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sinistra 

Perché la sinistra non è all’altezza dei problemi che deve affrontare?

di Guido Ortona

schlein linkiesta.jpgOsservazioni preliminari. L’autore di questa nota ha militato a sinistra per circa 60 anni; ed è stato ricercatore e poi professore di Politica Economica per più di 50. Scrivo questo perché le cose che leggerete potranno apparire banali, spero anzi che sia così; ma può essere utile sapere che queste banalità sono il risultato di decenni di pratica e di studio. Per “sinistra” intendo l’area a sinistra del PD, e una parte minoritaria di esso, la cui estensione non sono in grado di valutare.

 

1. Occorre affrontare i grandi problemi. La situazione politica generale in Italia (ma le considerazioni che faremo valgono anche per altri paesi) è grave e pericolosa, ma ha almeno un vantaggio: dovrebbe obbligare la sinistra a mettere al centro della propria proposta politica le grandi scelte, che invece preferisce trascurare, per vari motivi. Discutere di questi motivi e della loro importanza è il tema di questo articolo.

Le grandi scelte che non possono più essere eluse sono l’alternativa fra accettare le politiche europee o no, e quella fra tassare i ricchi o no. Chiamo queste alternative “grandi scelte” per questo: non è possibile proporre serie politiche di sinistra se non vengono affrontati questi nodi. Il motivo di ciò è che se non interviene con serie politiche di rottura su quei punti, allora mancheranno necessariamente le risorse per qualsiasi politica di sinistra di ampio respiro; il che renderebbe, e rende, impraticabile qualsiasi proposta di politiche economiche di sinistra che aspiri a incidere in modo significativo sulla nostra società.

L'Italia dovrà pagare (almeno) 10 miliardi all'anno per ridurre il disavanzo pubblico onde rispettare i vincoli europei sul rientro dal debito. Ma non basta: questa somma si aggiunge al normale servizio del debito, per un totale, a quanto pare, compreso fra 80 e 100 miliardi all’anno. Una parte, circa un quarto, ritorna come interessi sulla quota di debito detenuta dalla Banca d’Italia; ma per quanto riguarda l’attivazione sull’economia del nostro paese il resto è sostanzialmente buttato via - si tratta di almeno il 3% del PIL.

E’ evidente che se si accetta che il 3% del PIL (e quindi circa il 7% delle entrate fiscali) venga sottratto all’economia reale, diventa velleitario rivendicare più servizi sociali e più investimenti pubblici. Si possono trovare altrove risorse significative? A prima vista, si potrebbe intervenire sull’evasione fiscale, che ammonta a circa 90 miliardi all’anno; ma su questa ipotesi è bene essere chiari. E’ giusto combattere tale evasione, ma essa è costituita perlopiù dalla somma delle tasse non pagate da piccoli operatori (i grandi eludono il fisco più che evaderlo). Obbligarli a pagare avrebbe pesanti effetti di stagnazione e di inflazione; e sposterebbe risorse dai privati allo Stato, senza aggiungere risorse all’economia nazionale. Ciò che invece si può fare è tassare i ricchi. Tassare i loro redditi è difficile, perché possono decidere dove produrli e farli tassare lì. E’ però agevole tassare i loro patrimoni, in particolare la ricchezza finanziaria, e per loro sarebbe praticamente impossibile evadere o eludere l’imposta relativa. Dal momento che la loro ricchezza finanziaria è investita perlopiù in speculazioni a breve e la quota investita in investimenti reali viene investita ovunque nel mondo e quindi in misura molto limitata in Italia, i proventi di un’imposta patrimoniale a loro carico sono sostanzialmente risorse aggiuntive. E non di poco conto: un’imposta dell’1% sulla sola ricchezza finanziaria non in “nero” del solo 20% più ricco delle famiglie italiane renderebbe più di 40 miliardi.

 

2. Perché non si fa di più. Tassare i ricchi e opporsi al Bruxelles Consensus è quindi necessario. Però la sinistra non mette le corrispondenti lotte al centro del suo programma. In altri termini, su quei temi così importanti rifiuta il conflitto. Ma perché lo rifiuta? E’ utile a questo punto osservare che questa inadeguatezza della sinistra italiana nell’affrontare i “grandi problemi” non è qualcosa di originale né nel tempo né nello spazio. Ciò sta succedendo in buona parte dell’Europa; e storicamente è successo molto spesso nei momenti difficili, vedi il “né aderire né sabotare” del Partito Socialista che nel 1915 propiziò l’entrata in guerra o l’obbedienza del governo di Weimar ai diktat dei mercati finanziari nella crisi del 1929. In entrambi i casi le conseguenze sono state catastrofiche, a dimostrazione che non necessariamente la scelta che appare più logica è quella giusta.

In presenza di un comportamento diffuso, dobbiamo cercare una causa strutturale. La mia ipotesi è questa: non esiste uno strato di dirigenti politici che abbiano interesse a occuparsi seriamente dei grandi problemi. E questo, si badi, non per loro cattiveria o limitatezza (che naturalmente, ove presenti, e purtroppo lo sono molto spesso, aggravano comunque il problema), ma per una caratteristica fondamentale (e preziosa) di una democrazia, e cioè il fatto che la politica viene fatta da professionisti – tranne che al livello di base. Per usare la valida terminologia della mia passata professione di studioso delle scelte collettive, gli imprenditori politici non sono interessati a proporre la soluzione dei “grandi problemi”, perché a loro conviene fare proposte di livello più basso.

Cerco di chiarire. Ci sono tre tipi di militanti di sinistra (sto semplificando molto, ma ricordo che questa tripartizione è sostanzialmente quella proposta da Gramsci – p. 757 dell’Antologia curata da P. Spriano per gli Editori Riuniti).

Il primo tipo di militante sono i militanti di base, quelli che riempiono (giustamente) le piazze. Lo facciamo per il (giusto) sdegno nei confronti delle politiche di destra, e per la (giusta) esigenza di “fare qualcosa”. E’ evidente che non è a questo livello di militanza che si può chiedere che si formino proposte sui “grandi problemi”. Si può –e si deve- scendere in piazza per rivendicare l’estensione della Sanità Pubblica; ma sarebbe molto meglio scendere in piazza per rivendicare non solo questa estensione, ma anche dove si trovano i soldi, e questo richiede un’elaborazione che non nasce dalla piazza.

Il secondo tipo di militanti sono i militanti impegnati nelle istituzioni di governo locale, o in altri enti della società civile, come i sindacati ufficiali. Costoro devono tipicamente svolgere un lavoro quotidiano che richiede compromessi, come normale in politica. Devono quindi impegnare tutto il loro tempo e le loro capacità per ottenere il consenso di forze più moderate. In queste condizioni esporsi su un tema di livello nazionale di rottura e poco praticabile come una tassa sui patrimoni dei ricchi è non solo inutile ma dannoso, in quanto ostacola il raggiungimento dei compromessi che è giusto ricercare. Due sviluppi di ciò sono molto probabili, forse inevitabili. Un (per esempio) consigliere comunale aspira a incarichi ulteriori, al tempo stesso più prestigiosi e in cui potrà meglio perseguire gli obbiettivi politici che si propone, compito per il quale sa (o crede) di essere la persona adatta. Perché dovrebbe mettere a repentaglio tutto ciò polemizzando su questioni irrilevanti per la prassi politica? Di qui a ritenere che “le grandi questioni” sono poco rilevanti, roba da giovani o ingenui, e quindi a non pensarci, il passo è brevissimo. (Si noti che questo disinteresse per le grandi scelte non contrasta con l’impegnarsi sulle grandissime scelte, quelle su cui tutti sono d’accordo, come “la salvezza del pianeta”, e nemmeno con quelle di principio, come i diritti delle minoranze sessuali; anzi, lo richiede a dimostrazione di essere di sinistra). Quindi non è nemmeno a questo livello che si può chiedere che nascano i programmi sui “grandi problemi”, né che su di essi si organizzi la mobilitazione.

Infine ci sono i dirigenti nazionali. Costoro provengono (o dovrebbero provenire) dalla militanza, come è giusto perché un dirigente deve essere riconosciuto dai militanti di base (quel poco che c’è) come uno dei loro. Non avranno né il tempo né una storia politica che possa indurli a dedicare tempo ed energie alla elaborazione di un programma fatto di pochi punti essenziali (anche se a volte vengono proposti programmi di decine di punti, per ciò stesso privi di significato), cosa che richiede studio e applicazione (come non si stancava di ripetere Gramsci; e anche Lenin). E qui si crea un circolo vizioso: saranno indotti a promuovere quelle attività (come la protesta di piazza) che servono alla coesione e all’estensione del movimento e quei temi abbastanza generici e indiscutibili da consentire di evitare la necessità di elaborazioni specifiche (“l’Europa dei popoli” ma non “lotta per cambiare lo statuto della BCE”); e/o a privilegiare i temi dei diritti individuali, per i quali si lotta sul terreno del conflitto ideologico, rispetto a quelli che richiedono di scendere sul terreno del conflitto sociale (la battaglia –più che giusta- per i diritti delle minoranze sessuali invece anziché in aggiunta a quella per la redistribuzione); e infine a promuovere lotte difensive, di cui c’è molto bisogno in questi decenni di attacco ai diritti e che quindi favoriscono la mobilitazione, e danno per conseguenza l’illusione di essere sufficienti (“lottiamo contro la distruzione della Sanità Pubblica”; giustissimo, ma quanto sarebbe meglio se si avesse lo stesso livello di mobilitazione a favore di una proposta di riforma seria e praticabile del sistema sanitario, con l’indicazione di dove trovare i soldi). Nemmeno a questo livello è quindi da aspettarsi una elaborazione sufficiente. Se è comprensibile che i dirigenti nazionali trascurino i “grandi problemi”, non è però giustificabile. La responsabilità è loro. Anche in questo caso, come 110 anni fa, il comportamento più naturale non è quello giusto.

Parlando degli ultimi due livelli non ho considerato la corruzione, che pure è largamente diffusa, e certamente rende ancora più difficile la mobilitazione sui grandi problemi. L’ho fatto a ragion veduta, perché ciò che volevo suggerire è che gli esponenti di sinistra non riescono a essere all’altezza anche se non sono corrotti. Ma la realtà è più sfumata. Anche qui faccio una tripartizione: un dirigente politico può essere integerrimo, può essere corrotto e può essere una via di mezzo, vale a dire non lasciarsi corrompere ma al tempo stesso non mettere a repentaglio la propria carriera politica, cosa che richiede, come abbiamo visto, di non mettere al centro della propria militanza i “grandi problemi”. Ritengo che il dirigente di sinistra tipico rientri in quest’ultima categoria.

 

3. Conclusioni. Riassumendo fin qui: se la sinistra vuole praticare una lotta politica efficace non può più ignorare i grandi problemi; e tuttavia essi vengono ignorati. Vediamo tutti i giorni le gravi conseguenze di quanto sopra. I militanti di base sono disorientati; è diffusa la convinzione che sia normale non prendere posizione sui grandi temi, in effetti molti pensano che sia sbagliato occuparsene perché tanto non c’è nulla da fare; e infine si giustifica l’ignoranza (la si autogiustifica per i dirigenti) – “sono cose da economisti”.

Inoltre, ignorare i grandi problemi è probabilmente la causa principale della perdita di consenso elettorale a sinistra. Ci si può rallegrare per qualche vittoria in elezioni locali, ma gli strati sociali che dovrebbero essere il riferimento della sinistra a grande maggioranza si astengono (o votano a destra), e questo è grave e pericoloso. Se un elettore non vota, il motivo è ovviamente perché non vede proposte credibili all’altezza dei problemi che lo riguardano direttamente. Il messaggio che un elettore che si astiene manda alla classe politica è “tanto qualsiasi proposta facciate non cambia nulla”. E questo vuol dire che richiede che la sinistra faccia delle proposte che incidano sui problemi di fondo, e siano realistiche. Quell'elettore sa, per esempio, che è inutile chiedere più soldi per il sistema di welfare se non si dice dove trovarli. Sa anche che non si può continuare con le politiche di austerità imposte dall’Europa. E giustamente non si fida di una sinistra che invece non lo sa.

I dirigenti della sinistra non fanno insomma ciò che dovrebbero fare. Ne segue che oggi uno dei compiti principali, forse il principale, dei militanti di sinistra è premere sui propri dirigenti perché siano più responsabili. E’ un compito che spetta a tutti, ma soprattutto agli scienziati sociali di sinistra (una volta si sarebbe detto “agli intellettuali”), sia per le loro conoscenze, sia perché nonostante tutto godono ancora di un minimo di ascolto presso i politici, anche se sempre meno.


This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.. Novembre 2024.
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Comments

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Mattia
Saturday, 30 November 2024 19:56
"La sinistra-specialmete il Pd,non è all'altezza dei grandi problemi che deve affrontare",perchè,da più di un decennio,ha abdicato al suo ruolo storico di forza di cambiamento,si è conformisticamente appiattita sulla gestione dell'esistente.Ha partecipato a tutti i governi-escluso il Conte1°- senza mettere in campo e realizzare programmi credibili,per cui il consenso è andato di elezione in elezione declinando.Senza la cultura e la pratica del conflitto,senza vere riforme civili e sociali,con leader di corta vista,non c'è da meravigliarsi che il Pd ( e non solo) fatichi ad elaborare risposte concrete ai grandi problemi che attanagliano la società italiana,mentre domina la destra postfascista e l'Ue.mentre infuriano le guerre vicine e lontane.Non bastano le critiche facili al governo Meloni,è tempo che Pd e Avs si interroghino sulle ragioni per cui tanti che votavano a sinistra,disertano le urne.La maggior parte degli astenuti sono i delusi della politica della sinistra rosa.La sinistra,come rileva Guido Ortona,ha dimenticato la cultura della pace,del fisco equo e progressivo,dei milioni di precari,della sanità che diventa sempre più un privilegio di chi ha risorse economiche,della povertà assoluta e relativa....La sfida per la sinistra è impegnativa:bisogna che essa si riappropri,riscopra i suoi principi e valori fondativi a partire da quello gramsciano di egemonia,indispensabile per motivare i cittadini alla partecipazione,alla politica.L'alternativa può partire da qui,ma impone scelte impegnative,coerenti per tutti :militanti,leader,cittadini determinati a contrastare questo governo che va assumendo di giorno in giorno preoccupanti,inquietanti tratti autoritari.
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Ros*Lux
Sunday, 01 December 2024 10:10
quote].La sfida per la sinistra è impegnativa:bisogna che essa si riappropri,riscopra i suoi principi e valori fondativi a partire da quello gramsciano di egemonia,indispensabile per motivare i cittadini alla partecipazione,alla politica.

@mattia...
Nel tuo commento ,in parte condivisibile , c'è però una rimozione della realtà enorme (rimozione riscontrabile anche nell'articolo in commento) evidenziata nella citazione di sopra.
Questa finta sinistra,ovvero il PD ,che è ancora il partito più votato non dimentichiamolo,ha prodotto una sua egemonia culturale attraverso il neofemminismo,capace di mobilitare centinaia di migliaia di manifestanti contro la violenza di genere (Sic!) con il supporto entusiasta di Media,Governi, Establishment...Di tutta la classe dirigente.
Attenzione... questa è il sintomo più evidente dell'egemonia culturale che fa diventare senso comune l'ideologia delle nuove imprenditrici, manager,professioniste,docenti universitarie impegnate in una cordata sociale per l'integrazione nella nuova classe dirigente.
Per non svolgere il solito "teorema" , discorso astratto senza un minimo riferimento alla realtà dei fatti...Come quello dell'articolo in commento...propongo di prendere in considerazione l'esemplare attività della
Fondazione (ex?) Socialista Giacomo Brodolini , padre dello Statuto dei Lavoratori,del diritto al reintegro nel posto di lavoro ...art.18, pubblica quasi solo esclusivamente una rivista femminista "In Genere" ...tipicamente neofemminista ....che non si interessa delle lavoratrici licenziate da reintegrare o reintegrate (neanche per verificare quante siano ogni anno, se siano più o meno dei lavoratori... ad esempio),ma di censire le locuzioni politicamente scorrette sui giornali che promuoverebbero la violenza di genere...ed altre iniziative simili con erogazione di fondi per milioni di euro, proventi dall'UE.
La fondazione Brodolini promuove da oltre un decennio ormai la lotta di genere in luogo della lotta di classe per l'affermazione del diritto al reintegro di lavoratrici e lavoratori ,vittime di licenziamenti illegittimi.

Ovviamente la stessa fondazione riesce ad ignorare la giornata lavorativa legale di 13 ore ed oltre in vigore dal 2003 (dlgs 66)in Italia e dall'anno scorso in Grecia ...Ma promuove anche all'estero le politiche di genere...
Questo quadro è esemplare della sostituzione del Socialismo scientifico con l'ideologia irrazionalista antiscientifica degli studi di genere ovvero Neofemminismo , transfemminismo etc, elaborati nelle stesse università che hanno elaborato e promosso l'egemonia culturale dell'ideologia neoliberista.
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AlsOb
Sunday, 01 December 2024 17:57
L’intervento di Guido Ortona, che è uno dei più intelligenti e preparati scienziati sociali e studiosi di economia e capitalismo, secondo un solido punto di vista di sinistra, ha il rilevante, centrale scopo di indicare quale deve essere il comportamento di una autentica sinistra e partito di sinistra: cioè la non conoscenza dei fatti e del capitalismo, il bieco opportunismo, la cialtroneria, il trattare i militanti e elettori come minorati mentali non dovrebbe essere una accettabile, regolare opzione.
Di fronte alle varie contingenze, dovrebbero essere presentate e discusse adeguate analisi scientifiche dei fatti, le possibili, specifiche grandi scelte, con relativa giustificazione; e in questo processo assumerebbero un particolare ruolo gli scienziati sociali, a cui Ortona fa riferimento, dato che certe conoscenze, oltre a richiedere una personale sensibilità, come direbbe Keynes, esigono spesso anche un paio di decenni di studi e riflessioni.
La sinistra a cui poi Ortona si indirizza, per quanto delineata in modo abbastanza suggestivo, resta sostanzialmente potenziale, per non volere o riuscire a incarnare i principi comportamentali motivatamente raccomandati, ovvero per neanche esistere al momento.
Dagli anni settanta, in modo esplicito, la classe dominante ha portato avanti in modo spietato una agenda neoliberale nazifascista e imperialistica e gran parte di quella che viene etichettata come sinistra ha aderito e promosso tale programma, perciò la diffusione di distrazioni e pseudometafisica sono state la norma.
Con la sinistra, o supposta tale, a svolgere un siffatto ruolo compressore di manipolazione, le narrazioni sono diventate la ripetizione univoca delle fake news e mistificazioni dei mediocri e noiosi propagandisti dei giornali e televisioni controllati dai dominanti.
Pertanto, un primo semplice passettino che potrebbe compiere chiunque è di sinistra, dovrebbe consistere nel perseguire un irrobustimento ideologico e di senso critico, così da non perdere tempo a dare troppa importanza alle mistificanti informazioni provenienti dai media dominanti.
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Fabrice
Friday, 29 November 2024 19:37
1. " “lottiamo contro la distruzione della Sanità Pubblica”; giustissimo, ma quanto sarebbe meglio se si avesse lo stesso livello di mobilitazione a favore di una proposta di riforma seria e praticabile del sistema sanitario, con l’indicazione di dove trovare i soldi", Guido Ortona

Un contributo operativo in questo senso che smaschera il mito che ci vogliano chissà quanti soldi per ripristonare una sanità pubblica efficiente ed efficace, arriva!

"La sanità in Italia mostra una “grave mancanza di risultati”: “non serve rifinanziare, serve cambiare”, professor Alessandro Capucci. “I costi della sanità sono principalmente legati all’amministrazione” ", Press Kit, 30 ottobre 2024

“Tutti sentiamo costantemente dire che il sistema sanitario non è sostenibile, ma questa insostenibilità probabilmente non è legata solo al suo costo, bensì alla mancata produzione di risultati apprezzabili in termini di salute, sia dal punto di vista diagnostico che terapeutico”.

Un caso concreto per spiegare dove sta andando la sanità in Italia. Inizia così la requisitoria del professor Alessandro Capucci al Convegno ECM e di presentazione della Fondazione TDC19 ETS: “Sanità alla luce dell’esperienza pandemica: strategie di prevenzione e cura”.

“Recentemente, un caso di due mesi fa: una persona di 72 anni, che sviluppa una patologia da Covid, positiva anche al tampone, viene ricoverata dopo 6-7 giorni per dispnea importante, e presenta un classico quadro polmonare con una PO2 bassa e una PCO2 normale. Quindi, un problema trombotico e non da polmonite intestinale vera, un classico caso di Covid, e decede senza essere stato trattato con eparina, nonostante fosse trivaccinato. Questo per dire come uno dei mantra fosse che il vaccino vi impedirà una malattia severa. Ancora oggi, purtroppo, ci stiamo dirigendo in questa direzione.

Quindi, quando si parla di un sistema in crisi e ci viene detto che la sanità è in crisi, è uno dei dibattiti che ascoltiamo tutte le sere.

Crisi, in greco, vuol dire cambiamento, per cui dovremmo già pensare a un cambiamento. Tuttavia, ciò che sentiamo ripetere è rifinanziamo, finanziamo di più ciò che già esiste. Non c’è, dunque, alcuna idea di cambiamento.

Proseguimento:

https://presskit.it/2024/10/30/la-sanita-italia-mostra-grave-mancanza-risultati-non-serve-rifinanziare-serve-cambiare-professor-alessandro-capucci-costi-della-sanita-principalmente-legati-allamministrazio/

In particolare , i seguenti passaggi finali dell'articolo:

Nel 1992, già prima della Legge Bindi, si aprì la strada all’aziendalizzazione, con nomine politiche dei leader delle aziende sanitarie e dei primari ospedalieri, creando un sistema di valutazione degli obiettivi focalizzato sui risparmi, anziché sulla qualità delle cure. Più risparmi, più premi.

Infine, l’analisi dell’Oxia del gennaio 2023 mostra come la crisi economica stia esasperando la contraddizione tra risorse e sanità, in particolare nel rapporto tra pubblico e privato, mettendo in pericolo la sopravvivenza del sistema pubblico. Il privato è agevolato fiscalmente, come dimostrato dall’ultimo decreto del governo Draghi. Le proposte per il rifinanziamento del sistema, come quelle avanzate dal CGIL, dalla Regione Emilia-Romagna e dal Gimbe, prevedono di mantenere lo stesso sistema, semplicemente rifinanziandolo, senza alcuna riforma strutturale.

L’ultimo punto riguarda l’integrazione tra territorio e ospedali, come il caso del CAU (Centro di Assistenza Urgente) introdotto in Emilia-Romagna. Tuttavia, anche qui, senza una preparazione medica adeguata alla base, le strutture non sono sufficienti a garantire un sistema efficiente. Questo emerge anche da un recente caso clinico a Bologna: un paziente di 62 anni con colesterolo leggermente alto, normoteso e senza patologie gravi, ha sviluppato dolori al torace e, rivolgendosi al medico di medicina generale, è stato indirizzato al CAU. Il CAU ha suggerito di recarsi al pronto soccorso, dove, dopo una serie di esami negativi, è stata prenotata una visita cardiologica a distanza, lasciando il paziente insoddisfatto, che si è rivolto al settore privato. Questo evidenzia che nessuna struttura è veramente funzionale se non c’è un’adeguata preparazione medica alla base.

I costi della sanità, infatti, sono in gran parte legati all’amministrazione, e la regionalizzazione ha comportato un aumento dei costi. Quando si parla di rifinanziare, bisognerebbe invece parlare di rirazionalizzare, per rendere il sistema sanitario più efficiente e sostenibile.”

2. La domanda iniziale "Perché la sinistra non è all’altezza dei problemi che deve affrontare?" posta da Guido Ortona dovrebbe essere corretta nella seguente domanda:

"Perché l'attuale sinistra italiana, quella rappresentata in parlamento, non può mai esser all’altezza dei problemi che deve affrontare?"

Ecco delle risposte , arrivano nei prossimi punti

3. Il disastro dell'euro previsto con precisione e in tempi utili da economisti e politici!!

3A. L’euro è una follia: lo diceva anche Draghi, lo dicono tutti
22/11/17

La notizia è di quelle clamorose: anche Mario Draghi giudicava l’euro una sciocchezza economica. Erano gli anni Settanta ed il futuro presidente della Bce, allora studente di economia alla Sapienza di Roma, seguiva appassionatamente la dottrina di Federico Caffé. «Chi frequentava le sue lezioni – ricorda Draghi in un’entusiastica biografia di Stefania Tamburello – lo vedeva come un modello a cui ispirarsi». Come detto, però, la rivelazione non sta tanto nella curiosa infatuazione giovanile per le teorie keynesiane, quanto piuttosto nella tesi di laurea che guadagnò al promettente economista la lode accademica e l’incarico, ambitissimo, di assistente personale del professor Caffè. S’intitolava “Integrazione economica e variazione dei tassi di cambio” e, come ammette lo stesso Draghi nel libro della Tamburello (“Il Governatore”, Rizzoli, 2011, pag. 23), sosteneva che «la moneta unica era una follia, una cosa assolutamente da non fare». Ora io non so che cosa direbbe il Draghi del “whatever it takes” del Draghi euroscettico. Immagino però che l’intellighenzia di Bruxelles lo taccerebbe di populismo, abusando di una categorizzazione liquidatoria che non riesce più a contenere, né per il numero né per il profilo, la ragguardevole polifonia di quegli economisti che hanno rilevato l’anomalia strutturale dell’euro.

Riferimento e proseguimento:

https://www.libreidee.org/2017/11/leuro-e-una-follia-lo-diceva-anche-draghi-lo-dicono-tutti/

PS i post integrativi con la dicitura iniziale "Socrate" e firmati Fabrice sono i miei

3B. “Margaret Thatcher sapeva che l’Euro avrebbe devastato l’Europa”
by Peter Oborne, novembre 2010.

La prossima settimana saranno 20 anni da quando Margaret Thatcher fu per l’ultima volta primo ministro. Seppur sotto pressione da più fronti, alla fine lei venne distrutta dall’euro prima ancora che esso nascesse.
Nel week-end del mese di ottobre 1990, si recò a un vertice europeo a Roma, dove il sogno di Jacques Delors ‘di Unione monetaria europea era all’ordine del giorno. Ma mentre la signora Thatcher stava combattendo la sua battaglia solitaria contro la moneta unica Geoffrey Howe, il suo critico di gabinetto più amaro, andò in televisione a dire all’intervistatore Brian Walden che, in linea di principio la Gran Bretagna non si opponeva all’euro.
Nella sua dichiarazione una volta tornata a casa, fu costretta a schiaffeggiare pesantemente Howe: “questo governo crede fermamente nella sterlina!!.” Howe si dimise, e giorni dopo consegnò il famoso discorso dai banchi posteriori del parlamento che misero in moto la gara per la leadership.
Oggi, leggendo l’autobiografia di Margaret Thatcher, pubblicata la prima volta nel 1993, si ha la sensazione di essere difronte alla lettura di una profezia.
Essa mostra quanto profondamente e con quale straordinaria saggezza aveva esaminato le proposte di Delors per la moneta unica. La sua obiezione prevalente non era sconsiderata o xenofoba, come i critici successivi hanno più volte sostenuto.
Era economica. Nel 1990, la signora Thatcher aveva previsto con dolorosa chiarezza la devastazione che il vincolo dell’Euro poteva causare. La sua autobiografia registra, come ha ammonito John Major, il suo euro-friendly Cancelliere dello Scacchiere, che la moneta unica non poteva ospitare potenze industriali come la Germania e paesi più piccoli come la Grecia. Nelle sue previsioni la Thacher diceva che la Germania sarebbe stata fobica per l’inflazione, mentre l’euro si sarebbe rivelato fatale per i paesi più poveri perché avrebbe “devastato le loro economie inefficienti”.

Riferimento e proseguimento:

http://democraziaesovranita.blogspot.com/2013/04/margaret-thatcher-sapeva-che-l-avrebbe.html

3C. Politici italiani del PCI.

https://canalesovranista.altervista.org/dalema-su-maastricht-distorsione-in-senso-neoliberista-delleuropa-29-ottobre-1992/

https://canalesovranista.altervista.org/moneta-unica-prof-mario-nuti-l-unita-20-ottobre-1978/


3D. Politici italiani dell' MSI.

https://canalesovranista.altervista.org/il-msi-su-maastricht-riflettere-bene-prima-di-legarci-mani-e-piedi-alla-bundesbank-17-settembre-1992/

https://canalesovranista.altervista.org/trattato-di-maastricht-incostituzionalita-msi-cesare-pozzo/

4. La Vera Domanda!

Visto e considerato che diversi politici ed economisti già sapevano che l’euro sarebbe stato un disastro economico e sociale , se togli a uno stato i principali strumenti di politica economica e finanziaria diventa una colonia e una colonia senza alcuna sovranità monetaria sarà solo da sfruttare e impoverire e mai da valorizzare , e allora come mai non hanno potuto parlare su TV e giornaloni, chi era l’ispiratore occulto di procedere verso il disastro dell’euro? La risposta nei prossimi due punti!

4A. Altiero Spinelli scrive infatti nel suo Diario il 12 aprile 1953: “Per quanto non si possa dire pubblicamente, il fatto è che l’Europa per nascere ha bisogno di una forte tensione russo-americana, e non della distensione, così come per consolidarsi essa avrà bisogno di una guerra contro l’Unione Sovietica, da saper fare al momento buono in cui il regime poliziesco sarà marcio[...].” [2]
L'unità europea non è quindi un qualcosa di a sé stante fatta sulla Luna, ma che va inquadrata nella realtà concreta in cui viene concepita e sorge; sin dall'inizio, in particolare, non è disgiungibile dalla strategia e dagli interessi dell'imperialismo statunitense.
Negli ultimi anni di vita, è ancora Altiero Spinelli a riconoscerlo e anzi a rivendicarlo apertamente, intervenendo al congresso del Partito Radicale nel 1985: “Ci sono essenzialmente due metodi che sono contemporaneamente in opera; c'è il tentativo […] di un'Europa che sia fatta dagli europei. E c'è contemporaneamente il tentativo di un'Europa che sia fatta dagli americani. E vorrei che non ci sdegnassimo inutilmente, e in fondo non seriamente, di questa seconda alternativa. L'unità imperiale sotto l'egida americana è certo anche assai umiliante per i nostri popoli ma è superiore al nazionalismo perché contiene una risposta ai problemi delle democrazie europee, mentre il ritorno al culto delle sovranità nazionali non è una risposta. [...]
Le due forme stanno procedendo insieme e noi le vediamo sotto i nostri occhi; e guardate, non si può abolire l'una nella misura in cui si sviluppa l'altra. [...] È attraverso queste due che l'Europa va muovendosi.
[…] Ebbene, noi abbiamo una serie di eserciti apparentemente nazionali inquadrati sotto il comando americano e nel sistema imperiale americano. E la responsabilità fondamentale della difesa dell'Europa ce l'hanno oggi gli americani. Noi formiamo truppe di ausiliari.” [3]
Più chiaro di così
Non può quindi sorprendere quanto appare nero su bianco nei documenti dell'intelligence Usa venuti alla luce grazie al ricercatore della Georgetown University Joshua Paul e ripresi dal Telegraph in un articolo del 2000: nel 1948 venne creato il Comitato Americano per l'Europa Unita (ACUE), guidato dall'ex capo dell'OSS (poi CIA) William J. Donovan e da Allen Dulles, poi capo della Cia. [4]
Il Comitato, attraverso finanziamenti delle fondazioni Rockefeller e Ford, aveva il compito di sostenere e indirizzare la campagna per l'integrazione politica europea in chiave anti-comunista, in particolare finanziando il Movimento Europeo e la Campagna Giovanile Europea. [4]
Secondo questi documenti desecretati, il Comitato disponeva a metà degli anni '50 di circa 1 milione di dollari all'anno; nel 1958, per esempio, fornì il 53.5 per cento dei fondi del Movimento.
Fu ad esempio un memorandum del 26 luglio 1950 firmato dal generale Donovan a dare istruzioni per mettere in atto una campagna per promuovere la creazione del Parlamento europeo. [5]
Non si tratta quindi di complottismo, ma semplicemente della dimostrazione di una lucida e dichiarata strategia politica dell'imperialismo statunitense, accettata da gran parte delle classi dirigenti europee, che ha accompagnato sin dalle origini il mitico progetto comunitario.
Come scrive Brzezinski, “L’ Europa unita doveva fungere da strumento di colonizzazione Usa e testa di ponte verso il continente asiatico.” [6] Per caso vi suona familiare?
È del resto ancora Altiero Spinelli, con encomiabile schiettezza, a darne conferma nel suo Diario descrivendo il suo viaggio negli Usa del 1955: “Assai più interessante è stato l’incontro con Richard Bissell – Central Intelligence Agency. Ha mostrato subito un assai vivo interesse per i miei piani, ed ha promesso di intervenire presso Donovan e presso la Ford Foundation. [...] Ho visitato Donovan. Era presente anche Hovey, Executive Director dell’American Committee on United Europe [...] entrambi entusiasti del mio piano. Donovan si è impegnato formalmente a cercar fondi. Ha approvato la mia decisione di far in modo che sia io a dirigere l’operazione. […] Praticamente ho ottenuto la garanzia dell’appoggio dell’USIA, della Ford Foundation e dell’ACUE. Più di questo non potevo sperare.” [2]

Riferimento e proseguimento:

https://www.lacittafutura.it/esteri/il-mito-reazionario-dei-padri-fondatori-dell-ue


4B. https://www.italiaoggi.it/news/la-ue-fatta-nascere-dalla-cia-2053384

In particolare il seguente passaggio finale da sottolineare col pennarello rosso:

"L'archivio scoperto da Paul contiene anche un memorandum datato 11 giugno 1965 in cui la sezione «affari europei» del dipartimento di stato Usa consiglia al vice-presidente dell'allora comunità economica europea, l'economista francese Robert Marjolin, di perseguire l'obiettivo dell'unificazione monetaria europea agendo sottotraccia: gli raccomanda di sopprimere il dibattito al riguardo fino al momento in cui «l'adozione di tali proposte diventerà virtualmente inevitabile»."

4C. http://www.storiainrete.com/10942/in-primo-piano/lunione-europea-lha-fatta-nascere-la-cia/

In particolare il seguente passaggio finale da sottolineare col pennarello rosso:

"L'archivio scoperto da Paul contiene anche un memorandum datato 11 giugno 1965 in cui la sezione «affari europei» del dipartimento di stato Usa consiglia al vice-presidente dell'allora comunità economica europea, l'economista francese Robert Marjolin, di perseguire l'obiettivo dell'unificazione monetaria europea agendo sottotraccia: gli raccomanda di sopprimere il dibattito al riguardo fino al momento in cui «l'adozione di tali proposte diventerà virtualmente inevitabile»."

5. Altra Vera Domanda!

"L’EUROPA PUO’ CAMBIARE?" , a cura del Prof. Sergio Cesaratto.

Qual’ è la domanda di riserva? No, l’Europa non può cambiare. Un frequente equivoco è che l’errore europeo sia stato quello di anteporre l’unione monetaria all’unione politica, creando una moneta unica senza Stato fra Stati senza moneta. Una moneta senza Stato significa che laddove l’unificazione valutaria creasse squilibri, non vi è un’entità statuale volta a riequilibrarli attraverso trasferimenti fiscali.
Stati senza moneta implicano che quelli più deboli rischiano di ammalarsi al primo spiffero, una volta perduta la sovranità monetaria di aggiustare il cambio e di garantire il valore nominale del proprio debito pubblico. Tutto questo è giusto: un’unificazione monetaria presuppone una solidarietà politica.
Ma é questa possibile in Europa? La risposta è largamente negativa. Uno Stato Federale europeo dotato di un bilancio cospicuo e retributivo non godrebbe del consenso dell’opinione pubblica dei Paesi più ricchi, sebbene sarebbe ben visto dai Paesi più poveri. Qualche briciola i Paesi più forti sarebbero disposti anche a dare, ma in cambio della definitiva cessione della sovranità fiscale da parte dei Paesi periferici ( sovranità fiscale già zoppa vista la cessione della sovranità monetaria).
L’economista conservatore Hayek l’aveva già fatto notare nel 1939: una federazione di Stati disomogenei può solo esistere con uno Stato federale minimo, uno Stato che si limiti a fissare le regole e poco più; uno Stato “ordoliberista”. L’unione monetaria che abbiamo o quella che ci avviamo ad avere, in peggio non in meglio, è dunque l’unica possibile. Siffatta unione politico-monetaria svuota del tutto lo Stato nazionale dei poteri monetari e fiscali, privando le classi lavoratrici del loro terreno naturale di conflitto: il proprio Stato nazionale.
La democrazia si riduce così alle lotte per le libertà civili, coerentemente ritenute centrali dai radicali, il resto lo fa il mercato. L’incompatibilità fra euro ed Europa sovranazionale da un lato, e democrazia dall’altro, è totale.
L’euro disvela così la propria vera natura spazzando via la retorica europeista. Esso è uno strumento disciplinante delle classi lavoratrici, in particolare nell’indisciplinato sud, Francia inclusa. Non è vero che l’euro sia un fallimento, esso è un successo. Tommaso Padoa Schioppa ( 1940-2010 ) ci aveva del resto ammonito: l’euro rinsegnerà la durezza del vivere che le recenti generazioni popolari hanno smarrito con lo Stato sociale e la (quasi) piena occupazione.”

tratto da “Sei Lezioni di Economia. Conoscenze necessarie per capire la crisi più lunga e come uscirne”, Prof. Sergio Cesaratto, Imprimatur, pag. 349, 2016. Cap. 5, Par. “L’Europa può cambiare?”

NB Prof. Sergio Cesaratto è fra i più noti economisti critici internazionali. Ha studiato alla Sapienza, dove ha conseguito il dottorato e all’Università di Manchester. E’ professore ordinario di Politica monetaria e fiscale dell’Unione Economica e Monetaria europea, Economia della crescita e Post-Keynesian Economics all’Università di Siena
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AlsOb
Saturday, 30 November 2024 10:21
Il riferimento al tema della sanità pubblica, (e sua programmatica distruzione da parte del neoliberalismo nazifascista), è un esempio, tra vari e i più chiarificatori, in relazione al concetto di selezione e modalità di applicazione di grandi scelte politiche, che dovrebbero qualificare un partito di sinistra, senza l’intenzione di specificare al momento dettagli tecnici.
La Thatcher venne scelta dai dominanti come primo ministro per la sua estrema limitatezza intellettuale e i suoi radicati pregiudizi piccolo borghesi, così da funzionare come efficace e convinto ariete neoliberale nazifascista. Il suo successo ha rappresentato l’origine della distruzione della democrazia e dei maggiori disastri economici, politici, e culturali per le classi inferiori, gettate nel nazifascismo.
La sua opposizione all’euro avvenne, in linea, su basi prevalentemente pregiudiziali e ideologiche, pertanto non dovrebbe essere presa troppo in considerazione.
Un fatto curioso, per quanto concerne lo statuto neoliberale nazifascista dell’Unione Europea, è che i sui maggiori propugnatori sono stati descritti come la banda degli italiani.
Del resto avere avuto in ruoli chiave personaggi intellettualmente inadeguati e modesti come Ciampi e Prodi, interpreti e al servizio dell’internazionalismo terzomondista ha prodotto evidenti disastri.
Fino all'approdo a colonia imperiale e strumento di guerre imperialistiche, con l'esplicita accettazione del parziale annichilimento economico.
Il fatto che la sinistra, in Italia il Pci e le sue folcloriche derivazioni e macchiette varie, siano diventate il moderno nazifascismo non dovrebbe rappresentare un impedimento a definire i contenuti di una effettiva sinistra, a evitare la reiterazione di equivoci e superficialistici atteggiamenti e al di là di un suo ritorno.
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Fabrice
Sunday, 01 December 2024 17:37
@AlsOb

1. "La Thatcher venne scelta dai dominanti come primo ministro per la sua estrema limitatezza intellettuale e i suoi radicati pregiudizi piccolo borghesi, così da funzionare come efficace e convinto ariete neoliberale nazifascista."

Il neliberalismo non c'entra nulla col nazifascismo, categoria storica inesistente, nè a maggior ragione col nazismo e nè col fascismo, vedasi:

"La verità sul Neoliberismo: non un modello economico, ma un sistema di potere politico delle oligarchie", Attivismo.info, 8 Aprile 2019

In genere si tende a considerare il neoliberismo un concetto prettamente anglo-americano legato alla Chicago School of Economics e che vede nel presidente Ronald Reagan e in Margareth Thatcher le sue figure chiave.
In questo articolo di Phil Mullan, tratto e tradotto dal sito spiked-online.com, ci spiega come l’ideologia neoliberista sia soprattutto di provenienza molto più centro-europea di quello che immaginiamo.
Analizzando il pensiero di intellettuali come Hayek e Von Mises, figure di spicco della Scuola Austriaca di Economia Liberista fondata da Carl Menger nel 1921, Mullan ci mostra che il progetto neoliberista fu sin dall’inizio non fu solamente un progetto economico, ma soprattutto un progetto politico di cambiamento della società. I fondamenti della costruzione neoliberista poggiano su tre principali paure collettive:
1) La paura dello scoppio di un’altra guerra mondiale
2) La paura di una grave crisi economica simile a quella degli anni ’30
3) Ultima, ma non meno importante, la paura che le democrazie nazionali potessero concedere troppo potere alle persone comuni, a scapito dei poteri economici che, da sempre, hanno governato il mondo.

LA VERITA’ SUL NEOLIBERISMO
E’ la paura dello stato nazione come forza democratica che sostiene il progetto neoliberista

Phil Mullan, 22 Marzo 2019

“Neoliberismo” è oggi spesso usato come una parolaccia per qualsiasi aspetto del capitalismo non piaccia alla sinistra. Quindi, tutti gli aspetti discordanti della vita economica contemporanea (partenariati pubblico-privato, contenimento della spesa pubblica, disuguaglianza e così via) sono ordinariamente attribuiti al “Neoliberismo”, come se quell’etichetta fosse sufficiente per condannarli.

Quando i commentatori cercano di andare oltre il neoliberismo come mero termine peggiorativo, tendono a concepirlo come un fenomeno anglo-americano i cui protagonisti chiave sono la Chicago School of Economists, Ronald Reagan e Margaret Thatcher. Ma la verità è un po’ diversa. L’eredità intellettuale del Neoliberismo è molto più centro-europea che anglo-americana.

Carl Menger, fondatore della Scuola Austriaca, morto nel 1921, nacque nell’attuale Polonia. E le sue due figure di spicco, entrambe importanti nel corso del XX secolo, provenivano anch’esse dall’Europa centrale e orientale. Ludwig Von Mises era ucraino e Friedrich Hayek era nato a Vienna. Ciò che questi pensatori condividevano era un insieme di esperienze formative insolite: una prossimità e una maggiore consapevolezza personale della rivoluzione russa del 1917 e, in seguito, dello Stalinismo e del Nazifascismo.

Inoltre, il neoliberismo non è mai stato semplicemente una dottrina economica. Era piuttosto un progetto politico. Emerse poi in parte da una critica alla diffusione della sovranità nazionale che scaturiva dalla dissoluzione degli imperi. Accanto alla dissoluzione degli imperi russo e tedesco, gli imperi Ottomano e Austroungarico giunsero anch’essi alla fine. Molti nuovi stati nazionali, nati politicamente diversi decenni prima, emersero al loro posto. I pensatori, che in seguito si definirono neoliberisti, erano ostili a questo sviluppo.
Vedevano la sovranità nazionale come un impedimento alle “libertà economiche universali” che essi sostenevano. La loro alternativa alla nazione era un mix di “governo mondiale” e “sovranità individuale dei consumatori”.

Proseguimento:

https://attivismo.info/la-verita-sul-neoliberismo-non-un-modello-economico-ma-un-sistema-di-potere-politico-delle-oligarchie/

A parte questa dovuta precisazione storica e concettuale, visto e considerato che è più che assodato che il disastro dell'euro fu previsto con precisione e in tempi utili da economisti e politici di varia estrazone, dalla liberista Thatcher, ai comunisti italiani fino ad arrivare ai missini italiani e quindi la NATO è la gabbia militare dei popoli europei e l'euro ne è la gabbia economica, sono sostanzialmente due facce della stessa medaglia, oups, ma che strana coincidenza......!!
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AlsOb
Sunday, 01 December 2024 19:08
Il pianificato progetto neoliberale, come ormai è ampiamente osservabile, si definisce su coordinate nazifasciste e imperialistiche. Oggi, con il sostegno delle fanfare dei propagandisti dei media dei dominanti, viene tranquillamente ritenuto normale, accettabile un genocidio e sono celebrate una serie di guerre di procura e mercenarie, con inclusione di una eventuale guerra nucleare locale, se difendono gli interessi e la predazione imperiale.
Viene quindi detto esplicitamente alle classi inferiori, anche se magari queste non ne raggiungono la consapevolezza, ciascuno sperando che non tocchi a sé, ma solo agli altri, che sono topi eliminabili in caso ciò sia utile ai dominanti.
Il liberismo è solo un ingrediente ideologico del neoliberalismo.
Per quanto possa essere autorevole e illuminante l’opinione di tal Mullan sul neoliberismo, essa appare soprattutto una soggettiva infarinatura. Il liberismo, per la sua natura ideologistica e fantasiosa, venne sostanzialmente rimosso dopo la seconda guerra mondiale; riprese piede, soprattutto nella sua forma più estremistica e irrazionale, come monetarismo, a fine anni sessanta e inizio settanta, per sostenere il piano nazifascista dei dominanti calato nel paradigma neoliberale.
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Fabrice
Thursday, 05 December 2024 11:18
@AlsOb

"Se uno potesse chiedere a Gramsci come mai le sinistre europee comunque denominate, a cominciare da quelle italiane, sono state travolte senza opporre resistenza dall’offensiva egemonica del neoliberismo partita nel 1947 dal Mont Pélerin, forse risponderebbe «perché non li avete saputi imitare». Al fiume di pubblicazioni volte ad affermare l’idea dei mercati efficienti non avete saputo opporre niente di simile per dimostrare con solidi argomenti che i modelli con cui si vorrebbe comprovare tale idea si fondano su presupposti del tutto inconsistenti. Inoltre, proseguirebbe Gramsci, dove sono i vostri articoli e libri che rivolgendosi sia agli esperti che ai politici e al largo pubblico si cimentano a provare ogni giorno, con solidi argomenti, la superiorità tecnica, economica, civile, morale della sanità pubblica su quella privata; delle pensioni pubbliche su quelle private, a fronte degli attacchi quotidiani alle prime dei media e dei politici, basati in genere su dati scorretti; dello Stato sulle imprese private per produrre innovazione e sviluppo, oggi come in tutta la seconda metà del Novecento; dell’importanza economica e politica dei beni comuni sull’assurdità della privatizzazioni? Poiché la natura ha orrore del vuoto, il vuoto culturale, politico, morale delle sinistre è stato via via riempito dalle successive leve di lettori, elettori, docenti, funzionari di partito e delle istituzioni europee, istruite dall’intellettuale collettivo sortito dalla Mps. Il consenso bisogna costruirlo, e la MPS ha dimostrato di saperlo fare. Le sinistre non ci hanno nemmeno provato."

Luciano Gallino, “La lunga marcia dei neoliberali per governare il mondo, da “La Repubblica” del 27 luglio 2015

Riferimento:

https://www.libreidee.org/2015/08/mont-pelerin-il-vivaio-degli-oligarchi-che-ci-stanno-uccidendo/

Commento

La argomentazioni di Luciano Gallino di cui sopra non fanno una grinza e tagliano la testa al toro definitivamente sulle effettive responsabilità dell'espansione del cosiddetto neoliberismo, poi se anche Luciano Gallino esprime pure lui solo una soggettiva infarinatura, libero di pensarla come vuoi, ma allora a quel punto si può anche dire che gli elefanti volano, buon divermento.....
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Fabrice
Friday, 29 November 2024 19:46
Dimenticavo!

Commento Finale

“Ciò che è vivo non ha copie, due persone, due arbusti di rosa canina non possono essere uguali, è impensabile. E dove la violenza cerca di cancellare varietà e differenze, la vita si spegne”, Vasilij Grossman ( 1905-1964), giornalista e scrittore russo, estratto da “Vita e destino”, Vasilij Grossman, Adelphi, 2008.

In conclusione e per analogia:

“Ciò che è vivo non ha copie, due nazioni geograficamente differenti, due popoli storicamente diversi non possono essere uguali, è impensabile. E dove la violenza di una dittatura finanziaria sovranazionale cerca di cancellare la loro varietà e differenza, le loro economie vitali si spengono"

Seconda parte.

“Per mettere il mondo in ordine, dobbiamo mettere la nazione in ordine. Per mettere la nazione in ordine, dobbiamo mettere la famiglia in ordine, Per mettere la famiglia in ordine, dobbiamo coltivare la nostra vita personale, Per coltivare la nostra vita personale, dobbiamo prima mettere a posto i nostri cuori.” Confucio
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AlsOb
Thursday, 28 November 2024 09:37
Guido Ortona rappresenta un esempio di modello di scienziato sociale, di intellettuale, tra i più seri e preparati che a sinistra si possano esigere o invocare: una sinistra che abbia l’ambizione di rinascere o riorganizzarsi, a partire da zero sostanzialmente, non può fare a meno dei suoi insegnamenti e delle coordinate da lui tracciate. Ciò serve a evitare la nefasta ricaduta nei convenienti, autocompiaciuti e sterili atteggiamenti psicologici, (radicalmente avversi a ogni analisi scientifica e marxiana), della ripetizione di slogan e dell’ affidarsi prevalentemente all’inseguimento di un superficiale progressismo idealista, che ha portato una vasta, ufficiale e sedicente sinistra all’opportunismo, al volgare scientismo e al nazifascismo.
Il fatto che una mediatica monopolizzante sinistra sia storicamente diventata il regno del nazifascismo e della cultura delle mezzecalzette non inficia minimamente le osservazioni di Ortona, che si rivolge a ciò che resta di una sinistra che vorrebbe essere autenticamente tale e che pertanto dovrebbe operare secondo criteri che afferrano il nucleo criminale dell’agire del capitalismo e della esplicita violenza e razzismo delle classi dominanti, per contrastarli efficacemente e introdurre scelte che condizionino le relazioni sociali, economiche e finanziarie, e il processo di accumulazione, in vista di ricadute benefiche per tutte le classi sociali. La mancanza della effettiva comprensione del funzionamento del capitalismo e della capacità di discernere i “grandi problemi e grandi scelte” ha portato la minoritaria sinistra di ispirazione autenticamente tale a consolidarsi all’opposto come sostenitrice della vasta sinistra ufficiale nazifascista, con gli ovvi e visibili conseguenti disastri.
Se poi il soggetto rivoluzionario non si definisce completamente secondo l’ottimismo teologico e pneumatologico, su cui Marx ha fatto affidamento, diventa ancora più rilevante il richiamo di Ortona alla responsabilità dell’azione dei militanti e degli scienziati sociali di sinistra, verso la determinazione e pratica di una coerente azione politica che riesca a produrre cambiamenti e progresso economico, sociale e spirituale.
Un addizionale piccolo contributo alla comprensione del mondo capitalistico, o quantomeno alla sottrazione al passivo assoggettamento alle mistificanti narrazioni dei dominanti e alla loro razzistica grammatica, potrebbe derivare dal riconoscimento che per esempio il parlamento europeo è una sorta di abuso del nome, non avendo nessuna prerogativa di un effettivo parlamento e che la cosiddetta commissione, che concentra gli effettivi poteri, appare una autoreferenziale compagine di non eletti burocrati criminalmente al servizio di oligarchie.
E che i media e giornali dei dominanti sono le autentiche fake news, non una loro singola riga rispecchia una verità storica che non sia propaganda, per non lasciare incredibilmente e paradossalmente al solo Elon Musk la critica dei legacy media e delle loro assolute menzogne.
Infine, siccome non manca la consueta reiterazione di una prospettiva teleologica e di supposti garantiti movimenti idealistici da parte di Michele Castaldo, non resta che notare come essa, nonostante il minimo pregio di distinguersi da alcune confuse convenzioni, si riduce a una rassicurante fantasia e al sostanziale allineamento a un solo movimento, quello che riproduce gli effetti del neoliberalismo nazifascista, per accompagnare alla pace dei cimiteri i più.
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Michele castaldo
Tuesday, 26 November 2024 16:37
Per Marcorso:
l'acronimo non mi interessa ma sicuro non sei napoletano e la finezza di certe sintesi: un po' po' lo, è una parola, ovvero un sostantivo che comprende TRE ZERI, cosa vuoi che sia? Ti è chiaro ora il concetto?
Negli anni '70 un compagno che licenziato finì per fare il barbone girava per Milano con una Bice, due portabagagli nei quali erano alloggiati due cani e andava ripetendo popolo bue. Gli davano del matto, ma il popolo se supino è peggio del bue.
Capito mi hai!?
Michele Castaldo
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Lorenzo
Tuesday, 26 November 2024 15:44
In Italia la sinistra ha cessato di esistere col referendum per la scala mobile promosso da Berlinguer.

Da allora ci sono stati solo comitati d'affari che una volta all'anno o giù di lì recitano il copione scritto dai rispettivi spin doctors: la 'democrazia' all'americana.

Le cose resteranno così finché il Paese resterà un satellite statunitense. Nel '45 vi siete scelti il padrone, ora godetevelo in parlamento e a Gaza.

Non è una provocazione ma un invito a un po' di elementare realismo.
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Mirco
Tuesday, 26 November 2024 13:49
Salvare il pianeta? D'accordo! E se per salvarlo ne andasse eliminata una parte, voi propugnatori del multipolarismo occidentale sareste disposti a mettervi in discussione fino a quel punto? Non credo proprio! Meglio tenersi i fascisti al governo che rischiare di combatterli nell'unico modo in cui possono essere combattuti! Basta ci sia la pace! Una pace in cui i "soldi" possono essere utilizzati con un'unica finalità: mantenerla ad libitum senza condizioni. Ecco, in breve, le basi del rigetto di qualsiasi ipotesi rivoluzionaria.
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ndr60
Tuesday, 26 November 2024 09:16
"(Si noti che questo disinteresse per le grandi scelte non contrasta con l’impegnarsi sulle grandissime scelte, quelle su cui tutti sono d’accordo, come “la salvezza del pianeta”, e nemmeno con quelle di principio, come i diritti delle minoranze sessuali; anzi, lo richiede a dimostrazione di essere di sinistra)" . Se "essere di sinistra" vuol dire aderire all'agenda che i poteri trans-nazionali impongono, tramite agenzie privatizzate e mass-media, siamo proprio messi male :)
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Michele castaldo
Tuesday, 26 November 2024 08:51
Per Marcorso (acronimo indecifrabile):
Ad Acerra, un popoloso paesone di circa 60.000 abitanti oggi, c'era - tanti anni fa - un personaggio analfabeta che spesso ripeteva: il po'-po'-lo è n'a parola cu tre zeri. Che può essere?
Non è geniale!?!?
Michele Castaldo
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marcorso
Tuesday, 26 November 2024 11:36
Per Michele.Gli acronimi devono cercare di essere indecifrabili,o no?
Mi perdonerai,sono sicuro che e' geniale,ma non ho capito la faccenda dei 3 zeri,sono evidentemente molto piu' ignorante del personaggio analfabeta.
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marcorso
Tuesday, 26 November 2024 07:48
Chissa' come mai tutti quesi vari"dirigenti",che siano di partiti o di sindacati, non vogliono mettere mani alle risorse dove stanno,un quesito di difficilissima soluzione!
Cosa direbbe un "antropologo marziano" ascoltando questo genere di dibattiti:gente che si affligge appassionatamente sulla "mancanza di fondi" per risolvere determinati problemi(sanita',educazione,dissesto idrologico,risanamento carceri,lavoro qualificato con salari degni,politiche realmente ambientali-bonifica di taranto,terra dei fuochi,ecc- e chi piu' ne ha,piu' ne metta,ne ho citati solo alcuni),che cerca soluzioni senza toccare il tema di fondo:I SOLDI CI SONO,IN ABBONDANZA,MA,NON SI SA PERCHE',NON LI VOGLIAMO USARE,preferiamo lasciarli a questi stramiliardari che ne continuano ad accumulare e nascondere in paradisi fiscali e tramite un lavoro e lavorio lobbystico e corruttivo,si fabbricano leggi(agevolazioni.esenzioni fiscali,ecc),che non fanno altro che arricchirli sempre di piu anno dopo anno.

Ma la vera questione e' un altra:e' solo colpa dei dirigenti che abbiamo(o nel mio caso hanno) votato e, negli ultimi anni soprattutto ,NON votato,oppure e' proprio colpa nostra,noi gente,popolo,persone?chi dovrebbe dal basso esigere che questi fondi vengano espropriati e utilizzati per chi ne ha bisogno?e perche' non lo fanno?In permacultura si dice:DI QUELLO CHE C'E' NON MANCA NULLA,e infatti non mancherebbe nulla,se certi imperativi morali non fossero penetrati cosi profondamente e intimamente in molte delle persone che dal basso,non sono piu capaci di esigere quello di cui si ha bisogno,ormai e' vista come una cosa NON naturale,ma addirittura sbagliata,invece di considerarla per quella che e', una prassi normalissima,scontata,elementare,nonche giusta e santa:PRENDERE DOVE C'E',E PORTARE DOVE MANCA!
Quando e come ci siamo ridotti cosi?cosa ci e' successo(e parlo solo di quelli che stanno in basso,degli altri manco vale la pena occuparsene)esattamente per arrivare a questo punto?e quanto ancora possiamo peggiorare?sinceramente ho paura a fornire le risposte!ovviamente ,(senza crederci troppo,ad essere sincero)auspico un cambio di mentalita',uno scatto di dignita' in ognuno di noi che faccia si che si possano rimettere le nostre vite e le vite delle prossime generazioni in una strada di uguaglianza,solidarieta',fraternita';se non ci alziamo in piedi noi dal basso e cominciamo a lottare per i nostri diritti trascurati quando non calpestati,nessun altro lo fara'!
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Michele castaldo
Tuesday, 26 November 2024 07:07
Una chiara risposta al titolo:
La sinistra d'oggi è l'epilogo finale di un movimento ideale sorto in una fase storica completamente diversa da quella nella quale siamo immersi oggi
Pertanto un nuovo movimento ideale che rappresenti gli oppressi e sfruttati si darà solo da un movimento REALE che al momento sta incubando.
Tutto il resto è noia, ma proprio noia, noia noia.
Michele Castaldo
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Ros*Lux
Monday, 25 November 2024 23:48
Quote:
questo vuol dire che richiede che la sinistra faccia delle proposte che incidano sui problemi di fondo, e siano realistiche. Quell'elettore sa, per esempio, che è inutile chiedere più soldi per il sistema di welfare se non si dice dove trovarli. Sa anche che non si può continuare con le politiche di austerità imposte dall’Europa. E giustamente non si fida di una sinistra che invece non lo sa.
 Quote:
3. Conclusioni. Riassumendo fin qui: se la sinistra vuole praticare una lotta politica efficace non può più ignorare i grandi problemi; e tuttavia essi vengono ignorati. 
Ma la "Sinistra",ha sostituito il Socialismo con il Sessismo femminista ,secondo questa Ideologia irrazionalista,in accordo con la UE e la Destra (che la condividono) ha definito i GRANDI PROBLEMI da affrontare,per i quali non lesina finanziamenti e risorse, non valgono i soliti vincoli di bilancio....Ad esempio ritiene fondamentale impiegare enormi finanziamenti per raggiungere la parità di genere nelle lauree STEM...I 600 milioni di euro ,citati nell'articolo del Sole24ore dell' 8 Marzo 2023,sono solo una parte delle risorse destinate a tale scopo,al quale evidentemente le classi dirigenti europea e italiana attribuiscono una grande importanza.
Quindi la realtà contraddice la rappresentazione astratta dell'articolo in commento....
Questa "Sinistra" il PD non può rappresentare i lavoratori e le lavoratrici italiani/e con la sua Ideologia sessista /antisocialista più di quanto il partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi, razzista /antisocialista,poteva rappresentare i lavoratori tedeschi .

Articoli citati e Link :

(...)promuovere le lauree STEM tra le ragazze; attivare misure finalizzate alla riduzione del “digital divide” che ancora oggi penalizza le donne(...)

5 Ottobre 2020

https://partitodemocratico.it/recovery-fund-donne-pd-ecco-il-piano-per-occupazione-femminile-e-infrastrutture-sociali/



8 Marzo 2023
Percorsi formativi di potenziamento e di orientamento verso le discipline Stem (Science, Technology, Engineering, and Mathematics), realizzati con particolare riferimento alle studentesse, finanziati con 600 mln di risorse Pnrr; ricostituzione del Comitato Unico di Garanzia per le pari opportunità (Cug); nuova edizione per il 2023 del concorso “Stem femminile plurale”. Queste le novità annunciate dal Ministro Giuseppe Valditara nel corso dell'incontro tenuto al ministero dell'Istruzione e del Merito, in occasione della Giornata Internazionale della Donna.

Per le Stem 600 milioni dal Pnrr
https://www.ilsole24ore.com/art/dal-pnrr-600-milioni-indirizzare-ragazze-materie-stem-AE5o9M0C
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2
Paolo
Monday, 25 November 2024 20:36
Analisi interessante come analisi anche se assolvente della classe dirigente che continuiamo a chiamare di sinistra senza che ne abbia più alcuna caratteristica. Manca il cuore del problema: quello che la classe dirigente ha ritenuto opportuno per imporre la sua politica liberista: Il vincolo esterno. Ch'eppure tutti sappiamo essere fasullo perché autoimposto da una classe dirigente povera di altre argomentazioni. Si sa anche che questa ideologia liberista/europeista risale agli inizi degli anni 90 quando il "mercato" e l'"europeismo" prese il posto delle battaglie per più stato sociale e per l'intervento diretto dello stato nell'economia e nella finanza (sistema creditizio totalmente pubblico). Una volta fatte queste scelte ideologiche dalla precedente classe dirigente cosiddetta di sinistra mi sembra inutile disquisire di sanità, pensioni, salario, scuola con personaggi come Schlein, Bersani, e tutta la pletora di dirigenti sindacali e politici che vivono di lauti privilegi pubblici. In ultimo (per essere breve) non riesco a dimenticare, e non lo voglio, ciò che questa classe dirigente ha fatto durante il covid: si è prestata ad un ignominoso esperimento di controllo sociale e sanitario senza che ad oggi ci sia stato alcun segno di resipiscenza. Come si possa dimenticare e passare sopra la scelta del green pass obbligatorio per poter lavorare e sopravvivere è per me un sintomo di malavede o quantomeno di non aver capito niente di politica se si è in buonafede. Tralascio per carità di patria di parlare di Rifondazione/potere al popolo/AVS, la cui incosistenza è sotto gli occhi di tutti quelli che non li chiudono.
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Gaetano
Monday, 25 November 2024 19:29
L'autore lascia un margine di speranza che non esiste. È stata la classe dirigente di sinistra a pianificare e imporre l'adesione dell'italia all'unione nei termini che tutti sappiamo. Non a caso nel 1992. E una volta dentro lo sapevano bene a cosa si andava incontro, a meno che non fossero anche incompetenti. Ma non lo erano e non lo sono. Erano e sono tutti lucidissimi. Pensano che gli italiani meritino la galera in cui si trovano.
E quando si è in prigione non si può far altro che obbedire al secondino franco tedesco seduto a Bruxelles. Purtroppo la nostra condanna è del tipo fine pena mai. E perciò inutile sperare.
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Mirco
Monday, 25 November 2024 18:19
Senza dilungarmi troppo, la risposta alla domanda del titolo è semplice: perchè la sinistra ha avuto per molti decenni dirigenti e militanti come Ortona. Ma scusate, i "grandi problemi" sarebbero "accettare o meno le politiche europee" e "tassare i ricchi"? La "corruzione"? Con Gaza davanti agli occhi e con un Occidente fascistizzato io mi devo mettere lì a disquisire di queste cazzate? I grandi problemi...mah...senza parole!
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tiziano
Monday, 25 November 2024 16:31
Trovo realistica e interessante la tesi qi esposta, ma vorrei aggiungere una constatazione quanto mai attuale. Dimentichiamo a mio parere che siamo noi italiani ,ma anche un po' tutta europa , un paese sostanzialmente occupato che ha un margine di manovra contingentato , specie sulle grandi questioni e specie in alcuni momenti storici come l'attuale . Risulterebbe per esempio del tutto incomprensibile la linea della Germania che fa finta di niente al sabottaggio del gasdotto da parte degli alleati. Quindi come fare a ritrovare una libertà di intenti con un centinaio di basi straniere sul territorio ?
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