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rifonda

La dialettica dell’ecologia, un’introduzione

di John Bellamy Foster

Pubblichiamo dal sito Antropocene.org, rassegna internazionale di ecosocialismo, la traduzione di un importante saggio di John Bellamy Foster dal numero di gennaio della rivista Montly Review

GreenMarx 90170 210x210.jpgL’intera natura si trova in un perpetuo stato di flusso…
Non vi è nulla che sia chiaramente definito in natura…
Ogni cosa è legata a tutto il resto…
Denis Diderot [1]

 

Come ha osservato l’ecologo di Harvard e teorico marxiano Richard Levins, «probabilmente la prima indagine di un oggetto complesso studiato come un sistema è stato il capolavoro di Karl Marx, Il capitale», che ha esplorato sia la base economica che quella ecologica del capitalismo, inteso come sistema socio-metabolico.[2] La premessa della Dialettica dell’ecologia, così come affrontata in quest’articolo, è che troviamo soprattutto nel materialismo storico classico/naturalismo dialettico, il metodo e l’analisi che ci permette di collegare “la storia del lavoro e del capitalismo” alla storia della “Terra e del pianeta”, consentendoci di indagare da un punto di vista materialista la crisi dell’Antropocene propria del nostro tempo.[3] Nelle parole di Marx, l’umanità è sia “una parte della natura”, che una “forza della natura”.[4] Nella sua concezione non era presente alcuna rigida divisione tra storia naturale e storia sociale. Piuttosto, «La storia della natura e la storia dell’uomo [umanità]» erano pensate come «l’una in dipendenza dall’altra sin tanto che l’uomo esisterà».[5]

Da questa prospettiva, la relazione tra lavoro, capitalismo e metabolismo terrestre, è al centro della critica dell’ordine esistente. «Il lavoro», scriveva Marx, «è, anzitutto, un processo che passa tra l’uomo e la natura, un processo attraverso il quale l’uomo, per mezzo delle sue stesse azioni, media, regola e controlla il metabolismo tra sé e la natura.

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comuneinfo2

Nelle mani sbagliate

di Paolo Cacciari

DSC5514.jpgIl tormento crescente che rende cupa la vita di ogni giorno a causa delle guerre e delle devastazioni ambientali e climatiche che non sembrano conoscere limiti non deve impedire di pensare e guardare il mondo diversamente. È necessario prendere atto che affidare la cura delle relazioni tra gli esseri umani e tra loro e la natura agli apparati di governo degli stati significa infilarla in un binario morto. Abbiamo bisogno di rovesciare l’approccio ai problemi, scrive Paolo Cacciari nel nuovo numero della rivista Quaderni della decrescita (“Energia: quanta, quale, per chi”): smetterla di delegare la loro soluzione a chi occupa posizioni di potere nell’economia, nella politica istituzionale, nella tecnoscienza, e affidarci alle comunità che vivono i territori in molti modi diversi.

* * * *

E se l’errore fosse ab origine? Se la ragione di tanti, tragici fallimenti non dipendesse dalla correttezza delle analisi della situazione e nemmeno dall’appropriatezza degli obiettivi da raggiungere1, ma dall’errata impostazione del problema? Ovvero, dalla scelta del chi e del come dovrebbe agire per ottenere i risultati desiderati? Affidare la cura delle relazioni tra gli esseri umani e tra loro e la natura agli apparati di governo degli stati significa infilarla in un binario morto. È sbagliato aspettarsi che a risolvere le crisi planetarie, umane ed ecologiche, siano coloro che le hanno create.

Allora, forse, è necessario rovesciare l’approccio ai problemi; smetterla di delegare la loro soluzione a chi occupa le posizioni di potere ai vertici dell’economia, della tecnoscienza, della politica e affidarli invece alle comunità insediate nei territori2, alle popolazioni direttamente responsabili della bontà delle relazioni tra gli esseri umani e tra loro e gli ecosistemi di appartenenza.

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lindice

Le scorie dentro di noi, 2200 torri Eiffel sopra di noi

La plastica dimostra come l’umanità non sia in grado di gestire il pianeta

di Gabriele Lolli

INDICE DEL MESE 1078x516.pngLa prima azione che ho fatto dopo aver letto le prime venti pagine del libro è stata quella di cambiare i pantaloni della tuta che indossavo in casa, che sono al 70 per cento cotone e al 30 per cento di poliestere. Le microplastiche sono particelle dell’ordine di un micron (un millesimo di millimetro, e più piccole ci sono anche le nanoplastiche, nella scala di virus e molecole); in casa, oltre che dai vestiti (di acrilico, nylon, elastan) per sfregamenti e usura, scorie di plastica sono rilasciate da lavatrici, coperte, divani, tappeti, e ci sono quelle volutamente inserite nei prodotti acquistati come dentifricio, detersivi, cosmetici (oltre alle plastiche note a tutti, dalle bottiglie agli imballaggi dei supermercati ecc.). Nel 2022 è arrivato l’annuncio che la plastica è presente nel sangue, sospettata finora, adesso provata con esperimenti che ne hanno rilevato la presenza nell’80 per cento circa dei soggetti esaminati; piccole quantità per ora, ma misurabili, e a ruota scoperte anche nei polmoni, nelle urine, nel latte materno, nel liquido seminale: sono il polietilene tereftalato, il polistirene, il polietilene, altri con quote a scendere. Non si sanno ancora gli effetti, ma incombe il ricordo delle polveri di amianto.

Le microplastiche sono introdotte anche con il cibo, perché usate nella produzione agricola, dove si cospargono i campi con piccole pastiglie plastificate a lento rilascio: col tempo i prodotti chimici entrano nel suolo, ma la plastica resta lì; e comunque i vasi linfatici delle piante portano nutrienti ai semi e insieme anche microplastiche assorbite dal terreno; la frutta più che la verdura è inquinata per i tempi più lunghi di maturazione ed elevata vascolarizzazione del frutto.

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6 Guerra e sostenibilità ecologica. .jpgL’ambiente è sotto attacco, e questa guerra, mossa dalle élite economiche, politiche e finanziarie del pianeta, è una guerra anche contro di noi, intesi non solo come specie umana indissolubilmente legata alle sorti (e anzi parte) della natura, ma anche – come suggerito dalla prospettiva del Capitalocene – come larga maggioranza di dominati, seppure con differenze fondamentali nel grado di intensità della violenza, spesso legate a latitudine e sfumature della pelle. Difenderci, reagire, non può che significare riconoscere, come cerca di fare l’ecologia politica, che battaglie ambientali e sociali non possono essere separate le une dalle altre. Perché se è vero che nessuno può davvero sottrarsi all’impatto della crisi ambientale, tuttavia le risorse (economiche, culturali, relazionali…) di cui possiamo disporre costituiscono pur sempre – anzi, forse sempre più – un discrimine significativo per la nostra capacità di arginare la violenza con cui le sue conseguenze si abbattono sui nostri corpi, sulla nostra salute e sulle nostre prospettive di vita; e perché inseguendo obiettivi di contrasto alla crisi eco-climatica senza porsi il problema di quali componenti sociali ne pagheranno il prezzo, si rischia di produrre risposte deboli, prive di consenso, e prima ancora di mettere in piedi battaglie sbagliate nel principio, dove la buona fede si lascia incanalare dalla retorica e dagli interessi del capitalismo green.

Prenderò spunto dalle riflessioni emerse a partire da due iniziative organizzate nell’autunno appena trascorso per gli studenti dei miei corsi – le presentazioni di Territori in lotta. Capitalismo globale e giustizia ambientale nell’era della crisi climatica di Paola Imperatore (Meltemi 2022) e Perché non si vedono più le stelle. Inquinamento luminoso e messa a reddito della notte di Wolf Bukowski (Eris 2022) – per proporre una riflessione attenta ai concreti rapporti di forza con cui si misura l’attivismo ambientale, mirata in particolare a localizzare alcune delle secche più insidiose dove questo rischia di incagliarsi.

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lavocedellelotte

Rivoluzione tecnologica o rivoluzione sociale? Quale soluzione alla crisi ecologica

di Matteo Cini

27216107 mNella comunità scientifica si fa sempre più chiaro come la crisi climatica rischi di raggiungere un punto di non ritorno (‘tipping point’). Putroppo, scienziati ed economisti legati a chi detiene le leve dell’economia, della politica e dei media egemonizzano la ricerca e diffondono visioni tecno-ottimiste. Non sarà però una nuova tecnologia miracolosa a scongiurare il disastro ecologico, ma la saldatura tra prospettiva anticapitalista, classe lavoratrice e movimento ecologista. Un contributo di Matteo Cini, ricercatore in fisica dei cambiamenti climatici.

* * * *

I “social tipping points” rappresentano uno sviluppo della ricerca sui “tipping points climatologici”, o “tipping points” (“punti di non ritorno”) propriamente detti. Riprendiamo per punti essenziali il tema dei tipping points climatologici e vediamo di capire meglio questo concetto: i cambiamenti climatici non sono un processo di riscaldamento lineare e omogeneo condito da un aumento della frequenza e portata di eventi estremi (alluvioni, ondate di calore ecc ecc …). Questa visione è vera solo in prima approssimazione. Infatti, i cambiamenti climatici non sono fenomeni del tutto omogenei, basti pensare al fatto che l’anomalia termica registrata è diversa in diverse aree geografiche. Ma soprattutto, per quello che riguarda i tipping points, non sono fenomeni lineari, progressivi. Esistono infatti fenomeni di carattere repentino, che avvengono su scale temporali piccole rispetto alle scale temporali tipiche, e si caratterizzano per essere fenomeni di fatto irreversibili. Sono stati evidenziati almeno 9 sistemi climatologici (Tipping elements) che per effetto dei cambiamenti climatici potrebbero subire questo cambiamento brusco ed irreversibile (Tipping Point, TP). Tra questi c’è la perdita della foresta amazzonica, lo scioglimento della calotta glaciale della Groenlandia, cambiamenti strutturali nei cicli monsonici.

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antropocene

La decrescita è contro gli interessi dei lavoratori?

di Don Fitz

I detrattori affermano che i lavoratori non sosterranno mai la decrescita, ma non capiscono né i lavoratori, né la decrescita

Degrowth the only.jpgIl 2023 ha visto l’estate più calda mai registrata nell’emisfero settentrionale, mentre nell’emisfero meridionale si è vissuto l’inverno più caldo mai registrato; a tutto questo seguirà un autunno con terrificanti tempeste e inondazioni in tutto il mondo. Il numero di persone che attribuiscono la catastrofe climatica alla crescita economica è in aumento.

Ma non tutti concordano sul fatto che il problema sia la crescita [economica]. Alcuni rispondono che la crescita è destinata a permanere mentre il concetto di "decrescita" è un assurdo nonsense.

Molte delle accuse contro la decrescita hanno trovato delle risposte. Tra il libri, quello di Jason Hickel Siamo ancora in tempo! Come una nuova economia può salvare il pianeta (2021) è forse il più noto e leggibile. E un'eccellente raccolta di articoli (Planned Degrowth: Ecosocialism and Sustainable Human Development) è disponibile nell'edizione di luglio/agosto 2023 di Monthly Review.

 

La “decrescita” è contro i lavoratori?

Un'accusa sembra ancora priva di una risposta adeguata: «La classe operaia statunitense è intrinsecamente contraria alla decrescita perché comporterebbe una massiccia perdita di posti di lavoro». Questo fa pensare che i sostenitori della decrescita non abbiano mai sentito parlare di una settimana lavorativa più corta. Perché questa sarebbe la prima conseguenza della decrescita. Per molti lavoratori statunitensi, avere una settimana lavorativa di 40 ore sarebbe un gradito sollievo.

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resistenzealnanomondo

Il biolaboratorio mondo

di Costantino Ragusa

biolab 1.jpeg“L’ingegneria genetica è una tecnologia tanto radicale quanto quella nucleare, non solo perché entrambe affrontano gli elementi costitutivi “estremi”della materia e della vita, disintegrando ciò che era ritenuto fino ad allora “insecabile”(l’atomo o la cellula), ma anche perché nell’uno e nell’altro caso non si tratta più di vere e proprie prove, dato che non c’è più l’insularità del campo di sperimentazione, e che il laboratorio diviene suscettibile di avere la stessa estensione del globo”.

Enciclopédie des nuisances

Recentemente in Italia, seppur ancora in contesti molto marginali, si è iniziato a discutere dei pericoli legati alle ricerche di ingegneria genetica e più in generale alle ricerche con agenti biologici, soprattutto dopo le recenti mobilitazioni a Pesaro contro l’apertura di un Istituto Zooprofilattico con classificazione di pericolosità biologica di livello 3.

Per forza di cose per comprendere quello che sta effettivamente avvenendo bisogna fare un passo indietro, anche abbastanza lungo, ma fondamentale per non sbagliare pensando che sia stato il clima di emergenza degli ultimi anni ad aver portato questi nuovi Biolaboratori, quando al contrario sono invece sempre i laboratori a creare le emergenze.

Intanto, per cominciare, le ricerche condotte in questi nuovi Biolaboratori non rappresentano certo una novità, sia per l’Italia, ma ancora di più per tanti altri paesi per il mondo.

Sono decenni che, segretamente, poi ufficialmente e poi di nuovo segretamente, vengono effettuate ricerche ed esperimenti senza sosta in questa direzione, ogni paese con le proprie caratteristiche e i propri diritti umani e animali da tenere in considerazione.

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effimera

Note a margine del World Congress for Climate Justice

di Massimo De Angelis

wccj 11 ottobre.jpegNon ho alcuna pretesa qui di commentare o analizzare i quattro giorni del World Congress for Climate Justice che si è tenuto a Milano dal 12 al 15 Ottobre scorso. Come potrei? Vi sono potuto andare solo per un paio di giornate, e in queste ho solo potuto assistere a una selezione ristretta di interventi. E non ero delegato di nessuna organizzazione, rappresentavo solo me stesso, e il mio inesauribile bisogno di navigare dentro le turbolenze del presente alla ricerca di punti di rottura, luci di speranza, ventate di aria fresca che rompano con la claustrofobica presenza di un cambiamento oggi socialmente inimmaginabile, eppure urgentemente necessario. Un arcipelago internazionale di giovani attivisti ambientali, e non solo, dentro la cornice dei cortili della mia vecchia università che non vedevo da anni, mi sembrava un’ottima occasione per pacificare il mio bisogno, e soddisfare la curiosità di sapere come sia percepito il momento attuale da parte dei movimenti, e quali le sfide, decisamente politiche, entro un orizzonte di giustizia climatica. Me ne ritorno a casa con un sentimento ambiguo, moderatamente positivo.

Da una parte, mi sembra di aver percepito una consapevolezza abbastanza diffusa che lega la questione della giustizia climatica a quella del superamento del capitalismo, cioè che la lega a una questione di classe. La tesi dell’articolazione tra la giustizia climatica e la tematica di classe è stata proposta da Imperatore e Leonardi in un libro recente (Paola Imperatore ed Emanuele Leonardi, L’era della giustizia climatica, Orthotes 2023), e a me sembra essere una tesi importante dalla quale partire. Un’articolazione che evidenzia l’emergere di una duplice consapevolezza dentro i movimenti, la consapevolezza critica di un tutto da cambiare — il capitalismo come modo egemonico della cooperazione sociale — e quello di un punto di vista di una parte che si muove, di un soggetto trasformatore e rivoluzionario che cerca di ricomporsi.

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sinistra

Cambiamenti climatici: un tentativo di analisi logica

di Luca Busca

i cambiamenti climatici foto1Parlare oggi di cambiamenti climatici può sembrare anacronistico, visto che l’allarmismo sul caldo estivo è stato ormai abbandonato in favore di quello ben più reale di due guerre in atto, anche se una sembra già dimenticata. In realtà discuterne a mente “tiepida”, ancora lontano è infatti il grande freddo che ormai neanche a gennaio ci sfiora più, può aiutare ad analizzare le cose con una logica meno viscerale di quella che ha caratterizzato il dibattito estivo. Disputa questa contraddistinta, come è consueto da qualche tempo, dalla divisione netta in due fazioni: quella della Verità assoluta dettata dalla scienza dogmatica da un lato e quella dei terrapiattisti, complottisti, negazionisti dall’altra.

Prima di avventurarsi in questo tentativo di analisi logica è necessario premettere che, a parere di chi scrive, i cambiamenti climatici sono solo uno dei tanti elementi che compongono la più complessa “questione ambientale”. Con la locuzione “cambiamenti climatici” ormai si tende a restringere il campo delle gravi problematiche ambientali al solo fenomeno del riscaldamento globale. Un bombardamento mediatico incessante che sfrutta le ondate di caldo estivo per creare quell’atmosfera emergenziale utile ai regimi occidentali per promuovere una falsa transizione ecologica. Unico scopo di quest’ultima è quella di promuovere un sistema economico, il neoliberismo che in realtà è la causa principale dell’ingresso del pianeta Terra nell’Antropocene, l’era in cui i cambiamenti geologici del mondo sono causati da un suo abitante, l’Homo Poco Sapiens.

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contropiano2

Dite il suo nome: è la Terra (con premessa polemica)

di Massimo Zucchetti

dite nome terraC’è un mio articolo di due anni fa (11/09/2021) sul cambiamento climatico nel quale ho cercato di imitare lo stile di uno dei miei divulgatori scientifici preferiti, Carl Sagan.

Questa ondata recente di negazionismo becero, su un problema che è davvero serio, mi spinge a riproporvelo, con una “brevissima” premessa. Abbiate pazienza, seguitemi.

È ovvio a chiunque abbia non dico un minimo di cultura, ma anche solo un pizzico di sano buon senso, che un conto è il clima, un conto è il meteo. Ovvero: che quest’estate faccia più o meno caldo, non ha nessuna rilevanza sulla “dimostrazione” che i cambiamenti del clima esistano oppure no.

Bisogna avere la stessa visione a lunga distanza di una talpa per associare i due fenomeni. Così come gli appunti sul taccuino di ‘tuo cuggino’, che ha una “stazione meteo” sul balcone da alcuni anni, e si segna le temperature, sono utili, sì: ma il balcone di ‘tuo cuggino’ non è il mondo intero.

Sono utili anche per vedere come negli anni cambia la grafia di ‘tuo cuggino’, come l’effetto della senilità negli anni cambi la sua scrittura.

Ma è ovvio che vi sono migliaia e migliaia di ‘cuggini’ scienziati che da secoli rilevano le temperature e quegli altri cento parametri che servono per poter banfare di clima, no?

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antropocene

Decrescita pianificata: ecosocialismo e sviluppo umano sostenibile

di John Bellamy Foster

MR lug ago23Tutti i concetti importanti hanno contorni dialetticamente vaghi.

Herman E. Daly [1]

Il termine decrescita indica un insieme di approcci politico-economici che, di fronte all'attuale accelerazione della crisi ecologica planetaria, rifiutano la crescita economica esponenziale e illimitata come definizione di progresso umano.

Abbandonare la crescita economica nelle società ricche significa azzerare la formazione di capitale netto. Con il continuo sviluppo tecnologico e il miglioramento delle capacità umane, il mero investimento di sostituzione è in grado di promuovere un costante progresso qualitativo della produzione nelle società industriali mature, eliminando al contempo le condizioni di sfruttamento del lavoro e riducendone l'orario. Unitamente alla ridistribuzione globale del surplus sociale e alla riduzione degli sprechi, ciò consentirebbe di migliorare notevolmente la vita della maggior parte delle persone. La decrescita, che si rivolge specificamente ai settori più opulenti della popolazione mondiale, è quindi diretta al miglioramento delle condizioni di vita della grande maggioranza, mantenendo le condizioni ambientali dell'esistenza e promuovendo uno sviluppo umano sostenibile.[2]

La scienza ha stabilito senza ombra di dubbio che, nell'odierna “economia del mondo intero”, è necessario operare all'interno di un budget complessivo del Sistema Terra rispetto alla portata fisica consentita.[3]

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giap3

L’Emilia-Romagna: da illusorio «modello» a «hotspot della crisi climatica». Quale futuro immaginare?

di Wu Ming

maltempo ciribella emilia romagna 3 1200x900 1 1024x768Pochi giorni fa si è svolto a Cesena il convegno di Energia Popolare, la «non-corrente» (sic) bonacciniana del Partito Democratico. Tra gli ospiti Romano Prodi, che ha parlato della necessità, da parte del PD, di un «radicalismo dolce». Numerosi gli articoli e i servizi tv – per non dire delle photo opportunities su Facebook e Instagram – dedicati a quest’ennesimo pseudoevento politicante, ovviamente svoltosi in una sala con l’aria condizionata.

Mentre i notabili di Bonaccini – tutti con curriculum ominosi: alfieri della cementificazione, difensori di un’economia ecocida, favorevoli ai rigassificatori e quant’altro – se la cantavano e se l’applaudivano, nel mondo si batteva ogni record di temperatura e aumentava la frequenza di fenomeni estremi e disastri. L’Europa cuoceva a fuoco rapido. Le foreste canadesi bruciavano da mesi. Il fumo faceva tossire persone a migliaia di chilometri di distanza.

In capo a poche ore, sulla stessa Romagna che ospitava il convegno si sarebbe abbattuta, di nuovo, la furia degli elementi. Ma l’aria condizionata dà sollievo, aiuta a non pensare, a continuare col tran tran anche se fuori, letteralmente, si crepa di caldo e le città sono sempre più roventi… anche a causa dei condizionatori.

 

La mente condizionata della classe dominante

Quello che chiamano «mercato» è un circolo vizioso di stupidità e brevimiranza. Il mercato ha una mente bacata: se gli chiedi la soluzione al problema dell’afa, ti venderà macchine che aggravano il fenomeno, pompando aria calda all’esterno e aumentando consumi di elettricità ed emissioni climalteranti.

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apocalottimismo

Se stai guidando verso un precipizio, hai bisogno di un’auto più veloce?

Ovvero: L’intelligenza artificiale e il destino del mondo

di Richard Heinberg

IA8875234Eliezer Yudkowsky, cofondatore del Machine Intelligence Research Institute, pensa che l’intelligenza artificiale (IA) ci ucciderà tutti. Spesso pone la seguente domanda: immaginate di essere un membro di una tribù di cacciatori-raccoglitori isolata e che un giorno si presentino delle strane persone dotate di scrittura, armi e denaro. Dovreste accoglierli?

Per Yudkowsky, l’IA è come un alieno spaziale super-intelligente; inevitabilmente, deciderà che noi esseri umani e altri viventi non siamo che mucchi di atomi per i quali può trovare usi migliori. “In qualunque circostanza lontanamente simile a quelle attuali“, ha scritto Yudkowsky in un recente articolo sul Time, “tutti gli abitanti della Terra moriranno. Non nel senso di ‘forse per qualche remota possibilità’, ma nel senso di ‘questa è la cosa più ovvia che accadrebbe'”.

Il 30 maggio, un gruppo di leader dell’industria dell’IA provenienti da Google Deepmind, Anthropic, OpenAI (compreso il suo amministratore delegato, Sam Altman) e altri laboratori ha pubblicato una lettera aperta in cui avvertono che questa tecnologia potrebbe un giorno rappresentare “una minaccia esistenziale per l’umanità“. Per i curiosi, ecco una breve descrizione di alcuni dei modi in cui l’IA potrebbe spazzarci via.

Non tutti pensano all’IA in termini apocalittici. Bill Gates, ex presidente di Microsoft Corporation, ritiene però che l’IA possa sconvolgere il mondo degli affari e della tecnologia, portando forse alla scomparsa di Amazon e Google.

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kelebek3

Vandana Shiva

di Miguel Martinez

vandana shiva 1536x922Tra le innumerevoli cose buone di una vita a volte drammatica, ma sempre istruttiva, c’è stato il mio incontro con Vandana Shiva.

Quando viene in Italia, le faccio da traduttore volontario.

Vandana cerca di salvare la biodiversità, dei semi come degli esseri umani, dalle tecnotenebre incombenti. Attenzione, non si tratta di “cambiare” il mondo, che è il sogno di tutti i progressisti, si tratta solo di permettere alla vita di vivere.

Ciò che Vandana ha di speciale è la capacità di comunicare questa missione. Non come causa astratta, ma come coinvolgimento di ogni singolo individuo che incontra sul suo cammino, sa accogliere le storie di tutti noi e ricordarle.

Vandana arriva tra una platea di persone all’altro capo del mondo dal suo, e in un istante si sintonizza, con passione e umorismo, sulle loro esperienze, per poi incitarle a fare qualcosa di concreto. E come lei mi diceva, sono meglio le persone che non hanno pregiudizi ideologici di partenza, perché sono più vicine alla vita.

Il gioco di “Destra-e-Sinistra” occupa, per gli occidentali, l’intero orizzonte delle scelte disponibili.

Vandana deve trasmettere una visione del mondo lontanissima da questo gioco delirante, perché la sua non nasce dall’Occidente che il mondo l’ha conquistato. E quindi Vandana semplifica molto quando parla: il suo scopo non è fare un ragionamento accademico, ma sfidarci, se stiamo dalla parte della biodiversità o dalla parte del tecnodominio.

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lantidiplomatico

I piaceri segreti dell'ambientalismo capitalista

di Andrea Zhok

jnskjeabnfCapita che nel ridente percorso del capoluogo ambrosiano che conduce alla stazione ferroviaria sia da tempo impossibile sottrarsi alla pubblicità più invasiva. La forma più intrusiva in assoluto è rappresentata dagli schermi onnipresenti che sganciano h24 le loro bombe a grappolo pubblicitarie, a volte in guisa diretta, altre volte travestita da “informazione”.

L’intruso molesto che si affacciava oggi dagli schermi era una nota archistar che decantava, con la seria professionalità che caratterizza il ceto, l’imprescindibilità odierna della “sostenibilità”. La “sostenibilità” oggi – diceva – è un dovere morale cui nessuno può sottrarsi. Sullo sfondo dell’intervista-spot si poteva notare il bellissimo porticato della Statale di Milano che come ogni anno, in occasione del Salone del Mobile, è invaso da policrome e imponenti installazioni. Chi abbia la fortuna di aggirarsi negli spazi universitari, oramai sempre più refrattari ad intristirsi nelle faccenduole della conoscenza, può ammirare ogni anno una grande varietà di installazioni, alcune oggettivamente spettacolari. Il tema di quest’anno, e invero più o meno di tutte le ultime edizioni, è l’AMBIENTE. Su una colossale catasta di container creativi, piantati a ridosso dei bassorilievi secolari, quest’anno campeggia la scritta “Save the Planet”.

Il sito del Fuori Salone 2023 dice, e non abbiamo ragione di non credergli, che Milano è allietata in questi giorni da ben 946 eventi in varie parti della città. Ciascuno di questi eventi è preparato da settimane di lavoro manifesto (spesso veri e propri cantieri) e da mesi di lavoro progettuale.