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aldous

Siamo pronti!

di Davide Miccione

Siamo pronti per l’Intelligenza Artificiale. Senza alcun dubbio.

Sì, c’è qualche dibattito, ma è solo per dare la sensazione di non precipitarsi dietro le novità. C’è qualche protesta ma di categorie che non hanno mai contato granché (gli sceneggiatori ad esempio). C’è qualche lamentela ma di potentati in declino come le case editrici o i giornali che fanno leva sul diritto d’autore per riempire un po’ la scodella prima di tramontare definitivamente. La politica, intanto, ha assunto una posa pensosa, chiede proroghe non troppo convinta per capire dove soffia il vento e si domanda se questa roba li rafforzerà o li indebolirà nelle loro simulazioni di potere. Gli accademici-intellettuali fanno mostra di dover riunire qualche comitato etico (se ne trova sempre qualcuno) in modo da piegarsi al progresso (che leggono da decenni come Necessità) però dando l’impressione di averci pensato e che non sia un mero automatismo (come in effetti è).

Ma nell’essenziale siamo pronti. In quello che conta siamo pronti. Basta volerlo vedere. Vedere come sono docili i ragazzi; come cercano griglie, spiegazioni, applicazioni, ricette e fuggono dal pensiero autonomo, dalla cultura, dalla libera ricerca.

Vederli mentre obbedienti seguono i comandi della settimana della moda e si vestono come il menù del giorno prevede (oggi c’è il giallo domani il verde) in una quadriglia che non si ferma all’uscita della balera. Vedere come sono complici gli adulti che quelle griglie, spiegazioni, applicazioni, ricette non vedono l’ora di fornirle e come piace loro tenersi in bocca sempre nuovi acronimi mentre il loro linguaggio si riduce a una lisca.

Vedere come ogni festa abbia il suo animatore pagato, ogni partito il suo spin-doctor, ogni trasmissione il suo format, ogni gesto il suo tutorial, ogni film il suo prequel e il suo spin-off, ogni romanzo il suo messaggio e la sua morale, ogni ingresso universitario la sua batteria di test e ogni batteria di test il suo corso a pagamento per superarla.

Vedere come ogni scienziato aliti e strofini sul suo impact factor scientometrico per lustrarlo meglio e il collega umanista ne desideri uno nuovo fatto apposta per lui.

Vedere come ogni appuntamento ha il suo algoritmo che ti dice chi può piacerti e per chi invece non è il caso di darti l’occasione di decidere, ogni amicizia ha i suoi like, ogni pagina il suo profiling, ogni libro comprato on-line uno accanto che non c’entra nulla ma ti si dice che potrebbe piacerti se hai comprato quello di prima.

Vedere come ci si fermi alla prima pagina dei risultati del motore di ricerca e come non si riesca a tener presente che quello che vediamo è selezionato e scelto e gerarchizzato. Vedere quante domande facciamo continuamente ai nostri dispositivi, anche quelle che potremmo o dovremmo sapere o ricordare. Vedere come la tecnologia ovunque nelle nostre case e nelle nostre auto sia l’unica cosa che ci ecciti, anche quando i guadagni sono modesti, i costi elevati, i rischi non conosciuti del tutto. Vedere che sguardo perduto abbiamo nelle nostre città se privi di navigatore.

Vedere come ci si preoccupi delle emissioni di gas e dell’acqua bevuta da un povero essere vivente e invece ognuno fischietti dentro la propria mente e distolga l’attenzione se gli capita di incontrare in sé l’ovvia domanda su quanto questo comune esocervello che è diventata la digitalizzazione possa mai consumare. D’altra parte forse la si chiama “nuvola” per dimenticarne la pesantezza di cavi e metallo.

Per queste e per le tante cose che potremmo vedere se volessimo guardare siamo già pronti e maturi per l’Intelligenza Artificiale. La vogliamo, chiediamo che la tecnologia ci tolga il peso di noi stessi. Siamo pronti alla favola bella del transumanismo che nasconda a noi stessi il subumanismo che da un paio di decenni coltiviamo. Siamo pronti a constatare la fiacchezza e debolezza del nostro corpo, la sincopata fragilità della nostra volontà, l’inabissarsi del nostro coraggio fisico, ignorarli e ciononostante gioire per l’intelligenza e la potenza del nostro servo-padrone. Siamo pronti ad assistere alla “disabilitazione” delle nostre capacità tranne quella di interagire sempre più reattivamente con i dispositivi.

Sì, siamo pronti, si proceda.

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