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effimera

La metropoli diventa merce | Sul libro di Lucia Tozzi “L’invenzione di Milano”

di Gianni Giovannelli

L’urbanismo è la presa di possesso
dell’ambiente naturale e umano
da parte del capitalismo che, sviluppandosi
conseguentemente in dominio assoluto,
può e deve ora rifare la totalità dello spazio
come suo proprio scenario
(Guy Debord, La società dello spettacolo, 1969)

La casa editrice napoletana Cronopio ha pubblicato nell’anno appena trascorso questo prezioso saggio di Lucia Tozzi che ci offre spunti di riflessione e al tempo spesso costituisce un invito ad approfondire il tema della non ancora ultimata trasformazione di Milano, al fine di comprendere appieno il progetto capitalistico in via di attuazione, quale presupposto necessario per tentare di contrastarlo. Il sottotitolo (Culto della comunicazione e politiche urbane) salda polemicamente l’invenzione capitalistica di una metropoli sottratta per intero ai suoi abitanti e piegata alle esigenze di valorizzazione mediante la forma politico-istituzionale del dispotismo democratico occidentale.

La cultura, secondo la tradizione paleoliberale capace di vita autonoma dal profitto, diviene solo merce, perde qualsiasi diversa caratteristica, viene acquisita quale proprietà esclusiva del potere, accettata in quanto prodotto o consumo, ma con esclusione di qualsiasi diversa peculiarità che la sleghi dalla funzione ancillare cui il capitale finanziario intende destinarla in modo stabile. L’autrice rileva che questo stravolgimento, attuato con impiego della forza e della comunicazione, rende la cultura uno dei principali strumenti della valorizzazione immobiliare.

Il testo, dopo l’introduzione, si articola in quattro parti, per un insieme di circa 200 pagine, scorrevoli e scritte con un linguaggio agile, ben comprensibile anche per chi non ha una preparazione specialistica in materia urbanistica o economico-finanziaria. La prima parte descrive il modello che caratterizza la complessiva operazione Milano, elaborata sviluppando quanto in precedenza avvenuto a Torino e utilizzando l’evento Expo per forzare i tempi di realizzazione. Lucia Tozzi riporta alla luce quella sorta di “manifesto” della valorizzazione immobiliare milanese pubblicato nel 2013 (per i tipi Feltrinelli) dallo scrittore ciellino Luca Doninelli e dal manager d’impresa Manfredi Catella. Non era affatto scontato il sostanziale successo della gigantesca operazione immobiliare, quel volume chiarisce il senso della convergenza politica di istituzioni, centrodestra e centrosinistra politiche, imprese, professionisti, contro un’opposizione ardita e tuttavia troppo fragile per realizzare un argine capace di resistere alla violenza del sistema. Scrive Tozzi: Expo 2015 è un esperimento riuscito, una grande battaglia vinta si potrebbe dire, di quella guerra ideologica che il capitale combatte da alcuni decenni contro le classi medie e gli indigenti. Lo spettacolo della comunicazione appare l’arma vincente del potere, la comunicazione è essa stessa merce, produzione di merci a mezzo merci, per aggiornare Sraffa.

Nella seconda parte (Il management della partecipazione) vengono ricostruiti storicamente i passaggi, sottolineando la sostanziale continuità fra la giunta Moratti e quella Pisapia, che non attuò il promesso ritiro dall’Expo e mantenne il Piano di Governo del Territorio (PGT) ereditato. Si traccia rapidamente quel che è avvenuto nell’ultimo decennio (gli interventi di Off Topic sono ricordati per lucido consapevole antagonismo, eccezione rispetto al generale consenso), con puntuale utilissimo richiamo delle fonti. Ne esce la nuova metropoli, con la distruzione del welfare, l’incremento delle sacche di povertà, la precarizzazione, l’esistenza dei singoli soggetti messa a valore dentro il contenitore del territorio-merce.

Nella terza parte (Miseria della rigenerazione urbana) Lucia Tozzi si misura con la trasformazione urbanistica, con lo spettacolo messo in scena della c.d. città d’eccellenza. L’incredibile sequenza di costruzioni e distruzioni nell’ultimo decennio non è dovuta solo a corruzioni o speculazioni di stampo mafioso (anche, naturalmente) ma soprattutto alla volontà di conquistare il territorio, di mettere le mani sulla città sottomettendo gli abitanti. Confermato il PGT anche dalla giunta Sala il rapporto pubblico-privato di collaborazione si è rivelato essere una definitiva privatizzazione del c.d. pubblico. Imprenditori e istituzioni operano come soggetti concorrenti, a parità di regole: ovviamente prevale la componente privata, comunque non vi è differenza né per il lavoratore né per il consumatore, totalmente assoggettati alle regole dettate da chi comanda. Oltre alla nota questione degli scali ferroviari (che assume rilievo anche in ragione delle olimpiadi invernali ormai prossime) merita attenzione il piano dei nove parchi, ovvero l’uso del verde a fini di valorizzazione immobiliare (CityLife, Sieroterapico e Porta Romana in particolare). E, connesso, quello delle c.d. Piazze Aperte. A Milano, contrassegnata da un turn over di notevole entità (il 40% in dieci anni!), le istituzioni comunicano di avere “liberato” 38 piazze, con panchine e tavoli per giocare a ping-pong. Dovrebbe essere il controcanto della cementificazione selvaggia contestualmente avvenuta; ma, scrive Tozzi, a ben vedere il dato risulta insignificante, 800 utilizzatori su 1.400.000 abitanti, inoltre nello stesso tempo ciascun cittadino può raggiungere uno fra 82 vasti parchi o fra 323 giardini già esistenti. Una frode comunicativa e spettacolare a fini di profitto! Le conseguenze dei progetti di trasformazione urbana e urbanistica della metropoli erano già state oggetto del seminario ultimo di Effimera, esaminate in particolare nelle relazioni di Stefano Lucarelli e di Salvatore Palidda oltre che nell’ampia trattazione svolta da Off Topic; sono considerazioni in armonia con quanto espone Lucia Tozzi.

La conclusione, nella quarta parte (Desiderio), è ovviamente amara. Ma lascia aperta la porta alla rivincita del conflitto tramite la riconquista del desiderio. E poiché il capitalismo finanziarizzato è il nemico irriducibile del sogno dobbiamo caparbiamente sperare di riuscire a rendere concreta l’utopia. La vecchia talpa, non vista, continua a scavare.

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