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sinistra

La peste del fascismo finanziario

di Salvatore Bravo

La società complessa necessita di modelli politici, lasciata, come accade e verifichiamo quotidianamente, al caos dell’economia globalizzata e rampante, non può che produrre disuguaglianze all’interno degli stati sempre meno sovrani e tra aree geografiche distanti solo spazialmente. L’interconnessione del disagio sociale, delle disuguaglianze, del male di vivere è occultato attraverso l’incultura violenta dei narcotici socialmente legittimati.

I media sono il vettore dell’imperialismo capitalistico delle coscienze. Lo stato perenne del controllo dei desideri, delle motivazioni eterodirette ad agire, delle scelte di voto pilotate, è perennemente sostenuto dalla capillarità con cui i messaggi inseguono i consumatori, gli abitanti del mercato i senza patria identitaria. Non siamo più cittadini sovrani, ma consumatori del mercato globale, le coscienze sono parte del mercato, sono la cinghia di trasmissione del potere economico.

Attraverso il corpo vissuto la prassi trionfante del capitalismo assoluto determina le passioni e la razionalità dei consumatori. L’uomo consumante si nutre delle parole della dittatura del mercato: plusvalore ovvero guadagno, competizione, flessibilità fino a termini più tecnici che entrano nella mente e negli schemi d’azione, ovvero parole come spread, Pil, pareggio di bilancio formano mondi, determinano prospettive fino a rendersi lessico quotidiano della nuova liturgia religiosa.

Camus in La Peste ha denunciato il fenomeno sociale a cui si assiste fatalmente impotenti: l’indifferenza. Il fascismo finanziario si nutre dell’indifferenza del singoli, della loro atomizzazione, del silenzio con cui le disuguaglianze sono accettate come inevitabili, perché non sono spiegate nella loro genealogia economica e sociale. La Peste che infetta l’occidente ed il mondo è l’indifferenza, sostenuta dalll’assenza di processi di consapevolezza comunitari e culturali. La memoria storica è espulsa dal circuito culturale o meglio è ammessa solo nel caso in cui la storia è letta attraverso la presenza onnisciente dei grandi personaggi.

Essi non sono più maschere di forze sociali, ma semidivinità che tutto possono, a cui tutto si deve. Per rendere innocua la cultura il fascismo finanziario si deve far passare il messaggio che la storia non è opera delle comunità, ma semplicemente dei grandi, per cui la politica usa la terminologia che ben si adatta, come nella storia, al decisionismo fascismo: leader. Sono gli uomini forti sostenuti da apparati mediatici e finanziari alla Macron, alla Berlusconi, alla Renzi per insegnare ai popoli che il capetto è tutto, mentre i popoli non sono che materiale inerte che attende il capo di turno, la semidivinità demiurgica per prendere forma ed anima. Al fondo del fascismo finanziario vi è il disprezzo darwiniano verso i subalterni.

Si trasforma le comunità in un nuovo laboratorio sociale nel quale l’indifferenza regna sovrana, e l’indignazione è tollerata perché funzionale a dimostrare la solidità democratica, mentre si consolida il nuovo imperio della quantificazione che rende la democrazia semplice formalità. La crescita dell’indifferenza, vero investimento della finanza globalizzata, è la globalizzazione della nuova lingua unica, la quale non è l’inglese, ma l’algebrizzazione della vita. Tutto è ridotto a numero, ad equazione per previsioni di investimento, in tal modo si educa, nel vero senso della parola, all’atomizzazione: operai contro operai per un pugno di soldi, gli ultimi contro gli ultimi, il conflitto diffuso ed orizzontale, è reso possibile dal ritrarsi della parola argomentata, della logica del dibattito, della dialettica per essere sostituita da calcoli, da algoritmi, da segni in assenza della dialettizzazione degli stessi.

La peste dell’indifferenza si radica e si diffonde attraverso la politica del concreto, ovvero della concretezza spacciata come tale, perché espressa in segni algebrici, ma in realtà è il regno dell’astratto, della decontestualizzazione, dell’irrigidimento del dato avulso dal processo della sua genesi. La Filosofia della prassi deve tornare al teoretico per rifondare la prassi, deve svelare le condizioni materiali occultate dietro l’ideologia del turbocapitalismo. L’indifferenza è l’effetto di dinamiche che per quanto palesi non trovano i luoghi dove poter organizzare la loro strutturata circolazione. Mancano gli strumenti per capire, in assenza dei quali viviamo nella peste dell’indifferenza e della comune mortificazione. Il potere regna nella tristezza come affermava Spinoza, il depotenziamento delle energie vitali, ed i continui passaggi da uno stato di perfezione maggiore ad uno minore alimentano uno stato generale di impotenza, di sofferenza inespressa che contribuisce al rafforzamento del fascismo finanziario.

Karl Polany in La libertà in una società complessa analizza il Fascismo cogliendo la struttura del Fascismo e di tutti i Fascismi la sua sostanza: l’inconsapevolezza. Il Fascismo, secondo Polany, ispirandosi a L. Klages ha come fine ridurre l’essere umano a solo corpo vitale, a vitalismo senza individualità ovvero consapevolezza. Per l. Klages, afferma Polany, la coscienza, lo spirito è una formazione patologica, un limite al vitalismo del corpo. Il simbolico, il pensiero è sostituito dal tatto. Il totalitarismo vive della scomparsa della coscienza, del tripudio del corpo liberato, è il regno di Dioniso, ma senza l’anarchia individualista di Nietzsche. Il Fascismo è una forma di misticismo del sangue.

Anche il Fascismo finanziario è una forma di misticismo algebrico, i soggetti gradualmente divengono indifferenti alle alterità ed a se stessi, non resta che il corpo annichilito dal misticismo del piacere consumante. La globalizzazione dell’indifferenza è sorretta dalla guerra alla propria natura relazionale e comunitaria della persona. L’essere umano dev’essere corpo vitale, quantum energetico per il mercato, per il consumo pronto all’uso. Dev’essere libero di spostarsi come le merci, di vendersi come merce, di consumarsi come merci e sostituito. Costanzo Preve affermava che la sostanza del capitalismo assoluto è l’irrilevanza. Merci, persone e macchine androidi sono dunque sullo stesso livello, l’essere umano deve competere con le cose e specialmente con le macchine, in una mortificazione che Gunther Anders ha definito la vergogna prometeica. L’ultima frontiera del Fascismo finanziario è la lotta furente alle religioni.

Karl Polany dimostra nel testo già citato che il Fascismo ed il capitalismo per rendere impossibile ogni ideale di uguaglianza ha ingaggiato una lotta radicale contro le religioni cristiane, con il fine di eliminare un potenziale nemico, ma specialmente per recidere alla fonte ogni ideale di uguaglianza, eliminato il cristianesimo, si sottrae al socialismo, agli ideali di giustizia ed uguaglianza la fonte originaria, la linfa vitale che mentre circola nella comunità può trovare incredibili ed inaspettate trasformazioni. Bisogna eliminare l’Esodo come speranza del passaggio ad un mondo in cui la giustizia è il centro, il cuore di carne che rende viva la comunità.

Dinanzi ad una condizione sempre più estrema, la Filosofia può essere d’ausilio non secondario, per riconfigurare lo stato presente. Non vi può essere prassi senza teoretica della condizione attuale. La sinistra come le destre ha scelto la via della tattica senza progetto in sostituzione della politica. Rileggere Karl Polany con il suo socialismo democratico in cui la componente associativa è mediata da un’economia consapevole, ci porta alla grande tradizione teoretica che oggi attende di essere portata a memoria per essere risimbolizzata. Senza cultura non vi è politica, la sinistra ufficiale, mediatica, non fa politica perché vive all’ombra del circo mediatico e distante sideralmente dalla cultura della consapevolezza. Si insegue il carpe diem del successo immediato, perdendo con il progetto politico se stessa ed il futuro.

Nella Repubblica Platone utilizza l’immagine del nocchiero che guida la nave, perché forte, intorno a lui uomini mediocri che aspirano al timone, ma ne’ il nocchiero, né i marinai hanno la competenza di condurre la nave, a loro mancano le conoscenze di ciò che è lontano, delle costellazioni. Per vincere la peste dell’indifferenza bisogna ricominciare a guardare lontano, anche col rischio di essere definiti ed accusati di essere astratti, ma sappiamo che ogni grande progetto esige spazi temporali e culturali ampi. La politica dell’immediato nella sua drammatica esemplificazione espone alla tragedia dei Fascismi in assenza di prospettive che possano catalizzare la sofferenza del mondo.

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