Print Friendly, PDF & Email

cambiailmondo

Tito Boeri, le migrazioni e l’INPS

di Rodolfo Ricci

Le intrusioni del Presidente dell’INPS Tito Boeri nella discussione politica nazionale non sono una novità; già nella precedente legislatura egli si era esercitato su diverse questioni ogni qual volta alcune decisioni politiche potevano avere ricadute sulle prospettive di tenuta dei bilanci dell’Inps sia a breve che a medio temine.

La tenuta dei conti della più importante fonte di ingressi e di spesa del bilancio pubblico non è evidentemente cosa secondaria e da questo punto di vista, fare da guardiani affinché non si creino situazioni di insostenibilità non è in sé cosa biasimevole. La questione, da un punto di vista politico, è a quale prezzo i conti vengano fatti quadrare e se, da un punto di vista etico o semplicemente di giustizia sociale, la quadratura è ammissibile, condivisibile e fondata. Per altro verso è interessante verificare quali dati e quali parametri vengano utilizzati per sostenere le diverse tesi che si confrontano.

Senza scendere nella cronaca degli ultimi giorni sul c.d. “Decreto Dignità” e tralasciando gli ammonimenti a non toccare la riforma Fornero (i cui esiti milioni di persone conoscono più che bene e tutti gli altri conosceranno a breve) che costituì la pietra miliare del governo dei mercati di Mario Monti, è interessante in questo caso soffermarci sulla discussione tra tenuta dei conti INPS e la dominante questione immigrazione su cui si sta giocando buona parte della battaglia politica di questi mesi.

La tesi che ci permettiamo di sostenere è che in questa discussione non vi è nulla di oggettivo, nulla di eticamente condivisibile, ma molto di ideologico o, per stare alla definizione odierna di Boeri, tutta la discussione è caratterizzata da un ecumenico negazionismo (per di più a ampia insaputa) e a… 360 gradi.

Cos’è che si afferma e cos’è che si nega, cos’è che si ignora per ignoranza o malafede.

Si dice, ad esempio, che gli immigrati debbono entrare poiché già oggi sono loro – e lo saranno ancora di più in futuro – a sostenere il nostro sistema pensionistico, in un contesto di declino demografico e invecchiamento della popolazione nazionale.

Allo stesso tempo non si dice che, dal momento che la Legge Fornero ha innalzato a 20 anni il limite minimo contributivo per poter accedere alla pensione di vecchiaia, chi si situa sotto questa quota non avrà, di norma, diritto alla pensione. In questa categoria rientrano milioni di lavoratori immigrati (e nostrani), i cui contributi silenti (ma che gridano vendetta), vengono semplicemente incamerati dall’Inps senza alcuna contropartita. Altro che sistema contributivo!!

Si tratta di 7-10 miliardi di contributi che non saranno mai restituiti, o solo in minima parte. Utilizzarli è estremamente complesso per i cittadini italiani, praticamente impossibile per un lavoratore o lavoratrice immigrata che rientri al suo paese, soprattutto se non vi sono accordi bilaterali tra l’Italia e il paese di provenienza. Certo, a queste condizioni, la presenza di immigrati, in particolare a tempo limitato, è una vera manna per il bilancio dell’Inps. (Ma anche senza di loro e sarebbe bene che gli italiani lo sapessero).

Un altro esempio: lo scorso anno Tito Boeri ha tentato una sortita sul versante italiani all’estero; secondo Boeri, l’Inps pagherebbe troppe pensioni all’estero. Si tratta di circa 400mila pensionati nati in Italia e trasferitisi all’estero prevalentemente negli anni ’50-’70. La situazione, secondo l’Inps è aggravata dal fatto che negli ultimi anni sta crescendo l’emigrazione di pensionati italiani che si trasferiscono in alcuni paesi europei ed extraeuropei perché il potere d’acquisto delle nostre basse pensioni consente loro di vivere meglio altrove, piuttosto che in Italia. Boeri è arrivato ad ipotizzare che le pensioni possano essere erogate solo se si è residenti sul territorio nazionale, in modo, si è detto, che il Pil italiano non ne venga compromesso. Queste considerazioni hanno scatenato i rappresentanti delle comunità italiane all’estero: Tito Boeri ignorava, a loro parere, la storia e le ragioni dell’emigrazione italiana e allo stesso tempo ignorava il fatto che il pareggio del bilancio pubblico del nostro paese è stato per un secolo intero consentito o quantomeno fortemente supportato da miliardi di dollari di rimesse dei nostri connazionali che hanno contribuito al Pil nazionale con investimenti diretti, oltre che contribuendo alla penetrazione del made in Italy (cioè del nostro export) nei rispettivi paesi di arrivo. Ma allo stesso tempo, la minaccia di Boeri individuava uno scenario finora inimmaginabile: la pensione legata alla residenza obbligatoria … e alla negazione della libertà di movimento. Un bel progresso in termini di liberalismo !!

Un ultimo esempio, ancora più attuale: Il Presidente dell’Inps, mentre si rammarica della diminuzione di flussi di immigrazione verso l’Italia, non si scandalizza affatto che centinaia di migliaia (anzi milioni) di giovani italiani abbiano ripreso negli ultimi dieci anni, la via dell’emigrazione verso il nord Europa e altri paesi extra-europei. Utilizzando le sue argomentazioni di cui sopra, gli sembra evidentemente normale che i nostri giovani vadano a rinsaldare i bilanci degli istituti previdenziali di altri paesi affetti, come il nostro, da decremento demografico: cioè che vadano a pagare le pensioni a tedeschi, inglesi, svizzeri, francesi, olandesi, ecc.. Neanche si preoccupa che il trasferimento (enorme in termini di patrimonio) di questo capitale umano formato a spese dello Stato e delle famiglie italiane vada a implementare il Pil di altri paesi, quindi a ridurre il nostro e, conseguentemente, a rendere ancora più difficile il recupero del rapporto Debito-Pil che grava sull’Italia, cosa che dovrebbe costituire, per bocca degli economisti come Boeri, l’obiettivo principe su cui convergere.

Sono alcuni esempi che danno l’idea della schizofrenia logica e della patologia specialistica “da bilancio” che attanaglia non solo Boeri, ma gran parte della classe dirigente del Paese, che sia al governo o che sia all’opposizione o che sia classe dirigente istituzionale. Soprattutto colpisce l’incapacità di comprendere (e la sapienza nel confondere) cause ed effetti, pagliuzze con travi.

Il Jobs Act fu introdotto dal governo Renzi (come il Pareggio di Bilancio in Costituzione) sotto suggerimento della UE a direzione mercantilista, del mainstream economico globale (e dei suoi adepti nazionali), con la convinzione che per attrarre maggiori investimenti dall’estero bisognava offrire migliori condizioni al mondo delle imprese; cioè riducendo i diritti dei lavoratori e mettendo sotto ulteriore pressione i salari attraverso la precarizzazione del mondo del lavoro. Questi geni della politica non si erano resi conto che nel frattempo, fin dal 2008 era ripreso lo storico esodo italiano alla ricerca di migliori salari, di maggiori diritti e di minore, almeno relativa, precarietà, verso l’estero (che è arrivato, dal 2013 ad oggi a circa 300mila persone all’anno). Dunque che la medicina aggravava le condizioni del paziente. Come dimostra anche l’ulteriore crescita di debito pubblico. Si cercavano investimenti dall’estero e il risultato è stato quello di incentivare l’emigrazione di capitale umano nostrano.

Oggi Boeri dice che il “Decreto Dignità” (peraltro limitato e che subirà rimaneggiamenti vari a partire dalla reintroduzione dei Voucher per accontentare l’imprenditoria di 2° classe) implica la perdita di 8mila posti di lavoro all’anno. E le pagine dei quotidiani nazionali sono zeppi di polemiche sulla vicenda. Quanta carta sprecata !

C’è anche qualcuno che è pronto a farne il perno della nuova opposizione e qualcun altro che rilancia la discussione (a causa del coinvolgimento tematico dell’immigrazione) in termini di progressismo umanitario sui social. Che la situazione fosse tragica nessuno lo ignorava, che sia penosa è certo.

Comments

Search Reset
0
Vincesko
Friday, 20 July 2018 20:31
Citazione1: “tralasciando gli ammonimenti a non toccare la riforma Fornero (i cui esiti milioni di persone conoscono più che bene e tutti gli altri conosceranno a breve) che costituì la pietra miliare del governo dei mercati di Mario Monti”

Chissà se l’autore l’ha mai letta la riforma Fornero, e soprattutto se ha mai letto la ben più severa riforma SACCONI.

Pensioni: l’estremismo di Bankitalia e Corte dei Conti
di Vincesko
https://www.sinistrainrete.info/spesa-pubblica/10826-vincesko-pensioni-l-estremismo-di-bankitalia-e-corte-dei-conti.html

Citazione2: “governo dei mercati di Mario Monti”.

Da antimontiano osservo che il governo Monti, in un equivalente lasso di tempo (un anno e mezzo, dopo la crisi della Grecia) varò manovre finanziarie pari ad un quarto di quelle di Berlusconi e (a parte gli esodati, causati da un’errata stima della burocrazia) fu molto più equo.

Citazione3: “Allo stesso tempo non si dice che, dal momento che la Legge Fornero ha innalzato a 20 anni il limite minimo contributivo per poter accedere alla pensione di vecchiaia”.

Di norma, salvo che non si abbia 70 anni. Col metodo contributivo, anzianità contributive brevi assicurano pensioni basse, intorno all’entità dell’assegno sociale.
Like Like Reply | Reply with quote | Quote

Add comment

Submit