Fai una donazione

Questo sito è autofinanziato. L'aumento dei costi ci costringe a chiedere un piccolo aiuto ai lettori. CHI NON HA O NON VUOLE USARE UNA CARTA DI CREDITO può comunque cliccare su "donate" e nella pagina successiva è presente (in alto) l'IBAN per un bonifico diretto________________________________

Amount
Print Friendly, PDF & Email

cassettiaperti.png

Il caso del caso Moro, parte 4: Steve Pieczènik

di Davide Carrozza

whatsapp image 2024 08 28 at 13.01.26Ennesima puntata dell’approfondimento sulla saga più avvincente e al contempo più triste della nostra storia repubblicana: il rapimento e l’uccisione dell’onorevole Aldo Moro avvenuto a Roma fra il 16 Marzo e il 9 Maggio 1978 ad opera delle Brigate rosse. Questa volta lo stimolo per scrivere una quarta puntata mi viene dato non tanto dai soliti lettori/detrattori che, forti della corazza complottista forgiata da decenni di saggistica spazzatura, argomentano su noti servizi, spie della NATO e della CIA, sicari della mala e altre sceneggiature da serie crime di basso livello. Questa volta, finalmente, la critica sorprendentemente costruttiva arriva da un collega, Dario Ventura, che avendo letto le 3 puntate precedenti mi muove un appunto che proverò a riassumere così: premesso che ti definisci oppositore di ogni tesi non sufficientemente argomentata e suffragata da comprovata documentazione, specie se mai confluita in alcuno dei 5 processi; premesso che difendi (senza ovviamente sposarne la causa e soprattutto senza sposarne i mezzi) l’autenticità della lotta armata e del tentativo rivoluzionario in Italia; premesso che critichi e ti opponi aspramente a ogni tesi che sostenga l’etero-direzione delle brigate rosse…premesso tutto quanto detto, allora perché sostieni che non si può negare che i servizi segreti abbiano avuto un ruolo nella vicenda? Non lo dice, ma leggo nei suoi occhi una velata accusa di mancanza coerenza. Il rilievo del mio collega arriva all’improvviso nel bel mezzo di una tranquilla colazione in cui si parlava di consigli di classe e dei nuovi schemi di gioco del Milan e della Roma…con non poco stupore e colto impreparato, capisco che c’è bisogno di una quarta puntata.

Il riferimento di Dario è al primo articolo della serie, quello in risposta ad alcune argomentazioni sostenute da Report di Rai 3 dove scrivo testualmente: alla luce della storia recente del nostro paese è impossibile pensare che i servizi italiani e/o americani siano rimasti completamente fuori dalla vicenda del rapimento e dell’uccisione dell’Onorevole Moro.

Ora, capire e documentare in che misura con quali mezzi e per quali fini queste entità esterne abbiano condizionato gli eventi fra Marzo e Maggio del ’78 è a mio avviso il perno di tutta la faccenda. Come già ampiamente documentato nei precedenti articoli la tesi sostenuta da molta saggistica e pubblicistica in questi anni, che vuole le BR marionette di entità sioniste non meglio precisate, addirittura il governo americano, è totalmente infondata anche per motivi di carattere logico. Che senso avrebbe individuare l’obiettivo, stanarlo, crivellare di colpi la sua scorta e risparmiare la vita proprio a colui che si dovrebbe invece eliminare? Che senso avrebbe avuto rapirlo e interrogarlo per farsi rivelare eventuali segreti di stato pericolosi per la tenuta della NATO, segreti che tu già conosci e che ovviamente non vuoi vengano rivelati? La mancanza di consistenza anche politica di queste tesi è già stata oggetto degli articoli precedenti e non mi dilungo oltre. Sull’influenza americana sulla vicenda, peraltro molto indiretta, gli unici elementi concreti su cui possiamo basarci sono le dichiarazioni pesantissime di Steve Pieczénik, l’esperto di guerriglia e terrorismo statunitense, inviato in Italia dal Segretario di Stato USA, che fece parte del comitato di esperti voluto da Cossiga al Ministero dell’Interno nel corso dei 55 giorni. A dire la verità, le sue memorie sono state affidate esclusivamente a interviste giornalistiche, una al nostro Giovanni Minoli in un “faccia a faccia” e una al giornalista francese Amara che ne fece poi un libro. La magistratura italiana si è ricordata di interpellarlo soltanto nel 2014, a quasi quarant’anni dagli eventi (quando si dice essere sul pezzo). Il magistrato Palamara, che lo interrogò nel Maggio 2014, fu poi audito dalla Commissione Moro 2 l’anno dopo, audizione inspiegabilmente svolta in forma segreta. La Commissione Parlamentare che doveva far luce sul caso Moro pose il segreto d’ufficio proprio su un’audizione che di luce ne avrebbe fatta moltissima. Si perché dopo aver letto il libro di Amara e visto quella vecchia trasmissione di Minoli, ero proprio curioso di capire se quelle dichiarazioni fossero state confermate o rimodulate davanti a un giudice durante un interrogatorio, purtroppo però di quell’audizione di Palamara sono disponibili sul sito di Radio Radicale appena 3min e 40 sec, il tempo delle formalità di rito e di annunciare il passaggio in “segreta”. Per completezza di informazione c’è da dire che nel 2000 Pieczènik fu invitato a presentarsi davanti alla Commissione Stragi presieduta dall’On Pellegrino, invito rifiutato. Nel corso dell’intervista per un documentario sulla P2, Palamara si limitò a dire che “l’interrogatorio non fornì quelli che erano gli esiti sperati”. A ogni modo, il grosso delle dichiarazioni di Pieczènik su ciò che accadde durante il rapimento Moro negli uffici del Ministero dell’Interno lo dobbiamo all’intervista concessa al giornalista francese Emmanuel Amara nel 2008 che costituisce la fonte principale di questo articolo.

 

Steve Pieczenik

All’epoca del suo arrivo in Italia, lo psichiatra Steve Pieczénik è il responsabile dell’unità antiterrorismo del Dipartimento di Stato, non è quindi un uomo della CIA o dell’FBI ma risponde direttamente al Segretario di Stato USA; viene inviato dal governo americano per coadiuvare le operazioni di intelligence necessarie per portare alla liberazione di Aldo Moro. Non un ordine, come tiene a precisare, quello di recarsi in Italia in aiuto del governo di Roma, ma una proposta di Ben Reid del Ministero degli Esteri, che lui accettò. La scelta ricadde su di lui perché poco tempo prima, le sue doti di negoziatore contribuirono a liberare molti ostaggi civili quando un gruppo di musulmani, membri della “scuola Hanafi”, capeggiati da Hamas Abdul Khaalis, assalirono, armi in pugno, tre edifici a Washington DC: il municipio, la sede di una comunità ebraica e il centro Islamico. Nella conversazione con Amara, Pieczénik si attribuisce per quell’occasione la salvezza di “fra 300 e 400 vite umane” nonostante gli ostaggi furono “solo” 134. Al di là della megalomania, la sua professionalità ed esperienza non si mettono in dubbio. Diede il suo contributo negli accordi di Camp David, nella crisi degli ostaggi diplomatici all’ambasciata iraniana e fu molto attivo sul fronte della lotta contro l’armata rossa giapponese. Sia l’amministrazione Nixon che quella Carter si avvalsero ampiamente delle sue tecniche di negoziazione in materia di rapimenti e della sua capacità di lettura del pensiero del nemico.

Al suo arrivo in Italia Pieczénik si dice sconvolto dalla situazione di emergenza e caos in cui versava il nostro paese: “non passava giorno senza che ci fossero delle manifestazioni, scioperi continui, come se non bastasse si era da poco verificato un tentativo di colpo di stato organizzato dai servizi segreti e dalla loggia massonica P2”. Fermo restando che il caos di scioperi e manifestazioni che lui descrive si potrebbe anche chiamare dissenso, dipende dai punti di vista, non so a quale tentativo di colpo di stato facesse cenno, se il Golpe Borghese del ’70 o il Golpe Bianco del ’74, in ogni caso difficile dire che si fossero verificati da poco se eravamo nel ’78. Comunque, ciò che però più lo preoccupa è la mancanza di strategia politica dell’On Cossiga. “L’ elemento fondamentale di cui si è dovuto tener conto è che il Segretario del PC Berlinguer aveva riportato una grande vittoria elettorale e doveva legittimamente entrare a far parte del governo sia pur con un ruolo minoritario insieme alla DC…” Mentre quindi Moro si trova in un loculo di 2 metri per 2 con la vita appesa a un filo, coloro che dovrebbero salvarlo individuano come “elemento fondamentale” Berlinguer e disquisiscono di politica. Individuato subito dalle Brigate Rosse (alla faccia delle marionette della CIA) fu costretto ad armarsi di una beretta e confondersi fra i turisti dell’Excelsior di Roma recandosi tutti i giorni al Ministero per “studiare una strategia”. Dopo essersi speso con profondo rispetto e ammirazione per la capacità tecnica dell’agguato di Via Fani nei confronti delle BR (!) e per le loro doti di infiltrazione ai più alti livelli (ma non era il contrario?!) la strategia di Pieczènick entra nel vivo e in assenza d’alternative e con la polizia che brancola nel buio, Cossiga e gli amici del comitato si adeguano e gli danno carta bianca. Pieczenik quindi, partendo da considerazioni politiche analizza la situazione. “La destra voleva la morte di Aldo Moro, le Brigate Rosse lo volevano vivo, mentre il PC data la sua posizione di fermezza non desiderava trattare, Cossiga lo voleva sano e salvo ma molte forze all’interno del paese avevano programmi nettamente diversi” Parole molto impegnative, oserei dire gravi, di cui la nostra giustizia non gli ha mai chiesto conto, se non appunto in forma segreta e lontano da telecamere. A questo punto dalle sue parole si intuisce che sia partita una trattativa, non è dato sapere se fu in grado di stabilire un contatto diretto con le BR o se attraverso mediatori come accadde per la trattativa socialista (di cui abbiamo già parlato nella parte 3 della serie), non si capisce dove avvennero gli incontri o attraverso quali canali, elementi che renderebbero le dichiarazioni di Pieczènik sicuramente più credibili e la narrazione più completa. Ho l’impressione a volte, leggendo questa lunga intervista, che si faccia intendere che la trattativa venisse svolta tramite l’ostaggio, come avevano chiesto le Br in uno dei comunicati…non saprei cos’altro pensare in assenza di altre indicazioni.

 

La strategia

Il primo obiettivo della strategia di Pieczènik, anche se non ci spiega come intese perseguirlo, è quello di mantenere Moro in vita il più possibile…”per dare il tempo necessario a Cossiga di riprendere il controllo dei suoi servizi di sicurezza, calmare i militari e imporre la fermezza in una classe politica inquieta” contemporaneamente ci spiega che bisognava evitare che la famiglia Moro “avviasse una trattativa parallela e che Moro venisse liberato prima del dovuto…mi resi conto che portando però la mia strategia alle sue estreme conseguenze…questa volta avrei dovuto sacrificare l’ostaggio per la stabilità dell’Italia”. Tralasciando la spiccata vena umanitaria di cui è intriso il nostro Steve, da come parla sembra avere l’assoluto controllo della situazione, come se appunto possedesse un qualche potere ipnotico sui carcerieri di Moro e potesse disporre della loro volontà addirittura a loro insaputa…e infatti continua: “tutto il lavoro che facevo sulle Brigate rosse aveva lo scopo di attirarli in una trappola….li lasciavo credere che lo Stato avrebbe trattato per la liberazione e alimentavo in loro la speranza…alzai il livello delle loro aspettative convincendoli che la vita di Aldo Moro ci stesse molto a cuore…fino al momento in cui le Br pensavano di aver vinto la battaglia, ma ero io che stavo avendo la meglio” Quindi Pieczènik fa credere alle Br che lo stato è pronto a trattare, magari che è pronto addirittura a liberare detenuti, allo scopo di far credere loro che stessero vincendo. Con la sua proverbiale modestia continua dicendo “Questo piano mi diede anche la possibilità di mantenere sotto controllo le manovre della loggia massonica P2 e impedire qualsiasi avvicinamento dei comunisti al governo” Mi riesce difficile immaginare un uomo da solo, per quanto forte, che con una mano impedisce a Berlinguer di sedersi a Palazzo Chigi e con l’altra tiene a bada la P2 (cosa vorrà dire poi?!) mentre con la bocca invece parla alle Br (senza dire in quale lingua o attraverso chi o dove) convincendoli che stessero vincendo. Mentre quindi Pieczènik tiene le Br in uno stato di ipnosi alla Giucas Casella, aspetta il momento giusto per far scattare la sua trappola (quando lo dico io). Il momento si presenta, dice, alla quarta settimana del sequestro “quando le lettere di Moro cominciarono a essere disperate e fece capire che avrebbe rivelato dei segreti di stato…eravamo a una svolta, dovevamo decidere se Moro doveva vivere o morire”. Fu così quindi che lo stratega di Washington elaborò la strategia del falso comunicato del Lago della Duchessa con la diffusione di un falso volantino delle Br che annunciava la morte di Moro e indicava il luogo dove si trovava il suo corpo, in un lago ghiacciato. L’idea del falso comunicato delle Br che fece precipitare al Lago della Duchessa polizia, carabinieri e sommozzatori e gettò il paese nello sgomento fu quindi avallato dal comitato di esperti presieduto da Cossiga di cui Pieczenik faceva parte. Ecco come spiega la logica di quella operazione: “bisognava preparare l’opinione pubblica italiana ed europea all’uccisione di Moro, perciò fu elaborata quella che si chiama una operazione psicologica” Le Br quindi assistendo dal televisore di Via Montalcini a questa farsa, si sarebbero svegliate dall’ipnosi e avrebbero capito che lo stato era disposto a sacrificare un padre costituente. Ho capito bene? Pieczènik purtroppo non chiarisce quale effetto l’operazione Lago della Duchessa aveva intenzione di provocare nelle Br. Lo psichiatra USA spiega poi che avendo intuito che la liberazione di Moro avrebbe comportato una situazione di maggiore instabilità politica e la legittimazione delle Br, induce il gruppo terroristico a far fuori l’ostaggio. E’ cosi che si ritiene il vincitore di quella partita: “Ho messo in atto la manipolazione strategica che ha portato alla morte di Aldo Moro al fine di stabilizzare la situazione dell’Italia….le Br avrebbero potuto rilasciare Moro e avrebbero riportato un gran ritorno di stima (nonostante Via Fani? Siamo sicuri?)….Era la prima volta in tutta la mia carriera in cui mi trovai a dover sacrificare la vita di un uomo per la sopravvivenza di uno stato”. Arrivato in Italia per aiutare il governo a salvare la vita a Moro, Pieczènik quindi rientra negli USA forte del successo della morte di Moro e dopo aver teleguidato le decisioni dei brigatisti fino al punto di spingere con la mente il grilletto della pistola in mano a Moretti. Schematizzando quasi all’osso potremmo dividere la sua strategia in 3 fasi: mantenere l’ostaggio in vita, far credere alle BR di essere in vantaggio, far ammazzare l’ostaggio.

 

Conclusioni

Una storia affascinante quella raccontata da Pieczènik, non priva da suggestioni quasi cinematografiche e letterarie, vero è infatti che la seconda parte della carriera del buon Steve è di affermato romanziere di spy stories, portano anche la sua firma infatti i bestsellers scritti con Tom Clancy Op Centre e Net Force. Nel leggere l’intervista non nego di essermi sentito quasi rapito dalle pagine avvincenti del libro di Amara (Abbiamo ucciso Aldo Moro – Coopers Editore) ma mi sono anche chiesto come è stato possibile che queste dichiarazioni venissero prese sul serio. Lo stesso Sen. Pellegrino, la cui Commissione Stragi a mio avviso ebbe molti più meriti che demeriti nell’analisi storica del caso Moro, nella prefazione al libro tenne a precisare che le rivelazioni dell’esperto americano posero il problema della loro veridicità, esse pur avendo riscontri obiettivi nella situazione che si delineò (la sconfitta delle Br, il crollo del PC e la stabilizzazione degli anni 80) ….”lasciano non chiariti alcuni profili non marginali e per brevità ne indico soltanto due…il primo concerne i canali di cui si avvalse per tendere il suo agguato alle Br…il secondo riguarda i rapporti degli apparati del Viminale con Tony Chicchiarelli e la Banda della Magliana” Trascurabile a mio avviso è il secondo punto, una volta decisa la strategia del Lago della Duchessa si saranno occupati i servizi a mettersi in contatto con Chicchiarelli per commissionargli la realizzazione del falso comunicato, il problema morale magari era a monte, nella strategia in sè. E’ invece il primo il motivo principale del mio scetticismo nei confronti delle dichiarazioni di Pieczènik. Come fai a essere credibile argomentando con dovizia di particolari il cosa omettendo totalmente il come, il dove il con chi e tutto il contesto. Per la trattativa promossa dai socialisti di cui si è detto nell’articolo precedente della serie, le fonti mi hanno dato modo di ricostruire momento per momento, giorno per giorno tutto ciò che era successo, chi parlava con chi, dove ci si incontrava e cosa ci si diceva, grazie soprattutto alla dettagliatissima audizione di Craxi in Commissione Moro 1 e al diario di Fanfani, che appuntava tutto quello che accadeva. Ciò senz’altro attribuisce al tentativo di Craxi maggiore autenticità delle parole di Pieczènik, anche se poi è una rivelazione di Martelli a “invalidare” tutto e a mostrare lo squallido calcolo politico confermato poi dall’intervento dello stesso Craxi durante il congresso PSI dell’84. Tornando a Pieczènik comunque, nell’intervista del 2018 con Minoli, chiarì meglio per quale motivo secondo lui la morte di Moro si rese necessaria. Sottolineando che non ebbe un preciso mandato da parte del governo USA e che era libero di fare le sue interpretazioni, si convinse che la liberazione di Aldo Moro a suo avviso avrebbe portato con certezza assoluta alla presa di potere dei comunisti (prego gli analisti politici di intervenire perché io non vedo questo nesso così diretto), cosa che lui doveva assolutamente evitare per la stessa stabilità dell’Italia, sarebbe stata una disgrazia più grave di uno tzunami perché “si sarebbe verificato un effetto valanga causando il crollo dell’economia, gli italiani non avrebbero più controllato la situazione e gli USA non se lo potevano permettere” Diamo per buono l’interesse degli USA a mantenere stabile l’economia italiana, ok, ma sembra un ragionamento davvero tanto perentorio, assolutistico. Se Moro sopravvive i comunisti vanno al governo e se i comunisti vanno al governo crolla l’economia…boh. Appare molto più credibile in realtà la tesi del Prof Aldo Giannuli che sostiene che le preoccupazioni degli USA cominciarono soprattutto quando Moro nella lettera a Cossiga minacciò di dire alle Br qualcosa di molto scomodo e imbarazzante, avallando la teoria del “doppio ostaggio” coniata dal Senatore Pellegrino.

Per concludere, non c’è dubbio che queste dichiarazioni siano arrivate cosi tardi perché fosse stato vero anche solo un decimo l’imbarazzo per la nostra classe politica sarebbe stato insostenibile. Gli interrogativi però sono tanti. E’ mai possibile che Pieczènik non fu mai chiamato a testimoniare in nessuno dei 5 processi Moro? Un testimone talmente importante! Come fu fatta la rogatoria internazionale nel 2018 cosi la si poteva anche fare nell’82, quando fu celebrato il primo processo. E’ mai possibile che arrivato in Italia, gli fu data carta bianca e nessuno nel governo e nel Comitato Esperti ebbe nulla da obiettare a quella strategia? Se davvero riuscì a stabilire un contatto con le Br… con chi? Tramite chi? Con quale mezzo? Dove? E per finire, come mai in Commissione Stragi si dice che Pieczènik andò via dall’Italia quasi subito? Come stanno insieme le parole di Pieczènik che si auto incensa come la mente dietro l’operazione Lago della Duchessa e le parole di Stefano Silvestri, l’esperto di strategie internazionali membro dello stesso comitato di esperti, che in Commissione Stragi dichiarò di aver incontrato Pieczènik a Washington e di aver parlato con lui proprio del fatto del Lago della Duchessa…”Lo rividi proprio il giorno in cui venimmo a conoscenza della questione del Lago della Duchessa; a quell’epoca pensavamo che la faccenda fosse vera e ne discutemmo in questa chiave” Ma come?! Ma non era stata la commissione (cioè loro) a partorire la cosa? E soprattutto…ma Pieczènik in quel momento, non doveva essere in Italia a far ammazzare Moro dalle Br?

Pin It

Comments

Search Reset
1
danilo fabbroni
Tuesday, 03 September 2024 16:11
I cacodemoni. L'atroce agonia di Aldo Moro Copertina flessibile – 1 luglio 2024
di Danilo Fabbroni (Autore)
DISPONIBILE SU AMAZON FELTRINELLI IBS HOEPLI IL LIBRACCIO MONDADORI ECC. ECC.
Un giallo intriso in una opaca tinta psicologica che prende avvio da un tragico episodio, il "Settembre Nero" della Strage alle Olimpiadi di Monaco nel 1972 e dalla sua epifania, l'Atroce Agonia in cui per l'ennesima volta - 1978 - si è siglato l'assoggettamento dell'Italia alle Potenze Straniere: Il Sacrificio Rituale di Aldo Moro. Nel turbinio incessante del racconto, con una scrittura che pare un taglio-laser, sequela senza soluzione di continuità di lampi, di stralci violentissimi, assomma a galla come fosse un antico reperto di ere dimenticate, una folta ridda di personaggi di ogni risma, dai figli dei fiori fino a rivoluzionari armati, il tutto condito a iosa dai cosiddetti "agenti di influenza". Narrazione insospettabilmente epistolare, telegrammatica, a tratti quasi tragicomica ma per lo più tremenda, dai contorni miserevoli, in uno sconcertante quadro narrativo privo di ogni coerenza prospettica, ove fatti, figuri, individui, accadimenti vengono squadernati su un piano privo della terza dimensione, cassato da ogni coerenza temporale, miscelato in un tourbillon ove si affastellano l'una all'altra ideologie e credenze prive di senso.
Like Like like 1 Reply | Reply with quote | Quote

Add comment

Submit