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sinistra

Lasciar passare la ristrutturazione del sistema?

di Paolo Bartolini

Un rappresentante dell'OMS lascia intendere che forse, con la diffusione massiva della variante Omicron (per fortuna meno nociva delle precedenti incarnazioni di SARS-Cov-2), stiamo per uscire dalla pandemia. Nonostante questo servirà una costante attenzione data la versatilità del virus in questione.

Se potessimo mettere da parte l'isteria e ragionare pacatamente troveremmo che l'esito auspicato - la fine di questa emergenza - non riuscirà a cancellare facilmente le conseguenze psicosociali e biopolitiche innescate dall'approccio governativo alla crisi. Ma facciamo un passo dopo l'altro.

Intanto bisogna riconoscere che i benvenuti vaccini hanno confermato la loro utilità nel difendere i soggetti più fragili. Eliminare i brevetti, rendere pubblici i dati relativi ad eventuali effetti collaterali e ripensare in senso democratico la "filiera" di produzione/distribuzione sono temi fondamentali, che non devono impedirci di constatare i rischi di ogni produzione accelerata di un farmaco poi approvato in via emergenziale.

Quindi, è diritto e dovere dei cittadini porre domande, chiedere chiarimenti e rivendicare - da qui e in futuro - che non esistano scappatoie per gli Stati e per chi realizza i vaccini: sono loro a dover rispondere degli effetti indesiderati. È intollerabile pensare che chiunque si vaccini sia costretto a firmare dei surreali consensi informati sollevando le autorità da ogni responsabilità.

Aggiungerei, sulla scia di recenti considerazioni del dott. Marco Cosentino, che il potenziamento delle cure domiciliari e della medicina territoriale (da ripensare interamente, perché è inaccettabile che un medico di base abbia in carico centinaia e addirittura migliaia di pazienti) è decisivo se vogliamo far sì che le persone vengano aiutate per tempo. Eviteremmo con questo l'intasamento dei pronti soccorsi e infine delle terapie intensive.

Un altro punto ripetuto fino allo sfinimento riguarda il rilancio massiccio di una sanità pubblica intesa come diritto universale. Servono nuovi posti letto e assunzione di personale. Sull'inutilità del Green Pass e sulla sua pericolosità tornerò tra poco.

Prima è indispensabile un passo indietro, al fine di andare "a monte", là dove troviamo le concause scatenanti della pandemia (di questa e probabilmente di quelle future). Il matematico e filosofo Giuseppe Longo ha ben spiegato come l'origine dell'ultimo coronavirus - che provenga da spillover o da fuoriuscita accidentale da qualche laboratorio - è comunque riconducibile alle logiche violente e antiecologiche del tecno-capitalismo, un sistema intrusivo verso il vivente, che opera in maniera ecocida pensando di poter manipolare ogni essere senza capire minimamente le implicazioni epigenetiche e sistemiche sollevate dai fenomeni. I cambiamenti climatici e il disastro ambientale sono l'esito di un modo di vedere e praticare il mondo ipersemplificato, aggressivo e incline a imporre dosi crescenti di controllo su tutti i processi naturali e sociali.

Sappiamo bene, visti i recenti rincari delle materie prime e delle risorse energetiche, che la società della crescita, basata sul fossile, sta cambiando forma. Non potrà continuare sulla stessa strada, dovrà quindi riassestarsi per mantenere gli usuali rapporti di forza (questo è l'obiettivo del potere neoliberale). Alcuni desiderano che, come al solito, tutto cambi affinché nulla cambi. Eppure non ci piove sul fatto che la retorica del consumo, dello spettacolo, dell'avere-sempre-di-più si scontrerà con l'impraticabilità materiale del suo sogno/incubo di espansione illimitata. Chi detiene le leve del comando lo sa, eccome. La farsa del capitalismo green serve proprio a prepararci tutti alla transizione governata dalle élite, le quali vanno un po' in ordine sparso, ma fedeli a un orientamento di massima: mentre si compromette irrimediabilmente il pianeta, non si deve compromettere il profitto e la penetrazione capillare delle tecnologie digitali nelle nostre esistenze.

Tuttavia è difficile pensare che i ritmi di consumo e spreco possano continuare ancora per molto a mantenersi stabili. Più probabile è che vi sia una riconfigurazione semiautoritaria dello scenario complessivo. Qui entra in gioco l'esperimento del lasciapassare verde. Uno strumento che non riguarda minimamente la questione sanitaria, ma ha altre finalità. Averlo adottato, con il silenzio fin troppo complice di larghissima parte dei partiti e dei sindacati, ha significato creare un precedente molto grave. Si può capirlo registrando l'abbinata tra questo dispositivo e il rinnovarsi dello stato di emergenza ben oltre i limiti costituzionali. Certo sto parlando dell'episodio italico, estremo e finanche grottesco, ma in linea generale il pass verde può assolvere in prospettiva funzioni analoghe in differenti contesti sociali e geografici.

Quindi il primo fine che probabilmente ha spinto all'instaurazione del Green Pass mi sembra - secondo la nota teoria della rana bollita - quello di creare un precedente in un momento delicatissimo per tutti, lasciando intendere che un sopruso inefficace sia da considerarsi una forma di protezione per le masse impaurite. A questo è seguita la ben nota polarizzazione sociale che conosciamo, aggravata dal cinismo dei mass media e dal livello culturale medio che registriamo nell'odierna epoca digitale e dello spettacolo.

Il secondo fine - che include il primo come suo sottoinsieme - riguarda la ristrutturazione dei rapporti economici, sociali e produttivi da qui a trent'anni. Se vogliamo è quel Great Reset del sistema di cui si parla da ben prima del coronavirus. Nel periodo che va dal 2030 al 2050 dovremo fare i conti con gli effetti devastanti del global warming, dunque con il fallimento annunciato del sistema tecno-capitalista. Per rimanere in sella i rappresentanti di quest'ultimo - quindi i ceti dominanti e i loro centri dislocati di potere - dovranno rimodulare secondo carota e bastone il sogno "americano" che ha fatto da traino all'ipersviluppo successivo alla seconda guerra mondiale. I buoni e i bravi forse potranno continuare ad avere certi tenori di vita, purché rimangano competitivi e ubbidienti. I cattivi, che per i loro pessimi stili di vita intasano gli ospedali già massacrati dai tagli bipartisan e gradualmente svuotati per ingrassare la sanità privata a pagamento, dovranno subire restrizioni e punizioni. Lo stesso vale per chi dovesse recalcitrare dinnanzi a imposizioni necessarie per proteggere il nostro amato pianeta (non è di questi giorni un'azienda multiservizi che invita i cittadini a tenere luci e riscaldamento più spenti possibile?).

Un bel pass verde, che divida i buoni dai cattivi, i cittadini seri dai cialtroni briganti, è quanto di meglio per governare in senso autoritario la transizione che ci attende conservando una facciata di miti propositi liberali. Del resto saremo spesso in emergenza e, se non si inverte rotta, ogni nuovo virus scatenato dalla distruzione degli ecosistemi ci costringerà a precipitare nelle contraddizioni e nelle miserie di questi ultimi due anni, con in aggiunta l'invito delle alte sfere a tollerare stoicamente i mille sacrifici che verranno richiesti alle popolazioni per tenere in piedi la baracca dorata di un sistema tossico e gerarchico come nessun'altro.

La risposta a tutto ciò, deve essere chiaro, non è un ribellismo vuoto, fanatico e sostanzialmente innocuo per il potere. Senza un'organizzazione democratica forte, capace di rimettere al centro degli interessi di milioni di persone i diritti del lavoro, la sostenibilità ambientale e la cura dei beni comuni, siamo destinati a sperimentare lo scollamento definitivo tra cittadini e politici, tra umani e logiche tecniche ed economiche sempre più astratte. O la transizione si governa democraticamente, o ci troveremo a vivere un futuro distopico che continuerà a stimolare libidicamente il consumo e lo spirito di appropriazione (se così non fosse l'economia di mercato collasserebbe in un istante) mentre produrrà al contempo categorie soggette a controllo e discriminazione, tutto questo per il "bene del pianeta, delle future generazioni e della salute pubblica". Le persone incluse nelle suddette categorie potrebbero avere accesso negato o limitato anche a beni di prima necessità. Come chiamereste lo sport per un dodicenne? O il ritiro della pensione?

Stiamo assistendo in questi giorni all'insidioso tentativo di far passare per normali delle assurdità sciagurate. Sgomenta, in tutto ciò, l'ipocrisia di questi salvatori della patria, che non nutrono alcun interesse per la vita dei fragili, per la qualità delle relazioni, per l'urgenza di una decrescita guidata, per la tutela dei beni comuni, per la salute delle persone. Queste ambivalenze faranno esplodere malattie psichiche ingestibili, oltre ad aggravare le condizioni materiali delle famiglie, dei singoli e dei gruppi. Ritengo che, a sinistra e ovunque vi sia consapevolezza dello sfacelo imminente, sia indispensabile ripensare gli errori fatti e dare forma a una risposta che sia culturalmente e politicamente all'altezza del pericolo. In questa lotta, dove l'avversario non è solo fuori di noi ma anche dentro, si tratterà di resistere a queste tentazioni: credere che chi non la pensa come noi sia necessariamente in malafede; interrompere il dialogo in nome di una verità indiscutibile; semplificare la complessità con proposte e deliri riduzionistici; ritenerci buoni a priori perché "loro" sono cattivi; lasciare nelle mani di questa politica la governance del disastro e ritirarci in qualche setta ai confini del mondo dove farci manipolare da altri guru che pensiamo di aver scelto liberamente; vivere di astio e diventare intolleranti e insopportabili credendoci degli illuminati vessati da un Potere oscuro; illuderci di avere qualcosa di interessante da dire solo perché frequentiamo la libera (?) università di internet.

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