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materialismostorico

Introduzione alledizione in lingua inglese di Nietzsche: il ribelle aristocratico, di Domenico Losurdo*

di Harrison Fluss (St. John’s University and Manhattan College)

nietzscheDopo aver descritto la lunga ricezione di Nietzsche da Emma Goldman a Stanley Cavell, Jennifer Ratner-Rosenhagen conclude il suo American Nietzsche in sintonia con una lettura pragmatica dell’opera del filosofo: non esiste un’unica comprensione corretta di Nietzsche, non più di quanto vi sia un autentico approccio filosofico. Ciò che definisce Nietzsche – se mai qualcosa può definirlo – è la fondamentale «indeterminatezza, il prospettivismo e l’eterogeneità» che sono al centro della sua filosofia e che lo rendono decisamente congeniale alle tradizioni americane del liberalismo e del pluralismo1. Nietzsche, quindi, sarebbe americano quanto la apple pie.

Ciò che Ratner-Rosenhagen ignora, tuttavia, sono le altre dimensioni del pensiero di Nietzsche; dimensioni piuttosto rilevanti per la storia di un Nietzsche americano. I giudizi del filosofo tedesco sulla razza, la schiavitù e l’abolizionismo non sono tenuti in considerazione, dal momento che anche l’americanismo che Ratner-Rosenhagen ci presenta risulta completamente decontestualizzato. Si tratta di un americanismo dal quale sono state espunte tutte le incongruenze e i paradossi più evidenti e che è incarnato, ad esempio, dal precursore americano di Nietzsche, il liberale Ralph Waldo Emerson. RatnerRosenhagen inizia la sua narrazione proprio con l’amore di Nietzsche per Emerson ma a questo proposito andrebbe notato come Nietzsche non leggesse soltanto l’Emerson individualista ma anche l’Emerson elitista e adoratore degli eroi2. Nietzsche si definiva a volte «un liberale» ma era anche un teorico che promuoveva la gerarchia e l’ordine castale [rank-ordering]3. Come possono convivere, allora, i valori in apparenza progressisti del liberalismo e del pluralismo con la politica elitista promossa da Nietzsche? In effetti, come possono questi valori autoritari essere ritenuti compatibili con quell’immagine di un Nietzsche anti-fondazionalista che conclude il libro di Ratner-Rosenhagen?

Naturalmente questa obiezione all’elitismo di Nietzsche è già stata liquidata molte volte come irrilevante, perché nel mondo accademico gode ampio consenso l’idea secondo cui l’importanza di Nietzsche risieda nelle sue idee più rarefatte e non nella sua politica. Le dimensioni politiche del suo pensiero vengono sistematicamente rimosse dai circoli filosofici continentali come da quelli analitici. La traduzione Cambridge dei frammenti postumi della maturità (materiali inizialmente pubblicati con il titolo La volontà di potenza), ad esempio, viene introdotta dai curatori del volume senza alcuna considerazione sulle sue opinioni o dichiarazioni politiche, come se queste fossero estranee ai suoi interessi più propriamente filosofici. Di conseguenza, vengono messe in evidenza nel dibattito le idee di Nietzsche sulla natura della realtà, l’epistemologia e il linguaggio ma non le sue critiche della politica, della decadenza moderna, dell’economia e della criminalità. Queste dimensioni più terrene e attuali dei frammenti postumi vengono trattate come se fossero prive di significato filosofico4.

In quest’opera di addomesticamento di Nietzsche, le riflessioni dionisiache e creative sulla natura della percezione, dell’arte, del linguaggio e della morale sono mantenute a debita distanza dai suoi interessi “attuali” per gli eventi storici, la politica interna ed estera del Secondo Reich e per una scienza “triste” [dismal] come l’economia politica. Ma mentre si sostiene che non ci sia un’essenza di Nietzsche, paradossalmente questo ritratto decontestualizzato lo essenzializza, trasformandolo in un filosofo senza tempo, avulso dalla storia. Come filosofo atemporale, Nietzsche può diventare allora una sorta di cassetta degli attrezzi concettuale dalla quale accademici, studiosi e altri ancora possono scegliere ciò che vogliono, tralasciando tutti gli elementi potenzialmente offensivi. Il successo di Nietzsche come significante vuoto risiede probabilmente proprio nel fatto che le persone possono vedere in lui qualunque cosa vogliano vedere.

La decontaminazione di Nietzsche non è rimasta indiscussa negli ultimi anni. Esistono infatti diversi studi che contestano la lontananza del suo pensiero filosofico da una visione politica e dimostrano l’esistenza di un legame inestricabile fra i due piani. Altri studi hanno poi messo in discussione il tentativo di portare a sintesi il pensiero di Nietzsche con le idee progressiste, un’operazione che finisce per farsi beffe tanto di ciò che Nietzsche sosteneva, quanto di quelle idee progressiste che disprezzava. Possiamo offrire qui un breve elenco – certo non esauriente – di alcuni degli approcci più interessanti a Nietzsche come pensatore profondamente politico e antidemocratico: Nie- tzsche Contra Democracy di Fredrick Appel; Friedrich Wilhelm Nietzsche: The Philo- sopher of the Second Reich di William Altman; Anti-Nietzsche di Malcolm Bull; Nietzsches Machiavellian Politics di Don Dombowsky; The Overman in the Market- place: Nietzschean Heroism in Popular Culture di Ishay Landa; Mask of Enlighten- ment: Nietzsches Zarathustra di Stanley Rosen; e Nietzsches Corps/e: Aesthetics, Politics, or, the Spectacular Technoculture of Everyday Life di Geoff Waite5. Assieme al libro che qui viene presentato, questi studi hanno cambiato in profondità il modo in cui leggiamo Nietzsche.

La biografia intellettuale di Domenico Losurdo appartiene a questa nuova ondata di letteratura critica e ha contribuito a ispirarne una buona parte quando è uscita prima in italiano e poi in traduzione tedesca, francese e portoghese6. Ciò che rende così monumentale lo studio di Losurdo è però che non costituisce semplicemente un’ulteriore interpretazione di Nietzsche ma una ricostruzione totale del suo progetto principale. Merita questo titolo di ricostruzione per la sua estrema ambizione, perché Losurdo cerca di spiegare non soltanto le idee di Nietzsche ma anche il contesto generale in cui sono sorte.

Ma dove risiede la coerenza di fondo di Nietzsche secondo Losurdo? Cos’è che permane negli spostamenti delle sue opere? Cosa resta della sua vita intellettuale? Il cuore del significato degli scritti di Nietzsche consiste nella «sua costante attenzione al conflitto sociale e alla minaccia del socialismo» (289). La politica è l’organon principale del suo pensiero.

Questo non depone certo a favore dell’opinione corrente che vede in Nietzsche il pensatore antidogmatico e antisistematico per eccellenza, senza una dottrina o un punto di vista fissi. Pensare Nietzsche significa pensare molti Nietzsche7. Ecco perché l’azzardo apparente dell’affermazione di Losurdo va ben inteso. Losurdo non ritiene che gli scritti di Nietzsche sulla filosofia, la scienza e l’arte abbiano effetti politici secondari o siano legati alla piega particolare che dà ai pregiudizi ottocenteschi. Losurdo sostiene che queste riflessioni di filosofia, scienza e arte siano già di per per Nietzsche discussioni politiche e vadano inquadrate all’interno di una precisa prospettiva politica. Senza considerare il significato di questa prospettiva, i presunti interventi più rarefatti di Nietzsche rimangono in larga misura incomprensibili. È l’intenzione fondamentalmente antidemocratica che conferisce alle riflessioni del filosofo tedesco sulla filosofia, l’arte e la scienza il loro reale rigore, significato e unità.

Questo è il programma di ricerca con cui Losurdo si presenta. Ma è importante tener conto fin dall’inizio di qualche precisazione prima di introdurre alcuni dei tratti principali della biografia. Losurdo non sta semplicemente polemizzando contro Nietzsche. Anche se ne ritrae i nei e i difetti, la sua non è una diatriba ma uno studio che si propone di riscoprire Nietzsche come un grande pensatore, per quanto inquietante e reazionario possa essere. Losurdo vorrebbe che imparassimo da Nietzsche pur essendone critici e vedremo più avanti che cosa comporti per i lettori critici questa eccedenza teorica del filosofo tedesco. In secondo luogo, Losurdo evita l’errore di vedere il pensiero di Nietzsche come un presagio diretto del nazionalsocialismo e sostiene che è sbagliato scrivere la storia delle idee di Nietzsche avendo in mente il Terzo Reich come futuro anteriore. Occorre invece collocare anzitutto le idee di Nietzsche nel loro contesto storico e cioè non nel Terzo ma nel Secondo Reich. E sebbene nel fascismo tedesco vi siano echi di nietzscheanismo 8, non si tratta di un processo immediato.

Losurdo prende le mosse dal cosiddetto primo periodo di Nietzsche come giovane wagneriano. Dimostra la natura essenzialmente politica delle sue conferenze su Socrate e la tragedia e di ciò che sarebbe diventato La nascita della tragedia. Sono opere scritte all’ombra di ciò che Nietzsche vedeva come un disastro di proporzioni catastrofiche, un disastro che poteva forse far presagire la fine della civiltà come l’aveva conosciuta. Dalle descrizioni di Jacob Burckhardt e dalle lettere che Nietzsche scrisse mentre era infermiere durante la Guerra franco-prussiana osserviamo il senso di agitazione, paura e orrore nei confronti della Comune di Parigi.

Questo è quanto troviamo in una lettera giovanile di Nietzsche, scritta subito dopo la sconfitta della Comune francese e nello spirito dello sciovinismo tedesco:

«Di nuovo ci è consentito sperare! La nostra missione tedesca non è finita! Sono più che mai pieno di coraggio, poiché non ancora tutto è stato rovinato dall’"eleganza", dalla trivialità ebraico-francese e dalle grette tendenze del “nostro tempo” (Jetztzeit). Vi è ancora del valore, ed anzi del valore tedesco, che è qualcosa di profondamente diverso dall’élan dei nostri miseri vicini. Al di là della lotta delle nazioni, ci ha atterriti quella internazionale testa di Idra che è apparsa all’improvviso, così terribile, annunciatrice di future lotte del tutto diverse»9.

Vediamo come la minaccia del socialismo si colori già per Nietzsche di connotati nazional-razziali. L’associazione di ebrei e decadenza moderna è chiaramente evidente in questi primi scritti e atteggiamenti. Losurdo entra negli intricati dettagli che riguardano la giudeofobia giovanile di Nietzsche e l’antisemitismo dei suoi sostenitori e ammiratori. Descrive anche il suo atteggiamento nei confronti degli ebrei, condiviso con Richard e Cosima Wagner (113). Si sofferma poi su un episodio relativamente sconosciuto degli inizi della carriera del filosofo tedesco a proposito della conferenza giovanile su Socrate e la tragedia10. Si tratta di una conferenza che Nietzsche avrebbe integrato nella sua prima grande opera, La nascita della tragedia, e che porta tutti i segni della collaborazione con Wagner. Purtroppo, questa conferenza non è mai stata tradotta in inglese e possiamo sperare che il resoconto di Losurdo susciti maggiore interesse, anche se qualcuno potrebbe trovarvi motivi di esitazione. Ebbene, verso la fine di Socrate e la tragedia, Nietzsche afferma che ciò che intende per moderno «socratismo» – vale a dire, quello spirito di ottimismo e progresso che ha ispirato le rivolte degli schiavi dall’antica Alessandria alla Comune – va identificato con la «stampa ebraica» del suo tempo. Nietzsche, quindi, identifica completamente lo spirito della modernità, che mette sotto attacco, con lo spirito del giudaismo.

Ciò che è interessante in questo episodio, oltre a questa virulenta ostilità nei confronti degli ebrei, è la reazione dei Wagner. Entrambi concordavano con quanto sostenuto da Nietzsche; in verità, si potrebbe dire che Nietzsche stesse rafforzando la emdesima polemica che Wagner aveva iniziato contro gli ebrei già nel 1850. Tuttavia, entrambi suggeriscono a Nietzsche di usare cautela e Cosima Wagner lo esorta alla prudenza:

«Non nomini gli ebrei, e soprattutto non en passant. Più in là, se vuole ingaggiare questa lotta terribile, che Dio l’aiuti, ma non subito, affinché sul suo cammino non si trasformi tutto in confusione e groviglio. È da sperare che Lei non mi fraintenda. Lei saprà come io sia d’accordo nel fondo dell’anima con le sue dichiarazioni; ma per ora non si deve né scoprire, né scoprire in questo modo (113)».

Oltre all’atteggiamento verso gli ebrei, andrebbe evidenziata la natura condivisa della critica di Nietzsche e Wagner alla modernità, almeno in questa fase dello sviluppo intellettuale di Nietzsche. In primo luogo, le riflessioni metafisiche in Socrate e la tragedia e La nascita della tragedia sono politicizzate da cima a fondo, sebbene l’argomentazione si basi su un pessimismo di tipo schopenhaueriano che in seguito Nietzsche troverà problematico. In queste prime opere è l’inconoscibile cosa-in-sé, il regno noumenico scoperto da Kant, che aiuta ad arginare la marea di un ottimismo che cerca di trasformare la realtà in un mondo migliore. La metafisica del pessimismo, perciò, è orientata qui verso uno scopo politico – schiacciare quella che per Nietzsche è in sostanza la rivolta degli schiavi del pensiero moderno. Per lo schopenhaueriano Nietzsche, la prospettiva dionisiaca rivela l’unicità essenziale e l’unità primordiale di tutto l’essere ma questa dimensione non coincide con le esperienze concrete del mondo fenomenico. Qualsiasi tentativo di collegare razionalmente il noumenico e il fenomenico significherebbe la morte della cultura e dell’arte. Sarebbe l’abolizione dell’ignoto e del mistero che stanno al centro della realtà. Solo una sensibilità estetica poteva intuire i due piani che convivevano nella tragedia e non tutti erano capaci di questa sensibilità.

Nietzsche assesta in questo periodo i suoi colpi polemici contro David Friedrich Strauss, il giovane hegeliano famoso per aver scritto La vita di Gesù. Losurdo rivela la criptica giudeofobia di Nietzsche contro «David» Strauss nelle Considerazioni inattuali (167) e anche la possibile influenza esercitata da Strauss sulla successiva rottura di Nietzsche con la cerchia di Wagner. Per Nietzsche, il tiepido razionalismo di Strauss era legato alla dissoluzione dell’hegelismo e all’emergere di una mentalità favorevole al socialismo. Ma questa prospettiva sembrerà cambiare quando Nietzsche lascerà per sempre la Bayreuth di Wagner. Invece di attaccare come pernicioso, decadente e distruttivo della cultura il progetto dell’Illuminismo, Nietzsche lo rimodellerà in quello che gli studiosi considerano il suo cosiddetto “periodo intermedio”11. Losurdo riconduce le idee positivistiche di libri come Umano, troppo umano e Aurora proprio alle idee del tardo Strauss.

In queste opere Nietzsche ha intrapreso una rivoluzione teorica che era però orientata essenzialmente verso le medesime questioni di fondo che condivideva in precedenza con Wagner. Ora però la prospettiva di Wagner e Schopenhauer è ritenuta insufficiente. Anzi, peggio che insufficiente: concede troppo alla plebaglia, alla democrazia, al cristianesimo e alle forze della modernità che stanno minando quella stessa civiltà che Nietzsche inizialmente pensava Wagner potesse contribuire a salvare. In questo periodo Nietzsche rifiuta le persistenti sfumature compassionevoli della metafisica di Schopenhauer e con esse tutto ciò che percepisce come la natura demagogica [rabble- rousing] delle opere di Wagner. Losurdo fa notare come Nietzsche, nel tentativo di prendere le distanze da Wagner, arrivi addirittura ad accusare il musicista di condividere certe caratteristiche di quegli ebrei che Wagner tanto odiava (168).

Nietzsche aveva dedicato Umano, troppo umano a Voltaire e aveva rimodellato l’Illuminismo in forma elitista, sbarazzandosi dei suoi lati democratici e socialisti. Ironicamente, il suo era – come Losurdo dimostra – un Illuminismo inteso a rafforzare i valori dell’Ancien Régime e ad ostacolare il progresso della masse plebee verso il socialismo. L’Illuminismo autentico dei moralisti francesi e di Voltaire veniva contrapposto così al protosocialismo di Jean-Jacques Rousseau. Con una vivace metafora, Nietzsche svelava la forza spirituale sotterranea del rousseauismo che stava dietro tutte le rivoluzioni moderne: «In ogni fremito e terremoto socialista è sempre l’uomo di Rousseau che si muove, come il vecchio tifone sotto l’Etna» (250).

La cultura francese non era più vista come monoliticamente decadente, moderna ed ebraica, come era stato per il giovane wagneriano. E Nietzsche non assorbiva più lo spirito di un angusto sciovinismo tedesco. Le sue opinioni erano ora distintamente “europee” e più in sintonia con le esigenze di quello che considerava come l’“Illuminismo” autentico. Nietzsche cercava cioè di salvare l’Illuminismo francese dalla malattia moderna del progressismo universalizzante e livellante e invitava a rivolgere uno sguardo sospettoso, critico (e scientifico) verso tutte le dottrine. Introduceva così un nuovo positivismo scettico e un atteggiamento naturalistico che si contrapponeva alle basi metafisiche del socialismo. Da questa posizione, sviluppava così la sua simpatia non solo per quel tipo di pensiero per cui aveva in precedenza criticato Strauss ma anche per il liberalismo e il positivismo antisocialisti del suo amico ebreo Paul Rée. In questo periodo, Nietzsche si trovava perciò in sintonia con una concezione aristocratica del liberalismo che condivideva una notevole affinità con figure come Alexis de Tocqueville e Benjamin Constant, che Losurdo esamina ampiamente.

Se in questa fase veniva meno la precedente inimicizia verso gli ebrei, Losurdo mostra in Nietzsche tracce di giudeofobia che persisteranno negli anni successivi. Alla fine avrebbe presentato la guerra contro la modernità come una guerra perenne tra Giudea e Roma ma Losurdo fa notare anche le distinzioni fatte valere all’interno dello stesso giudaismo e della storia degli ebrei. Nel valutare gli ebrei dell’Antico Testamento, Nietzsche preferiva per così dire i Re ai Profeti. In altre parole, lamentava il declino degli ebrei dopo la prigionia babilonese nella loro trasformazione da popolo di guerrieri a popolo che attraverso i suoi profeti diffondeva la malattia della morale degli schiavi. Ma, come dice Losurdo,

«[Nietzsche] non ha alcuna difficoltà a identificarsi con la stirpe ebraica dei signori che, forte anche della sua religione nazionale, conquista Canaan. E lo stesso dio dei mercanti suscita sdegno solo nella misura in cui pretende di subordinare a sé il dio degli eserciti, liquidando l’ideale antico e nobiliare dell’otium et bellum (573)».

Torneremo sulle posizioni di Nietzsche sugli ebrei ma è importante sapere adesso come la sua ulteriore rivoluzione concettuale sia stata provocata dalla rottura con Paul Rée e Lou Salomé. In questa nuova fase Nietzsche rigetta gli appelli positivistici e naturalistici alla scienza e all’illuminismo. Come dimostra Losurdo, nel suo scetticismo non era più nominalista o semplicemente relativista ma stava affrontando una transizione da un atteggiamento positivistico a uno prospettivista. Un nominalismo per il quale tutte le posizioni sono equivalenti adotta ancora un punto di vista troppo universalistico e neutrale. Per Nietzsche, chi giudica in maniera relativistica falsifica e nega la vita stessa perché non ci si può sottrarre alla necessità di giudicare, operare distinzioni e ordinare i valori. Non è possibile fare appello a un terreno neutrale ma bisogna fare affidamento alla propria sfera di valori immanente; valori che in ogni caso non possono implicare pretese universalistiche. Nietzsche sgonfiava perciò tali pretese mostrandole come espressioni della volontà o come una successione di valutazioni particolari.

Questa mossa era più radicale di quanto a prima vista possa apparire ma era coerente con quello che Losurdo considera il progetto principale di Nietzsche. Il mondo stesso non poteva più essere considerato in modo positivistico, come un insieme di leggi contingenti che operano naturalisticamente. Per Nietzsche, invece, l’atteggiamento scientifico emanava da un particolare insieme di interessi e finiva per cadere così esso stesso sotto il sospetto genealogico. La necessità di stabilire leggi di moto regolari e uniformi; l’idea stessa di porre un principio di ragione sufficiente, o leggi di causa ed effetto, era in ultima analisi riducibile a un modo particolare di valutare e vedere il mondo. Le leggi universali della fisica non erano in realtà universali ma derivavano soltanto da un’ecologia del valore universalizzante. Così, anche la visione scientifica del mondo diventava per Nietzsche un progetto politico e non propriamente scientifico.

Era questa la nuova “scienza” a cui Nietzsche dava avvio: la scienza della riduzione genealogica a particolari insiemi di interessi e forze. E si può sostenere che è proprio in questo periodo che Nietzsche ha stabilito le sue dottrine più “metafisiche”: la volontà di potenza (quella che Heidegger chiamerà l’ultima metafisica) e l’eterno ritorno dell’eguale. Questo vuol dire che Nietzsche si contraddiceva? Forse è così ma ciò non toglie che questa sia la chiave per capire come Nietzsche abbia messo in campo tali idee. L’eterno ritorno dell’eguale, ad esempio, era specificamente un’idea per “i forti” contro i deboli, che avrebbe accresciuto e rafforzato il potere degli spiriti liberi contro la plebaglia. Se Nietzsche cercava a volte di giustificare l’eterno ritorno in chiave metafisica e scientifica, questa idea nasceva principalmente dal suo prospettivismo aristocratico. Perché idee come il progresso o il miglioramento delle condizioni vengono implicitamente condannate come illusorie se si sostiene che gli eventi si ripetono ancora e ancora all’infinito. L’eterno ritorno diventa pertanto un’arma perfetta contro la plebaglia. Le speranze in un mondo migliore vengono derise in quanto antiscientifiche e teologiche e l’eterno ritorno poteva a quel punto agire da freno alle aspirazioni degli ordini inferiori della società. Come dice Losurdo: «La dottrina dell’eterno ritorno si configura allora come la contro-vendetta delle classi dominanti, che ora irridono alle speranze e alle illusioni delle classi subalterne» (476).

Certo, non c’era bisogno di dimostrare razionalmente nel merito certe idee specifiche, compresa un’idea come l’eterno ritorno dell’eguale, dalla posizione aristocratica di Nietzsche. La prospettiva aristocratica, il partito della vita di cui Nietzsche era fautore, non aveva bisogno di ragioni per giustificarsi ma poteva affermare ciò che credeva semplicemente perché ci credeva. In uno dei suoi momenti più calvinisti, Nietzsche definisce persino come «“gli eletti di Dio” la cerchia aristocratica da lui chiamata a distinguersi» (680).

Possiamo misurare quanto costitutivo fosse il radicalismo aristocratico di Nietzsche anche nelle sue riflessioni in apparenza rarefatte sul linguaggio, la scienza e l’arte. Tutte queste riflessioni erano connotate politicamente e per di più da una particolare forma di politica che va compresa prima di poter indagare Nietzsche ulteriormente. L’obiettivo principale della biografia di Losurdo è spiegare la natura di quella politica e come sia stata plasmata dal contesto tedesco e internazionale.

Analizzando il significato delle idee politiche di Nietzsche, Losurdo le designa come parte della complessiva costellazione della reazione contro la democrazia, l’abolizionismo, il femminismo e il socialismo. Losurdo confronta le critiche di Nietzsche alla democrazia di massa con quelle di altri importanti esponenti liberali, come Benjamin Constant, John Stuart Mill e Alexis de Tocqueville, e scorge tra loro più affinità che differenze sensibili, soprattutto quando si tratta di comprendere la minaccia delle masse contro la gerarchia, la classe e il privilegio. Losurdo considera pertanto Nietzsche come parte di questa tradizione liberale che non necessariamente identificava la libertà con la democrazia.

Nietzsche radicalizzava però le tendenze dell’odio liberale nei confronti della democrazia di massa, spingendosi verso un’energica difesa della schiavitù. È importante perciò riconoscere che, quando sosteneva l’ordinamento cetuale, la riaffermazione della schiavitù e persino l’eliminazione delle razze decadenti, Nietzsche non lo faceva affatto in senso metaforico ma stava reagendo a ciò che percepiva come minacce reali a una gerarchia dell’esistenza. Come afferma Losurdo, gli stessi amici di Nietzsche, compreso Georg Brandes, lo prendevano in questo alla lettera (724).

La schiavitù non era semplicemente un’immagine mentale di asservimento ma una realtà concreta che Nietzsche voleva difendere, rafforzare ed estendere. Nietzsche può anche essere americano come la torta di mele ma lo è in un modo non proprio rassicurante. I capitoli di Losurdo sulla Guerra di secessione americana e le sue osservazioni sui commenti di Nietzsche intorno ai neri, l’abolizionismo e Harriet Beecher Stowe sono particolarmente illuminanti. È in particolare la reazione a Stowe che getta luce su come Nietzsche temesse le donne come portatrici del contagio rivoluzionario. Influenzato dagli scritti di Hippolyte Taine sulle donne e la Rivoluzione francese, Nietzsche vedeva nella compassione e nel sentimentalismo valori non maschili destinati a scatenare il peggio nel genere femminile:

«Continuazione del cristianesimo ad opera della Rivoluzione francese. Il seduttore è Rousseau: egli toglie le catene alla donna, che da allora in poi viene rappresentata in un modo sempre più interessante, come sofferente. Poi gli schiavi e Mistress BeecherStowe. Poi i poveri e gli operai. Poi i viziosi e i malati—tutto ciò viene messo in primo piano» (919).

Istruttivamente, Losurdo confronta le idee di Nietzsche con quelle di apologeti espliciti anteguerra della schiavitù, come George Fitzhugh. Per Fitzhugh, l’abolizionismo contro la proprietà degli schiavi implicava una logica che alla fine avrebbe portato all’abolizione in toto della proprietà. Fitzhugh era anche sensibile ai legami tra movimento abolizionista e socialdemocrazia tedesca e le sue critiche al movimento abolizionista corrispondevano a quelle di Nietzsche. Entrambi collegarono ben presto l’abolizionismo con la rivoluzione socialista.

La difesa della schiavitù spiega l’opposizione di Nietzsche al nuovo Kaiser Guglielmo II e il suo riferimento denigratorio al giovane monarca come «idiota di colore». Nietzsche usava questo insulto razziale per indicare come il giovane Kaiser stesse progettando una serie di riforme sociali, compresa una crociata internazionale per liberare gli schiavi neri in Africa12. Dà la misura dell’anti-progressismo di Nietzsche il fatto che le sue critiche al Kaiser comprendessero un appello per prolungare le leggi antisocialiste, originariamente promosse sotto Bismarck, e altre politiche reazionarie che avrebbero ridotto, bloccato ed eliminato qualsiasi movimento verso la democrazia e l’emancipazione. Bismarck stesso condivideva il malanimo verso il superficiale progressismo di Guglielmo II, sebbene questo all’epoca fosse a Nietzsche sconosciuto13.

Oltre alla loro ostilità verso il socialismo e il giovane Kaiser, Bismarck e Nietzsche condividevano anche il progetto utopico di mescolare le razze ebraica e prussiana. Come aveva affermato Bismarck nel 1871, sarebbe una buona politica incrociare «fattrici ebree con stalloni prussiani». Nietzsche prende una posizione pressoché identica ed elabora fantasie su come la nuova élite europea che aveva immaginato avrebbe dovuto appropriarsi per i propri scopi del genio della stirpe ebraica. Ma ciò che Nietzsche considerava come debolezza, superficialità e inciviltà ebraica andava eliminato:

«Il loro occhio [degli ebrei] non convince, la loro lingua diventa facilmente troppo rapida e si imbroglia, la loro collera non s’intende del profondo e rispettabile ruggito leonino, il loro stomaco non regge ai grandi banchetti, né il loro intelletto ai forti vini, le loro braccia e gambe non permettono a essi le passioni altere (nelle loro mani palpita spesso non so quale ricordo); e perfino il modo in cui un ebreo monta a cavallo […] non è privo di difficoltà, e fa capire che gli ebrei non sono mai stati una razza cavalleresca» (545).

Nietzsche si opponeva anche all’ulteriore immigrazione di ebrei in Germania e tracciava distinzioni tra potenziali ebrei borghesi, da includere nel nuovo ordine di governo internazionale, e tipologie più sovversive come gli impuri «ebrei polacchi» ai quali si riferiva nell’Anticristo. In una trattazione praticamente esaustiva, Losurdo discute le altre idee razziali di Nietzsche, in particolare quelle che riguardano i lavoratori cinesi. Per Nietzsche, la questione del lavoro andava risolta consentendo ai lavoratori europei di intraprendere spedizioni per colonizzare il resto del mondo, mentre la borghesia europea avrebbe importato lavoratori cinesi come forza lavoro necessaria per il vecchio mondo. In modo perverso, Nietzsche diventava così un teorico avant la lettre della globalizzazione capitalistica e i cinesi diventavano ai suoi occhi «il simbolo dell’operaio umile, servizievole e servile, del nuovo tipo di schiavo di cui i signori hanno bisogno» (204).

Losurdo dimostra come la trattazione nietzscheana della questione del lavoro, del capitalismo e dello sfruttamento possa essere utile anche per i marxisti. Nietzsche non nasconde che l’attuale modo di produzione non è nient’altro che sfruttamento e usa persino un linguaggio a tratti marxista per illustrare il processo di estrazione del plusvalore dai lavoratori14. Ma per quanto fosse sincero sulla natura dell’economia politica (e sulla natura della storia come «lotta di ceti e di classi»), sosteneva ancora la sua assoluta inevitabilità (830). Per lui, i lavoratori non potevano governare né tanto meno costruire uno Stato. Dovevano lavorare e dovevano anche imparare a diventare insensibili e ad amare il loro lavoro disumanizzante. Il messaggio che nella Gaia Scienza invierà alla borghesia non sarà di abiurare lo sfruttamento ma di adottare i modi che si addicono a una classe dominante o di signori. Il problema della borghesia non era che sfruttasse il proletariato; era la sua mancanza di una mentalità nobile. Nietzsche metteva così in guardia dalla volgare ostentazione di ricchezza o dall’assumere abitudini democratiche che l’avrebbe abbassata al livello dei suoi operai. Importante era mantenere il pa- thos della distanza tra governanti e governati.

Celando la sua politica concreta, si può dire a questo punto, l’immagine dominante del nietzscheanismo ha aiutato a nascondere ciò che Nietzsche difendeva con tanta veemenza: le fondamenta del nostro ordine capitalistico liberale (e adesso forse “neoliberale”). Il libro di Losurdo fornisce un antidoto contro questo offuscamento ideologico, quella «ermeneutica dell’innocenza» che cela quanto il pensiero di Nietzsche sia un’arma a disposizione del potere e del privilegio15.

Un’introduzione non può entrare più nei dettagli e questo menù non va scambiato per il pasto che deve venire. Abbiamo delineato soltanto alcune delle questioni in gioco ma ciò che il testo che segue propone è in sostanza una riscoperta di Nietzsche come un filosofo politico con il quale è necessario fare i conti. Un pensatore da prendere sul serio, che dovrebbe poter scandalizzare e disturbare senza essere assorbito acriticamente. Losurdo pone fine al processo di addomesticamento che per tanto tempo ha mummificato il filosofo tedesco e, dal filosofo genuinamente inquietante che è stato, ne ha fatto un’icona innocua e banale. Questo è un ritratto di Nietzsche come controrivoluzionario, ideologo di classe dell’aristocrazia e nemico del socialismo. Non è un ritratto che Nietzsche avrebbe trovato alieno. È il ritratto di un nemico dal quale i lettori critici possono apprendere, perché la sfida che il suo prospettivismo pone alle idee progressiste è enorme e potenzialmente devastante. Invece di prendere in prestito da Nietzsche concetti semidigeriti, la sua sfida dovrebbe costringerci a fare i conti con la storia delle idee progressiste e con le loro basi filosofiche. Perché senza un orientamento filosofico positivo con cui opporsi alla critica di Nietzsche, cadremo a nostra volta preda della sua critica. In altre parole, finiremo per credere a ciò in cui crediamo semplicemente perché ci crediamo. Solo mettendo a confronto, riformulando e difendendo in maniera razionale le idee filosofiche che sono alla base della nostra politica possiamo scampare il pericolo di diventare nietzscheani16.


*Nietzsche, the Aristocratic Rebel. Intellectual Biography and Critical Balance-Sheet, tr. di G. Benton, Historical Materialism Book Series, Brill, London 2020. La traduzione italiana dell’introduzione di Harrison Fluss è di Edoardo Bellando, con revisione di Emiliano Alessandroni e Stefano G. Azzarà.

Note
1 Cfr. la difesa di Nietzsche in RATNER-ROSENHAGEN 2012.
2 Cfr. NEWFIELD 2012 per una visione più sfumata del liberalismo di Emerson come una specie di elitarismo antidemocratico.
3 Queste contraddizioni interne al mondo liberale sono analizzate in LOSURDO 2005. Ciò che rende così interessante la descrizione delle nozioni americane di libertà compiuta da Losurdo è il modo in cui viene mostrato come tale “libertà” individualista fosse promossa dagli ideologi del Sud prima della Guerra di secessione come difesa del proprio diritto di possedere schiavi. Per Losurdo, gli apologeti del Sud partecipano alla tradizione del liberalismo americano e, per molti versi, anche Nietzsche ne partecipa. Si tratta di un liberalismo incompatibile con la democrazia ma del tutto compatibile con la disuguaglianza. Losurdo descrive il rapporto fra Nietzsche e il liberalismo (compreso l’abbraccio del giovane Nietzsche al “liberalismo nazionale” tedesco) lungo tutto il libro che qui presentiamo.
4 V. le introduzioni della traduttrice e del curatore a NIETZSCHE 2003. Per una delle migliori presentazioni di un approccio anglofono al Nietzsche francese, v. ALLISON 2000.
5 REHMANN 2009 dimostra la natura in gran parte ossimorica del nietzscheanesmo di sinistra ma sfortunatamente deve ancora essere tradotto in inglese. Anche i contributi di Nicolás González Varela agli studi su Nietzsche meritano un pubblico di lingua inglese, in particolare per la sua forte attenzione alla politica del giovane filosofo: cfr. VARELA 2010. Va menzionata l’analisi di Nietzsche come pensatore coloniale dell’imperialismo europeo in BRENNAN 2004. Brennan riconosce apertamente l’importanza del lavoro di Losurdo su tale questione.
6 L’esistenza di questa traduzione inglese è dovuta agli sforzi straordinari e prodigiosi di Gregor Benton, che, quando non era ancora disponibile nessuna traduzione inglese, ha tradotto dall’originale tedesco molte delle citazioni di Nietzsche presenti in questo volume.
7 Questo argomento in favore di un Nietzsche “postmoderno” è ben riassunto da Jacques Derrida: «Ma chi ha mai detto che una persona porti un solo nome? Certamente non Nietzsche... Accanto a Kierkegaard, non è stato forse Nietzsche uno dei pochi grandi pensatori che ha moltiplicato i suoi nomi e giocato con le firme, le identità e le maschere?… E cosa accadrebbe se questo fosse il cuore della questione, la causa, lo Streitfall [la controversia] del suo pensiero?» (DERRIDA 1986). Ringrazio Ishay Landa per l’indicazione.
8 V. per esempio il capitolo 27, sezione 6, di questo libro, “Hitler e Rosenberg interpreti di Nietzsche e del nietzscheanesimo”. Per l’influenza di Nietzsche sul fascismo come movimento politico, v. TAURECK 2000. Per l’influenza di Nietzsche sulla alt- right neofascista contemporanea, v. BEINER 2018.
9 Cit. in LUKÁCS 1980, vol. I, p. 325. V. anche la discussione di Losurdo su questa lettera (42). Per un’altra discussione approfondita sulle reazioni di Nietzsche alla Comune di Parigi, v. SAUTET 1981.
10 [In NIETZSCHE 1991, NdT].
11 Per una discussione istruttiva di questo cosiddetto “periodo intermedio”, cfr. DETWILER 1990.
12 Non che si debba vedere il Kaiser come un faro del progressismo. La documentazione storica mostra chiaramente che non lo era e il suo ispirato cristianesimo sociale era vuoto, sorretto da sfumature antisemite derivate da Adolf Stöcker. Per una discussione approfondita sul rapporto di Nietzsche con l’antisemitismo politico nel Secondo Reich, v. HOLUB 2015.
13 La biografia di Losurdo è un’ottima fonte per i pensieri e le opinioni del “Cancelliere di ferro”, compresa una discussione sull’opposizione di Bismarck al giovane imperatore Guglielmo II. V. il Capitolo 17, Sezione quattro, di questo studio. Per una recente discussione sul rapporto di Nietzsche con la “grande politica” di Bismarck, v. DROCHON 2018.
14 È possibile che Nietzsche avesse familiarità con le idee di Marx ed Engels, anche se attraverso fonti secondarie. Questa informazione di Thomas Brobjer dovrebbe aiutare a completare il resoconto di Losurdo: «Nietzsche non menziona mai Karl Marx o Friedrich Engels e generalmente si suppone che non ne avesse conoscenza, e nemmeno del loro tipo di pensiero e di socialismo. Tuttavia, questo non è corretto. Marx è citato in almeno undici libri di nove autori diversi che Nietzsche ha letto o posseduto. In sei di essi è discusso e citato ampiamente e in uno Nietzsche ha sottolineato il nome di Karl Marx» (BROBJER 2008, p. 70).

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15 Per una recente discussione sull’affinità di Nietzsche con l’economia antisocialista della scuola austriaca, v. ROBIN 2013.
16 Domenico Losurdo è morto il 28 giugno 2018. È stata una perdita immensa per gli studiosi, gli attivisti e i socialisti di tutto il mondo. Il suo pensiero perdurerà e i suoi contributi alla filosofia e alla politica continueranno ad essere tradotti in più lingue negli anni a venire.
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