posizioni. Noi tutti dobbiamo cercare di contrastare le narrazioni che giustificano l'operato di Israele e difendere il nostro diritto di difendere il minimo sindacale di diritti umani sia dei palestinesi che nostri. Perche' protestare contro un genocidio e uno Stato genocida e' un diritto e un Dovere, non un crimine.
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