Ci sono due modi con cui usualmente si parla dell’integrazione europea, delle sue finalità, del suo presente, del suo futuro. Un primo modo è quello di demonizzare eventi e vicende che ne sono all’origine. Un secondo è quello di monumentalizzare quegli eventi e quelle vicende. Approcci entrambi sbagliati, forieri di scelte improvvide. Dovrò per forza di cose confrontarmi con entrambi questi due approcci ideologici, ma mi sforzerò di farne venire alla luce un terzo: storicizzare sempre il discorso, parlare dell’Europa reale, dei suoi lati oscuri non meno che dei suoi lati luminosi.
Grande è la confusione sotto il cielo
Oggi questo approccio non è di moda. Grande è la confusione sotto il cielo. E, con buona pace del compagno Mao, la situazione non è affatto eccellente. A noi tocca fare opera di pulizia nell’oceano di propaganda, di bugie e veleni che vengono quotidianamente sparsi. Ci tocca, se desideriamo realmente costruire un’Unione che i popoli europei possano sentire come loro.
Mettetevi comodi, siate pazienti. Alcuni resteranno delusi. Parlerò male della destra, ma sarò critico e sferzante anche con la sinistra. Con la sinistra che flirta con l’Europa retorica, con l’Europa delle anime belle al centro delle fintamente letterarie rappresentazioni di queste settimane. L’Europa da talk show, da cabaret. L’Europa che si pone la domanda sbagliata – perché non siamo stati invitati da Trump al tavolo delle trattative tra Russi e Ucraini? – invece di chiedersi perché non siamo stati noi a convocare quel tavolo il giorno dopo l’inizio della sciagurata operazione militare speciale di Vladimir Putin.