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controanalisi

La noia della rete

di Francesco Erspamer

All’inizio mi sembrava diverso: accedere al world wide web, come lo si chiamava usando peraltro una metafora falsa, fuorviante (tutta la terminologia informatica lo è e per questo si preferiscono gli anglicismi), almeno era un’avventura. La mediocrità grafica e la lentezza della connessione erano compensate dall’impressione di poter raggiungere persone, istituzioni e imprese che esistevano nella realtà ma altrove, e che altrimenti sarebbero restate al di fuori della mia esperienza. A essere virtuale, insomma, era solo la comunicazione.

Poi la realtà esterna è diventata irrilevante: ormai, per buona parte degli utenti, reale è ciò che vedono sullo schermo e gli basta. Come per i drogati di pornografia, che non se ne servono quale surrogato o supporto per concreti rapporti ma in sostituzione e a preferenza di quelli. Contestualmente l’internet è diventato esclusivamente un giro d’affari, anzi l’affare degli affari, monopolizzato da poche multinazionali (le più ricche del mondo e tutte americane), nonché una palestra di avidità e arrivismo per i vincenti e di paranoie e complottismi per i perdenti.

Ancor peggio, è diventato mortalmente noioso, prevedibile, inautentico. Una finzione che pretende di essere considerata vera, dunque esentata da riscontri fattuali ma al tempo stesso priva di immaginazione; in sostanza un deposito di cazzate livellate verso il basso per accontentare chi non ha interessi e non vuole averne, contento di vegetare nella sua zona di conforto e di indifferenza. Quanto tempo sprecato a ipotizzare distopie in cui le macchine cominciavano a pensare come gli umani e prendevano il potere; mentre è ovviamente così più semplice ipotizzare un mondo in cui siano gli umani a pensare come macchine e a lasciarsi programmare (desideri, consumi, emozioni) dai media e da chi li possiede.

Guardo le icone del programma di navigazione e del motore di ricerca e sono già stufo.

PS A evitare equivoci chiarisco che non sono scoraggiato o rassegnato; semplicemente non intendo piegarmi al dominio incontrastato di un modello pericoloso e fallimentare e al quale tuttavia pochi si oppongono per paura di essere accusati di essere (o addirittura di sentirsi loro stessi) inattuali, superati, non al passo con i tempi. Il destino manifesto che ci propongono e che affermano senza alternative sta beneficiando solo pochi miliardari e i loro cortigiani, mentre sta distruggendo la civiltà, le comunità, l’ambiente. I progressi tecnologici potrebbero essere usati in tutt’altro modo: per il bene comune, per accrescere il senso di appartenenza e di responsabilità della gente, per migliorarne la qualità della vita. Ma prima è necessario sottrarli ai loro attuali padroni.

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