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seminaredomande

L’orizzonte bellico dell’Occidente fin lassù, in cima al mondo

di Francesco Cappello

Il Mare di Barents, a nord della Norvegia e della Russia, è una parte dell’Oceano Artico. In questo momento, la NATO sta intensificando le sue attività militari nella zona. Nel frattempo si apre il fronte gi guerra caraibico. L’unico modo di controllare gli altri paesi che possiedono materie prime e organizzazione produttiva è quello (illusorio) di controllarli militarmente. La costruzione di una fortezza statunitense come una Israele atlantica

Le forze della NATO conducono pattugliamenti congiunti tra Stati Uniti e Norvegia nel Mare di Barents, ufficialmente con l’obiettivo di monitorare l’attività dei sottomarini russi, in particolare quelli della classe Yasen. Sono stati utilizzati anche aerei di pattugliamento marittimo, come il P-8 Poseidon. Nella stessa zona, la Marina russa ha condotto esercitazioni antisommergibile e ha simulato l’intercettazione di sottomarini nucleari.

Recentemente il comandante Christopher Donahue, responsabile delle forze statunitensi in Europa e Africa, con una carriera prevalente nelle operazioni speciali, ha pubblicamente dichiarato, come farebbe un qualsiasi bullo, che la NATO potrebbe neutralizzare velocemente le difese russe e prendere Kaliningrad in poche ore. Un chiaro tentativo di intimidazione attraverso esercitazioni di attacco militare su strutture russe nella speranza che la Russia possa piegarsi al volere occidentale.

La Russia ha avvertito che un’azione militare contro Kaliningrad potrebbe scatenare una risposta immediata e molto forte, anche con l’uso di armi nucleari.

 

La militarizazione progressiva dell’Artico

Negli ultimi anni, l’Artico ha visto diverse esercitazioni militari di rilievo. Tra le più recenti, nel marzo 2024 si è tenuta l’esercitazione NATO chiamata “Nordic Response 2024”, che ha coinvolto circa 20.000 soldati di 13 nazioni, compresi 800 marinai italiani. Inoltre, a febbraio 2024, l’Esercito Italiano ha condotto l’esercitazione “Volpe Bianca 2024” in Alto Adige, testando le capacità delle Truppe Alpine in ambienti invernali. Anche nel marzo 2025 si è tenuta la seconda edizione di “Volpe Bianca”, sempre con oltre 1.300 militari impegnati in operazioni artiche e subartiche. Gli Stati Uniti stanno rafforzando la loro presenza nella regione anche con altre iniziative, come ad esempio un programma per la costruzione di circa 70-90 rompighiaccio nei prossimi dieci anni.

La Norvegia è un membro fondatore della NATO, quindi fa parte dell’alleanza dal 1949. In Norvegia, ad esempio, sono presenti almeno 12 basi militari statunitensi. Nella regione di Troms è stato istituito un nuovo centro anfibio della NATO, che funge da base di addestramento per le forze alleate, incluse quelle statunitensi, olandesi e britanniche, con un focus particolare sulle operazioni in condizioni artiche. Nel 2024, la Norvegia ha destinato circa il 2,2% del suo PIL alla spesa militare, che corrisponde a circa 10,5 miliardi di dollari assicurando di arrivare al 5% entro il 2035.

La Finlandia è entrata ufficialmente nella NATO il 4 aprile 2023, diventando il 31° membro dell’Alleanza Atlantica Il 4 aprile 2023, abbandonando dopo quasi 80 anni la sua posizione di neutralità militare. Questo ha raddoppiato la lunghezza del confine tra la NATO e la Russia, portandolo a oltre 2.500 chilometri. La Finlandia ha firmato un accordo di difesa nel dicembre 2023 che concede agli Stati Uniti l’accesso a 15 basi già esistenti. Questo accordo è stato approvato all’unanimità dal Parlamento finlandese nel luglio 2024. Inoltre, nel settembre 2024, è stato istituito un comando terrestre della NATO a Mikkeli, che si trova a circa 200 chilometri dal confine russo. Nel 2024, la Finlandia ha destinato circa il 2,3% del suo PIL alla spesa militare, con un ammontare di circa 7 miliardi di dollari assicurando gli USA di incrementarla sino al 5% entro il 2035.

Successivamente anche la Svezia, dopo circa due secoli di neutralità, l’11 marzo 2024, è entrata, diventando così il 32° membro dell’Alleanza Atlantica. La Svezia ha messo a disposizione degli USA l’uso di 17 basi militari. Gli Stati Uniti hanno, inoltre, approvato la vendita di 11 sistemi di lancio HIMARS con gittata sino a 300 km, con consegne previste tra il 2028 e il 2029.

 

Obiettivo Venezuela – detentore delle più grandi riserve di petrolio al mondo

Per legittimare la proprio azione terroristica, gli Stati Terroristi Uniti giustificano l’operazione come parte della lotta ai cartelli della droga, accusando il presidente Maduro e il suo governo di collaborare con il “Cartello dei Soli”, il cartello di Aragua e il cartello di Sinaloa.

In Sudamerica, dopo il 7 agosto 2025, il Dipartimento di Giustizia e il Dipartimento di Stato statunitensi hanno raddoppiato la taglia sulla testa di Maduro, portandola da 25 milioni di dollari a 50 milioni di dollari per informazioni che conducano al suo arresto o alla sua condanna.

Il 2 settembre 2025 — un’imbarcazione nel Mar dei Caraibi meridionale, in acque internazionali, è stata colpita e affondata da un attacco aereo della Marina statunitense. 11 le vittime. Non è emersa nessuna vera prova che si trattasse di un narcotrafficanti. Il segretario di Stato Marco Rubio ha spiegato che l’attacco è stato ordinato da Trump nonostante il potenziale per intercettare l’imbarcazione (interdiction), per trasmettere un messaggio di deterrenza al narcotraffico. Non servono arresti né processi. In pratica, un massacro extragiudiziale.

Dopo l’invio da parte di Washington di tre cacciatorpediniere missilistici e del sottomarino nucleare USS Newport News, che Caracas ha definito un atto di intimidazione, gli Stati Terroristi Uniti hanno ora dispiegato dieci aerei F-35 a Porto Rico, aerei a vettore nucleare contro il narcotraffico.

Recentemente, il 5 settembre 2025, il presidente Trump ha firmato un ordine esecutivo per rinominare il Dipartimento della Difesa in “Dipartimento della Guerra”, ripristinando un nome che risale a prima del 1947.

Continuare a provocare la Russia la più grande potenza nucleare al mondo non si spiega se non considerando il fatto che i paesi occidentali con le loro economie ormai finanziarizzate e indebitati, impiccati all’uso della moneta a debito, sempre più dissociate dall’economia reale avviata alla de industrializzazione forzata si trovano ora in netto svantaggio rispetto al resto del mondo che si sta riorganizzando al di fuori di questo modello parassitario che ha oltre alla de industrializzazione accelera la dedollarizzazione, il perno su cui si fondava il dominio statunitense sul resto del mondo a partire dall’ultimo dopoguerra. Questo modello di dominio globale era stato reso possibile da un sistema coloniale di sfruttamento delle risorse altrui con sistematici cambi di regimi imposti e dall’assoggettamento ai propri interessi delle grandi manifatture come quella cinese (la fabbrica del mondo) e in parte quelle europee, grazie all’euro.

Poiché l’Occidente ha perso qualsiasi primato anche scientifico-tecnologico ed economico e si sta velocissimamente de industrializzando, l’unico modo di controllare gli altri paesi che possiedono materie prime e organizzazioni produttiva è quello di controllarli militarmente. Il declino però si misura sul fatto che anche da questo punto di vista il mondo occidentale vive ormai di rendita, perché il complesso militare industriale, malgrado la volontà di instaurazione di economia di guerra soffre anche lui della mancanza di materie prime (terre rare dell’Ucraina, petrolio del Venezuela, Iran, Libia, artico e Groenlandia, Canada) e di organizzazione industriale produttiva. I dazi non possono certamente risolvere una situazione che è ormai strutturalmente difficilissima per l’isolamento progressivo del mondo occidentale. Da una parte, nel nuovo mondo, un modello secondo cui la finanza è un servizio pubblico al servizio delle economie produttive e dello sviluppo dei paesi del sud globale creando moneta e credito destinati a investimenti produttivi. Dall’altra acquisizioni aziendali predatorie, leva finanziaria e montagne di debito.

Nel mondo si stanno confrontando due modelli economici, politici e sociali. Da una parte il neoliberismo selvaggio, imperialista, colonialista e razzista che ha progressivamente smantellato le leggi internazionali e le sue istituzioni, che ha portato alla finanziarizzazione speculativa e alla deindustrializzazione, dall’altra un modello collaborativo tra Stati autonomi e sovrani fondato sui principi della Carta delle Nazioni Unite.

L’attuale amministrazione statunitense nell’ambivalenza strategica del suo principale protagonista, il presidente Trump, sembra alternarsi tra una strategia, ormani vana, di reimposizione dell’egemonia unipolare USA sul resto del mondo ormai irrimediabilmente perduta e dall’altra, consapevole che la guerra potrebbebbe ora essere importata sul proprio territorio, nella costruzione di una fortezza statunitense come una Israele atlantica protetta illusoriamente da dazi e “Golden Dome”, lo scudo multilivello in grado di intercettare missili balistici, ipersonici, cruise avanzati e altre minacce aeree, in ogni fase—prima del lancio, nel volo e nella discesa dal costo stimato da Trump di circa 175 miliardi di dollari ma che secondo il Congressional Budget Office, la componente spaziale da sola potrebbe costare fino a 542 miliardi nei prossimi 20 anni.

Tralasciamo infine il tentativo di voler capire l’idiocrazia europea che usa lo spauracchio russo per alimentare la volontà di guerra atta a costruire un’armata brancaleone capace di puntellare il sistema Europa, in rapido e irreversibile isolamento e suicida declino.

Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino.

 

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