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sollevazione2

PaPatrac

di Piemme

Diversi lettori ci han chiesto un giudizio sulla scissione verificatasi in Potere al Popolo (PaP), in sostanza —dopo le annunciate defezioni del Partito Comunista Italiano e di Sinistra Anticapitalista — della rottura, ben più pesante con Rifondazione comunista.

La rottura del fidanzamento (che divorzio sarebbe stato solo se si fosse consumato effettivo matrimonio) è avvenuta nientemeno che sullo statuto.

Colpiscono i toni durissimi della contesa, segno di una rottura dolorosa quanto irreversibile. Ci pare che ciò stia ad indicare come la disputa sullo statuto nasconda differenze politiche profonde, che tirano in ballo natura, scopi e posizionamento politico. Non chiedeteci chi siano i "buoni" e i "cattivi", i "migliori" ed i "peggiori". Compagni che condividono il nostro punto di vista — quello che considera centrale la battaglia per uscire dalla gabbia dell'euro per la piena riconquista della sovranità nazionale, quindi la necessità di collocarsi in piena indipendenza nel "campo populista" contro l'élite eurocratica — ce ne sono, e stanno, come minoranze, in entrambi gli schieramenti che si sono dati battaglia. Qui l'interrogativo: com'è che i no-euro alloggiano su fronti contrapposti?

Evidentemente, nella gerarchia dei fattori, l'uscita dall'euro e la battaglia per la sovranità nazionale non sono state considerate primarie, ovvero, al netto dello statuto, altre sono state le faccende su cui si è sviluppata la lotta, prima fra tutte la questione della forma/modello organizzativo. Una coalizione, per quanto fortemente unitaria, di organismi indipendenti (Statuto n.2 proposto da Rifondazione) oppure un partito de facto (Statuto 1 proposto da Jesopazzo e Eurostop)? Questa seconda tesi è quella che pare aver avuto la meglio nel referendum telematico conclusosi ieri (sotto i risultati annunciati).

I vincitori cantano impunemente vittoria per aver ottenuto l'82%. Sulla carta una schiacciante maggioranza. La sostanza però, siccome han votato solo la metà degli iscritti alla piattaforma, ci pare diversa. 

Nasce, da parto cesareo, un nuovo soggetto, ma i ginecologi, ostinati a farlo venir fuori anzitempo, l'hanno amputato in modo irreparabile. Abbiamo così una piccola testa innestata su un corpo rachitico. Un nuovo soggetto che avrà vita molto dura davanti. Esso risulta infatti da un assemblaggio frettoloso di correnti diverse, che domani potrebbero tornare a dividersi; un assemblaggio infine, la cui base programmatica (una versione postmoderna del vecchio massimalismo) è debole e del tutto inadeguata alle sfide del presente. 

Sui limiti profondissimi della linea politica di PaP abbiamo scritto mesi addietro ed in diverse occasioni:

JE SO' PAZZO: L'ESERCITO DEI SOGNATORI

"POTERE AL POPOLO"... QUALE POPOLO? 

PaP: SENZA POPOLO NÉ POTERE

VERSO LE ELEZIONI: POTERE AL POPOLO

UNA SETTA DI NOME "POTERE AL POPOLO

Siamo contenti per questa ennesima puntata della saga della sinistra che va in pezzi? Per niente. Il casino, tanto più se incarognito di sinistre avvitate su sé stesse, non favorisce e forse pregiudica un confronto vero sulle questioni dirimenti. Per di più, come ogni scissione, essa avvelena il clima e rischia di lasciare per strada, per scoramento e sconforto, tanti militanti o semplici attivisti.

Per concludere. Chi esce con le ossa più rotte da questa vicenda è senza dubbio Rifondazione comunista. Un partito oramai allo sbando e la cui direzione nazionale, uscita addirittura umiliata dalla scissione in PaP, non da il benché minimo segnale di resipiscenza, continua anzi imperterrita sulla strada del proprio suicidio, quella di perseguire l'ennesimo opportunistico accrocchio elettorale. Un opportunismo che è causa della bruciante sconfitta di Rifondazione e che, un più che stagionato e consumato maggiorente, ha usato abilmente come arma per giustificare la rottura come inevitabile separazione "di giovani entusiasti e  senza macchia" da un "ceto politico decotto ed elettoralista".

Ognuno crede ciò che vuole credere...

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