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Intelligenza artificiale: dannazione o liberazione del lavoratore?

di Carlo Lozito

Si annuncia la rivoluzione dell'IA, peraltro già avviata da oltre 20 anni con lo sviluppo di Internet e del web. Sarà una rivoluzione che peggiorerà le già deteriorate condizioni di vita dei lavoratori aprendo scenari sociali di potenziali conflitti i cui esiti sono al momento imprevedibili. Essa fa intravedere, per la prima volta nella storia, la possibilità concreta di far lavorare le macchine al posto degli uomini e di liberarli dalla dipendenza dal lavoro coatto

Intelligenza artificiale. Bolognini IIP Tra privacy e algoritmi. Equilibrio difficile ma necessario articleimageMeno si è meno si esprime la propria vita;
più si ha e più è alienata la propria vita.
Karl Marx

Siamo alla quarta rivoluzione industriale. Il capitalismo, finora, è riuscito a dare un impulso senza precedenti allo sviluppo delle forze produttive che, in poco più di due secoli, ha trasformato profondamente la società. Se guardiamo oltre l'apparente progresso, tanto sbandierato dagli apologeti del capitalismo, constatiamo un disastro sociale ed ambientale senza precedenti storici. Oggi le più colpite sono le giovani generazioni addirittura private della possibilità di progettare il loro futuro tanto è precaria la loro condizione lavorativa ed esistenziale. I fenomeni di karoshi e ikikomori, presenti in Giappone e sempre più frequentemente in Occidente, sono un segno dei tempi che viviamo1.

Mentre si realizzano le strabilianti nuove macchine dell'intelligenza artificiale (in seguito IA), rese possibili dallo sviluppo sviluppo scientifico senza eguali, viviamo contraddizioni spaventose. Alcuni uomini, le ricerche ci dicono siano otto (!), possiedono una ricchezza pari a quella della metà della popolazione mondiale più povera mentre la maggior parte dell'umanità vive la condizione di un'esistenza minacciata quotidianamente dalla precarietà, dall'incertezza, dalla faticosa lotta per conquistare il minimo vitale.

Ora si annuncia la rivoluzione dell'IA, peraltro già anticipata da oltre 20 anni con lo sviluppo del mercato globale, di Internet e del web, destinata nel volgere di un paio di decenni a porre sfide decisive all'intera società.

 

IA: una breve panoramica.

Non possiamo fare un'estesa disamina delle nuove macchine dotate di IA. Diciamo solo che esse incorporano e svolgono molte delle funzioni umane, anche complesse. Ne accenneremo solo, indicando nelle note all'articolo i link ai video in rete che le mostrano.

Ciò permetterà al lettore di farsi almeno un'idea della sconvolgente rivoluzione che ci attende e che non risparmierà nessun settore lavorativo. Ne saranno coinvolte, a differenza del passato, attività impiegatizie di elevato profilo professionale e molte libere professioni finora rimaste in buona misura escluse dalle innovazioni tecnologiche. Ciò non significa che l'attività produttiva vera e propria sarà esente da ulteriori trasformazioni, anzi partiamo da qui per avviare la breve rassegna.

Baxter2, un automa simil umano a due braccia, e Sawyer3, a un braccio, sono i robot che verranno impiegati in sostituzione degli operai addetti oggi alla costruzione, al montaggio e alla verifica dei componenti meccanici ed elettronici. Si tratta di robot, a differenza di quelli passati, programmabili molto facilmente. L'istruttore dovrà semplicemente simulare le operazioni da svolgere pilotando le mani del robot così che la macchina possa immediatamente “apprenderle”. Fatta la simulazione, la macchina avrà memorizzato tutti i movimenti da compiere e li eseguirà in modo automatico, veloce, preciso e ripetitivo. Un'altra caratteristica di questi due robot è il basso costo di acquisto, attualmente circa 25.000 dollari, molto concorrenziale rispetto al salario dell'operaio. Di conseguenza il loro impiego sarà alla portata della piccola impresa. In Cina, paese in cui già da qualche anno sono stati avviati i piani di investimento per realizzare le fabbriche senza operai4, i licenziamenti nelle grandi imprese sono massicci a tal punto che la Foxconn, l'azienda leader mondiale nella produzione di schede madri e di ogni sorta di chip, ha dovuto ridimensionare e diluire nel tempo i suoi piani di impiego dei robot per evitare ribellioni5.

Trasporti. In quelli terrestri la guida di automobili e camion senza autista è in fase avanzata di sperimentazione. Si tratta di veicoli capaci di seguire il tragitto programmato in totale autonomia6. La sperimentazione su strada è stata avviata anche in Italia nel settembre 2018, a Torino. Per i camion si stanno testando addirittura i trasporti in convoglio così da ottenere anche il risparmio di carburante sfruttando la scia d'aria del camion che precede. In cielo, già oggi gli aerei sono in grado di poter fare a meno dei piloti dal decollo all'atterraggio anche se queste due fasi del volo sono ancora in mano agli esseri umani, non per insufficienze tecniche ma perché l'introduzione dei voli senza pilota ha bisogno di essere socialmente e psicologicamente digerita. In mare, la tecnologia del comando a distanza delle navi, in particolar modo di quelle mercantili, è già pronta. Un centro di pilotaggio computerizzato con pochi ingegneri addetti al controllo, stanziato a terra in una qualsiasi zona geografica e capace di comunicare contemporaneamente con decine di navi, è in grado, tenendo conto in modo computerizzato delle correnti, delle condizioni meteorologiche e del traffico marittimo, di dirigerle a destinazione.

Consegne di lettere e di merci leggere. E' in corso la sperimentazione per realizzarle senza il ricorso al lavoro dell'uomo. Si tratta di droni capaci di recapitarle a domicilio purché la destinazione abbia dei requisiti minimi di spazio per accoglierli. Richiederà una regolamentazione del traffico aereo a basse quote, parallelo a quello degli aeroplani, per garantire la sicurezza delle persone ma essa è già allo studio.

Per tutto questo l'occupazione nei trasporti e nella logistica, come è facilmente intuibile, sarà duramente colpita.

I servizi. Amelia, questo è il nome dell'assistente virtuale, è un computer in grado di svolgere le funzioni del lavoratore addetto al call center. Apprende facilmente le risposte da dare ai clienti e aggiorna le sue conoscenze “ascoltando” le risposte degli umani, a cui passa la comunicazione quando è di fronte a quesiti a cui non sa rispondere. E' già stata impiegata in parecchie aziende negli Usa consentendo una rapida sostituzione di una buona parte degli addetti al call center. Amelia è in grado di assistere a distanza molte attività lavorative e fornisce un servizio di consulenza in molteplici campi7.

Un settore dei servizi in rapida trasformazione è la sanità che si avvarrà dell'IA per svolgere quello che oggi viene fatto dai medici di ogni specialità, dagli infermieri e dagli impiegati amministrativi. Le tecnologie sono già a disposizione e il loro impiego determinerà una vera e propria rivoluzione. Watson, il software della Ibm già oggi operante, è in grado di eseguire velocemente e correttamente la diagnosi della malattia, di indicare le possibili terapie, di prescrivere i farmaci, di provvedere a dialogare con tutti gli apparati amministrativi dell'ospedale e delle istituzioni per adempiere ad ogni aspetto della gestione del malato.

Oggi ci sono macchine che simulano il medico nelle diverse specialità, dalla diagnostica per immagini, alla chirurgia, all'anestesia; esse operano a costi inferiori e con una precisione superiore. Il robot chirurgo, che ora viene guidato dalle mani di un medico, in futuro dialogherà con la macchina che analizzerà le immagini diagnostiche e sarà in grado di condurre l'intervento chirurgico con accuratezza e minore invasività. Sono pronti, in alcuni casi già utilizzati negli Usa, i robot-infermieri capaci di svolgere molte funzioni finora svolte dagli uomini nelle corsie degli ospedali.

I robot umanoidi sono una realtà. La replica degli esseri umani è una delle cose più difficili da realizzare ma le nuove macchine sono molto avanzate, hanno sembianze umane e sono in grado di svolgere parecchie delle loro funzioni. Sono stati realizzati dei robot che sono dei veri e propri sosia che parlano, sorridono, gesticolano replicando il comportamento umano8. Le applicazioni sono svariate. Sono già stati realizzati con l'IA i robot che scrivono articoli di giornale, dirigono intere orchestre, dipingono quadri. In Cina è stato pubblicato nel 2018 il primo libro di poesie interamente create da un robot. L'IA inizia ad appropriarsi di molte attività creative finora svolte dagli uomini.

La replicazione degli esseri viventi riguarda anche il mondo animale. Ad esempio, l'impollinazione artificiale per mezzo delle api-robot è una realtà9. Queste macchine miniaturizzate volano in sciami posandosi di fiore in fiore e comunicano tra loro così da ottimizzare la loro attività. Sono persino in grado di difendersi da eventuali insetti predatori. Per inciso, ci mostrano la logica aberrante del capitalismo. Si devastano i terreni con l'uso indiscriminato dei pesticidi e dei fertilizzanti chimici, si produce la moria generalizzata delle api, poi si pensa di poter rimediare con le api-robot.

I robot della Boston Dynamic dalle sembianze animali sono molteplici e pronti all'impiego10. Hanno quatro “zampe”, si muovono incredibilmente come degli esseri viventi, superano gli ostacoli con grande facilità, riescono ad evitare la caduta nonostante ci cerchi di farli ruzzolare a terra, nei test non desistono dai loro compiti anche se intensamente disturbati. Sono dei veri prodigi tecnologici.

Nell'edilizia, sono già operanti i robot che sostituiranno la manodopera permettendo un notevole innalzamento della produttività e la riduzione dei costi di costruzione. Le stampanti 3D sono in grado di costruire gli edifici, sia impiegando i materiali innovativi a base di resine, sia con i mattoni tradizionali11. In Cina sono già stati costruiti e abitati interi villaggi12 e a Milano, nel 2018, è stata esposta in una piazza la prima abitazione monofamiliare realizzata interamente dai robot in un paio di settimane e a costi più che dimezzati rispetto a quelli attuali13. Si tratta di edifici tecnologicamente superiori a quelli tradizionali.

Abbiamo fatto solo degli esempi ma quanto detto riguarda ogni attività lavorativa. La velocissima rassegna ha l'intento di mostrare che ci troviamo di fronte a un radicale cambiamento di paradigma del capitalismo dato che le macchine dotate di IA andranno a sostituire in ogni campo i lavoratori, non solo quelli la cui attività è semplice ma anche quelli che attualmente svolgono funzioni a media/alta qualificazione che richiedono delle analisi complesse e l'elaborazione di enormi quantità di informazioni. Le macchine possono incorporare molte delle funzioni svolte dal cervello umano attraverso le loro enormi capacità di memorizzazione e di calcolo di gran lunga superiori a quelle degli uomini. Ciò non significa, nonostante alcuni futurologi si spingano ad affermare il contrario, che i robot potranno svolgere ogni funzione del cervello umano. Appare molto problematico, se non impossibile, che possano essere dotati di coscienza e percepire le emozioni o, molto più semplicemente, prendere decisioni quando il problema che devono risolvere si presenti in forme diverse rispetto a quelle previste dalla progettazione e programmazione della macchina. Questo argomento, complesso e ampio, meriterebbe una trattazione specifica che in questa sede non è possibile svolgere.

Desideriamo fare un cenno anche alle trasformazioni prodotte dalle tecnologie negli ultimi venti anni con la cosiddetta sharing economy. Non si tratta dell'intelligenza artificiale odierna ma di una sua anticipazione. Insieme all'affermarsi della cosiddetta globalizzazione si è diffusa Internet, la rete della comunicazione mondiale che ha determinato la trasformazione di ogni relazione economica e lavorativa. Il mercato mondiale unificato ha posto in concorrenza, come mai era accaduto, il lavoratore. Sono state sviluppate delle piattaforme informatiche che hanno permesso di offrire dei lavori, anche di alta qualificazione, al miglior offerente così che in diverse specializzazioni il tecnico occidentale si è trovato in concorrenza di quello indiano, cinese o coreano. Insieme alla possibilità di trasferire facilmente l'attività economica in aeree in cui i salari erano più bassi, la rete ha prodotto una tale concorrenza nell'offerta di lavoro che in pochi anni i salari sono scesi in ogni parte del mondo14. In Occidente, come ulteriore conseguenza, si è avuta la deregolamentazione contrattuale tutta improntata alla flessibilità d'impiego del lavoratore, alla riduzione salariale, talvolta fin sotto il limite della sopravvivenza, alla possibilità di licenziare in qualsiasi momento. Addirittura ha incominciato a diffondersi in diverse forme il lavoro non pagato15. Ogni assistenza sociale è stata ridimensionata o annullata costringendo il lavoratore a convivere con la precarietà in ogni momento della sua esistenza.

La sharing economy ha avuto pesanti conseguenze anche sulla piccola borghesia. Le diverse piattaforme del web hanno permesso a poche aziende di vendere a prezzi inferiori i loro servizi ai clienti di ogni parte del mondo. Ebay, Amazon, Airbnb, Mechanical Turk, Uber, sono solo i nomi più famosi, hanno messo in grave difficoltà, se non spazzato via, molte attività tradizionali condotte in piccola scala. I loro profitti, ottenuti con un relativamente basso impiego di capitale, sono stati e sono stratosferici. Se consideriamo la classifica degli uomini più ricchi del pianeta vi scopriamo i nomi dei possessori delle piattaforme più importanti. Si è trattato di fenomeni storicamente inediti che ci conducono all'annunciata rivoluzione dell'IA che si colloca, per tutto quanto è avvenuto, in un contesto sociale degradato. La crescita di produttività che le nuove macchine consentiranno sarà enorme e permetterà notevoli risparmi di forza lavoro in ogni settore economico e in ogni attività lavorativa. Si tratta, come cercheremo di evidenziare, di un cambiamento epocale che trasformerà ancora di più la società e l'ambiente naturale del pianeta. Imponenti piani di investimento per la robotizzazione completa delle aziende sono stati varati negli scorsi anni nei paesi più avanzati, accelerati dalla recessione mondiale avviatasi nel 2008. Nel Guangdong, la zona della Cina a massima concentrazione industriale, nel 2017 è stato avviato un piano di investimenti di 152 miliardi di dollari per realizzare entro tre anni, nell'80% delle fabbriche, la completa automazione dei processi produttivi. Si prevedono riduzioni di personale che potrebbero raggiungere punte del 90% con parallele esigue assunzioni di tecnici informatici e di manager16.

In Giappone è stato varato un piano quinquennale, sostenuto da oltre 200 tra aziende ed università, che entro il 2020 si prefigge di quadruplicare le vendite di robot17.

Gli Usa non sono da meno anche se qui l'impiego dei robot è ispirato a logiche meno dirigiste e più liberiste. Oltre a essere una fucina di innovazioni e nuove macchine ad IA, essi sono all'avanguardia nelle sperimentazioni: Amelia è il sistema informatico che ha già sostituito i lavoratori dei call center di parecchie aziende, nei ristoranti di Las Vegas hanno recentemente debuttato i camerieri- robot, negli ospedali si muovono nelle corsie i robot-infermieri e Watson, il sistema informatico prodotto dalla IBM capace di svolgere le funzioni dei medici generici è una realtà in diversi ospedali. Poi ci cono le farmacie automatizzate, i robot addetti alla reception di alberghi e uffici, le consegne di Amazon in 13 minuti dall'ordine tramite i droni e così via. L'elenco è interminabile.

In Germania si sperimenta da tempo, grazie all'altissima produttività dell'economia tedesca, la fabbricaIndustry 4.018 ovvero i sistemi produttivi altamente automatizzati in cui delle macchine assistono e controllano altre macchine realizzando produzioni quasi senza difetti (in venti anni si è passati da 500 difetti per milione di pezzi a solo undici). Il capitalismo renano, almeno nelle intenzioni dichiarate dai suoi dirigenti aziendali, nonostante l'obiettivo dell'alta automazione della produzione, cerca di mantenere degli elevati livelli occupazionali aumentando la produttività di parecchi volte19.

Come si intuisce si tratta di trasformazioni così radicali che inevitabilmente porranno il problema di gestire la vasta riduzione di manodopera cercando di evitare l'esplosione del conflitto sociale.

 

Tre studi, tre allarmi.

Se si ricercano studi seri e approfonditi sull'impatto sociale delle tecnologie dotate di IA non si trova molto. Al contrario ci sono molti scritti che esaltano l'IA e che intravedono il dischiudersi di una nuova era tecnologica immaginando la creazione di un uomo nuovo, bionico, scevro da malattie, in simbiosi con le nuove macchine e padrone assoluto della sua esistenza. Il movimento transumanista mondiale è l'espressione più significativa di questa corrente ideologica che ha come cardine la visione dell'uomo che supera ogni limite. La sua critica esula da questo articolo e pertanto ci limiteremo a considerare la tesi che, in buona sostanza, vede nella scuola rinnovata e in una formazione adeguata alle nuove tecnologie, la soluzione ad ogni problema occupazionale.

Senza per il momento scomodare Marx, citiamo tre studi autorevoli, tutti interni al sistema di pensiero dominante, che hanno una visione del futuro piuttosto problematica. Si tratta di recenti lavori che colgono le importanti implicazioni sociali dell'impiego dell'IA. Esprimono la consapevolezza che ci si trova di fronte a fenomeni del tutto nuovi, di difficile governabilità e che la stessa sostenibilità del sistema economico possa essere messa a dura prova.

Il primo è il lavoro di due accademici del prestigioso MIT (Massachusetts Institute of Technology), polo universitario d'eccellenza americano e fervido sostenitore della tecnologia. Gli autori si chiamano Andrew McAfee ed Eric Brynjolfsson e la loro ricerca è stata pubblicata nel 2011 col titolo Race against the machine20. Il risultato più significativo del loro studio è un grafico che paragona dal dopoguerra al 2011 le curve della produttività e dell'occupazione.

Come si vede le curve procedono pressoché parallelamente fino a circa l'anno duemila quando incominciano a divergere. Fino a quel momento vi è solo uno scostamento contenuto tra le curve che indica come l'occupazione riesca a crescere nonostante l'aumento della produttività del lavoro. Essa, fino a quell'anno, in qualche modo riesce a mantenersi in equilibrio con l' aumentano della produttività del lavoro perché le riduzioni dell'occupazione che si verificano nei settori in cui si introducono le nuove tecnologie vengono compensate con nuove occupazioni in altri settori e con nuove professioni. E' un equilibrio che, pur sfavorevole all'occupazione, in qualche modo si mantiene per un lungo periodo. Dall'anno duemila i grafici divergono progressivamente. Non dimentichiamo che gli anni precedenti sono quelli del passaggio dalla old alla new economy21. Da quel momento le tecnologie introdotte aumentano la produttività ma sono risparmiatrici di lavoro al punto che la compensazione con i lavori di nuovi settori economici e delle nuove specializzazioni richieste dal mercato non avviene più ai ritmi precedenti. Si determina quello che gli autori dello studio chiamano il Grande disaccoppiamento, un fenomeno nefasto per l'occupazione. Il grafico arriva fino al 2012 e se idealmente lo estendiamo agli anni successivi e ai prossimi decenni, quando l'IA verrà impiegata estensivamente, non possiamo che dedurne un'accentuazione ulteriore della divaricazione tra i grafici, ovvero che l'occupazione crollerà in un contesto sociale già caratterizzato dalla scarsità del lavoro e degradato sotto qualsiasi profilo.

Gli autori hanno anche comparato la curva della produttività con quella dei redditi. Anche in questo caso rilevano la divergenza tra la crescita della produttività e il reddito medio dei lavoratori americani. I grafici confermano l'impoverimento del cosiddetto ceto medio che si è verificato negli ultimi due decenni. Mettono dunque in evidenza come il recente progresso tecnologico, senza eguali in tutta la storia umana, abbia prodotto il decadimento dei redditi, la riduzione dell'occupazione e l'estensione della povertà a vari strati della popolazione lavoratrice.

Lo studio ha suscitato molto scalpore perché ha mandato in pezzi l'assunto largamente consolidato dei vantaggi indiscutibili del progresso tecnologico e per il fatto che è stato pubblicato da accademici molto qualificati e da sempre schierati a favore della tecnologia.

Il secondo è lo studio del 2013, dal titolo The future of the employment22, degli accademici Frey ed Osborne che lavorano nella più che blasonata Università britannica di Oxford. I due studiosi hanno indagato, considerando 702 profili professionali anche a media/alta qualificazione, l'impatto delle nuove macchine sul mercato del lavoro americano. Sono giunti alla conclusione, sconvolgente, che nei prossimi venti anni il 47% degli attuali lavori sono a rischio di sostituzione con i robot. La previsione è stata convalidata da un rapporto del 2016 della Banca Mondiale23. Naturalmente, vi è stata anche in questo caso una immediata reazione e in molti si sono prodigati a confutarla. Ad esempio l'Istituto tedesco Zew di Mannheim, ha calcolato a sua volta che solo il 9% degli attuali impieghi nei paesi dell'Ocse sia in futuro destinato ad essere sostituito dai robot24. Anche il prestigioso istituto di consulenza McKinsey ha detto la sua rilevando che solo il 5% degli attuali impieghi saranno destinati a una completa sostituzione con l'attività dei robot anche se “guardando avanti, però, il 45% delle attività per cui la gente è retribuita può essere automatizzata usando «tecnologie già sperimentate»”. Come si vede, anche McKinsey, alla fine, è costretta ad ammettere il potenziale pericolo che incombe sull'occupazione25. Quando la sua indagine considera il lavoro manuale, quello caratterizzato da prevedibilità e ripetitività, afferma che il tasso di sostituibilità raggiunge addirittura il 78%.

Il terzo studio è dell'Istituto Bruegel e riguarda l'Europa26. Completa il quadro formulato dai precedenti. Esso è recentissimo, del 18 aprile 2018, e proviene da un qualificatissimo think tank europeo che collabora con le più importanti istituzioni finanziarie, economiche e politiche della UE. Si focalizza sulle conseguenze che l'ulteriore impiego dei robot provocherà sull'occupazione e sui salari. Prende in considerazione sei paesi: Svezia, Spagna, Germania, Italia, Francia e Finlandia. In pratica considera i mercati che assorbono l'85% dei robot industriali. Lo studio indica il tasso di impiego attuale dei robot ogni mille lavoratori. Per inciso l'Italia è al secondo posto dopo la Germania con circa 3 robot ogni mille lavoratori, il che dimostra che essa è tutt'altro che arretrata dal punto di vista tecnologico.

Lo studio conclude che ogni robot in più ogni mille lavoratori porterà al taglio medio del tasso di occupazione dello 0,2 %. Si tratta della scomparsa in media in Europa di 75.000 posti di lavoro, un valore impressionante. Per comprenderlo appieno facciamo l'esempio dell'Italia, paese in cui sono occupati circa 22 milioni e mezzo di persone (fonte Istat, 2016). L'Istituto Bruegel ci dice che ogni mille lavoratori, attualmente ci sono 3 robot. Questo significa che complessivamente esistono circa 66.000 robot. Se si passasse a 4 robot ogni mille lavoratori, sarebbero complessivamente introdotti altri 22.000 robot. Quanto tempo ci vorrà? Lo studio non lo dice anche se, tenuto conto della velocità crescente del loro impiego, è presumibile che non ci vogliano molti anni. Ebbene questi 22.000 robot in più potrebbero provocare la perdita, utilizzando il valore medio indicato dalla ricerca, di circa 75.000 posti di lavoro. Significa che ogni robot in più, eliminerà quasi tre posti di lavoro e mezzo, per l'esattezza 3,4. Lo studio indica che saranno particolarmente colpiti i lavoratori a media qualificazione, i giovani, gli uomini rispetto alle donne. Non dice granché su quanti posti di lavoro potrebbero essere creati per l'impiego dei robot. Si tratta comunque, questo è il giudizio conclusivo della ricerca, di effetti sconvolgenti sul mercato del lavoro. Per quanto riguarda la correlazione tra l'impiego dei robot e l'andamento dei salari lo studio afferma di non poter giungere a conclusioni di particolare rilievo. Ci permettiamo di commentare che la correlazione è già sotto i nostri occhi per quanto riguarda le conseguenze, ne abbiamo parlato sopra, delle tecnologie degli ultimi venti anni e che non sarebbe difficile prevedere un ulteriore peggioramento.

A noi non interessa entrare nel merito della discussione volta a comprendere l'entità della perdita dei posti di lavoro; interessa invece evidenziare quanto l'impatto delle nuove tecnologie, la cui intensità si definirà concretamente nei prossimi anni, sia potenzialmente dirompente nell'attuale mercato del lavoro perché comporterà sicuramente un'ulteriore emorragia occupazionale.

 

Prospettive fosche, proposte inconsistenti.

Abbiamo esposto, seppure sinteticamente, i risultati degli studi più avanzati rispetto all'impatto dell'IA e delle nuove macchine sulla società. Si tratta di allarmi provenienti dai settori più avanzati del pensiero borghese. In gioco è la capacità dell'intero sistema economico di mantenere la pace sociale, condizione indispensabile per consentire al capitalismo di realizzare i futuri cambiamenti. Gli studi perciò indicano le linee guida di una politica che sappia far fronte alla sfida di mantenere la coesione sociale. Non è detto esplicitamente ma di questo si tratta. Sostanzialmente si tratterebbe di far leva sulla creatività umana e sul potenziamento del sistema formativo in modo che quest'ultimo fornisca ai lavoratori le competenze professionali richieste dall'impiego dei robot e delle nuove tecnologie. Si tratta di un pensiero che ispira tutto il vasto coro dei sostenitori dell'IA.

Sentiamo, ne citiamo uno per tutti, il ragionamento di Luca De Biase, specialista di IA del Sole 24 Ore e responsabile di Nova24 (la rivista annessa al quotidiano che si occupa di innovazione) del quale è stato fondatore. E' stato pubblicato sul quotidiano Il Sole 24 ore il 30 gennaio 2017 col titolo Il rischio di frenare il progresso tecnologico27.

L’esperienza storica lo dimostra in pieno. In Italia, alla fine della seconda guerra mondiale, una quota maggioritaria dei lavoratori era occupata in agricoltura. Vent’anni dopo quella quota sarebbe scesa attorno al 10%. Se le previsioni economiche di allora avessero annunciato che il 40% i quei contadini rischiava di perdere il posto di lavoro a causa dell’industrializzazione le preoccupazioni sarebbero state simili a quelle che serpeggiano oggi. Ma allora i lavoratori sapevano che cosa fare: andavano in città e cercavano fortuna in attività che stavano crescendo sotto i loro occhi. Oggi invece l’economia della conoscenza è meno visibile. E la fortuna non si va a cercare in un luogo fisico ma nelle più astratte dimensioni della cultura, dell'istruzione, della ricerca, della creatività, dell'impresa esportatrice. E il progetto sociale è meno chiaro: il conseguente rancore, in un certo senso, si può capire. Un compito della classe dirigente è tracciare una prospettiva capace di conciliare il progresso tecnologico e quello sociale. Se non ne è capace, rischia a sua volta di essere sostituita.

Che lo sviluppo capitalistico abbia spostato in passato grandi masse di contadini nelle città e che al declino dell'agricoltura sia corrisposto lo sviluppo dell'industria è indubbio ma è altrettanto vero che dedurre da questo la ripetizione del processo sia improprio. Basti considerare il grafico del Grande disaccoppiamento che questo assunto, ispirato a un semplicistico quanto banale meccanicismo, mostri tutta la sua arbitrarietà. Andrew McAfee ed Eric Brynjolfsson mostrano con il loro grafico che si è rotto proprio quell'equilibrio che fino al duemila ha permesso al capitalismo di trovare una sua sostenibilità sociale seppure pagata a caro prezzo dagli sfruttati del mondo. Il grafico ci indica che oggi siamo di fronte a fenomeni del tutto nuovi tanto è vero che non si intravede nessuno sviluppo economico, paragonabile a quello della passata industrializzazione, che permetta di ipotizzare che le perdite occupazionali dovute all'introduzione delle nuove tecnologie possano essere compensate.

La citazione prosegue con “oggi invece l’economia della conoscenza è meno visibile. E la fortuna non si va a cercare in un luogo fisico ma nelle più astratte dimensioni della cultura, dell’istruzione, della ricerca, della creatività, dell’impresa esportatrice”. Si tratta di un altro assunto arbitrario.

Oltre al grafico del grande disaccoppiamento già considerato, abbiamo a disposizione lo studio dell'Istituto Bruegel che evidenza che ogni robot in più impiegato nelle attività economiche sostituirà in Italia 3,4 lavoratori. Questo non esclude che dei nuovi posti di lavoro potranno venire creati nei settori della cultura, istruzione, ricerca, progettazione e manutenzione di macchine con IA, ecc. ma il punto fondamentale è che il rapporto tra i posti di lavoro persi e quelli creati è sbilanciato. Non dimentichiamo che il Grande disaccoppiamento va accentuandosi. Se poi consideriamo la qualità dei posti di lavoro creati, possiamo facilmente immaginare che a fronte di un numero relativamente basso di nuovi lavori ad alta specializzazione si diffonderanno ulteriormente i lavori privi di qualsiasi competenza professionale, la cui formazione sarà praticamente insignificante e la cui sostituibilità immediata sarà pressoché totale. Lavori che saranno ancor più di oggi mal pagati, sottoposti a rapporti contrattuali precari caratterizzati dalla totale flessibilità e privati di qualsiasi tutela giuridica.

Né si può pensare a uno sviluppo del capitalismo tale da assorbire le eccedenze di lavoratori come è accaduto in passato. A differenza delle grandi innovazioni e degli ampliamenti delle sfere della produzione delle precedenti fasi di sviluppo del capitalismo, fattori che hanno permesso di strappare milioni e milioni di uomini dalle campagne per impiegarli nella produzione industriale delle città, oggi non siamo in presenza di un analogo allargamento della base produttiva. Pensiamo all'espansione delle forze produttive di fine Ottocento e inizio Novecento quando si sono sviluppati i trasporti con le ferrovie, le navi e gli aerei, pensiamo allo sviluppo di interi settori produttivi ad essi legati come la siderurgia, la meccanica, la chimica. Pensiamo all'elettrificazione dei paesi occidentali. E ancora, dopo la seconda guerra mondiale, allo sviluppo dell'industria automobilistica, delle reti stradali e autostradali ad essa necessarie, allo sviluppo dell'industria degli elettrodomestici e dei consumi di massa. Infine a tutto quello che è seguito con lo sviluppo del microprocessore, dei computer, di Internet e delle telecomunicazioni. Tutto questo ha permesso al capitalismo occidentale di gestire le sue crisi, di svilupparsi, di trasformare il mondo più volte e di assorbire nella produzione e nei servizi ad essa connessi milioni di uomini. In Oriente è in corso un fenomeno simile, a cui corrisponde specularmente il processo di deindustrializzazione occidentale, che ha prodotto per i contadini trasferiti nelle città condizioni di semi schiavitù, unica via per uno sviluppo industriale tardivo e stimolato dai processi di delocalizzazione dei capitali occidentali.

Complessivamente, uno sviluppo delle forze produttive paragonabile quantitativamente a quello passato è molto difficile da immaginare. Certamente l'IA trasformerà profondamente la società e ogni aspetto della vita degli uomini, sicuramente svilupperà molti nuovi settori produttivi ma anche se determinasse un notevole sviluppo delle forze produttive, esso si caratterizzerà per un tasso di impiego di lavoratori per unità di capitale estremamente basso, decisamente inferiore a quello passato per cui, considerando le attuali previsioni di crescita demografica nel mondo, è ipotizzabile una forte accelerazione della divaricazione della curva del Grande disaccoppiamento e quindi della disoccupazione.

Infine è significativa la considerazione finale del De Biase sul potenziale rancore sociale che potrebbe prodursi e sulla sfida che dovrà affrontare la classe dirigente. Indica che l'autore è consapevole della gravità dei problemi che si avranno con l'applicazione dell'IA.

Riguardo i nuovi lavori, vale la pena riportare quanto ha osservato in Cina Simone Pieranni, giornalista del quotidiano Il Manifesto ed esperto sinologo28, in un recente articolo del 11 ottobre 2018:

Il magazine cinese Jiqizhixin specializzato in intelligenza artificiale e Big Data, ha raccontato che «proprio come agli albori delle fabbriche di iPhone di Foxconn, che hanno simboleggiato il ruolo della Cina nella parte più bassa della catena del valore della produzione globale, la rivoluzione dell’Ai ha creato una nuova ondata di lavori di fascia bassa e ad alta intensità di manodopera che la Cina sta assorbendo sempre di più». Come ha scritto il South China Morning sul mondo di BasicFinder una delle principali «fabbriche» del settore, «le condizioni nello stabilimento costituiscono un mondo a parte dai brillanti campus nella Silicon Valley, o persino nei centri tecnologici cinesi di Pechino e Shenzhen... In Cina un «data-tagger», ovvero un lavoratore che pone le etichette alle foto, video e audio che finiranno fagocitati dalle macchine e dagli algoritmi, può anche elaborare 40 foto al giorno, guadagnando 10 yuan all’ora, circa 1 euro, per uno stipendio mensile totale di 300 euro... Tanti dati e tanti lavoratori disposti ad accettare salari bassi. Il centro del data-tagging, come di gran parte delle attività che si occupano di Big Data in Cina, è il Guizhou, una delle regioni più povere del paese divenuto da tempo un centro mondiale dei Big Data. Stipendi bassi non solo per le nuove tute blu, ma anche per analisti, studiosi, ricercatori. Sixth Tone un magazine che si occupa delle principali tendenze ha provato a raccontare il mondo dei data-tagger: «Ogni giorno centinaia di studenti delle scuole professionali affollano una fabbrica dopo la lezione e si siedono di fronte a file di computer per etichettare le foto e analizzare il linguaggio umano. I dati che generano vengono utilizzati in una varietà di progetti tecnologici, dal riconoscimento facciale e vocale alla guida autonoma»... Ma anche questo business capace di attirare molti neolaureati, non richiedendo specializzazioni particolari, ormai si sta spostando anche in altre aree del paese. Queste fabbriche «etichettatrici» gestite da lavoratori con salario minimo sono il nuovo volto dell’outsourcing globale29.

Si tratta solo di un esempio dei nuovi lavori legati all'odierna tecnologia ma indica una tendenza in atto, con intensità e velocità diverse, in tutti i paesi capitalistici avanzati. Dunque si profila una società in cui ai pochi tecnici ad alta specializzazione e ben pagati corrisponderanno schiere di lavoratori sempre più dequalificati, precari e sottopagati insieme a una crescente disoccupazione. Non rilevano, a tal proposito, le manipolazioni statistiche, in particolar modo quelle statunitensi o britanniche che addirittura rilevano attualmente la piena occupazione, che mostrano dati calanti della disoccupazione.

 

Le macchine non producono valore.

Marx, nel primo e terzo libro de Il capitale, con la teoria del valore-lavoro30, spiega perché le macchine vengono introdotte e quali conseguenze hanno. Detto brevemente, una macchina viene introdotta quando il suo costo, calcolato come costo di ammortamento, è inferiore a quello della forza lavoro che va a sostituire. Produce per l'impresa che l'adotta un vantaggio immediato, un extra profitto (il plusvalore relativo), perché essa può vendere le merci prodotte a un prezzo inferiore della concorrenza e in quantità maggiore; nel lungo periodo il vantaggio si riduce fino a scomparire quando la stessa macchina viene impiegata dalle altre industrie. Il lavoratore, al contrario, viene espulso dal processo produttivo e trova una collocazione alternativa a condizione che si sviluppi un nuovo settore produttivo o si espanda la produzione in attività già presenti altrimenti cade in miseria. Il fenomeno vale per l'industria ma anche per ogni settore lavorativo in cui è presente il lavoro salariato, quindi riguarda il capitalismo nel suo insieme. Il processo, dato che la spinta alla massimizzazione del profitto determina un'incessante riproduzione allargata del capitale, si ripete fino a provocare la manifestazione evidente della contraddizione che Marx chiama la caduta tendenziale del saggio medio del profitto. In pratica, dopo periodi sufficientemente lunghi, il saggio medio del profitto tende a calare e la valorizzazione del capitale diviene sempre più difficile. Questa contraddizione spinge la borghesia a una lotta sempre più accanita sul mercato mondiale per accaparrarsi le quote di plusvalore prodotte. Da qui lo scontro internazionale, oggi in primis tra capitali finanziari, fino alle guerre commerciali che si trasformano ad un certo punto della crisi in guerre guerreggiate. Il tema è trattato abbondantemente in numerosi nostri articoli31.

Ciò che importa sottolineare, è che nel ciclo d-m-d', denaro che si trasforma in merce mediante la produzione, che a sua volta si trasforma in denaro accresciuto quando essa viene venduta, le macchine impiegate nella produzione non producono alcun valore, tanto meno plusvalore. Il loro impiego invece produce e progressivamente amplifica, facendo diminuire il capitale impiegato per pagare i salari rispetto al capitale totale investito, la contraddizione della caduta del saggio medio del profitto. Dunque, l'impiego delle macchine nel lungo periodo finisce per mettere in crisi il processo di accumulazione del capitale piuttosto che facilitarlo. Oggi, alla vigilia dell'introduzione delle macchine dotate di IA, il saggio medio del profitto sta già da tempo producendo i fenomeni tipici della crisi del processo di accumulazione del capitale. Dunque, l'attuale crisi di ciclo32 subirà un'accelerazione per l'impiego dell'IA.

Come abbiamo detto, nei paesi capitalistici avanzati sono stati avviati degli imponenti piani di investimento per l'impiego dell'IA nei diversi rami dell'attività economica e in primo luogo nell'industria così da arrivare in pochi anni alle cosiddette fabbriche senza operai in cui verrà sostituita dai robot fino al 90% della manodopera. Riportiamo il passo di una corrispondenza di China Files33 del 6 maggio 2015 che descrive cosa stava avvenendo tre anni fa nella regione cinese del Guandong, una delle più industrializzate:

Secondo i dati ufficiali, da settembre scorso (settembre 2014 – ndr) la metropoli di 6,5 milioni di abitanti avrebbe già avviato l’automazione di 500 fabbriche rendendo superflui 30mila lavoratori. E questi numeri verranno triplicati entro il 2016. Dongguan è nella regione sudorientale del Guandong, da sempre la più sviluppata nell’ambito del settore manifatturiero. Qui il governo ha annunciato un piano di investimenti di 135,5 miliardi di euro nei prossimi tre anni per sostituire sulle linee di assemblaggio i robot agli operai. Le singole aziende potranno ricevere sussidi per avviare il processo di automazione nei loro stabilimenti. Si tratta di cifre che oscillano tra i 20 e i 70 milioni di euro. Guangzhou, il capoluogo della regione con oltre 14 milioni di abitanti, ha annunciato che l’80% della manodopera verrà sostituita da macchine entro il 2020.

Si pensi allora a quali gigantesche contraddizioni andrà incontro nei prossimi anni il processo di accumulazione del capitale. Esso non potrà fare a meno di estorcere al lavoro salariato quote crescenti di plusvalore ma nel contempo, con l'impiego delle macchine dotate di IA, le quali si caratterizzano per essere altamente sostitutive di lavoro, ridurrà, espellendo ulteriori lavoratori dai processi lavorativi, la sorgente stessa della produzione del plusvalore ovvero del profitto.

Nè si può pensare che il restringimento nella produzione delle merci del lavoro salariato, possa essere compensato, come abbiamo detto poc'anzi, da una estensione della produzione compensativa che permetta l'accrescimento dell'impiego della forza lavoro come è accaduto in epoche passate. La teoria del valore-lavoro di Marx ci permette dunque di prevedere che l'impiego dell'IA determinerà una grande intensificazione degli attuali fenomeni conflittuali, innanzi tutto contro il lavoro per la necessità di estorcere quantità maggiori di plusvalore con un relativamente più basso impiego di salariati, poi tra gli stessi capitali sul mercato mondiale.

 

IA, problemi in più per i salariati.

Siamo entrati in un epoca in cui il capitalismo assumerà tratti nuovi, caratterizzati da una radicalità senza precedenti. Se prima il lavoratore era un'appendice della macchina, se in alcune attività manteneva il controllo su di essa o se svolgeva compiti di una certa complessità, ora quest'ultima tenderà a sostituirlo appropriandosi delle funzioni tipicamente umane. Si configura perciò un lavoratore espropriato anche di quella capacità lavorativa che fino ad oggi era difficilmente sostituibile dalla macchina, un lavoratore dalle caratteristiche senza precedenti storici. Non è più lo schiavo, proprietà del suo padrone, a cui in cambio del lavoro gli venivano dati i mezzi di sussistenza, non è più il servo legato indissolubilmente alla terra del proprietario feudale cioè allo strumento di produzione che gli permetteva almeno di procurarsi i mezzi di sussistenza e non è neanche più il lavoratore “libero” del precedente sviluppo capitalistico in cui in qualche modo la sua attività era caratterizzata da abilità e competenze che lo rendevano riconoscibile professionalmente. Fino agli anni '50 e '60 del Novecento il lavoratore (fresatore, tornitore, saldatore, attrezzista, poi specialista in macchine a controllo numerico, ecc.) possedeva ancora conoscenze ed esperienze importanti che poi vengono perse con l'impiego delle tecnologie degli anni successivi. Successivamente ogni competenza professionale tende progressivamente a ridursi fino quasi a scomparire e il lavoro, in generale, si degrada34 trasformandosi in lavoro astratto nella sua essenza: semplice, immediatamente sostituibile, pagato ai limiti della sopravvivenza. Adesso, le superiori capacità e velocità di calcolo dei computer, lo sviluppo di sensori e di microchip in grado di elaborare ciò che tradizionalmente veniva percepito dai cinque sensi dell'uomo, la realizzazione di robot in grado di svolgere diverse funzioni tipicamente umane, permetteranno la trasformazione di ogni attività lavorativa o quasi in lavoro astratto semplice35. Dunque la rivoluzione dei robot coinvolgerà ampi strati impiegatizi finora dotati di competenze professionali e le cosiddette libere professioni, tradizionalmente appannaggio della piccola borghesia che sarà così oggetto di un ulteriore e ancor più vasto processo di proletarizzazione.

Fatto importante è che i robot diventeranno sempre più centrali nell'attività lavorativa mentre il lavoratore perderà di significato e diventerà, come mai era avvenuto in questa misura, una semplice merce, un oggetto al pari di tanti altri, subordinato completamente alla macchina. Già oggi, con la realizzazione delle piattaforme informatiche che offrono i cosiddetti microjob, egli ha perso qualsiasi contatto personale con l'azienda. Il direttore, il funzionario o l'impiegato dell'ufficio del personale, il capo reparto sono stati sostituiti dal computer o dallo smartphone, unici mezzi per comunicare con l'azienda. Lo stesso strumento di lavoro, una volta di proprietà del capitalista, oggi sempre più frequentemente deve essere acquistato, gestito e manutenuto dallo stesso lavoratore. Ad esempio il rider, l'addetto alle consegne a domicilio, per lavorare deve comprare la bicicletta e il telefono cellulare. Di fatto è un dipendete in tutto e per tutto dall'azienda, non ha alcun potere contrattuale e su di lui, per la sua debolezza nel mercato del lavoro, il capitalista scarica quelli che tradizionalmente erano dei costi di investimento dell'impresa. Non ha più relazioni con gli altri lavoratori in quanto non esiste più un luogo di lavoro comune ed è sempre più in difficoltà ad organizzare con essi qualsiasi difesa. Egli è solo di fronte a una macchina, il suo telefono, che gli dice cosa e quando fare, che lo rimprovera se il suo lavoro non viene eseguito secondo gli standard definiti e che gli comunica il licenziamento quando l'algoritmo dell'impresa lo decide. Si tratta di cambiamenti che incidono profondamente sulla sua coscienza facendolo sentire completamente solo e impotente nei confronti dell'impresa che gli dà il lavoro. Questa condizione, oggi tipica di alcune attività lavorative, indica una tendenza in atto. Insieme alla crescente dequalificazione del lavoro delinea una figura del tutto nuova di lavoratore, incomparabilmente diversa da quella del lavoratore del secondo dopoguerra che, in una certa misura, aveva almeno in parvenza una sua forza attraverso la contrattazione collettiva. Si tratta del lavoratore senza significato che l'azienda percepisce come privo di qualsiasi particolare utilità, di cui può fare a meno in qualsiasi momento e a cui può dedicare un'attenzione praticamente nulla rispetto alla macchina. Si tratta di un significativo cambiamento del rapporto di forza tra i due soggetti.

Già oggi il lavoro, non tanto perché siano soddisfatti i bisogni umani ma a causa delle leggi capitalistiche che lo regolano, è scarso rispetto alla popolazione mondiale e diminuirà man mano che l'IA si svilupperà. Si delinea una fase nuova del capitalismo che potremmo definire l'epoca del lavoro rarefatto in cui si scatenerà una concorrenza ancora più intensa tra i lavoratori coinvolgendo anche le stratificazioni sociali proletarie attualmente dotate di competenze professionali e la piccola borghesia proletarizzata. Il cosiddetto declino del ceto medio si trasformerà a causa dell'IA in una vera e propria débâcle e lo spettro della povertà, dell'indigenza, della precarietà, dell'esistenza in perenne bilico tra lavoro mal pagato e disoccupazione minaccerà un numero sempre più ampio di individui. L'IA sarà un potente fattore di accelerazione del processo di proletarizzazione generale della società intravisto da Marx quasi due secoli fa e sancirà la fine definitiva del cosiddetto benessere diffuso e di tutto ciò che ha caratterizzato i Trenta anni d'oro del capitalismo.

Inoltre, la concentrazione della ricchezza negli anni Novanta del secolo scorso ha avuto un'impennata senza precedenti grazie alle nuove tecnologie che hanno permesso alle imprese di operare con facilità in un mercato di dimensione mondiale. Il processo ora si intensificherà con l'IA. Amazon ha già falcidiato milioni di librerie sparse nel mondo con le vendite online e ora comincia a distribuire i suoi prodotti con i droni mettendo in pericolo altri milioni di posti di lavoro nella logistica. Airbnb, trasformando milioni di proprietari di casa in piccoli albergatori, ha messo in crisi intere catene alberghiere e sta estendendo la sua offerta di servizi utilizzando il lavoro di milioni di uomini nei settori della ricreazione, dello svago, dello sport. Uber, che oggi opera in 77 nazioni e in 616 città del mondo, ha trasformato schiere di lavoratori senza occupazione in tassisti sottopagati e ora investe enormi capitali nella realizzazione delle automobili senza guidatore che, tra non molti anni, soppianteranno i suoi stessi tassisti. Si potrebbe continuare ma bastano questi esempi per mostrare quanto la decantata potenzialità democratica della rete, che avrebbe permesso a milioni di uomini di prendere in mano il loro destino, si sia trasformata in una trappola mortale per il lavoratore. Dunque, la concentrazione di ricchezza e potere dei grandi gruppi monopolistici che si sono affermati con la precedente rivoluzione tecnologica aumenterà con lo sviluppo dell'IA dato che quest'ultima è completamente nelle loro mani.

 

La preoccupazione emergente: l'insostenibilità del capitalismo.

Intanto emergono le prime inquiete domande sul futuro della società, sollecitate da una realtà sempre più sconcertante in cui le contraddizioni si acuiscono, si sommano, si allargano facendo intravedere l'insostenibilità del sistema socio-economico. Indubbiamente la rivoluzione dell'IA e i problemi che pone danno impulso agli interrogativi.

Le preoccupazioni nascono anche negli ambienti istituzionali della borghesia. L'Organizzazione delle Nazioni Unite ha recentemente commissionato uno studio sulle prospettive dello sviluppo economico. Esso è stato redatto dal professore Paavo Jarvensivu insieme al team di BIOS, un gruppo di ricerca di Helsinki composto da diversi accademici, ed è stato pubblicato parzialmente nell'agosto del 201836. I dettagli del report saranno resi noti l'anno prossimo. Lo studio pone l'accento sull'insostenibilità dell'ulteriore sviluppo capitalistico e sulla gravità senza precedenti storici della situazione, indicando l'attuale modello economico capitalistico in conflitto con i limiti dell'ecosistema Terra e con una governabile situazione sociale. Ne riportiamo le conclusioni.

Per la “prima volta nella storia dell'umanità” viene detto nel report, “le economie capitaliste stanno passando a risorse energetiche meno efficienti.” In altre parole, si afferma che ogni unità di energia in più richiesta dal sistema economico comporterà un costo di produzione sempre più elevato e insostenibile. Si prosegue indicando che “le economie hanno esaurito le capacità degli ecosistemi di gestire i rifiuti generati dall'utilizzo di energie e materiali” e che “ormai i carburanti non-convenzionali e rinnovabili hanno meno bisogno di energie per essere generati rispetto ai carburanti convenzionali il cui consumo è prevalente e le società devono abbandonare i combustibili fossili a causa del loro impatto sul clima”. Fin qui le considerazioni di stampo ecologista ma l'analisi prosegue e si rivolge alla situazione economico-sociale: “le società sono alle prese con la crescente ineguaglianza e disoccupazione, con una crescita economica lenta accompagnata da livelli di debito crescenti e da politiche governative senza strumenti adeguati per gestire le economie. Le banche centrali degli Stati Uniti e dell'Europa sono ricorse a misure non convenzionali di politica economica quali i tassi di interesse negativi e l'acquisto di ammontari significativi di debito pubblico che hanno attenuato la pressione economica anche se molti commentatori sono preoccupati per ciò che potrà essere fatto con l'esaurimento degli stimoli economici prodotti da queste misure straordinarie e nel momento in cui la crisi economica colpirà ancora”. Lo studio conclude con “possiamo dire senza problemi che non ci sono modelli economici applicabili per l'era che ci troveremo ad affrontare” e che “sostenere i livelli attuali di crescita sarà praticamente impossibile”. Di conseguenza, viene detto, la transizione economica dovrà sforzarsi di “diminuire il totale dell'energia utilizzata” e “l'attività economica dovrà essere indirizzata a garantire un certo standard di vita ma allo stesso tempo diminuire drasticamente le emissioni piuttosto che essere indirizzata al profitto”.

In pratica, seppure non esplicitamente, viene confessata l'attuale antistoricità del modo di produzione capitalistico e si esprime la preoccupazione per la difficoltà a governare i problemi, davvero critici, che lo sviluppo ha generato. E' evidente la contraddittorietà della conclusione che, sulla base dell'assunto che il capitalismo sia il modo di produzione dato e insostituibile, ovvero il modo di produzione che ha il profitto e la disuguaglianza sociale a suo fondamento, raccomanda poi di stravolgere la sua stessa natura fondandola sull'equilibrato consumo delle risorse del pianeta e sullo sviluppo dei consumi sostenibile socialmente.

La tecnologia e con essa le nuove macchine dell'IA sono un tassello del mosaico economico che caratterizza il capitalismo. Più produttività del lavoro e meno costi di produzione, più velocità e meno interruzioni di lavoro possibili, più automazione, dunque il sempre più esteso uso di macchine intelligenti in ogni attività lavorativa, sono parti integranti e ineliminabili del processo di accumulazione del capitale che è e rimarrà fondato sulla centralità e massimizzazione del profitto. Desiderare di subordinare ad altro questi elementi essenziali dell'accumulazione del capitale significa indicare di snaturare il capitalismo e le sue fondamenta senza mettere in discussione i rapporti sociali di produzione. In pratica si tratta di un'illusione se non di una mistificazione.

Questo atteggiamento caratterizzato dalla desolante constatazione che il capitalismo abbia imboccato la via del disastro, che esso ponga problemi di portata tale che in gioco ci siano l'esistenza stessa della vita sul pianeta e la sua sostenibilità sociale, accompagnato ahimè dalla vacuità delle soluzioni proposte, testimonia il formarsi di una nuova percezione della situazione. Nonostante lo sforzo critico, nonostante in taluni casi si condivida la critica marxista al capitalismo, quando si tratta di individuare i motivi del disastro annunciato, ci si ostina a ignorarne la causa vera: il modo di produzione capitalistico. Di conseguenza il capitale, il profitto, la proprietà, il denaro e tutte le categorie economiche proprie del capitalismo non vengono mai messe in discussione.

Sentiamo Riccardo Staglianò, estimatore di Marx e autore dei due ottimi libri sull'impatto dell'IA sul lavoro che abbiamo già citato:

La classe media scivola nella povertà L'economia si ferma e anche la società nel suo complesso, prima o poi rischia di esplodere perché con la pancia vuota anche i più miti si arrabbiano. Dunque, se prendiamo sul serio che maggiore automazione significherà la perdita temporanea del salario o un suo stabile peggioramento per una quota non insignificante dei lavoratori, bisogna cercare subito dei modi per sostenere i loro redditi degradati. Non solo per la loro sopravvivenza ma anche per la nostra.37

Qui Staglianò con quel nostra, sottolinea la dimensione globale del problema però quando si tratta di individuare le soluzioni, si riduce a sostenere dei palliativi già messi in atto da alcuni governi:

Tutto sta poi a scegliere tra i vari gusti. Il reddito universale incondizionato, che prenderebbero tanto l'homeless quanto Bill Gates, in quanto esseri umani. Oppure quello di partecipazione che spetterebbe invece solo a chi accetta di cercare un lavoro. Oppure quello minimo subordinato a una soglia specifica di povertà... Una cosa importante da dire, tuttavia, è che non si tratterebbe di spesa aggiuntiva perché sostituirebbe molte voci - assegni sociali, assegni familiari e detrazioni varie – già oggi a bilancio.

Dopo aver abbondantemente analizzato il problema della futura rarefazione del lavoro e aver considerato il grafico del Grande disaccoppiamento, dopo aver citato la critica di Marx al capitalismo, dopo aver indicato l'emergere di problemi senza precedenti nella storia umana, l'autore si riduce a proporre il sussidio economico a chi non ha il lavoro stando attento però, si badi bene, ai vincoli di bilancio dello stato e a non intaccare i corposi interessi sul debito pubblico percepiti dalle banche. Si tratta, ancora una volta, della riproposizione della mistificante ideologia riformista. Staglianò si rende conto che quanto indica è poca cosa e allora aggiunge:

...i robot, oltre che la malattia, potrebbero essere anche la cura. Se ci rubano il lavoro, ma sono nostri, ci resterà uno stipendio e tanto tempo in mano. Oltre che un reddito minimo lo Stato potrebbe intestarci, appena nati, una quota di società ad alto coefficiente di innovazione...Sono tempi strani, bisogna imparare a concepire pensieri inediti. Compreso quello che, per sopravvivere ai nostri carnefici, dovremo familiarizzare con loro sin dai primi anni...Idee più brillanti, al momento, non si vedono.

E' superfluo ogni commento. Si tratta di fantasticherie ideologiche per essere generosi. Invece, dato che si tratta del pensiero di tanti studiosi ed esperti in materia di IA, citiamo un altro suo passo significativo:

...l'effetto sostitutivo dell'automazione, quale che sia, sarà molto più forte su chi fa lavori non particolarmente creativi. Per questo uno dei cavalli di battaglia di Brynjolfsson e McAfee per resistere ed eventualmente prosperare nella seconda èra delle macchine è puntare sull'istruzione. Soprattutto ripensando il sistema scolastico in modo che, oltre le competenze tipiche dell'èra industriale (leggere e far di conto), punti a sviluppare abilità intellettuali e personali che mettano in grado i ragazzi di lavorare al meglio accanto alle nuove macchine intelligenti. L'idea di fondo è trovare il modo di valorizzare la nostra parte più umana, creativa, meno attaccabile dal software.

Qui Staglianò prende a piene mani dai due importanti accademici citati. In pratica ci dice che di fronte al problema della rarefazione del lavoro bisognerà che tutti i giovani si trasformino, aiutati dalla scuola, in tecnici di alto profilo specializzati in ingegneria cibernetica. Se fosse possibile, non si capisce perché tutto ciò non sia stato già fatto.

 

Scienza e tecnologia per l'uomo.

Da quanto detto, potrebbe apparire che si sia visceralmente contrari alla scienza, alla tecnologia e all'IA. Non è così, anzi. Queste preziose risorse, tali le consideriamo, consentirebbero di risolvere molti dei problemi che affliggono l'umanità. Invece, vincolate come sono al modo di produzione capitalista, si trasformano in catene che inchiodano l'uomo alla logica dell'impresa. La finalità per cui esse vengono sviluppate è di permettere al capitale di continuare la sua folle corsa per ottenere il profitto, sacrificando uomo e natura e ingaggiando una guerra permanente contro gli uomini e tra gli stessi capitalisti. Il capitalismo ha rivoluzionato la vecchia società feudale, ha sviluppato come mai era accaduto le forze produttive, la scienza e la tecnologia ma ha fatto il suo tempo e ora si è trasformato in una potenza distruttiva smettendo di svolgere qualsiasi funzione utile alla società.

L'IA, anch'essa prodotto di questo sviluppo, con le sue prodigiose macchine che possono sostituire l'uomo in sempre più numerose attività, mette a disposizione del genere umano, per la prima volta, la possibilità di ridurre l'attività lavorativa destinata alla produzione dei mezzi necessari alla sussistenza a poche ore al giorno mettendo nelle mani di ogni individuo la maggior parte del tempo così che possa liberamente scegliere cosa fare. Si tratterebbe di una rivoluzione senza precedenti. Si pensi alla potenzialità di avere a disposizione una grande quantità di tempo liberato dalla costrizione del lavoro salariato: le attività umane, finalmente, potrebbero dedicarsi alla promozione e allo sviluppo dell'individuo in un contesto sociale non più competitivo ma solidaristico e associativo. Il comunismo ovvero la libera associazione mondiale dei lavoratori che prende in mano il proprio destino, scevra dagli interessi unilaterali della società borghese, potrebbe realizzare questa possibilità. Si tratterebbe della prima vera rivoluzione liberatrice, diversa da quelle precedenti che hanno sostituito il dominio di una classe a quello di un'altra, il controllo delle forze produttive di un gruppo ristretto a quello di un altro.

Dunque, per concludere, desideriamo ancora più scienza e tecnologia ma libere dalle leggi del capitale e al servizio degli uomini, desideriamo ancora più automazione e robotica, ancora più macchine se necessarie a liberare l'uomo e a consentirgli un'esistenza rispettosa dei suoi simili e della natura. Si tratta di un altro capitolo su cui è necessario tornare.


Note
1 In Giappone sono stati introdotti i termini karoshi e ikikomori per indicare rispettivamente la morte da stress per troppo lavoro e coloro che hanno scelto di ritirarsi dalla vita sociale cercando livelli estremi di isolamento e confinamento, quasi sempre rifugiandosi in una stanza della propria abitazione.
2 Vedere il robot Baxter in https://www.youtube.com/watch?v=a-V5B3pE-cQ
3 Vedere il robot Sawyer in https://www.youtube.com/watch?v=G11l9bLHgkc
4 Vedere di Riccardo Staglianò, Al posto tuo, Einaudi, 2017, capitolo 4. Si segnala dello stesso autore il libro Lavoretti, Einaudi, 2018 in cui si analizzano le modificazioni indotte al lavoro dalle nuove tecnologie. Trattasi di due libri che consigliamo di leggere.
5 Vedere di Pun Ngai, Lu Huilin, GuoYuhua e Shen Yuan, Nella fabbrica globale, Ombre Corte, 2015. Trattasi di una ricerca condotta sulla Foxconn, la più importante azienda produttrice di schede madre del mondo, che documenta i numerosi suicidi dei suoi giovani operai
6 Vedere in https://www.youtube.com/watch?v=X7vziDnNXEY
7 Vedere in https://www.youtube.com/watch?v=k31W34IMmB8
8 Vedere in https://www.youtube.com/watch?v=nIYgNLvbAbw
9 Vedere in https://www.youtube.com/watch?v=HN-E2KQk21Q
10https://www.youtube.com/watch?v=3OKZ_n8QW4w
11Vedere in https://www.youtube.com/watch?v=xZXsnLGVTao
e in https://www.youtube.com/watch?v=4YcrO8ONcf
12Vedere in https://www.youtube.com/watch?=v=4rvKP yfcGM
13Vedere in https://www.youtube.com/watch?v=3NKOAUYTSSo&t=134s
14Vedere sulle remunerazioni dei microjob offerti sul web R. Staglianò, Al posto tuo, ivi, capitolo 10, pagg 196 e seguenti
15Marta Fana, Non è lavoro, è sfruttamento, Laterza, 2017, Si tratta di un interessante studio sulla precarizzazione del lavoro, sulla proliferazione delle nuove tipologie contrattuali e sulla diffusione del lavoro gratuito.
16Riccardo Staglianò, Al posto tuo, ivi, pag. 80
17Riccardo Staglianò, ivi, pag. 84
18Per una rapida comprensione del termine Industry 4.0 vedere inhttps://it.wikipedia.org/wiki/Industria_4.0
19Riccardo Staglianò, Al posto tuo, ivi, pag. 83. Si cita il caso di una fabbrica tedesca che ha mantenuto stabili i livelli occupazionali aumentando la produttività di 8 volte in pochi anni.
20Brynjolfsson-McAfee, Race against the machine. Il libro, in formato Kindle e solo in lingua inglese, si acquista su https://www.amazon.it/Race-Against-Machine-Accelerating-Productivity-ebook/dp/B005WTR4ZI
Eric Brynjolfsson è direttore del MIT Center for Digital Business. Andrew McAfee è direttore associato dello stesso centro
21chi volesse rapidamente documentarsi sul passaggio dalla old alla new economy, può utilmente leggere su https://it.wikipedia.org/wiki/New_economy
22Frey-Osborne, 2013, The future of the employment scaricabile dahttps://www.oxfordmartin.ox.ac.uk/downloads/academic/The_Future_of_Employment.pdf
23Vedi l'articolo del Sole 24 ore in http://www.infodata.ilsole24ore.com/2017/02/21/robot-lavoro-gli-effetti-dellautomazione-settore-mansione/
24Vedi riguardo lo studio dell' l'Istituto tedesco Zew lo stesso articolo citato sopra inhttp://www.infodata.ilsole24ore.com/2017/02/21/robot-lavoro-gli-effetti-dellautomazione-settore-mansione/
25Vedi medesimo link della nota precedente riguardo lo studio dell'Istituto McKinsey
26Vedi in http://bruegel.org/wp-content/uploads/2018/04/Working-Paper_02_2018.pdf
27Vedi in https://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2017-02-21/il-rischio-frenare-progresso-tecnologico-133454.shtml?uuid=AElnYuZ
28Simone Pieranni, laureato in Scienze Politiche, nel 2009 ha fondato China Files, agenzia editoriale con sede a Pechino che collabora con media italiani con reportage e articoli sulla Cina. Dal 2006 al 2014 ha vissuto in Cina, scrivendo per media italiani e internazionali. Dal 2014 lavora alla redazione esteri del quotidiano Il Manifesto. Autore di Cina Globale (Manifestolibri, 2017)
29Vedi in https://ilmanifesto.it/intelligenza-artificiale-e-robot-le-nuove-sfide-per-i-lavoratori-cinesi/
30Vedi Karl Marx, Il capitale, Einaudi, 1975, Libro primo, terza, quarta e quinta sezione. Inoltre sulla legge della caduta tendenziale del saggio del profitto vedi il Libro terzo, terza sezione, capitoli 14, 15 e 16.
31Autori vari, La crisi del capitalismo, Edizioni Istituto Onorato Damen, 2009
32Lorenzo Procopio, Crisi del ciclo di accumulazione del capitale e crisi congiunturali, inhttp://www.istitutoonoratodamen.it/joomla34/index.php/questioniteoriche/465-crisi-congiuntural
33China Files è l'agenzia editoriale citata nella nota sopra. Il passo è tratto dall'articolo di Cecilia Attanasio Ghezzi, caporedattrice di China Files. Su https://www.ilfattoquotidiano.it/2015/05/06/cina-nasce-a-dongguan-la-prima-fabbrica-senza-operai-sostituiti-da-1-000-robot/1656031/
34Harry Braverman, Lavoro e capitale monopolistico, Piccola Biblioteca Einaudi, 1974. Per una recensione del libro vedi in http://www.lasinistrarivista.org/braverman-e-la-struttura-della-classe-operaia-degli-stati-uniti-damerica/
35 Giorgio Paolucci, Jobs Act: lavoratori all’asta, e per un salario sempre più basso,
in http://www.istitutoonoratodamen.it/joomla34/index.php/lavorolottaclasse/348-jobsact
36vedi il paper commissionato dalle Nazioni Unite al link https://bios.fi/bios-governance_of_economic_transition.pdf
37R. Staglianò, Al posto tuo, già citato. Il passo e i seguenti sono tratti dal capitolo undicesimo, da pag. 240 a pag. 243

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lorenzo p
Thursday, 25 April 2019 12:19
@Mario M l'intelligenza artificiale ancora deve dispiegare tutte le sue potenzialità ma sarà un salto tecnologico enorme. Non si tratta di automazione più spinta. Non solo, infatti la AI (o IA) si applica anche alla sfera della conoscienza in senso ampio. La regressione dello spirito scientifico, se ci sarà, sarà per gli uomini nel suo complesso, forse non per tutti. Sarà una regressione per il genere umano? difficile dire. Resta il fatto che le soluzioni scientifiche e tecnologiche che si propongono con l'intelligenza artificiale sono potenzialmente enormi. Verrano realizzate? quasi sicuramente si. Gli investimenti in queste direzioni ci sono e già con dei ritorni consederevoli. Fra le cose che più impressionano della AI applicata ai cosidetti "big data" è la indubbia capacità predittiva e quindi di "auto apprendimendo" e correzione di processi in atto che siano produttivi, scientifici o di qualche altro tipo di apprendimento. Come sottolinea questo bellissimo articolo dipende da come verranno usate. Le premesse non sono buone, chi promuove la tecnologia sappiamo grosso modo chi è, ma scagliarsi contro mi pare rischioso (e forse velletario) almeno come altrettanto sciocco è esserne ciechi entusiasti.
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Mario M
Wednesday, 24 April 2019 09:18
Non mi sembra di vedere nella crescente automatizzazione dei processi produttivi un salto di tecnologia, come invece lo è stato per il settore dell'informazione e della comunicazione, con internet e l'elettronica. Vedo piuttosto uno strizzamento della tecnologia attuale, come ad esempio con l'autopilota che, sugli aerei da tempo utilizzato a vari gradi, si cerca di trasferire al settore automobilistico; ma non credo si riuscirà completamente, per limiti oggettivi, come del resto sugli aerei; piuttosto verranno estesi i servizi di assistenza automatici. Altri scenari descritti dall'articolo mi sembrano perfino ingenui.

Vedo invece una regressione dello spirito scientifico, iniziata da tempo, soprattutto in medicina e in fisica: teniamo presente che molte delle malattie degenerative cercano ancora una terapia (cancro, sclerosi, Alzheimer, Parkinson), anzi, il cancro miete ancora più vittime a causa del crescente inquinamento, fra poco anche con il 5G. Non solo non si trovano cure efficaci, ma ora con queste vaccinazioni dissennate si mette a repentaglio la salute delle persone (teniamo presente che medici e ricercatori critici sono stati prontamente radiati). Le biotecnologie sono piuttosto dei pericolosi strumenti per inserire una sorta di firma, e quindi un diritto di proprietà all'interno di alcune varietà di prodotti agricoli. I fisici da tempo hanno smesso di parlare della fusione nucleare, come processo per la produzione di energia pulita e a basso costo, presumo perché la ricerca da tempo ha imboccato strade infruttuose. Anche tecnologie più abbordabili per la produzione di energia da fonti rinnovabili trovano dei limiti tecnologici: il fotovoltaico e l'eolico tradizionale sono marginali; mentre l'eolico di alta quota, con gli aquiloni di potenza, che prometteva abbondante energia a basso costo, non ha ancora prodotto un dimostratore o un prototipo significativo, e da più di quindici anni parecchie società e centri di ricerca ci stanno lavorando.
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