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pensieriprov

Nessuno tocchi il compagno Zuckerberg

di Sandro Arcais

Nel post precedente scrivevo dell’attacco a Facebook lanciato recentemente da due dei suoi fondatori e da sua eminenza (grigia) SoroS. Una utente ha commentato l’articolo con queste parole:

È anche un forte distrattore ossia fornisce stimoli visivi tali per cui l attenzione non si ferma su nulla quindi non si ritiene nulla e apprendimento e memoria vengono sollecitati sterilmente. Le notifiche in quadratino rosso sono il distrattore peggiore perché cadono alla periferia del campo visivo e sono salienti a livello motivazionale perché costituiscono il feedback gratificante di cui parla lei nell’articolo. Questo inficia tutti i meccanismi cognitivi principali facendo funzionare il cervello come una macchina accelerata al massimo con il freno a mano innescato.

Ora, ripeto, se volete parlare male di Facebook, io voglio essere il primo a farlo. Sospetto che i social, insieme alla pubblicità, ai cartoni animati dai ritmi indiavolati e ai media per immagini in genere, associati all’età sempre più bassa in cui i bambini vi entrano in contatto, sia alla base di una involuzione nelle capacità di astrazione, soprattutto linguistica, e di attenzione che chi vive a stretto contatto con le giovani generazioni (come me) sperimenta anno dopo anno (su questo fenomeno ha scritto parole illuminanti Giovanni Sartori nel suo Homo videns).

Tuttavia, il tema del mio post non era questo.

Quello che volevo fare notare era la stranezza della contemporaneità dell’attacco dei due ex collaboratori di Zuckerberg, il novembre del 2017, della grande risonanza che queste dichiarazioni hanno avuto sui media tradizionali, e il fatto che ai due si sia subito associato George il palindromo, nella riunione dei padroni del mondo che si tiene ogni anno a Davos. L’argomentazione principale adottata dai tre è praticamente la stessa: il meccanismo della ricompensa facile e immediata su cui è costruito Facebook e tutti gli altri social crea dipendenza e ha effetti negativi sul tessuto sociale. Tutto vero, ma la critica non si ferma qui. Ed è qui che la cosa si fa interessante.

Afferma Chamath Palihapitiya (la trascrizione del suo intervento davanti agli studenti della Stanford University la trovate su byoblu.com)

Gli stimoli di feedback a breve termine, basati sulla dopamina, che abbiamo creato, stanno distruggendo il modo in cui la società funziona: nessuna coscienza civile, nessun senso di cooperazione, disinformazione, falsità… (la sottolineatura è mia)

E subito dopo un riferimento preciso buttato lì come cosa scontata

E non si tratta di un problema americano, non si tratta delle pubblicità dei russi: questo è un problema globale. (la sottolineatura è sempre mia)

E quando l’ex presidente di Facebook fa un esempio concreto delle conseguenze sociali dei social, l’esempio è questo:

Prendiamo come esempio quella bufala su Whatsapp, dove in qualche villaggio in India la gente aveva paura che i suoi figli potessero venire rapiti. Il risultato è che abbiamo assistito a dei linciaggi! Le persone facevano i “vigilantes“, andavano in giro pensando di aver trovato il colpevole… Insomma: siamo seri? Ecco, questo è ciò con cui abbiamo a che fare!

Cosa pensate sia rimasto nella testa degli studenti della Stanford University alla fine di questa tirata? Che il meccanismo del feedback e della soddisfazione immediata su cui si basa Facebook crea personalità dipendenti, fragili, disattente, sempre altrove rispetto al qui e ora, oppure che i social siano veicoli di notizie false e fonte di manipolazione? E se poi ponete l’intervento di Chamath Palihapitiya sullo sfondo di tutta la guerra dei media tradizionali a Trump susseguente alla sua elezione e alla polemica montata contro i social media, e Facebook in particolare, per il loro presunto ruolo nella sua vittoria, tutte cose che gli studenti della Stanford University conoscono bene, e che di sicuro conoscono soprattutto attraverso quegli stessi media tradizionali, ripeto: cosa pensate sia rimasto nella testa degli studenti della Stanford University alla fine del discorso di Chamath Palihapitiya?

Lo stesso schema è stato usato da SoroS nel suo intervento a Davos. Prima il fumo:

Le social media companies “ingannano i loro utenti manipolando la loro attenzione e dirigendola verso i loro obiettivi commerciali, provocando deliberatamente la dipendenza ai servizi che forniscono, il che è molto pericoloso soprattutto per gli adolescenti”.

Poi l’arrosto:

Ma non è solo questo: “nella nostra era digitale le social media companies stanno inducendo le persone ad abbandonare la loro autonomia. E le persone senza libertà di pensiono possono essere manipolate con facilità. È un pericolo attuale e ha già svolto un ruolo importante nelle elezioni presidenziali americane“. (anche in questo caso la sottolineatura è mia)

Il bue che dice cornuto all’asino.

Ricordate la Botteri all’indomani della vittoria di Trump? L’ideale di SoroS, evidentemente, è

una stampa … compatta e unita contro un candidato

e la sua più grande preoccupazione (la stessa della inconsapevole Giovanna) è per

una stampa che non ha più forza e non ha più peso in questa società americana

E come non collegare le uscite pubbliche recenti e praticamente contemporanee contro Facebook, con tutta l’orgia, anche italiana, contro bufale e fake news?

Il compagno Zuckerberg si trova in un bel pasticcio: da una parte ha creato un meccanismo che può controllare sino a un certo punto (oltre il quale rischia di danneggiare il suo modello di business), dall’altra è posto sotto una straordinaria pressione da parte dei padroni del mondo (di cui SoroS è il ragazzino delle commissioni). Al compagno Zuckerberg, dunque, deve andare tutto il nostro sostegno e la nostra attiva solidarietà.

Lunga vita al compagno Zuckerberg! Lunga vita a Facebook!

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Epilogo. Il fatto è che in tutta questa storia io vedo all’opera lo stesso medesimo schema utilizzato da anni dal grande capitale e dai suoi organi di manipolazione di massa per infinocchiare il popolo “progressista e di sinistra” e coinvolgerlo in battaglie che hanno un obiettivo di facciata coerente con i suoi (del popolo “progressista e di sinistra”) valori e ideali civili (l’autonomia di pensiero, il pensiero critico, la difesa delle giovani generazioni dalla manipolazione, ecc.) e un obiettivo, ben più importante, (in questo caso neanche tanto) nascosto (sbarazzarsi di un pericoloso competitore (suo malgrado, lo ammetto) nel controllo e nella manipolazione dell’opinione pubblica). Prima di partecipare alla lotta, chiediamoci se è la nostra lotta, chi la guida e se i suoi obiettivi sono i nostri. Insomma, tra SoroS (il ragazzino delle commissioni del grande capitale) e Zuckerberg, in questo momento, a chi ha veramente a cuore la libertà di espressione e la varietà e indipendenza delle fonti di informazione, con chi conviene schierarsi?

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