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Sul voto del Consiglio di Sicurezza
di Enrico Tomaselli
Che Russia e Cina perseguano una politica fondamentalmente basata sulla difesa degli interessi nazionali, è cosa che dovrebbe essere ben nota. Anche se trattandosi di potenze che agiscono su scala globale ciò ovviamente comporta una proiezione politica – e quindi un posizionamento – ben al di là del territorio nazionale e della più stretta area d’influenza. Com’è facilmente comprensibile, questo comporta anche delle assunzioni di responsabilità, nei confronti dei paesi partner, e più ampiamente implica una proiezione dell’immagine di sé offerta al mondo – e su cui si costruisce un rapporto non solo di fiducia e stima, ma anche di affidabilità. Sapere che se Mosca o Pechino assumono una posizione, che la si condivida o meno, si può però essere certi che la sosterranno coerentemente.
Ritengo che questo sia un tratto distintivo della politica internazionale di entrambe i paesi. Ragion per cui è con un certo stupore che ho registrato la votazione al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, nella serata di ieri, che ha tra l’altro contraddetto le mie relative previsioni.
Il voto, ricordiamo, era sulla proposta di Risoluzione 2803 presentata dagli Stati Uniti, e ricalcava sostanzialmente – accentuandone taluni tratti negativi – il cosiddetto piano Trump in 20 punti, relativamente al conflitto nella Striscia di Gaza. La Russia, che pure aveva avanzato una sua proposta, decisamente più equilibrata, al momento del voto ha deciso di non opporre il veto, così come ha fatto la Cina, dando via libera alla Risoluzione statunitense, approvata con 13 voti favorevoli, 0 contrari e 2 astensioni (Cina e Russia appunto).
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Come gli USA drenano ricchezza dall’Europa
di Enrico Grazzini
Trump mente: l’Europa non succhia risorse all’America. È vero il contrario. I dati sulla bilancia dei pagamenti lo dimostrano
Il presidente americano Trump afferma che l’Europa succhia soldi all’America e che i rapporti economici tra Stati Uniti ed Europa sono fortemente squilibrati a danno degli USA: ma questo è falso. La bilancia commerciale tra Europa e USA è deficitaria per l’America, ma le partite correnti – che comprendono la bilancia commerciale (gli scambi di beni e di servizi), il saldo dei redditi (da capitale e lavoro) e i trasferimenti unilaterali – sono equilibrate, e sul piano finanziario gli USA succhiano capitale dall’Europa. Occorre sottolineare che, quando si parla di flussi internazionali di fondi, ciò che conta davvero non è la bilancia commerciale di beni e servizi ma il saldo complessivo delle partite correnti, che è equilibrato.
Gli USA hanno un forte deficit commerciale con la Cina, intorno ai 295 miliardi di dollari (dati 2024). Il deficit commerciale (beni e servizi) con l’Europa è molto minore, pari a 57 miliardi di euro. Infatti, secondo la BCE, nel 2024 i Paesi dell’area euro hanno presentato un surplus degli scambi commerciali di beni rispetto agli Stati Uniti pari a 213 miliardi di euro. Al tempo stesso i Paesi dell’eurozona presentano un deficit per gli scambi di servizi (servizi digitali, di intrattenimento, servizi finanziari e di consulenza, ecc.), quasi altrettanto rilevante: in questo caso gli USA sono in surplus per ben 156 miliardi, sempre nel 2024. Gli USA registrano un forte surplus, pari a 52 miliardi, anche sui trasferimenti di redditi, grazie agli interessi e ai dividendi che riscuotono sui capitali investiti in Europa.
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Israele e la guerra nel cuore dell'Impero
di Davide Malacaria
Qualcosa di grosso sta succedendo negli States e non è solo l’elezione di Mamdami a sindaco di New York, pure impensabile solo qualche mese fa avendo contro tanta comunità ebraica americana e tanti miliardari. Qualcosa che può essere identificata come una vera propria rivolta contro l’Israel First, secondo una precipua definizione di The American Conservative.
Se la rivolta nel partito democratico si disvela nell’ascesa di figure socialiste come Mamdami – un socialismo americano, nulla a che vedere con la sinistra europea – che ieri ha visto la vittoria a Seattle di un altro sindaco che si dice “socialista”, molto più interessante appare quanto accade nel partito repubblicano.
In questo ambito è ormai guerra aperta tra movimento Maga e l’establishment neocon, conflitto che verte sulla sudditanza Usa a Israele e sulla morsa dello Stato profondo su Trump. Uno scontro nel quale sta uscendo fuori di tutto. E qui le cose si fanno davvero interessanti.
A guidare la rivolta, a parte alcuni esponenti politici del mondo Maga, alcuni influencer più seguiti del New York Times e del Washington Post messi assieme, un fenomeno tutto americano che è un po’ il prosieguo delle figure immortalate nei film anni ’70 e ’80 che vedevano il solitario speaker radiofonico denunciare le malefatte del sistema.
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Nuovo umanesimo, vecchia ideologia: come trasformare il dissenso in stupidità
di Patrizio Paolinelli
Ha senso riflettere sulla stupidità umana? Sì, perché aiuta a capire cos’è l’intelligenza. In questa direzione muove il libro di Armando Massarenti intitolato, Come siamo diventati stupidi. Una immodesta proposta per tornare intelligenti, (Milano, Guerini e Associati, 2024, pp. 200). Prima di procedere, una nota sull’autore. Massarenti è caporedattore del Sole 24 Ore, giornalista culturale e divulgatore di filosofia per diletto. Dunque è utile occuparsi delle sue idee per l’influenza che esercitano sull’opinione pubblica tramite la testata della Confindustria; perché il suo libro fornisce un’aggiornata panoramica della psicologia umana in chiave cognitivista; e perché, come sosteneva Marx, per capire una società bisogna leggere i reazionari che produce.
Ma che cos’è la stupidità? Tra i germi di questa infezione del corpo sociale Massarenti individua: una generalizzata inclinazione al pessimismo; la scarsa propensione ad affidarsi ai dati statistici per leggere la realtà; la tendenza all’esibizionismo morale (comportamento espressivo che su Internet conduce a una “corsa incontrollata verso l’indignazione”); la scarsa razionalità nell’affrontare i problemi sociali; esercitarsi in “palestre di pregiudizi e regole arbitrarie” come la sociologia e in generale le scienze umane.
Da questo pur incompleto elenco risulta chiaro che la stupidità è un modo di pensare di cui occorre sbarazzarsi. Ma come? Per rispondere prendiamo l’ultimo punto dell’elenco: è davvero necessario rinunciare alle scienze umane tout court?
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Gaza, pace che sembra genocidio
di Mario Lombardo
Il “piano di pace” per Gaza di Donald Trump, che sta per essere oggetto di voto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, rimane un documento che non migliora di una virgola le prospettive di emancipazione del popolo palestinese, né tantomeno prepara un percorso credibile verso la creazione di uno stato sovrano e indipendente. Malgrado ciò, la proposta americana è appoggiata in pieno – almeno a livello ufficiale – da praticamente tutti i paesi arabi e musulmani, mentre lo stesso stato ebraico, che pure respinge fermamente alcune parti del piano, vede in essa il mezzo per facilitare il raggiungimento dei suoi obiettivi genocidi e di occupazione in una fase segnata dal rallentamento forzato dello sterminio iniziato all’indomani dei fatti del 7 ottobre 2023. Il progetto Trump viene quindi valutato con estrema cautela dalle forze palestinesi e della Resistenza in generale, poiché serve in definitiva a soddisfare gli interessi degli attori coinvolti dalla Casa Bianca nel processo in corso, nessuno dei quali coincide con le aspirazioni degli abitanti della striscia.
Il quotidiano iraniano in lingua inglese Tehran Times ha scritto domenica che il piano di Trump “funziona, in ultima analisi, da maschera diplomatica”, poiché fa riferimento al processo di “auto-determinazione palestinese per rassicurare i paesi arabi”, mentre, in realtà, “incorpora [nel processo] le necessità di sicurezza che riflettono le priorità di Israele”. Ognuno dei partecipanti alla farsa del “piano di pace”, in realtà, ottiene – o punta a ottenere – un vantaggio strategico. Per gli Stati Uniti, spiega ancora il Tehran Times, si tratta di “rafforzare la loro influenza [in Medio Oriente], facilitare la vendita di armi” e “posizionarsi come mediatori indispensabili”.
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La privatizzazione del futuro e i suoi disertori
di Mauro Armanino
Riceviamo e volentieri pubblichiamo:
Casarza Ligure, novembre 2025. Chi controlla il presente controlla il passato. Chi controlla il passato controlla il futuro. Lo scrisse il romanziere e militante George Orwell nel suo libro dal titolo ‘1984’. Ci troviamo nell’altro millennio e siamo testimoni più o meno consapevoli del progressivo spossessamento del futuro dei poveri. Si trovino essi nella parte ‘sud’ o ‘nord’ del mondo così com’è stato ridotto in questi ultimi decenni della storia. La tragedia provocata delle oltre 50 guerre in atto nel pianeta e la conseguente creazione di milioni di rifugiati e richiedenti asilo non è altro che un futuro trafugato e che mai più troverà dimora. La strategia di controllo mirato e spesso istituzionalmente violento delle migrazioni internazionali conferma, specie nelle migliaia di morti alle frontiere, l’arbitraria e spesso definitiva sottrazione del futuro a chi aveva il diritto di cercarlo altrove.Chi controlla il presente controlla il passato. Chi controlla il passato controlla il futuro. Lo scrisse il romanziere e militante George Orwell nel suo libro dal titolo ‘1984’. Ci troviamo nell’altro millennio e siamo testimoni più o meno consapevoli del progressivo spossessamento del futuro dei poveri. Si trovino essi nella parte ‘sud’ o ‘nord’ del mondo così com’è stato ridotto in questi ultimi decenni della storia. La tragedia provocata delle oltre 50 guerre in atto nel pianeta e la conseguente creazione di milioni di rifugiati e richiedenti asilo non è altro che un futuro trafugato e che mai più troverà dimora.
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Paolo Virno filosofo dell’avvenire
di Paolo Vernaglione Berardi
Per Nietzsche i filosofi dell’avvenire sarebbero stati quelli che, avendo attraversato la catastrofe della modernità, avrebbero vissuto il tempo nuovo del pensiero. Paolo Virno è stato e sarà filosofo dell’avvenire. Lo è stato perché ha praticato l’autonomia dell’intelletto e ha identificato in pieno l’intelletto con la prassi. In questo è consistita la sua maestria. Paolo ha vissuto fino in fondo e fino alla fine la seconda metà dello scorso secolo e in tre momenti tra fine secolo e il secondo decennio di questo, è stato artefice di una teoria politica permanente.
Il primo momento è stato nel 1977, quando chi aveva 18 anni era un “cane sciolto”, leggeva Lotta continua e a volte Rosso e senza conoscerlo riconosceva un’appartenenza, una passione e una rottura. L’appartenenza istintiva era quella a una storia iniziata nei primi anni Sessanta e culminata nel ’68; ed era quella a una intellettualità di massa che, come aveva mostrato Michel Foucault proprio nell’annus terribilis, archiviava l’intellettuale universale e trovava nella metropoli il campo specifico della prassi, dei conflitti e dell’esodo dalla società del lavoro. La passione era quella del personale che è politico, e lo sarebbe sempre stato, ed era la passione di dover fare la cronaca del presente, di registrare con la parola scritta quel presente che Paolo indicava come il tempo storico in cui cogliere l’occasione rivoluzionaria. La rottura è stata quella di quel ‘77 fenomenale che Paolo riconosceva come il momento di esplosione del capitalismo industriale e l’avvento sulla scena della storia di nuovi soggetti sociali che si liberavano dal lavoro, dalla delega e dalle politiche d’ordine e giudiziarie del PCI che si faceva stato e dei sindacati compatibili e concertanti.
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Palestinesi usati come scudi umani, silenzio dell’intelligence USA
di Gigi Sartorelli
Il 12 novembre l’agenzia britannica Reuters ha diffuso le informazioni ottenute da due ufficiali dell’intelligence statunitense, rimasti anonimi, secondo i quali i servizi stelle-e-strisce avevano raccolto in autonomia già alla fine del 2024 (cioè agli sgoccioli del mandato di Joe Biden) prove dell’uso da parte israeliano di palestinesi come scudi umani.
Le fonti hanno rivelato che gli agenti USA avevano prove di funzionari israeliani che discutevano di come l’IDF avesse inviato, in tunnel sotto Gaza ritenuti potenzialmente minati, dei palestinesi con lo scopo evidente di usarli come ‘esca’ per possibili trappole. Inoltre, queste prove sono state condivise e discusse con la Casa Bianca, che dunque era informata delle azioni israeliane.
Ovviamente, la notizia ha sollevato domande, ai vertici statunitensi, su quanto questa pratica fosse diffusa e se derivasse da ordini diretti di comandanti militari. Ma questa assomiglia più a una difesa non richiesta che non alla consapevolezza derivante dal bersagliamento continuo dei civili e delle infrastrutture vitali della Striscia, a cui abbiamo assistito negli ultimi due anni.
Quello che Reuters non ha potuto determinare, in base alle informazioni fornite dalle fonti, è se i palestinesi fossero “prigionieri”, ovvero veri e propri ostaggi spesso imprigionati senza alcuna accusa, o civili presi a caso. Ma queste distinzioni, come detto, nell’azione sionista sono spesso sfumate, e tutto ciò, insieme alle tante notizie simili, rafforza il convinvimento che quella di utilizzare “scudi umani” non fosse un’idea di soldati semplici.
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Piersanti Mattarella, Ustica, stazione di Bologna… “Ha stato Gheddafi!”
di Sergio Scorza
Sono letteralmente scioccato. Ho appena finito di ascoltare su Radio Popolare di Milano una buona ora di sconcertante monologo di Miguel Gotor in cui lo “storico”, nonché esponente del Partito Democratico, ha illustrato le funamboliche teorie complottiste contenute nel suo ultimo libro intitolato “L’omicidio di Piersanti Mattarella. L’Italia nel mirino: Palermo, Ustica, Bologna (1979-1980)“.
Peraltro, il giornalista in studio non lo ha mai interrotto con delle domande in grado di chiarire i tanti salti logici del discorso di Gotor, che ha esposto il suo teorema senza mai essere disturbato.
In breve, Gotor, partendo dall’assassinio del presidente della Regione siciliana, Piersanti Mattarella (che indica come “l’erede politico di Aldo Moro“), traccia una linea tra le “stratificazioni del potere italiano” soffermandosi sugli «ibridi connubi» tra neofascismo, massoneria occulta, mafia, “apparati deviati dello Stato” e…. udite, udite, la Libia di Gheddafi!
Gotor indica delle relazioni organiche tra l’omicidio Mattarella e le stragi di Ustica e di Bologna e mette tutto in relazione alla decisione degli Stati Uniti e della NATO di installare in Sicilia i missili Cruise contro la Libia e contro l’Unione Sovietica.
Non che non vi possa essere stata qualche relazione tra queste cose, ma la spiegazione che da Gotor è rigorosamente (e paradossalmente) monocausale: Gelli ha organizzato tutto ma su mandato di Gheddafi che era in combutta con i neofascisti italiani per via del comune “antisemistismo” e del suo peso specifico, politico e finanziario, nel quadro della così detta “prima Repubblica”.
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La signora Anna Negri e gli anni ’70 e ’80
di Michele Castaldo
Lunedì 10 novembre, il Corriere della sera, giornale dell’establishment, che ha difeso attraverso i suoi editorialisti l’azione dello Stato sionista di Israele che ha compiuto e continua a compiere un genocidio nei confronti del popolo palestinese e la distruzione di Gaza, bene, questo giornale pubblica una intervista alla figlia di Antonio (detto Toni) Negri che da regista promuove il suo film intervistata da quel campione di ex “comunista” di Walter Veltroni.
I temi trattati sono due, un primo tema riguarda la sua condanna del padre per essersi dedicato prevalentemente, se non esclusivamente, alla lotta politica e poco, o per niente alla famiglia. Al punto che lo ha voluto a tutti i costi rimproverare negli ultimi giorni della sua vita e accompagnarlo a morire coi sensi di colpa.
Un secondo tema, più specifico, riguardo al ruolo avuto da alcune formazioni politiche che negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso avevano intrapreso, quella che veniva definita la lotta armata per il comunismo.
Sono stato, a tutto tondo, un militante comunista di quegli anni e ancora tale mi ritengo oggi, quando mi manca poco prima di abbandonare la carcassa alla grigia terra, e fui travolto dall’entusiasmo di quegli anni a dedicarmi alla causa dei disoccupati, degli operai, dei senza casa, dei contadini poveri, degli immigrati, contro l’imperialismo, contro le stragi di Stato, contro le azioni camorristiche e la mafia, contro la repressione dello Stato, contro lo squadrismo fascista e così via.
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Il tempo di Ares. Politiche internazionali, “leggi” economiche e guerre
di Guglielmo Forges Davanzati
Nel libro Il tempo di Ares. Politiche internazionali, leggi economiche e guerre (Mondadori, Milano, 2025) Stefano Lucarelli adotta un’originale chiave interpretativa per dar conto delle guerre in corso, sintetizzata in questi termini: “l’evidenza scientifica support[a] una «legge» di tendenza verso la centralizzazione del capitale che distrugge la democrazia e fomenta la guerra. Man mano che i mercati internazionali si aprono, la concorrenza fra capitali conduce a un esito molto diverso da ciò che viene auspicato dai modelli teorici mainstream: la proprietà azionaria parcellizzata e diffusa viene sottoposta al controllo di fatto di pochi. Questo esito si accompagna a una tendenza protezionistica da parte degli Stati Uniti, il Paese che più subisce i tentativi di controllo dei capitali provenienti da chi ha maturato maggiori surplus commerciali. Ed è il dragone cinese a essere divenuto il grande creditore degli Stati Uniti”.
Questa chiave interpretativa è in larga misura assente nella letteratura economica contemporanea e può farsi risalire – oltre che ovviamente a Marx – a Hilferding e, più di recente, al volume Monopoly capital di Baran e Sweezy del 1966. È noto, a riguardo, il passaggio di Marx – nel capitolo 25 del volume 1 del Capitale – che qui conviene riportare:
“With the increasing mass of wealth which functions as capital, accumulation increases the concentration of that wealth in the hands of individual capitalists, and thereby widens the basis of production on a large scale and of the specific methods of capitalist production… It is the concentration of capitals already formed, destruction of their individual independence, expropriation of capitalist by capitalist, transformation of many small into few large capitals.
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Quale treno della vergogna?
di Eric Gobetti
Il convoglio fantasma carico di esuli istriani che viene aggredito quando passa per Bologna è l'ennesima falsificazione che gira attorno al confine orientale e alle foibe
È l’inverno del 1947. Un treno pieno di profughi provenienti dall’Istria viene fermato alla stazione di Bologna da ferrovieri comunisti, aizzati dai dirigenti del partito. I manifestanti non si limitano ad aggredire i passeggeri con insulti, sputi, pietre, ma negano loro il cibo, l’acqua, qualunque forma di assistenza preparata con cura dalle associazioni caritatevoli di stampo cattolico. E arrivano a rovesciare sui binari il latte destinato ai bambini. I bambini… sempre odiati dai comunisti, come il ben noto stereotipo insegna.
È un’immagine suggestiva, toccante, adatta a suscitare disprezzo verso un’ideologia che sostiene di stare dalla parte della gente. Un’immagine però falsa, come ha dimostrato in maniera ineccepibile una ricerca recentemente resa pubblica su Giap e condotta dal collettivo Nicoletta Bourbaki, anche sulla base della tesi di laurea di Alberto Rosada. Falsa perché quel treno in realtà non è mai stato fermato da nessuna folla comunista assetata di sangue innocente: né pietre, né sputi, né latte negato ai bambini, sono veri. D’altronde il Pci, e lo sappiamo da molte altre fonti, non faceva all’epoca alcuna campagna contro i profughi, che anzi diverse amministrazioni comuniste hanno accolto, pur non avendone alcun tornaconto elettorale.
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Ucraina, l’agonia del regime
di Fabrizio Casari
Marzo 2021. In un controllo casuale spuntano duecento chili di banconote. Due quintali di bigliettoni fascettati, mica due buste della spesa. C’erano dentro 28,8 milioni di dollari e 1,3 milioni di euro. Destinazione Ungheria, viaggio di sola andata. Era solo l’antipasto, la portata principale doveva ancora arrivare. Erano passate solo 4 settimane dall’inizio dell’operazione Militare Speciale russa in Ucraina e già la tribù di Zelensky cominciava a mettere al sicuro parte dei finanziamenti europei e statunitensi stanziati per far sì che gli ucraini, carne da cannone per l’ennesima tappa di ampliamento verso Est della NATO, obbligassero la Russia ad una guerra lunga, costosa, difficile da vincere.
L’inchiesta di oggi, quasi 4 anni dopo, è ancor più devastante. C’è un suo uomo chiave: Timur Mindich, ideatore dello schema di tangenti, del valore di 86 milioni di euro, con il pagamento del 10-15% su ogni contratto energetico. Nella sua casa sono stati scoperti water e bidet d’oro massiccio, credenze di cucina straripanti di sacchetti di banconote da 200 euro.
Mindich è intimo amico di Vladimir Zelensky. Amico di assoluta fiducia, tanto che è comproprietario tuttora della casa di produzione Kvartal 95, che fino al 2019, quando l’allora comico Zelensky vinse le elezioni, ne produceva gli show. Soprattutto, è stato Mindich a presentare a Zelensky il miliardario Kolomoyskyi, principale finanziatore della sua campagna elettorale nel 2019.
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I miliardari non dovrebbero esistere? Giusto. Ma tassarli non basta
di Alessio Mannino
Tassare di più gli ultraricchi (non genericamente i ricchi, né tanto meno i benestanti) è perfettamente giusto. Ma politicamente molto difficile. E inutile, se non si accompagni a un blocco della circolazione dei capitali all’estero. Proposte per un prelievo mirato sui milionari affermano quindi un sacrosanto valore di principio, almeno in un’ottica anti-liberista di redistribuzione delle ricchezze. E possono di conseguenza rappresentare armi di contrasto all’immagine di mondo oggi, purtroppo, comune e vincente: quella per cui le immani concentrazioni di potere economico in alto, sono accettate e anzi ammirate da chi sta in basso. In quanto i loro titolari, secondo quell’inganno di pura marca ideologica che va sotto il nome di “meritocrazia”, se le sarebbero meritate. Tuttavia, la sola forza di una petizione simbolica non basta, per porre i termini della questione su basi di realtà. Se si voglia, cioè, fare un discorso compiutamente politico. Ossia credibile.
Lasciamo perdere le pur condivisibili intemerate del neo-sindaco newyorkese Zohran Mamdani (“i miliardari non dovrebbero esistere”) e restiamo in Italia, dove la Cgil ha rilanciato un’idea che ogni tanto riciccia fuori a sinistra: la patrimoniale. Maurizio Landini propone un’aliquota dell’1,3% sui patrimoni superiori a 2 milioni di euro. Secondo un’analisi di quest’anno di uno dei primi studi di consulenza al mondo, il Boston Consulting Group (“Global Wealth Report 2025: Rethinking the Rules for Growth”), nel nostro Paese la platea di chi possiede almeno un milione di dollari in ricchezza finanziaria è costituita da 517 mila persone. Poco più dell’1% dei quasi 43 milioni di italiani contribuenti.
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Gaza. La Russia batte un colpo. All’ONU un piano alternativo a quello di Trump
di Redazione
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite lunedì doveva votare su una bozza di risoluzione presentata dagli Stati Uniti per approvare il piano di Trump per Gaza. Il testo prevede in particolare un mandato fino alla fine di dicembre 2027 per un “comitato per la pace” che dovrebbe essere presieduto dal presidente degli Stati Uniti e da Toni Blair e autorizza l’invio di una “forza internazionale di stabilizzazione”.
Ma il sito statunitense Axios fa sapere che la Russia ha di fatto già respinto la bozza di risoluzione degli Stati Uniti su Gaza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Non solo. Mosca ha infatti presentato una sua contro-bozza di risoluzione.
Nella bozza russa pubblicata sempre da Axios, si chiede che sia il segretario generale delle Nazioni Unite “a individuare opzioni per l’attuazione” del Piano firmato a Sharm el Sheik. E gli chiede di presentare rapidamente al Consiglio di Sicurezza un rapporto generale che contenga anche “opzioni sul dispiegamento di una Forza internazionale di stabilizzazione a Gaza”, una accezione diversa rispetto al testo statunitense che conteneva tra l’altro i dettagli della forza militare internazionale da dispiegare nella Striscia di Gaza.
Nei giorni scorsi, gli statunitensi avevano fatto circolare informalmente una bozza, sostenendo di avere il supporto dei Paesi della regione per l’autorizzazione a una forza di stabilizzazione e a un consiglio transitorio per la governance di Gaza per due anni.
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Ci sono gli Emirati dietro gli eccidi e la pulizia etnica in Sudan
di Marco Santopadre
Mentre proseguono i combattimenti tra l’esercito e le cosiddette “Forze di Supporto rapido” (RSF) e altre milizie in diverse zone del paese, le notizie che provengono dal Sudan sono sempre più terribili.
Un’organizzazione medica locale ha accusato le milizie di aver portato avanti un “tentativo disperato” di nascondere le prove delle uccisioni di massa nel Darfur bruciando i corpi delle vittime o seppellendoli in fosse comuni.
La “Sudan Doctors Network” ha dichiarato che i paramilitari stanno raccogliendo “centinaia di corpi” dalle strade di el-Fasher, la città della regione occidentale del Darfur conquistata dalle RSF il 26 ottobre. «Ciò che è accaduto a el-Fasher non è un episodio isolato, ma un altro capitolo di un vero e proprio genocidio perpetrato dalle Forze di Supporto Rapido» scrive l’associazione.
Si ritiene che molti residenti siano ancora intrappolati in alcune zone della città. Altre persone in fuga da el-Fasher verso il nord sarebbero morte, secondo Al Jazeera, «perché non avevano cibo né acqua, o perché avevano riportato ferite a causa degli spari».
Molti civili fuggiti da el-Fasher hanno raccontato agli operatori di “Medici senza frontiere” di essere stati «presi di mira a causa del colore della loro pelle» dai miliziani appartenenti per lo più alle componenti arabe o arabizzate della società sudanese.
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Gaza: l'ingegneria della fame
di Davide Malacaria
Dopo l’entrata in vigore della tregua, 10 ottobre, Israele ha violato il cessate il fuoco almeno “282 volte”, uccidendo 242 persone e ferendone altre 622. Né si arrestano le violenze in Cisgiordania, dove gli squadristi israeliani attaccano impunemente i civili che cercano di raccogliere le olive. Ieri, per la prima volta, gli Stati Uniti hanno rotto il silenzio sulle violenze dei coloni: il Capo del Dipartimento di Stato Marco Rubio ha dichiarato che potrebbero mettere in discussione il cessate il fuoco.
Una querula, quanto tragicamente tardiva, protesta pigolata, che in Israele è stata accolta con l’ovvia indifferenza del caso, come altrettanta indifferenza gli States dimostrano per le violazioni della tregua a Gaza, sulle quali non hanno finora detto nulla.
A Tel Aviv tutto è permesso purché il cosiddetto cessate il fuoco non sia messo in discussione seriamente, ne va dell’immagine di Trump e dei rapporti tra Stati Uniti e Paesi arabi.
E, a quanto pare, i diuturni bombardamenti su Gaza e le incursioni in Cisgiordania non hanno raggiunto questo livello critico. Ciò solo e soltanto perché Hamas, nonostante tutto, continua a ottemperare agli accordi senza reagire, che è quello che vorrebbe Tel Aviv per riprendere le ostilità in grande stile, come chiedono i messianici al governo e come vorrebbe Netanyahu, che morde il freno.
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La manovra di Trump all'ONU è imperialismo americano mascherato da processo di pace
di Jeffrey Sachs e Sybil Fares - commondreams.org
La Palestina continua a essere l’eterna vittima delle manovre di Stati Uniti e di Israele. Le conseguenze sono devastanti non solo per la Palestina, che ha subito un vero e proprio genocidio, ma anche per il mondo arabo e oltre
Questa settimana, l’amministrazione Trump sta promuovendo una risoluzione elaborata da Israele presso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (UNSC) volta a eliminare la possibilità di uno Stato di Palestina. La risoluzione ha tre obiettivi. Stabilisce il controllo politico degli Stati Uniti su Gaza. Separa Gaza dal resto della Palestina. E consente agli Stati Uniti, e quindi a Israele, di determinare la tempistica del presunto ritiro di Israele da Gaza, il che vuol dire: mai.
Questo è imperialismo mascherato da processo di pace. Di per sé non sorprende. Israele dirige la politica estera degli Stati Uniti in Medio Oriente. Ciò che sorprende è che Stati Uniti e Israele potrebbero farla franca con questa farsa, a meno che il mondo non si esprima con urgenza e indignazione.
La bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite istituirebbe un Consiglio di Pace dominato da Stati Uniti e Regno Unito, presieduto nientemeno che dallo stesso Donald Trump e dotato di ampi poteri sulla governance, i confini, la ricostruzione e la sicurezza di Gaza. Questa risoluzione metterebbe da parte lo Stato di Palestina e subordinerebbe qualsiasi trasferimento di autorità ai palestinesi alla benevolenza del Consiglio di Pace.
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Finanziaria 2026: quanto ci costa
di E. Gentili, F. Giusti, S. Macera
È uscita la Relazione Tecnica della Ragioneria dello Stato: un testo che conferma l’orientamento liberista della Legge di Bilancio 2026. Leggendolo risulta evidente la continuità con le Finanziarie degli anni precedenti, segnate da un sostanziale equilibrio tra la riduzione dei costi e l’utilizzo della leva fiscale per evitare leggi patrimoniali e progressività delle imposte.
Ancora una volta, risorse sempre maggiori andranno alle imprese, specie sotto forma di sgravi contributivi e fiscali, mentre il welfare state viene rifinanziato soprattutto nei suoi profili meno strutturali, ossia meno legati alla concreta soluzione dei problemi (i famosi “bonus”). Assai grave è l’assenza di spesa per l’attuazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni, che dovrebbero fungere da argine, sia pur parziale, a quel divario interregionale dei servizi che vede le isole e le aree meridionali in forte sofferenza per istruzione, assistenza agli anziani, asili nido e servizi sociosanitari.
Per non dire della miopia di fondo rispetto ai reali bisogni del welfare d’una popolazione sempre più anziana e per questo bisognosa di sostegno (e quindi di maggiori risorse). Tale dato fa tutt’uno con la proverbiale incapacità italica di attuare politiche rivolte ai giovani e atte a contrastare il calo delle nascite.
- Costi in tema di fisco: Volendo individuare un elemento qualificante della Manovra, si può indicare la revisione dell’aliquota Irpef, che passerà dal 35% al 33% per il reddito compreso tra una cifra superiore ai 28.000 € e fino a 50.000 €.
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Eurosuicidio: come l’Unione Europea si è condannata con le proprie mani
di Gabriele Guzzi
L’economista Gabriele Guzzi spiega perché l’Europa paga il prezzo di scelte che hanno anteposto i mercati a tutto il resto
Nel suo ultimo libro, Eurosuicidio, Gabriele Guzzi analizza le radici strutturali della crisi europea. L’Ue, nata per unire il continente, ha posto i mercati e la moneta al centro del progetto politico, sacrificando sovranità democratica e giustizia sociale. Il risultato, sostiene l’autore nell’introduzione al libro che Krisis pubblica qui di seguito, è un’Europa priva di direzione, schiacciata da vincoli economici che ne minano la stessa esistenza.
Origini della crisi La tesi dell’economista è che le difficoltà dell’Ue non sono fortuite, ma sono l’esito logico e coerente di scelte strutturali compiute fin dalle sue origini. In sintesi, la causa della crisi è l’Ue stessa e la sua struttura istituzionale.
Euro come Eurosuicidio La frontiera più avanzata dell’integrazione è l’euro, definito da Gabriele Guzzi l’atto fondativo dell’Eurosuicidio. Mettere insieme Paesi differenti in un’unione monetaria senza un’unione politica ha creato i presupposti per l’auto-annichilimento.
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Abu Mazen a Roma, nel silenzio di tomba del movimento per la Palestina
di Il Pungolo Rosso
Nei giorni scorsi Abu Mazen è stato a Roma, a rapporto prima dal duo Mattarella-Meloni, poi dal neo-crociato amerikano Leone XIV.
Cosa sia venuto a fare non è un mistero per nessuno: è venuto ad assicurare l’Italia (lo stato, le banche e le imprese italiane) che la sua “Autorità nazionale” si muoverà integralmente e fedelmente all’interno del piano neo-coloniale e schiavista di Trump, ma senza dimenticare gli “amici italiani” negli eventuali affari della ricostruzione di Gaza. E lo farà in totale contrapposizione alla resistenza palestinese (Hamas), costringendo questa alla resa e alla consegna delle armi.
Come premio per questo giuramento di fedeltà all’imperialismo occidentale tutto, Italia compresa, è venuto a mendicare il riconoscimento da parte di Roma di quello stato di Palestina accanto all’intoccabile stato di Israele che l’entità sionista ha reso materialmente del tutto impossibile, ormai, da decenni.
E’ poi passato dal papa neo-crociato a garantirgli il suo impegno, in chiave anti-islamica, “in favore della presenza cristiana in Palestina”.
Insomma, Abu Mazen è venuto a Roma a fare l’Abu Mazen, quello – tanto per dire – che da 16 anni ha il mandato scaduto, ma si rifiuta di indire elezioni che perderebbe di sicuro; quello che nel 2006-2007 chiese allo stato occupante un aiuto militare per sconfiggere Hamas a Gaza; quello che era talmente intimo con il macellaio Barak, il ministro della difesa sionista del tempo, da essere informato in anticipo dell'”operazione piombo fuso” (risulta dai files di Wikileaks, come ricorda Amadeo Rossi, ne Il muro della Hasbarà, Zambon, 2018, p. 223); quello che ha definito i combattenti di Hamas e delle formazioni della resistenza “figli di cane”, e fermiamoci qui.
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La finzione dell'impresa privata
di comidad
Alcuni osservatori trattano la questione dei supporter della Meloni come se fosse una sorta di enigma antropologico, alla stregua dell’individuazione dell’anello mancante tra l’australopiteco e il pitecantropo. In realtà la stupidità e la cieca fedeltà al capobranco non spiegano tutto. Certe manifestazioni particolarmente abiette e regressive della destra vanno comunque inquadrate in una narrazione che è trasversale agli schieramenti politici. La fiaba dominante consiste nel rovesciamento del concetto di socialismo, interpretato come se fosse per forza questione di togliere ai ricchi per dare ai poveri. Su questa falsa narrazione la destra può costruire il proprio mito di argine contro la minaccia dell’esproprio proletario. Il problema si pone in termini esattamente opposti, dato che l’esproprio avviene costantemente a danno dei ceti poveri.
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La (vera) portata dello scandalo corruzione a Kiev. Se i media italiani censurano il NYT...
di Fabrizio Poggi
Lo scandalo affaristico che sta interessando la “democrazia” nazigolpista di Kiev non sembra aver ricevuto la necessaria attenzione sui media italici. Ma, se non ne parlano i media di regime nostrani, lo fa il New York Times e lo fa – forse non casualmente - pressoché in contemporanea con lo svolgersi degli eventi.
Dunque, nei giorni scorsi, l'Ufficio Nazionale Anticorruzione (NABU, quel fantomatico ufficio messo in piedi da Washington per il controllo sulle "élite" ucraine) ha condotto una perquisizione a casa del socio d'affari di Vladimir Zelenskij, Timur Mindic, direttore dello studio “Kvartal 95”. Innegabile che si tratti quantomeno dell'avvisaglia di un attacco diretto allo stesso Zelenskij e dato che in particolare il NABU è agli ordini diretti degli USA, la cosa non è di poco conto.
Nel corso delle indagini, scrive il New York Times, in 15 mesi sarebbero state raccolte 1.000 ore di registrazioni audio, documentando «le attività di un'organizzazione criminale di alto livello».
Pare che il caso contro Mindic fosse aperto da tempo, osserva PolitNavigator e i media avevano a lungo diffuso voci su registrazioni effettuate dagli investigatori nel suo appartamento nel centro di Kiev, che era essenzialmente uno dei quartier generali della cerchia ristretta di Zelenskij. Ne era seguito il tentativo del regime di liquidare il NABU, inizialmente con successo, fintanto che non erano scoppiate proteste, si erano intromessi diplomatici occidentali e Zelenskij aveva dovuto far abrogare la legge che liquidava la struttura.
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Minacce di golpe in Honduras
di Geraldina Colotti
Una “cospirazione contro il processo elettorale”. Così, il consigliere honduregno, Marlon Ochoa, ha qualificato il simulacro del sistema di Trasmissione dei Risultati Elettorali Preliminari (Trep), svolto domenica scorsa dal Consiglio Nazionale Elettorale (CNE). Il simulacro del Trep è stato uno degli esercizi chiave per misurare la capacità tecnologica del sistema prima delle elezioni generali del 30 novembre, ma i guasti segnalati hanno generato preoccupazione tra i partiti politici e gli osservatori nazionali.
Il CNE non ha ancora rilasciato un rapporto ufficiale sulle cause tecniche dei guasti segnalati né sulle accuse di Ochoa, arrivate pochi minuti dopo che Rixi Moncada, candidata presidenziale di Libre (il partito di governo), aveva affermato durante un comizio tenutosi nella capitale che non avrebbe riconosciuto i risultati trasmessi dal Trep: “Il CNE – aveva detto Moncada – ha fatto un simulacro sul sistema di trasmissione dei risultati e questo, sia nella trasmissione satellitare che nella trasmissione di una delle aziende attraverso i canali dati, è stato un fallimento totale”. La candidata aveva per questo fatto riferimento a una denuncia presentata da Ochoa al Ministero pubblico in merito a “26 audio” filtrati, contenuti in una chiavetta Usb, circa l’esistenza di un piano interno e istituzionale, orchestrato dall’opposizione e da membri del CNE a questa legata, per sabotare l’esito democratico delle elezioni attraverso l’uso improprio del sistema di trasmissione dei voti.
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Virno, Fanon e Virno ancora: antidoto alla pseudo-moltitudine
di Pasquale Liguori
Il 7 novembre è morto Paolo Virno. Ho iniziato a leggerlo da studente, con i suoi editoriali sul Manifesto. Negli anni ho inseguito, con fatica, le pagine più ostiche dei suoi libri. È un percorso da lettore, non da addetto ai lavori. Non so se agli amici e ai custodi della sua opera piacerà che un lettore qualunque lo evochi, magari risultando irriverente. Ma a me interessa riportare una sua intuizione dentro il presente, farle provocare attrito con ciò che accade. Credo che questa vitalità discreta, più che la devozione, gli sarebbe piaciuta.
Maggio 1990. Al salone del libro di Torino si tiene una conferenza sull'«identità culturale europea». Intellettuali (Vattimo, Derrida) discutono la crisi di quell'identità. Notano che è un «cumulo di paradossi», un territorio di «non più», un concetto «estenuato fino al collasso». È l'élite culturale europea che mette in scena un dibattito su sé stessa, ma lo fa solo per certificare la propria impotenza, la propria “dissoluzione”.
Paolo Virno scrive a riguardo un editoriale sul Manifesto, lo si può trovare nella bella raccolta “Negli anni del nostro scontento” edita da DeriveApprodi. La sua diagnosi è spietata: quel dibattito accademico è vacuo. E lo è perché ignora la lezione che, trent'anni prima, Frantz Fanon aveva imposto al mondo: "abbandoniamo questa Europa".
Per Virno, l'intuizione di Fanon non era una semplice rivendicazione anticolonialista. Era una rottura metodologica. Fanon non intendeva rampognare l'Europa per aver tradito i propri "ideali universalistici" (il Diritto, l'Uomo, la Cultura); aveva attaccato quegli stessi ideali, smascherandoli come linguaggio del dominio.
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Lenin e la metafisica
di Salvatore Bravo
In Materialismo ed empiriocriticismo (1908) Lenin pone le condizioni per la pensabilità della rivoluzione. Il marxismo dogmatico conduceva all’inazione, in quanto la storia era consegnata alle leggi supreme e positivistiche della storia speculari alle leggi di natura, per cui bisognava attendere l’ordine delle leggi. Una delle motivazioni del fallimento del biennio rosso in Italia fu l’attesa incrollabile negli eventi, per cui non ci si adoperò per coordinare le azioni tra operai e campagne, ma si attese la rivoluzione che non si materializzò.
Lenin comprese nel suo genio l’urgenza di ricostituire il legame tra pensiero ed essere senza dogmatismi e ponendo la centralità della coscienza del partito e della classe operaia in relazione dialettica e pensata con la storia. La scissione tra pensiero ed essere aveva assunto caratteri di “scientificità”, si pensi al fisico Mach per il quale anche le teorie scientifiche erano prospettive che funzionavano e non rispondevano alla realtà come essa era nella sua verità, giacché l’essere umano è prigioniero della sua rappresentazione e dei suoi sensi, questi ultimi sono l’unica realtà accessibile e pertanto l’in sé resterà sempre un “segreto e un mistero”. La filosofia di Mach è una forma di positivismo che cela l’idealismo, o meglio è idealismo travestito di idealismo, così affermava Lenin. Tale concezione in campo filosofico e politico ledeva fortemente la prassi e la razionale dialettica progettuale, poiché i singoli come i gruppi sociali sono interni a una rappresentazione del mondo e di conseguenza la progettualità è prospettica e non ha nessun valore oggettivo, essa è fortemente limitata dal soggettivismo interpretativo.
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La politica al tempo della società dello spettacolo: il caso Mamdani
di Andrea Balloni
Il Paese di Hollywood continua a fare cinema. Come ho scritto nel mio ultimo articolo, “[…] i suoi vertici ricreano ogni giorno un mondo magico e fasullo […]”.
E questa è la volta del film sul nuovo sindaco di New York.
Zohran Mamdani, che dichiara che i miliardari non dovrebbero esistere, è diventato sindaco della Grande Mela con il supporto di George Soros, il criminale multimiliardario filantropo che da decenni finanzia azioni e progetti sovversivi internazionali.
Come dimostra il New York Post attraverso l’analisi di alcuni documenti finanziari, in circa dieci anni la Open Society Foundation di Soros, per mezzo di una rete di finanziamenti definiti dal quotidiano “ultra-woke”, ha indirettamente convogliato un totale di 37 milioni di dollari a una decina di gruppi di fantasinistra e fantamarxisti che hanno appoggiato e fatto propaganda attiva per sostenere la campagna elettorale di Mamdani.
Torno quindi al concetto di magia cinematografica, attraverso la cui lente gli americani intendono continuare a stravolgere la visione della realtà.
Facciamo dissolvere il fumo degli ultimi effetti speciali e ragioniamo:
– com’è possibile che un ultracapitalista neoliberista impunito, che si è arricchito con speculazioni finanziarie criminali, un sovversivo odiatore dichiarato del socialismo, uno che fa parte dei peggiori club di potenti del mondo, finanzi la campagna elettorale di un socialista, uno che dice che i miliardari non dovrebbero esistere?
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Dalle grandi opere inutili e imposte alla grande opera suicida
di Tiziano Cardosi
Riflessioni dopo il convegno di Avigliana 18 ottobre 2025 “Grandi opere – Storie di opacità”
Prima di entrare nel merito dei temi che concernono l’estrema ipotesi di essere chiamati a modellare una diversa politica estera per il paese, occorre procedere a un’operazione preliminare, decolonizzare la mente dalla macchina della menzogna che inquina la vita pubblica, nazionale e internazionale in ogni dove.
Alberto Bradanini
Dalle grandi opere inutili e opache…
Le parole dell’Ambasciatore Alberto Bradanini sull’inquinamento della politica estera può benissimo essere esteso anche ad altri aspetti del mondo contemporaneo, per esempio il mondo delle grandi opere inutili, imposte e anche molto opache; pure queste nascono da falsità che dopo decenni riempiono ancora la bocca di troppi. La principale è che i problemi economici dell’Italia nascano da un insufficiente sistema infrastrutturale, dall’eccessivo intervento dello Stato nel sistema economico, dagli ostacoli posti al libero dispiegarsi dell’iniziativa privata. Dopo decenni di verifiche empiriche possiamo dire serenamente che è vero il contrario, è arrivata una stagnazione di lunga durata proprio nello stesso momento in cui c’è stato l’avvento di TAV SpA e delle grandi opere, lo smantellamento dell’IRI, la tempesta delle privatizzazioni.
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Ucraina. Pokrosvk è perduta, e forse anche la guerra infinita
di Federico Rucco
Le forze armate russe ormai controllano Pokrovsk dopo quasi venti mesi di combattimenti. La città ucraina è un nodo logistico fondamentale, un centro di controllo delle vie di trasporto e dei rifornimenti. Ora, però, la situazione è cambiata. E, secondo il think tank statunitense Institute for Study of War, conquistare o perdere la ‘fortezza’ non inciderà sullo sviluppo della guerra. Curioso che tale constatazione arrivi solo ora, quando la sorte della strategica cittadina ucraina appare segnato e non nei due anni o nei mesi trascorsi. Una valutazione che ricorda molto quella della volpe e dell’uva.
“Era importante dal punto di vista operativo perché controllava una linea di rifornimento che supportava la logistica ucraina, con ricadute su altre posizioni nei villaggi più piccoli e nei campi intorno a Pokrovsk”, osserva George Barros analista dell’ISW. Kiev da tempo è stata costretta a cercare altre soluzioni. In sostanza, Mosca ha già raggiunto l’obiettivo reale. “I russi hanno già ottenuto ciò a cui puntavano. Da qui in poi, continuare non ha senso”, ribadisce l’analista rivelando che la perdita di importanza di Pokrosvk venga decretata solo quando è ormai perduta.
Pokrovsk è infatti un importante snodo ferroviario e stradale che ollega la parte orientale del territorio al resto del Paese.
Sempre secondo l’ISW, alcuni filmati geolocalizzati pubblicati il 6 novembre indicavano avanzamenti dell’esercito del Cremlino anche a nord della città di Myrnohrad (a est di Pokrovsk) e si segnalavano passi in avanti anche nell’area orientale e sud-orientale.
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"Scudo per la democrazia"? Come l'UE prepara il nuovo giro di censure...
di Alex Marsaglia
L’Unione Europea affina le armi di guerra psicologica e stringe le maglie della repressione: la Commissione Von der Leyen definisce il “Centro per la Resilienza Democratica”, nuovo elemento chiave dello “Scudo della Democrazia”.
È stato presentato nei giorni scorsi dalla Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen il documento preliminare che intende creare il cosiddetto “Centro per la Resilienza Democratica”, il nuovo apparato diventerà un elemento chiave del cosiddetto “Scudo della Democrazia” e riunirà esperti dei paesi UE e dei paesi candidati (vedi qui: https://www.theguardian.com/world/2025/nov/07/eu-plans-centre-for-democratic-resilience-to-fight-online-disinformation).
Ormai la retorica dei tecnocrati europeisti adotta un lessico militarista che si impasta con quello liberale, per tessere le maglie di una gabbia autoritaria sempre più spinta totalmente funzionale all’impresa imperialista di assalto alla Russia, in cui la democrazia è ridotta sempre più a simulacro. Ovviamente si fa ampio utilizzo dei più ambigui termini postmoderni, come quello della “resilienza” per giustificare le più atroci misure repressive della libertà di stampa e di espressione. Come da tradizione storica viene infatti utilizzata la lotta contro “il nemico esterno”, cioè la Russia e la Cina, per legittimare la caccia al “nemico interno”, cioè chiunque osi dissentire dalla propaganda russofobica e sinofobica di guerra. Pertanto vengono predisposti organismi in sede sovranazionale adibiti a coordinare «la lotta contro la manipolazione dello spazio informativo e gli attacchi ibridi» all’unico fine di approfondire i meccanismi di censura che si attivano nei singoli Stati membri.
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Salvatore Bravo: "Sul compagno Stalin"
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Alessandro Mariani: Quorum referendario: e se….?
Michelangelo Severgnini: Le nozze tra Meloni ed Erdogan che non piacciono a (quasi) nessuno
Michelangelo Severgnini: La Libia e le narrazioni fiabesche della stampa italiana
Diego Giachetti: Dopo la fine del comunismo storico novecentesco
E.Bertinato - F. Mazzoli: Aquiloni nella tempesta
Autori Vari: Sul compagno Stalin

Qui è possibile scaricare l'intero volume in formato PDF
A cura di Aldo Zanchetta: Speranza
Tutti i colori del rosso
Michele Castaldo: Occhi di ghiaccio

Qui la premessa e l'indice del volume
A cura di Daniela Danna: Il nuovo volto del patriarcato

Qui il volume in formato PDF
Luca Busca: La scienza negata

Alessandro Barile: Una disciplinata guerra di posizione
Salvatore Bravo: La contraddizione come problema e la filosofia in Mao Tse-tung

Daniela Danna: Covidismo
Alessandra Ciattini: Sul filo rosso del tempo
Davide Miccione: Quando abbiamo smesso di pensare

Franco Romanò, Paolo Di Marco: La dissoluzione dell'economia politica

Qui una anteprima del libro
Giorgio Monestarolo:Ucraina, Europa, mond
Moreno Biagioni: Se vuoi la pace prepara la pace
Andrea Cozzo: La logica della guerra nella Grecia antica

Qui una recensione di Giovanni Di Benedetto















































