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Danno collaterale

di Diana Johnstone

SanctionsAgnstRussiaSanno che cosa stanno facendo? Quando il Congresso statunitense adotta sanzioni draconiane mirate principalmente a indebolire il presidente Trump e a escludere qualsiasi mossa che migliori le relazioni con la Russia, si rendono conto che le misure corrispondono a una dichiarazione di guerra economica contro i loro cari “amici” europei?

Che lo sappiano o no, ovviamente se ne fregano. I politici statunitensi considerano il resto del mondo come l’entroterra degli Stati Uniti, da sfruttare, prevaricare e ignorare con impunità.

La proposta di legge H.R. 3364 “Contrastare gli avversari degli Stati Uniti mediante sanzioni” è stata adottata il 25 luglio da tutti i membri della Camera dei Rappresentanti, salvo tre. Una versione precedente è stata adottata da tutti i Senatori, salvo due. L’approvazione finale con proporzioni a prova di veto è una certezza.

Questo sbrocco del Congresso scalcia in tutte le direzioni. Le principali vittime saranno probabilmente i cari, amati alleati europei degli Stati Uniti, in particolare la Germania e la Francia. Che a volta capita siano dei concorrenti, ma tali crasse considerazioni non contano nelle sacre sale del Congresso statunitense, totalmente dedito a tenere alta la moralità universale.

 

Il “potere morbido” economico colpisce duro

In base alle sanzioni statunitensi qualsiasi nazione della UE che faccia affari con la Russia può trovarsi in guai grossi. In particolare quest’ultima legge prende di mira imprese impegnate nel finanziamento del Nord Stream 2, un oleodotto progettato per fornire alla Germania il gas naturale molto necessario proveniente dalla Russia.

Per inciso, tanto per essere d’aiuto, le società statunitensi saranno liete di fornire il proprio gas naturale da fratturazione idraulica ai loro amici europei, a prezzi molto più elevati.

Questo è solo uno dei modi in cui la legge assoggetterebbe le banche e le imprese europee a restrizioni paralizzanti, cause legali e multe gigantesche.

Mentre gli Stati Uniti predicano la “libera concorrenza”, assumono costantemente misure per impedire la libera concorrenza a livello internazionale.

Dopo l’accordo del luglio 2015 che ha assicurato che l’Iran non potesse sviluppare armi nucleari le sanzioni internazionali sono state revocate, ma gli Stati Uniti hanno mantenuto le loro precedenti. Da allora qualsiasi banca o impresa che valuti affari con l’Iran rischia di ricevere una lettera da un gruppo di New York che si definisce “Uniti contro l’Iran nucleare” che avverte che “permangono rischi legali, politici, finanziari e reputazionali gravi associati alla conduzione di affari in Iran, in particolare in settori quali il petrolio e il gas”. I rischi citati includono miliardi di dollari di sanzioni (statunitensi), sorveglianza da parte di “una miriade di agenzie di regolamentazione”, pericoli personali, carenza di coperture assicurative, insicurezza informatica, perdita di affari redditizi, danno alla reputazione dell’impresa e caduta del valore delle azioni.

Gli Stati Uniti la fanno franca con questo comportamento delinquenziale perché nel corso degli anni hanno sviluppato un vasto, oscuro labirinto legalistico, in grado di imporre la loro volontà all’economia del “mondo libero” grazie all’onnipresenza del dollaro, di una raccolta di informazioni di spionaggio senza uguali e pura e semplice intimidazione diretta.

I leader europei hanno reagito con indignazione a queste ultime sanzioni. Il ministero degli esteri tedesco ha affermato che era “inaccettabile che gli Stati Uniti utilizzino possibili sanzioni come strumento al servizio degli interessi dell’industria statunitense”. Il ministero degli esteri francese ha denunciato l’”extraterritorialità” della legge statunitense come illegale e ha annunciato che “per proteggerci dagli effetti extraterritoriali della legislazione statunitense dovremo lavorare ad adeguare le nostre leggi francesi ed europee”.

Di fatto un forte risentimento per l’arrogante imposizione statunitense agli altri delle proprie leggi è andato crescendo in Francia ed è stato oggetto di un pesante rapporto parlamentare trasmesso ai comitati affari esteri e finanza dell’Assemblea Nazionale francese lo scorso 5 ottobre sul tema dell’”extraterritorialità della legislazione statunitense”.

 

Extraterritorialità

Il presidente della commissione d’inchiesta, a lungo deputato di Parigi, Pierre Lellouche, ha sintetizzato la situazione come segue:

“I fatti sono semplicissimi. Ci confrontiamo con un muro estremamente denso di leggi statunitensi la cui precisa intenzione consiste nell’usare la legge per servire i propositi del potere politico ed economico con l’idea di ottenere vantaggi economici e strategici. Come sempre negli Stati Uniti tale potere, tale bulldozer normativo opera nel nome delle migliori intenzioni del mondo poiché gli Stati Uniti si considerano una ‘potenza benevola’, cioè un paese che può agire solo a fin di bene.”

Sempre nel nome della “lotta alla corruzione” o della “lotta al terrorismo” gli Stati Uniti perseguono moralisticamente qualsiasi cosa illegale chiamata “persona statunitense”, che secondo la strana legge statunitense può riferirsi a qualsiasi entità faccia affari nella terra dei liberi, o avendo una sussidiaria statunitense, o essendo quotata alla borsa di New York, o usando un server situato negli Stati Uniti o persino semplicemente commerciando in dollari, che è qualcosa che nessuna grande impresa internazionale può evitare.

Nel 2014 la principale banca francese, BNP-Paribas, ha accettato di pagare l’enorme multa di nove miliardi di dollari fondamentalmente per aver utilizzato trasferimenti in dollari con paesi sottoposti a sanzioni statunitensi. Le transazioni erano perfettamente legali secondo la legge francese. Ma poiché erano gestite in dollari i pagamenti erano transitati attraverso gli Stati Uniti  dove diligenti esperti informatici erano riusciti a scovare l’ago nel pagliaio. Le banche europee si trovano a dover scegliere tra l’incriminazione, che comporta ogni sorta di restrizioni e punizioni prima di arrivare a un verdetto, o peggio, consigliate da costosi avvocati societari statunitensi, entrare nell’oscura cultura dei “patteggiamenti” del sistema giudiziario statunitense, non familiare agli europei. Proprio come nel caso del povero disgraziato che rapina un minimarket, gli avvocati sollecitano grandi imprese europee a dichiararsi colpevoli al fine di sottrarsi a conseguenze molto peggiori.

La Alstom, una grande multinazionale la cui sezione ferroviaria produce di treni ad alta velocità della Francia, è un gioiello dell’industria francese. Nel 2014 sotto la pressione di accuse statunitensi di corruzione (probabilmente mazzette a dirigenti di alcuni paesi in via di sviluppo) la Alstom ha svenduto il suo ramo dell’elettricità alla General Electric.

L’accusa alla base è che tale presunta “corruzione” da parte di società straniere fa perdere mercati a società statunitensi. Ciò è possibile, ma non vi è alcuna reciprocità pratica al riguardo. Un’intera serie di agenzie di spionaggio statunitensi, in grado di spiare le comunicazioni private di chiunque, è impegnata in spionaggio industriale in tutto il mondo. Ad esempio l’Ufficio del Controllo delle Proprietà Straniere dedicato a questo compito opera con duecento dipendenti con un bilancio annuo di 30 milioni di dollari. L’ufficio corrispondente di Parigi impiega cinque persone.

Questa era la situazione a tutto lo scorso ottobre. La tornata più recente di sanzioni può solo esporre banche e imprese europee a conseguenze ancor più gravi, specialmente nel caso di investimenti nel vitale oleodotto del gas naturale Nord Stream.

Questa legge è solo la più recente di una serie di misure legislative statunitensi tendenti a distruggere la sovranità legale nazionale e a creare una giurisdizione globalizzata in cui chiunque può citare in giudizio chiunque altro per qualsiasi cosa, con la competenza finale delle indagini e il potere di imposizione detenuti dagli Stati Uniti.

 

Affondamento dell’economia europea

Più di una dozzina di banche europee (inglesi, tedesche, francesi, olandesi, svizzere) sono entrate in conflitto con la moralizzazione giudiziaria statunitense, rispetto a una sola banca statunitense: la JP Morgan Chase.

Gli Stati Uniti attaccano i paesi europei chiave, mentre la loro influenza prevalente sull’area settentrionale – Polonia, stati baltici e Svezia – impedisce all’Unione Europea di assumere qualsiasi misura (necessariamente unanime) contraria agli interessi statunitensi.

La preda di gran lunga maggiore della spedizione di pesca finanziaria dello Zio Sam è la Deutsche Bank. Come ha avvertito Pierre Lellouche nella seduta finale delle udienze extraterritoriali lo scorso ottobre, le iniziative legali degli Stati Uniti contro la Deutsche Bank rischiano di far crollare l’intero sistema bancario europeo. Anche se aveva già pagato centinaia di milioni di dollari allo Stato di New York, la Deutsche Bank aveva a che fare con una “multa di 14 miliardi di dollari mentre il suo valore e di soli cinque e mezzo … In altri termini se questo fosse attuato rischiamo un effetto domino, una grande crisi finanziaria in Europa”.

In breve, le sanzioni statunitensi corrispondono a una spada di Damocle che minaccia le economie dei principali partner commerciali del paese. Potrebbe trattarsi di una vittoria di Pirro o più semplicemente del colpo che uccide la gallina dalle uova d’oro. Ma evviva! Gli Stati Uniti sarebbero in vincitori in un deserto di rovine.

L’ex ministro della giustizia Elisabeth Guigou ha definito sconvolgente la situazione e ha segnalato che la Francia aveva dichiarato all’ambasciata statunitense che la situazione è “insostenibile” e ha insistito che “dobbiamo essere fermi”.

Jacques Myard ha detto che “la legge statunitense è utilizzata per guadagnare mercati ed eliminare concorrenti. Non dovremmo essere ingenui e dovremmo aprire gli occhi a ciò che sta succedendo”.

Questa inchiesta ha segnato un passo in avanti della consapevolezza e resistenza francesi a una nuova forma di “tassazione senza rappresentanza” esercitata dagli Stati Uniti contro i satelliti europei. I membri del comitato hanno tutti concordato che occorre fare qualcosa.

Questo era lo scorso ottobre. A giugno la Francia ha tenuto elezioni parlamentari. Il presidente della commissione, Pierre Lellouche (Repubblicano), la relatrice Karine Berger (Socialista), Elisabeth Guigou (una Socialista di spicco) e Jacques Myard (Repubblicano) hanno tutti perso i loro posti a favore di nuovi venuti inesperti reclutati nel partito République en Marche del presidente Emmanuel Macron. I nuovi venuti hanno difficoltà a trovare la strada nella vita parlamentare e non hanno memoria politica, ad esempio del Rapporto sull’Extraterritorialità.

Quanto a Macron, da ministro dell’economia nel 2014 è andato contro le decisioni per precedente governo approvando l’acquisto della Alstom da parte della General Electric. Non pare ansioso di fare qualcosa che irriti gli Stati Uniti.

Comunque ci sono delle cose tanto sfacciatamente inique da non poter andare avanti per sempre.


Diana Johnstone è autrice di Fools’ Crusade: Yugoslavia, NATO, and Western Delusions. Il suo nuovo libro è  Queen of Chaos: the Misadventures of Hillary Clinton. Può essere contattata all’indirizzo This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.      

Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo
Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/collateral-damage/
Originale: Counterpunch
Traduzione di Giuseppe Volpe

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