Catalogna e indipendentismo dei ricchi: vero o falso?
di Paolo Rizzi
Alcuni dati di fatto per non parlare in maniera astratta dell'indipendentismo catalano
L'indipendentismo catalano è un fenomeno reazionario? Alcuni compagni ne sono convinti, considerandolo un progetto egemonizzato dalla borghesia catalana, indirizzato a creare una “Piccola Patria”, che creerà un'ondata di indipendentismo in giro per l'Europa orientata a separare le regioni ricche.
Non sarà questo articolo a risolvere il dibattito se l'indipendentismo catalano sia progressivo o reazionario, vanno però messi dei punti fermi, per non continuare a discutere usando dei luoghi comuni.
La Catalogna è la regione più ricca della Spagna: VERO! La Catalogna è la regione spagnola più ricca in termini di PIL assoluto.
I catalani sono i più ricchi della Spagna: FALSO! In termini di PIL pro capite, la Catalogna è “solo” la quarta regione, dietro al Paese Basco, la Navarra e la capitale Madrid. Certo, rimane più ricca della media del paese, molto più ricca delle regioni più arretrate come l'Andalusia e l'Extremadura.
La disoccupazione in Catalogna è più bassa di quella (altissima) media spagnola, ma rimane nel 2017 attorno a un notevole 17%.
Poco meno del 20% della popolazione catalana è a rischio povertà, un dato appena inferiore alla media spagnola del 22%.
La Catalogna è oggettivamente una regione ricca. I media e anche alcuni compagni la dipingono però come una specie di Lussemburgo sul Mediterraneo, un'immagine esagerata e che nasconde le forte differenze tra le classi in Catalogna.
La borghesia catalana sostiene l'indipendenza: (in parte) FALSO! La Foment del Traball Nacional – l'associazione dei padroni catalani – ha condannato il referendum e il processo che ha portato al voto. Secondo la confindustria catalana, il voto per del parlamento catalano per istituire il referendum ha violato le leggi basandosi su una inesistente sovranità del popolo catalano.
È invece vero che una buona parte della piccola borghesia – base tradizionale del partito liberale-conservatore catalano, che ora ha assunto il nome di Partido Democratico Europeo Catalano (PDEC) – ha abbracciato la causa indipendentista, come testimoniato anche dall'adesione dei bottegai allo sciopero generale.
La Catalogna aveva già tutta l'autonomia che ha richiesto, ora vuole la completa autonomia fiscale: FALSO E VERO! È vero che una parte importante del processo di indipendenza è la questione fiscale. È falso che lo Statuto di Autonomia approvato nel 2006 fosse tutta l'indipendenza. Dopo l'annullamento di alcuni articoli e l'interpretazione restrittiva di altri da parte del Tribunale Costituzionale (invocato in questi giorni come se fosse una specie di autorità tecnica-neutrale), manca del tutto il riconoscimento della Catalogna come una nazione e la preferenza per la lingua catalana. Certo, sono state concesse molte forme di autonomie come quella della polizia (anche se si è visto il giorno del referendum che questa autonomia può essere sospesa, a differenza di quanto accade, per esempio, nei Länder tedeschi), ma dire che tutte le questioni culturali sono state risolte e ora rimangono solo quelle fiscali, è sbagliato.
D'altra parte uno dei punti rigettati, ormai da un decennio, dal Tribunale Costituzionale è stata proprio la fine della solidarietà fiscale della Catalogna verso le altre regioni spagnole. È banalmente ovvio che la creazione di uno stato catalano autonomo non prevederebbe obblighi fiscali verso lo stato spagnolo.
L'indipendentismo nasce solo dopo la crisi economica: FALSO! In Catalogna governa una “grande coalizione” tra il tradizionale partito socialdemocratico Sinistra Repubblicana Catalana (ECR) e la nuova incarnazione dei liberali-conservatori del PDEC. ECR è indipendentista da decenni, riporta nel suo Statuto l'obiettivo dell'indipendenza per tutti i paesi catalani, quindi, l'attuale Catalogna, la regione Valenciana e le Isole Baleari. Si può discutere quanto durante la sua storia ECR sia stata realmente impegnata nella lotta indipendentista, ma non è vero che il tema indipendentista sia nato dopo la crisi. Il governo catalano ha ora il sostegno esterno di Candidatura d'Unità Popolare (CUP) – che si autodefinisce anticapitalista e nazionalista. Per quanto la CUP abbia acquistato una rilevanza politica di primo piano solo nelle ultime tornate elettorale, sono sempre esistite varie formazioni di sinistra più o meno anticapitalista e indipendentiste.
Ironicamente, chi dice che l'indipendentismo è affare degli ultimi 10 anni, è fin troppo generoso con il PDEC, che si è effettivamente convertito all'indipendentismo nell'ultimo paio d'anni, in larga parte per rifarsi una verginità dopo gli scandali e l'attuazione dell'austerità da parte della precedente amministrazione di Artur Mas.
Questi pochi punti non risolvono il rebus catalano, una volta assunti questi dati non è scontato essere a favore o contrari all'indipendenza, non è scontato affibbiare colpe e accreditare meriti. Potrebbe essere però un po' più semplice discutere della realtà.
Comments
Forse è meglio se interrompiamo la discussione, perché non ci porterà da nessuna parte.
In ogni caso, ti lascio il monopolio della morale ideale imperativa e mi accontento di un pezzettino di morale storica.
Mi sembra che continuiamo a discutere su piani paralleli, che non si incontrano mai.
Soliti problemi di display dello smartphone.
Riguardo a Gorbaciov, ammessa e non concessa la sua volontà di riformare e mantenere il socialismo, l'aver agito in modo così irresponsabile, senza valutarne le conseguenze, significa sottrarsi all'etica della responsabilità. Un comportamento da anime belle, appunto. Che sono le più dannose e immorali per la causa che pretendono di difendere.
Poco prima del suo arresto, Bucharin fece imparare a memoria il suo testamento alla sua giovane moglie, Anna M. Larina. “Lascio questa vita. Piego la testa, benché non sotto la scure del proletariato, che sarebbe spietata, ma pura, incontaminata. Sono certo e sicuro della mia impotenza, davanti alla macchina infernale, che si serve di sistemi medievali, e maneggia un potere immane - la macchina che fabbrica calunnie sistematiche e funziona con perfetta automatica sicurezza. Se ho fatto degli errori nei metodi usati per l'edificazione del socialismo, che i posteri non mi giudichino più severamente di quanto non abbia fatto Lenin. Noi eravamo i primi a dirigerci verso il comune obiettivo, e la strada non era ancora battuta. Erano altri tempi, era un'altra morale”. Bucharin è stato riabilitato ufficialmente dallo Stato sovietico sotto Michail Gorbačëv nel 1988.
Se fosse stato per Bucharin e la sua difesa della proprietà contadina, oltre che per i suoi complotti, i sovietici sarebbero divenuti schiavi dei nazisti.
E poi, citare Gorbaciov come ripristinatore di socialismo è come darsi la zappa sui piedi. Liquidare non corrisponde a ripristinare.
Comunque, non ci sono solo i testi della Novosti e della Teti sulla storia sovietica. Ci sono testi e studi diversi e anche più recenti, sulla base di nuove fonti.
Hitler non rimase sorpreso della forza dell'Armata Rossa se non quando arrivò a Leningrado e Mosca (per migliaia di km fu un gioco da ragazzi occuparla, proprio perché Stalin non solo aveva eliminato i propri generali e ufficiali per motivi ideologici, ma non aveva approntato alcuna difesa, non credendo ai suoi stessi servizi segreti). E quando Hitler decise di distruggere Stalingrado non aveva previsto che avrebbe potuto essere la Siberia (dove erano state trasferite le fabbriche civili riconvertite a militari) a salvare la Russia. Da quando la Russia è nata solo Gengis Khan è riuscito a capire che se viene occupata la Siberia, dove le risorse sono sterminate, la Russia è una mela cotta. E questo lo sanno anche i cinesi, che non a caso stanno invadendo la Siberia come lavoratori, perché i russi non ne hanno voglia di andare a lavorare a 40-50 gradi sotto zero, anche se gli stipendi sono il doppio.
La fine della NEP e l'eccidio dei kulaki sono stati un disastro per la Russia. Non a caso Gorbaciov fu costretto a ripristinarla. Un qualunque socialismo di stato, gestito dall'alto, è una contraddizione in termini, in quanto il socialismo o è democratico, gestito dal basso, o non è. Dovresti piuttosto chiederti perché si vollero eliminare i Soviet.
E con questo non voglio dirti che Trotsky sarebbe stato meglio di Stalin. Voglio solo dirti che se si rispettava il testamento di Lenin, invece di censurarlo, forse le cose sarebbero andate diversamente. Di sicuro non si sarebbe fucilato Bucharin, che mostrava un occhio di riguardo per i contadini, e non si sarebbe eliminata tutta la prima generazione che fece la rivoluzione.
Quanto al ritorno al comunismo primitivo è evidente che non potrà essere alle stesse condizioni. Lenin parlava di dialettica a spirale, nel senso che le cose si ripetono in forme sempre diverse. Di sicuro però sappiamo che non ci sarà alcuna forma di Stato, in quanto la società dovrà sapersi autogestire.
Siccome penso che stiamo discutendo tra compagni, a proposito di URSS e Stalin, mi permetto di chiederti: ma tu ci credi veramente alle fandonie che circolano su questi argomenti?
Io non nego la possibilità di fare storia controfattuale (se non ci fosse stato Stalin, sarebbe andata meglio...), ma bisogna prenderla con le pinze ed essere seri.
La vulgata che circola, dall'accademia alla pubblicazione popolare, è la paccottiglia confezionata dalla CIA durante la guerra fredda e che ricicla la propaganda nazista dell'epoca (anche dei nazisti ucraini. Quelli ritornati al potere di recente).
Quando Hitler aggredì l'Unione Sovietica rimase sorpreso dinanzi alla forza ed alla organizzazione dell'Armata Rossa.
Rammenta che la Francia, il Belgio, si squagliarono letteralmente, non offrendo alcuna resistenza.
I sovietici, oltre all'organizzazione e alla dotazione militare, possedevano uno spirito di compattezza, e una risolutezza, che non mostrava crepe. Disertori e collaborazionisti erano rarissimi, al contrario dei paesi capitalistici come la Francia.
Pensi che questo sia stato casuale?
Cominciamo dalla forza militare.
L'Unione Sovietica, dopo il comunismo di guerra, si era risollevata economicamente con la NEP. Tuttavia, questa era ormai diventata un intralcio allo sviluppo produttivo e socialista dell'URSS. Archiviata da tempo la possibilità di rivoluzione europee (già Lenin l'aveva chiarito), si preannunciava un'aggressione capitalistica coloniale nei confronti dell'URSS. Basta leggere atti e documenti dell'Internazionale comunista dell'epoca per vedere come ciò fosse chiaro. Perciò, dinanzi all'URSS si ponevano il compito procedere nella socializzazione dei mezzi produttivi; il compito di innalzare le forze produttive e la produzione; il compito di attrezzarsi per difendersi dalla futura aggressione.
Stalin guidò questi processi. La collettivizzazione della terra, oltre a liquidare la classe dei kulaki e a dare una soluzione alle aspirazioni dei contadini poveri, permise di elevare la produzione agricola a livelli di molto superiori rispetto all'organizzazione Nep. E, soprattutto, di dare stabilità e certezza alla produzione agricola. Cosa essenziale in una guerra. Ciò fu consentito dalla ripresa della produzione industriale (il numero di trattori e macchine agricole prodotte aumentava a livello esponenziale).
L’idea di Bucharin e degli oppositori era contraria.
L’innalzamento della produzione consentì di sviluppare l’industria bellica, senza la quale, altro che resistenza popolare alla Wermacht! Non erano più i tempi di Napoleone, pur essendoci motivi simili nella difesa popolare patriottica della Russia.
Tutto ciò fu fatto a tappe forzate e con uno sforzo di tutta la società sovietica, senza precedenti storici di questa portata. O pensi che Stalin si sia piazzato dietro ogni lavoratore col pungolo e la frusta? Il clima dell’epoca non era quello plumbeo e di terrore che si racconta al pubblico bambino come fiaba terrificante.
Ci sono state le purghe e le epurazioni. Il fatto è che c’è una relazione tra le epurazioni e la compattezza del partito, dello stato e del popolo sovietico dinanzi all’inaudita forza di aggressione nazista. Stalin “decapitò” la testa dell’esercito, si dice. Ci si riferisce, per es., a Tugachevskj, i cui contatti con i tedeschi e con i piani complottistici organizzati in URSS sembrano seriamente fondati? Humbert Drotz, dirigente dell’Internazionale, antistalinista, in un suo libro dei primi anni settanta, riferisce di un’opposizione (tra cui Bucharin) che era pronta anche al colpo di stato e all’omicidio dei dirigenti sovietici e di Stalin. I contatti con i tedeschi e la possibilità di un tentativo di colpo di stato erano una cosa seria, non una paranoia del dittatore.
Le epurazioni hanno duramente, purtroppo, perché non è mai piacevole l’uso della violenza, espulso ogni elemento di debolezza e disgregazione di fronte alla lotta decisiva col nemico. Purtroppo, è vero, sono stati commessi molti crimini. Molti innocenti, e anche compagni innocenti, sono stati uccisi. Le cosiddette ezovchine sono state una macchina assassina andate ben aldilà dell’epurazione. In questa ebbero un ruolo decisivo Ezov, appunto, e lo stesso Kruscev, che poi si riciclò in accusatore di Stalin (il quale dovette intervenire per limitarli, invece).
L’immagine di Stalin che è preso dal panico e si rinchiude in un atteggiamento infantile mentre il nemico è alle porte; oppure, che dirige la guerra sul mappamondo senza rendersi conto della realtà, è una pura invenzione. E’ l’immagine chapliniana de “Il grande dittatore”. Fa parte della creazione dell’alter ego simmetrico di Hitler. Della storia psicopatologica, demonologica, teratologica, che è tanto stupida, quanto falsa.
L’opinione che si aveva su Stalin prima dell’inizio della guerra fredda era ben altra. L’opinione di amici e anche di avversari e nemici.
Stalin è stato un grande stratega (di lungo periodo. In previsione della e durante la guerra), come gli veniva riconosciuto in tempi non sospetti. Ricorda l’idea di festeggiare il Primo Maggio nella Leningrado sotto assedio, per renderti conto della sua personalità. Altro che il grande dittatore impaurito o dinanzi al mappamondo.
La fonte “biblica” di tutte le cazzate, la madre di tutte le cazzate, sull’URSS e su Stalin è Conquest. Un agente dei servizi segreti britannici e poi della CIA.
Molti compagni non si preoccupano di abbeverarsi a questa fonte inquinata, avvelenata.
Su molti fatti (Katyn, numero degli internati nei Gulag, ecc.) la discussione è ancora aperta. L’apertura degli archivi sovietici ha consentito di acquisire dati più oggettivi, ma non è andata esente da vicende controverse.
Le cose che ho scritto sono necessariamente approssimative e incomplete. Se vuoi, puoi approfondire con varie pubblicazioni questi aspetti. Per es., tra le altre, “Stalin. Storia e critica di una leggenda nera”, di Domenico Losurdo.
Comunque, come dicevano i C.S.I. in una loro canzone: “Soviet più elettricità non fanno il socialismo. Ma è vero che a Stalingrado non passano”.
http://www.homolaicus.com/teorici/marx/gotha.htm
La Russia ha vinto per merito dei russi non per merito di Stalin, che aveva, poco prima dell'attacco di Hitler, fatto sterminare, nelle sue purghe, buona parte dei generali e degli ufficiali.
www.homolaicus.com/teorici/stalin/
C'è stata e c'è ancora una sinistra che fa da cassa di risonanza alla propaganda di Goebbels e alla falsificazione storica più grossolana e interessata.
Mi dispiace, ma di "stato comunista" parla proprio Marx, nella Critica al programma di Gotha, e ne parla esplicitamente Gramsci. E Lenin lavorò duramente proprio a rafforzare lo stato socialista di transizione, la dittatura del proletariato, contro ogni anarchismo (di stampo piccolo borghese, poichè convengo che nella dottrina dell'estinzione dello stato c'è anarchismo) e utopismo o, peggio, disfattismo e capitolazionismo piccolo borghese.
E' evidente che non ci possiamo intendere. Ora si capisce bene il perchè. Tu pensi a ripristinare il comunismo primitivo. Il che, nella situazione attuale, corrisponde oggettivamente ad un programma reazionario.
La riappropriazione delle forze produttive da parte della società intera, cioè dei lavoratori associati, richiede un'organizzazione adeguata, oltre che una necessaria fase di transizione molto dura e complessa. Non è ammessa alcuna faciloneria e dabbenaggine.
Il fine è una società nella quale le regole sociali sono osservate con la partecipazione e l'adesione spontanea degli associati (non una società senza regole, evidentemente, come era nel pensiero anche di molti pensatori anarchici, e di Marx), non con la forza coercitiva esterna dello stato, quale espressione del dominio di una parte della società sull'altra. Su questo fine credo che siamo d'accordo.
Noi dobbiamo realizzare una sorta di riedizione del comunismo primitivo, in cui la società si autogovernava, senza bisogno di alcuna entità metafisica ad essa esterna. Parli dello Stato come se fosse una divinità. Se la Russia non avesse avuto lo stalinismo, sarebbe ancora un paese socialista e nella guerra contro i nazisti non avrebbe avuto 25 milioni di morti.
Marx, Lenin, ecc., erano centralisti e "totalitari" (che scandalo), non nel senso dei liberalucoli alla Harendt.
Adottando il principio che tu proponi (Più il potere si allontana dalle istanze locali e particolari, più deve diluire e diradarsi) si giunge, infine, alla libertà individuale borghese. Localismo, federalismo, "dal basso verso l'alto", ecc. , erano le parole d'ordine degli anarchici. In effetti, invece, il pensiero di Marx era debitore di Rousseau. L'altro "totalitario", secondo i liberali.. Se si guarda alla concezione di Lenin del partito, si può verificare cos'è la concezione centralizzata in una sua applicazione pratica (Un passo avanti, due indietro).
Dubito che se l'URSS, invece di accelerare l'industrializzazione e la collettivizzazione dell'agricoltura, l'apparato militare, tutta l'organizzazione statale, si fosse limitata a contare sull'unità del popolo invincibile, sarebbe sopravvissuta un solo giorno dopo la rivoluzione.
www.homolaicus.com/teorici/lenin/estinzione_stato.htm E l'Urss doveva progressivamente smantellarlo, non rafforzarlo dietro il pretesto che il capitalismo fa di tutto per abbattere il socialismo. Quando un popolo è unito (e non può esserlo perché lo vuole lo Stato), non c'è oppressore che tenga.
Ciò che marx contestava nella dialettica e nella concezione dello stato hegeliane era il teleologismo insito nell'idealismo e l'apologetica dello stato esistente (borghese).
E in fondo aveva ragione, perché le radici dello Stato etico e totalitario sono proprio in Hegel.
Se tutto ciò non è sufficiente per assumere una posizione a favore o contro l'indipendenza, non capisco cos'altro occorra. E' necessario che l'indipendentismo catalano si raduni sotto le bandiere della Lega Nord contro Madrid padrona ed Estremadura terrona?