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sinistra

Draghistan: “il sonno della ragione genera mostri”

di Luca Busca

Vedi anche: Luca Busca: Draghistan: cronache di un paese sull’orlo di una crisi di nervi

informareonline francisco goyaCome osservò qualche hanno fa Andrea Camilleri “la logica, il buon senso, la sincerità non hanno più corso legale in Italia”. L’intuizione razionale elementare, quella che dà vita al buon senso comune, è andata persa. A scomparire è stata la logica semplice, fondata sui principi elementari di fisica, non ancora stravolti dalla meccanica quantistica, in cui all’origine di un effetto c’è sempre una causa. Quella logica secondo la quale di fronte ad un fuoco viene istintivo soffiare se lo si vuole alimentare, soffocarlo con la sabbia o l’acqua se lo si vuole spegnere. Quella logica basilare che facilita la vita quotidiana, ad esempio con l’uso di una leva, per sollevare un peso, e l’utilizzo di un piano inclinato per spostarlo, preferibilmente usato nel senso in cui agisce la forza di gravità. Ad essersi dissolta è quella logica secondo la quale, una volta stabilito un obiettivo, si ragiona e si lavora per raggiungerlo. Se il fine è rimuovere un “effetto” indesiderato, la logica impone di studiare le cause che lo hanno determinato per poterle poi rimuovere. Se, invece, per raggiungere l’obiettivo prefissato si pensa di alimentare le cause che generano il fenomeno, il risultato, nella quasi totalità dei casi, sarà l’amplificazione dell’effetto indesiderato. La logica, infatti, determina in modo inequivocabile che “versare benzina sul fuoco” causa inevitabilmente un incendio. Esiste un unico caso in cui la logica consente l’utilizzo delle cause al fine di rimuovere l’effetto prodotto, quello in cui si vuol portare tale effetto ai suoi massimi livelli in modo che deflagri auto estinguendosi. Il sistema ha un’altissima percentuale di successo. Il problema generalmente viene individuato nell’impossibilità di controllare gli “effetti collaterali” generati dalla deflagrazione che spesso conducono all’estinzione di innumerevoli “fenomeni” connessi.

Nell’era del caos, o meglio in quella in cui il PIL regna sovrano, questi principi di logica elementare sono stati completamente dimenticati. Probabilmente perché l’obiettivo primario non è mai la rimozione di un effetto ma la crescita esponenziale del PIL e la conseguente concentrazione sempre maggiore del capitale e del potere politico che ne deriva. Così accade che la realtà venga manipolata per attribuire ad alcuni effetti cause diverse da quelle reali. Altre volte capita invece che alle cause vengano conferite proprietà inesistenti che consentono alle stesse di essere usate come soluzione del problema da loro innescato.

 

Il sonno pandemico della ragione

Durante la pandemia queste dinamiche sono state sviluppate fino al parossismo. Sin dall’inizio si è proceduto mediante l’inversione dell’onere della prova. Con il mantra del “non ci sono studi in merito” si è sdoganata una prassi antiscientifica in base alla quale non erano più le istituzioni sanitarie a dover provare di agire in difesa della salute pubblica, ma i singoli cittadini ad esprimere dubbi in merito.

A poche settimane dall’inizio della pandemia il primo di questi dubbi è stato zittito perentoriamente, nonostante fosse stato espresso anche da scienziati del settore: la causa dell’origine del virus è stata subito certificata dalla Scienza come naturale per nascondere i finanziamenti statunitensi concessi nel 2016 al laboratorio di Wuhan al fine di effettuare esperimenti direttamente sui pipistrelli. Ci sono voluti oltre due anni per dare quasi come certa l’origine artificiale. La “distrazione” delle cause della diffusione ha impedito la condivisione di quelle informazioni che avrebbero permesso una migliore gestione della lotta alla pandemia. Così sono state operate delle scelte: il vaccino (Pfizer) come unica arma contro il virus, il green pass e il green pass rafforzato. Non conoscendo bene le cause che generano il problema, è plausibile fare delle scelte sbagliate. Quello che invece è inammissibile è il mancato riconoscimento dell’errore e il perseverare in esso.

Al sostanziale completamento della vaccinazione (circa l’80% dei vaccinabili, record mai raggiunto prima) si è registrato il picco dei contagi e un considerevole numero di ricoveri e di decessi, solo leggermente inferiori allo stesso periodo dell’anno precedente. È vero che non è possibile addebitare con assoluta certezza al vaccino la responsabilità di questa esplosione pandemica, risulta però evidente che questo farmaco non poteva e non può costituire la soluzione “unica” al problema. Proprio per questo sono state cercate altre vie, non farmacologiche ma “logistiche”, individuate nell’istituzione del green pass come ulteriore strumento di lotta al virus. I risultati sono stati gli stessi identici del vaccino, disastrosi. Per declinare le responsabilità dell’insuccesso, l’establishment pandemico individuò nei “Novax” il capro espiatorio cui attribuire tutte le colpe della propria inettitudine. Le conseguenze di questa erronea definizione della causa sono state il green pass rafforzato e l’obbligo vaccinale. Strumenti che avrebbero dovuto eliminare la ragione del “male”, i Novax appunto, grazie alla soppressione dei loro diritti umani, civili e sociali. L’effetto determinato dalla scelta sbagliata è stato quello di una diffusione capillare del virus, ingenerata dalla libera circolazione di tutte le persone vaccinate ma non immunizzate.

“Errare humanum est perseverare autem diabolicum”. Invece di fare un passo indietro rispetto a questo coacervo di scelte sbagliate e prendere atto del fatto che un virus altamente variabile non troverà mai un vaccino efficace in tempi rapidi, la dirigenza pandemica ha deciso di perseverare nell’errore. Nonostante il susseguirsi di studi scientifici di alto profilo che attestavano l’inefficacia e l’esuberanza di reazioni avverse del vaccino, quest’ultimo ha continuato a costituire l’arma fondamentale della lotta alla pandemia. Le strade alternative come il recupero delle cure precoci, che avevano e hanno continuato ad ottenere buoni risultati grazie a un folto gruppo di medici “obiettori”, lo studio e la sperimentazione di nuove cure, il completamento dei test e il miglioramento di vaccini dimostratisi più efficaci e con minori reazioni avverse come il Soberana, non sono state percorse. La classe dirigente ha perseverato nella vessazione dei Novax e di chiunque esprimesse dissenso, manipolando la realtà e fomentando l’odio dei “Provax”, in modo da creare quell’area di consenso che ha permesso l’adozione di provvedimenti criminali, disumani e fascisti.

A nulla sono servite le innumerevoli sentenze che hanno sollevato obiezioni in merito alla costituzionalità della sospensione dal lavoro, della negazione del sostegno economico alla famiglia, della segregazione, della discriminazione infantile. Poco hanno contato anche tutti gli studi scientifici che, con i tempi giusti, quelli che la scienza esige, hanno potuto accertare l’ inefficacia del vaccino, le enormi reazioni avverse da esso causate, la capacità potenziale dei farmaci mRna di retroscrivere il Dna, l’inutilità dell’abuso della mascherina, l’abbattimento del sistema immunitario causato dal vaccino, con il conseguente aumento della permeabilità dello stesso da parte di innumerevoli patologie virali e non, e tanto altro ancora che emergerà solo quando saranno ultimati, nel corso degli anni, gli studi su cancerogenesi e mutagenesi. Niente di tutto questo ha distolto l’establishment pandemico dal proseguire la propria criminale campagna mediatica, incentrata sulla vaccinazione compulsiva, che ha privato l’opinione pubblica della possibilità di orientarsi verso il buon senso della logica elementare. Le istituzioni tutte, nell’intento di negare l’errore umano, hanno perseverato diabolicamente, mantenendo in vita quei provvedimenti che hanno rappresentato anche agli occhi di chi guardava oltre frontiera veri e propri “crimini contro l’umanità”, come quello di obbligare bambini e adolescenti a tenere le mascherine in classe con oltre 30 gradi di temperatura.

Allo stato attuale, dopo oltre due anni e mezzo, le cause reali della diffusione del virus non sono state ancora analizzate in maniera trasparente e condivisa, e sono quindi ben lungi dall’essere rimosse. Tutte le soluzioni sperimentate sino ad ora hanno fallito: In Italia a maggio si contavano circa 400mila contagi e oltre novecento decessi a settimana, in lento calo, forse troppo se consideriamo un arrivo anticipato dell’estate. È molto probabile che il fenomeno abbia avuto origine proprio dall’indebolimento del sistema immunitario avvenuto in quell’80% di popolazione vaccinato. Inoltre, il mancato riconoscimento degli errori commessi e il perseverare nelle vergognose menzogne della campagna mediatica ha prodotto danni psichici irreversibili. Bambini e adolescenti hanno registrato una diminuzione delle capacità di apprendimento per l’uso eccessivo della mascherina (ilfattoquotidiano.it uso delle mascherine nelle scuole). I fenomeni depressivi sono aumentati esponenzialmente anche negli adulti, unitamente alle esplosioni di rabbia. Sostanzialmente di fronte agli effetti disastrosi causati dalle proprie scelte, la nostra classe politica, per mezzo della propria propaganda, ha preferito manipolare la realtà creandone una fanta-scientifica nella quale i nostri governanti assurgono addirittura a supereroi salvatori del mondo.

 

Il sonno della ragione bellica

Poi è arrivata la guerra! Ancora nel pieno dell’edificazione di una realtà pandemica parallela, la classe politica e quella mediatica si sono trovate a dover affrontare una nuova emergenza. E, ovviamente, lo hanno fatto con le stesse modalità: hanno operato delle scelte senza analizzare le cause del problema; le hanno promosse per mezzo della propaganda andando a rafforzare le fondamenta del fanta-pensiero unico; non hanno analizzato i risultati delle proprie scelte; non hanno ammesso i propri errori; hanno perseverato nelle scelte sbagliate; le pesantissime conseguenze sono state e continueranno ad essere totalmente a carico della gente comune.

Analizzando brevemente la situazione risulta evidente il fatto che in Donbass fosse in atto una guerra dal 2014. Questa guerra era ed è sostenuta e finanziata dagli Stati Uniti, per loro stessa ammissione (defense.gov/), quindi si parla di una guerra per procura in cui gli attori reali sono Russia e USA. L’Italia si è prontamente schierata dalla parte dei “buoni” contro i “cattivi”. L’occidente intero ha scatenato la propria propaganda per delineare in modo inoppugnabile il confine netto tra bene e male. Così otto anni di guerra del Donbass, con i suoi crimini ed eccidi, sono scomparsi, lasciando il posto all’invasione russa dell’Ucraina iniziata il 24 febbraio 2022. Invasione che ha come unica causa la follia di quel “macellaio”, “animale” etc. di Putin, che non è disposto a trattare. Presupposto che apre le porte alla più fantasiosa propaganda mai realizzata in occidente, superiore anche a quella proverbiale che vedeva i comunisti come mostruosi divoratori di bambini. In questo caso viene messa al bando l’intera cultura russa, un mandato internazionale d’arresto colpisce Dostoevskij, a Tolstoj viene imposto con la forza di scegliere tra “Guerra e Pace”, ballerini, musicisti, sportivi, artisti, editori anche per ragazzi vengono messi al bando, si salvano solo Masha e Orso e i nazisti ucraini diventano improvvisamente buoni e lettori instancabili di Kant. Ai cittadini, considerati seguaci di Tolstoj, viene prescritto di scegliere tra “Condizionatore e Pace”. La classe politica è riuscita nel compito impossibile di trasformare una tragedia immane in una farsa demenziale.

Esattamente come per la gestione della pandemia, le cause reali che hanno generato la guerra vengono ignorate. La scelta operata, fondata su motivazioni immaginarie e finalizzata ad un obiettivo che non era certamente quello di contenere gli effetti, risulterà, come nel caso della lotta al virus, fallimentare. Questa scelta, infatti, è stata ed è tuttora quella di alimentare la guerra con la decisione di scendere sul campo di battaglia con l’invio costante di armi. Nella lotta tra le due forme di imperialismo, l’Italia ha scelto quello di riferimento storico, l’americano, accettando supinamente tutte le politiche imposte dal Dominus. Vengono così introdotte pesantissime sanzioni economiche che favoriscono gli Stati Uniti, penalizzano marginalmente la Russia e massacrano letteralmente l’Italia e la Germania. Anche qui la farsa riesce a sovrastare la tragedia con il pagamento del gas in rubli che rafforza la moneta del “male” e ne finanzia la guerra. Scopo principale di chi si dichiara fautore della pace dovrebbe essere, più che lo spegnimento del condizionatore, “l’accensione” di un tavolo delle trattative, l’analisi dei possibili punti di incontro tra i contendenti, l’avvio del dialogo. Possibile, quest’ultimo, solo comprendendo le “ragioni” di entrambi i rivali e, soprattutto, individuando gli attori reali del conflitto. Tutte iniziative accuratamente evitate dalla geniale classe dirigente italiana che si è, invece, dedicata a costruire la propria propaganda atta a soffiare sul fuoco del conflitto armato.

Con la stessa veemenza con cui si erano scagliati contro gli innocenti Novax, i cavalieri della disinformazione hanno minacciato, ingiuriato e inveito contro il nuovo nemico: il pacifista, trasformato con la stessa precedente approssimazione in un membro del vasto gruppo dei Filoputin. Nella logica della propaganda “democratica”, infatti, la verità, o meglio la complessa interazione tra le diverse interpretazioni della realtà non esiste. Sussiste solo il dogma da diffondere e ogni informazione che minaccia l’indottrinamento del gregge va omessa, manipolata, mistificata per non favorire il nemico. Curiosamente, quest’ultimo non viene individuato nel virus, per quanto riguarda la lotta alla pandemia, e nei contrapposti interessi che caratterizzano i due imperialismi in conflitto, nel caso della guerra. No, il nemico da sfavorire è il Novax e il Filoputin (leggi Pacifista), cioè quei soggetti che, solo per il fatto di essere eretici, minano l’assolutismo del dogma.

In realtà il semplice uso della logica dovrebbe consentire al gregge di trarre le proprie conclusioni a prescindere dalla propaganda di regime. Dato un problema e una lotta allo stesso, quello che conta, ai fini della valutazione delle scelte operate, è il risultato. Nel primo caso, quello della pandemia, l’esito viene annoverato tra i cinque peggiori al mondo, per quanto riguarda il contenimento e il peggiore in assoluto come sospensione dei diritti umani, civili e sociali. Nessun dubbio è ancora plausibile in merito alla valutazione complessiva delle scelte operate: peggio di così non si poteva proprio fare.

Nella seconda circostanza, la guerra, dopo oltre novanta giorni dall’inizio dell’invasione e a otto anni dall’avvio del conflitto in Donbass si può cominciare a tracciare un primo bilancio delle scelte operate dal governo Draghi. La prima di queste è stata quella di schierarsi, in qualità di alleato, con uno dei due contendenti inviando armi e aderendo alle sanzioni economiche. L’effetto di questa scelta, operata anche dagli altri membri della Nato, è stato inevitabilmente l’inasprirsi del conflitto, l’inaridimento delle relazioni diplomatiche, la cessazione (anche se non totale) dei rapporti commerciali. Questi tre fattori hanno comportato ulteriori conseguenze logicamente necessarie. Più duro si fa lo scontro militare, grazie all’introduzione di armi sempre più potenti nel teatro bellico, più saranno i morti.

Allo stato attuale è difficile farne una stima precisa: i russi hanno ammesso oltre ventimila vittime militari; l’Ucraina non ha fornito dati al di fuori dei deliri di Zelensky che, secondo le circostanze, lamenta numeri improponibili di vittime civili poi smentite dalle fonti indipendenti o, nel caso millanti una vittoria, scarsissime perdite militari, anch’esse poco credibili. Prendendo come riferimento l’ultimo dato delle vittime militari russe (23.500) si può affermare che allo stato attuale siano morti almeno 50.000 tra militari delle due milizie e mercenari vari. I dati delle vittime civili sono ancor più approssimativi con numeri che variano dalle poche migliaia al genocidio a seconda del momento. Solitamente però le vittime civili, almeno quelle delle guerre statunitensi, fondate sui bombardamenti a tappeto delle principali città da parte dell’aviazione, sono sempre superiori a quelle militari. Quando chi invade, invece, si prefigge l’annessione ma non la sottomissione dei territori conquistati come nel caso ucraino, abitualmente utilizza strategie diverse che dovrebbero ridurre le perdite civili. Nonostante ciò è facile prevedere che allo stato attuale il numero delle vittime si aggiri intorno ai centomila, a cui si devono sommare i mutilati e feriti con danni permanenti. Inevitabilmente, il primo “effetto collaterale” di un conflitto armato sono le vittime dello stesso.

La logica impone che più si vogliono tutelare i civili più si deve contenere il conflitto. Questo si può fare solo cercando la via diplomatica e il dialogo, non certo alimentando lo scontro armato. Affermare di volere la pace inviando armi e partecipando alla guerra è illogico. Al più si può dire che si sta cercando di vincere e, in questo caso, non si può parlare di pace ma di resa. Da un punto di vista strettamente logico anche questa strada può condurre all’estinzione dell’effetto indesiderato, la guerra.

Come si è visto nella premessa, esasperando le cause sino ad ottenere il massimo livello degli effetti si provoca la deflagrazione che li auto estingue. Nella II Guerra Mondiale è accaduto esattamente questo, grazie al lancio di due bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki l’asse Italo-Tedesco-Nipponico fu risolutivamente sconfitto. Purtroppo però definire “vittoria” sessantotto milioni di morti e l’inizio della fobia nucleare appare quantomeno azzardato.

Risulta quindi evidente che la prima scelta del governo non ha alcuna possibilità logica di rimuovere l’effetto (il massacro del popolo ucraino) determinato dalle cause (i conflitti russo-statunitensi che hanno generato la guerra). Ne scaturisce una valutazione, inevitabilmente negativa.

C’è poi un secondo aspetto che va preso in considerazione per fare un’analisi complessiva, quello delle sanzioni economiche. A prima vista sembrerebbe una decisione saggia, non alimenta il conflitto armato, limita le risorse economiche dell’invasore e quindi la sua capacità bellica. Da un esame più attento si comprende però che la Russia è essenzialmente un fornitore di materie prime, non di elaborati. Di conseguenza i sanzionatori sono più colpiti dei sanzionati. O meglio gli Stati Uniti traggono maggiori benefici dalle sanzioni, i paesi europei ne vengono soffocati. La Russia sposta verso l’Asia il suo baricentro economico, con sommo gaudio di Cina e India. Inoltre a pagare lo scotto delle sanzioni, sia in Russia sia in Europa, sono, come è logico prevedere, le classi meno abbienti, per non parlare delle popolazioni povere africane ed asiatiche affamate dall’aumento dei prezzi delle materie prime alimentari. Gli interessi oligarchici economici e imperialisti, che costituiscono la causa del conflitto, invece, non sono minimamente toccati dalle sanzioni. La totale illogicità di questo provvedimento, però, non è costituita dalla vessazione dei “sudditi” dell’Impero americano, le cui sorti non sono sicuramente al centro delle attenzioni dei nostri “oligarchi”, ma dal mancato raggiungimento dell’obbiettivo reale e nascosto che si erano prefissati, l’aumento del PIL con la conseguente maggior concentrazione del capitale e del potere politico che ne deriva.

Gli effetti economici della guerra, che vanno a sommarsi a quelli della pandemia e quelli della mai risolta crisi economica strutturale che assilla l’occidente dal 2007, sono già visibili dopo tre mesi di conflitto armato. L’inflazione accertata è intorno al 6,9%, quella prevista si attesta al 10%. La realtà è ancor più drammatica: l’accertamento, infatti, si fonda su un aumento dei costi energetici che varia tra il 44 e il 51%, ma al consumo le bollette sono aumentate di oltre il 100%; i beni alimentari lavorati vengono dati a un più 5,4% su base annua ma chi fa la spesa si scontra già con aumenti ben più consistenti anche nel caso di pasta fatta solo con “grano italiano”. Se a “far le spese” dell’inflazione come al solito è chi fatica ad “arrivare a fine mese”, diverso è il discorso per quanto riguarda il PIL. Dopo la batosta del 2020 l’establishment italico è corso ai ripari convocando il Messia Mario Draghi, il quale a forza di decreti leggi, approvati chiedendo la fiducia, che hanno pompato soldi nella casse delle grandi aziende, è riuscito a strappare un ottimo + 6,6% nel 2021. Per il 2022 l’Italia veniva data da tutte le corrotte agenzie di rating a un +4,3%, dato che, però, ha presto cominciato a scendere lentamente mantenendosi sempre in positivo, finché purtroppo non è finito il I trimestre dell’anno, periodo che ha fatto registrare una decrescita dello 0,2%. Le previsioni annuali a questo punto variano molto e alcune di esse stimano un piccolo calo dello 0,5% a fine anno e anche per il prossimo.

La situazione però è destinata a peggiorare ulteriormente se la guerra si protraesse a lungo. Con l’aumento esponenziale dei costi energetici, consequenziale all’embargo (per ora finto) del gas e del petrolio russi, molte aziende sarebbero costrette a chiudere e a licenziare la loro mano d’opera con effetti disastrosi sul prodotto interno lordo italiano. Il presidente Draghi si è attivato immediatamente con nuovi accordi per acquistare il gas in Libia, Algeria, Angola e Congo, anche se il costo sarà più elevato e le infrastrutture non sono adeguate. Compreremo gas liquido dagli Stati Uniti, ma non abbiamo i rigassificatori. Morale della favola continuiamo a prenderlo dai russi e lo paghiamo in rubli finanziando la guerra, quando sarebbe bastato realizzare un piano di “transizione ecologica” reale e non di facciata, rilanciando le fonti rinnovabili, per realizzare l’indipendenza dal gas russo. Invece, la logica draghiana spinge per il carbone e si torna a parlare di nucleare per l’ennesima volta.

 

Dal “logos” al “non essere”

Analizzando le scelte operate, a colpi di decreti e fiducie, dall’assolutismo draghiano in materia di lotta alla pandemia e alla guerra queste appaiano prive di ogni logica. I risultati, in entrambi i casi, sono stati disastrosi e il confronto con gli altri paesi europei vede l’Italia sempre perdente. Se si allarga la comparazione all’Asia la distanza diventa incolmabile. Ci si aspetterebbe quindi una rivolta popolare su larga scala, con i sindacati in sciopero permanente a difesa dei diritti dei lavoratori massacrati da delocalizzazioni, licenziamenti e green pass rafforzato. Sarebbe ovvio vedere le forze politiche di opposizione perennemente in piazza, così come in televisione e sui media, ad urlare il loro sdegno nei confronti dei risultati raggiunti. Invece no, tutte le forze politiche si sono allineate nel sostenere il buon operato del governo, i sindacati non hanno mosso un dito contro la sospensione del diritto al lavoro. Ogni tanto qualcuno osserva che è ora di togliere il green pass e di reintegrare gli insegnanti non vaccinati, a condizione però che vengano rinchiusi negli sgabuzzini. Nessuno dice nulla all’ordine dei medici che continua a sospendere coloro che hanno continuato a fare ricerca e a curare i malati secondo i canoni della Scienza vera, quella scevra dal conflitto di interesse. Qualcun altro chiede maggior attenzione alla pace, votando però a favore dell’invio delle armi, ma solo quelle di difesa, tanto la lista è segretata e poi, in definitiva, qual è la differenza tra le armi di difesa e quelle di offesa?

Questo totale appiattimento sul “non essere”, sul nulla in contrapposizione al “logos”, inteso come pensiero, come logica anche elementare, appare agli occhi di uno spettatore poco attento totalmente assurdo. In realtà, il “non essere” è parte integrante di quel processo dialettico in grado di generare il divenire, il cambiamento. Questo processo fa quindi parte di un progetto scientemente studiato per nascondere l’obiettivo reale che l’establishment si era prestabilito. Sia i disastri generati dalla lotta alla pandemia sia quelli dovuti alla partecipazione ad una guerra “per procura” tra i due imperi, sono le conseguenze della necessità di mantenere il controllo politico ed economico al fine di una sempre maggiore concentrazione del capitale e del relativo potere. Quando, infatti, una forte crisi economica diventa strutturale, quando un sistema economico diventa palesemente responsabile della crescita esponenziale delle disuguaglianze e dell’inquinamento, quando una pandemia e una guerra non innescata né controllata direttamente minacciano la stabilità di questo sistema, l’oligarchia al potere ha il bisogno e il dovere di intervenire a difesa dei propri interessi.

Per farlo vengono presi una serie di provvedimenti totalmente illogici dal punto di vista dell’interesse comune, della salute pubblica e della sicurezza del paese. Provvedimenti che però permettono di sospendere i diritti della cittadinanza, conferendo poteri straordinari al governo prescelto per gestire la crisi. Per questi motivi la pandemia è stata improntata sulla concessione dell’esclusiva vaccinale ad una grande azienda statunitense che, incassando un centinaio di miliardi di dollari, ha fatto felici i propri azionisti. Fondi questi che avrebbero permesso ben altri risultati nella lotta al virus se fossero stati investiti nelle cure precoci e in una ricerca pubblica, trasparente e condivisa.

Con le stesse modalità si decide di destinare 38 miliardi l’anno alla spesa militare, invece di promuovere la sanità e l’istruzione pubblica. Per dare impulso “all’efficienza dei servizi pubblici locali” viene approvato il disegno di legge “per il mercato e la concorrenza”. Provvedimento che di fatto getta le basi per la privatizzazione dei beni e dei servizi comuni e comunali. Infine, i fondi del PNRR vengono destinati in gran parte al rilancio dell’economia, cioè alle grandi aziende. Per rafforzare le relazioni commerciali che favoriscano queste aziende si sceglie di entrare in guerra dalla parte di quell’Impero che meglio soddisfa questi rapporti, quello americano. Non importa se la neutralità e l’azione diplomatica avrebbero raggiunto risultati migliori ai fini della pace, della tutela del popolo ucraino e degli interessi di quello italiano. Lo scopo è quello di far crescere il PIL, la concentrazione del capitale e del potere e questo si ottiene favorendo le grandi aziende non l’interesse comune. Alla classe lavoratrice, agli artigiani, alle piccole imprese e alle generazioni future viene concesso l’invidiabile privilegio di pagare gli immensi costi di questi interventi.

Perché abbiano successo questi provvedimenti, a prescindere dalla tipologia democratica o totalitaria del regime che li impone, devono avere il consenso della maggioranza della popolazione, pena il rovesciamento del regime stesso. Ora, analizzando i risultati delle misure adottate in occasione di pandemia e guerra dal punto di vista dell’obiettivo reale predeterminato dalla classe dirigente, essi assumono caratteristiche logiche e persino coerenti. Al contrario, se vengono analizzati sotto il profilo della rimozione degli effetti negativi che pandemia e guerra hanno causato alla cittadinanza, gli stessi risultano totalmente privi di qualsiasi logica. Appare quindi incomprensibile come il governo possa riscuotere un così largo consenso, quando afferma di aver operato bene nella gestione della pandemia e quando propina la partecipazione effettiva alla guerra come sistema migliore per raggiungere la pace.

Per comprendere il fenomeno della distorsione della coscienza sociale e dell’opinione pubblica per mezzo della manipolazione della realtà occorre tornare indietro nel tempo, agli studi della Scuola di Francoforte, in particolare Jürgen Habermas, e a quelli di Pierpaolo Pasolini. “La rivoluzione del sistema d’informazioni è stata ancora più radicale e decisiva. Per mezzo della televisione, il Centro ha assimilato a sé l’intero paese, che era così storicamente differenziato e ricco di culture originali. Ha cominciato un’opera di omologazione distruttrice di ogni autenticità e concretezza. Ha imposto cioè – come dicevo – i suoi modelli: che sono i modelli voluti dalla nuova industrializzazione, la quale non si accontenta più di un «uomo che consuma», ma pretende che non siano concepibili altre ideologie che quella del consumo. Un edonismo neolaico, ciecamente dimentico di ogni valore umanistico e ciecamente estraneo alle scienze umane” (Pier Paolo Pasolini - “Sfida ai dirigenti della televisione” - Corriere della Sera - 9 dicembre 1973.)

Nonostante il carattere embrionale dei mezzi di comunicazione dell’epoca, questi pensatori avevano già individuato in essi la capacità di influenzare la mente collettiva agendo anche solo lievemente su quello che Freud aveva definito “Super-io”. Più tardi fu Jean Baudrillard a coniare il concetto di “iperreale”, che andrà ad identificare una realtà fittizia percepita come ancor più vera di quella reale. Questo mondo immaginario, secondo il filosofo francese, viene costruito scientemente per mezzo di “simulacri” e della “simulazione”. Strumenti tipici della “società dell’immagine” che sono in grado di avvolgere la realtà con una “patina predominante”. Baudrillard dissertava di “patina” posta sulla realtà nei primi anni del millennio, quando il web ancora appariva come isola democratica, distribuita e ugualitaria dell’informazione. La SERP (Search Engine Results Pages) di Google e gli algoritmi dei Social, non erano ancora divenuti strumenti di controllo così efficaci da far apparire la “vecchia” televisione come un reperto archeologico del condizionamento di massa.

Negli ultimi anni la capacità di costruzione di una realtà immaginaria e fittizia, l’iperreale di Baudrillard, è cresciuta esponenzialmente. Un capitale e il relativo potere politico particolarmente concentrati sono riusciti nel difficile compito di unificare l’azione comune di tutti i media, tesa alla creazione della “patina” immaginifica. Velo questo che è capace di celare perfettamente il perseguimento reale dell’interesse particolare a discapito di quello fantastico comune. L’iperreale ha affinato anche i nuovi strumenti, come le varie macchine del fango, gli esperti competenti e i fact checker, per denigrare ogni tentativo di riportare alla luce la realtà. Mai prima d’ora il pensiero unico ha avuto a disposizione un sistema capillare come quello attuale per imporsi come opinione pubblica. La iper-realtà, di cui parlava Baudrillard, viene così scientemente creata dai media mainstream in modo da essere l’unica percepita. Come ben sperimentato lungo l’impervio cammino storico dell’uomo, anche l’iperreale contemporaneo viene costruito sulle solide fondamenta della paura precedentemente creata, generalmente con terrorismo, guerre o anche pandemie. Tracciate le linee guida dell’edificio iperreale, la ripetizione mantrica del fanta-pensiero unico nelle televisioni, nei giornali e nei social, unitamente alla censura sistematica del pensiero critico e anche di quello semplicemente logico, strutturano la “patina” che avvolge e protegge il gregge dai pericoli della realtà, pur non avendo più alcuna connessione con essa.

In questo modo il fanta-pensiero unico, ormai divenuto opinione pubblica, impone “democraticamente” la necessità di affidare le sorti del paese ad una guida forte, esperta e competente che sia in grado di condurre il gregge fuori dal pericolo, sia esso quello della pandemia o quello della guerra. Poco male se per raggiungere lo scopo iperreale si debbano sospendere i diritti umani, civili e sociali, perché solo dando poteri emergenziali alla Guida esperta si potrà perseguire l’interesse collettivo, anch’esso ormai completamente sconnesso dalla realtà. Poco importa se milioni di persone muoiono sotto il peso delle bombe e dei flussi migratori che scaturiscono dalle guerre. La difesa della “democrazia”, quella espressa dalla Guida forte ed esperta mediante la sospensione dei diritti civili, è così fondamentale nel fanta-pensiero unico da rendere reale agli occhi dell’opinione pubblica la minaccia del terrorismo islamico, anche se questo era stato precedentemente creato dalla stessa Guida come “patina” di una diversa emergenza; così come diventa iperreale il pericolo di inesistenti armi di distruzione di massa. Sempre in nome della democrazia si rende totalmente inaccettabile la possibilità che altri paesi sovrani, ma non adeguatamente “democratici”, desiderino coltivare i propri interessi nei paesi confinanti. Tutte queste condizioni, adeguatamente avvolte nella nebulosa della “patina”, rendono la guerra inevitabile.

 

Dall’iperrealtà alla ferrea logica del reale

Mai sino ad ora l’iper-realtà creata aveva assunto tinte così forti. Mai il fanta-pensiero unico aveva raggiunto livelli così elevati di disconnessione dalla realtà e di allontanamento dalla logica elementare dei rapporti di causa effetto. Questo è stato reso possibile dall’efficientamento dei mezzi di comunicazione e dall’ampliamento del conflitto di interesse negli “esperti” chiamati a dare credibilità alla “patina”. Così in nome della lotta alla pandemia la Scienza ha assunto caratteristiche dogmatiche a tal punto da divenire dottrina religiosa. Il gregge, unito dalla paura, ha cominciato così a ripetere ossessivamente il mantra del “credere” e “avere fede” nella scienza, senza rendersi conto che la Scienza si fonda sui principi opposti del “dubbio”, della ricerca e della conoscenza condivisa. Contemporaneamente i media screditavano tutti quegli scienziati che, in nome della Scienza reale, rifiutavano la tesi iperreale prestabilita politicamente. In questo modo la “patina” ha reso credibile, agli occhi del “gregge” di fedeli al Buon pastore, una serie di menzogne completamente sconnesse dalla realtà e dalla logica. Il massimo livello di scollegamento è stato raggiunto dal “filosofo” Fabio Fazio che, in spregio totale dell’evidenza dei dati, alla fine di aprile si domandava: “cosa insegna un insegnante no vax. È accettabile che i ragazzi siano istruiti da chi nega la Scienza? la libertà di insegnamento può arrivare al punto da rivendicare la possibilità di mettere a rischio la salute degli studenti?” Per dare una responso plausibile a questi tre interrogativi è necessario rivolgersi ad uno dei massimi esponenti della filosofia scientifica contemporanea, Quelo: “la risposta è dentro di te epperò è sbajata.”

Così, il fanta-pensiero unico ha creato sul nulla l’impossibilità “scientifica” di un’origine artificiale del virus. Il compito di elaborare la teoria è stato affidato a Peter Daszak l’autore della famosa lettera pubblicata da Lancet e sottoscritta da 26 scienziati di fama mondiale e fatta propria da tutti quelli che si trovavano in pieno conflitto di interesse. Peccato che Daszak sia anche il presidente di EcoHealt Alliance la società che, gestendo fondi statunitensi (erogati sotto la presidenza di Fauci), ha finanziato gli esperimenti sui coronavirus realizzati nel laboratorio di Wuhan direttamente sui pipistrelli. (raiplay.it/video-2021/10-Presa-diretta-Il-virus-perfetto).

Il successivo passo “scientifico” è stato quello di adottare il vaccino come “unica arma a disposizione per combattere il virus”. Le cure precoci sono state abbandonate immediatamente in quanto non idonee e sostituite da un protocollo di altissimo livello tecnologico: “tachipirina e vigile attesa”. Il risultato di questa scelta è stato quello di portare l’Italia ai primi posti della classifica mondiale del tasso di mortalità del Covid. Per comprendere la totale illogicità di queste scelte non serve una consulenza specialistica, i risultati e la pretesa di eradicare un virus estremamente variabile che si trasmette per via aerea con un vaccino sperimentale, parlano da soli. Ma il massacro della logica è proseguito indisturbato cavalcando la teoria che un vaccino può saltare la fase 3 del protocollo scientifico di approvazione del farmaco (quella con i test in doppio cieco) perché “tanto è stato inoculato a così tante persone”. Senza nessun monitoraggio sugli anticorpi il vaccino è stato approvato con una copertura per il contagio del 95% e addirittura del 100% (che nel protocollo scientifico non esiste) per le forme gravi della malattia. Di reazioni avverse non se ne è parlato e le segnalazioni (circa 4milioni solo in Europa) sono state e vengono tuttora insabbiate anche di fronte all’elevato numero di decessi. Su queste basi palesemente antiscientifiche è stata costruita quella iper-realtà che ha permesso l’adozione di provvedimenti demenziali come il green pass semplice e rafforzato.

Nonostante il risultato di queste iniziative sia stata l’esplosione pandemica più forte dall’apparizione del virus, la costruzione iperreale, anche se priva di ogni possibile logica, ha attecchito così profondamente nell’opinione pubblica da cancellare ogni forma di buon senso. Ancora oggi, a fronte degli studi che hanno accertato una protezione negativa del vaccino a sei mesi dalla somministrazione, cioè una maggiore possibilità di contrarre il virus anche in forme gravi, resta alto il consenso nei confronti di una campagna vaccinale che ha palesemente procurato più danni che benefici.

Identici sono stati anche i risultati raggiunti nella ricerca della pace. In questo caso l’iperrealtà costruita dai media per conto del regime ha attecchito molto meno, in Italia la larga maggioranza è rimasta contraria all’invio di armi in Ucraina. Ciò nonostante, l’azione obliante della propaganda di regime ha celato le cause che hanno realmente generato la guerra, consentendo ai governi dei paesi coinvolti di usare le stesse cause come “armi” per rimuovere gli effetti indesiderati. Così sono state applicate sanzioni economiche in modo da irrigidire ulteriormente i rapporti commerciali che vedevano la Russia avvicinarsi sempre più all’Europa. Allo stesso tempo è stata promossa ulteriormente quell’espansione a Est della Nato iniziata alla fine del secolo scorso. L’invio di armi e l’addestramento militare sul teatro del conflitto sono stati sviluppati esponenzialmente, senza curarsi del futuro destino di queste armi. Infine, sempre alla ricerca della pace e in difesa della democrazia si è cercato di infiammare anche i rapporti con la Cina e l’India, mentre in Pakistan è stata promossa una sorta di golpe per rimuovere un premier non allineato.

Ovviamente i risultati di queste iniziative sono stati disastrosi: morti e feriti sono aumentati a dismisura, così come i crimini di guerra; le conseguenze economiche sono state fatte pagare ai paesi poveri e alle classi meno abbienti di quelli ricchi; il mondo si è nuovamente spaccato in due, dando il via ad una nuova corsa agli armamenti e all’utilizzo di forme energetiche altamente inquinanti; speculazioni totalmente indipendenti dalla guerra hanno originato un rialzo dei prezzi di cui hanno beneficiato solo le grandi aziende (incluse quelle russe) a discapito dei consumatori. Le responsabilità di tutto questo sono state addebitate a Putin e ai suoi seguaci, inclusi i più che estranei pacifisti. La soglia del ridicolo è stata ampiamente superata dalla cancellazione della cultura russa, ma la iperrealtà opportunamente costruita ha reso plausibile anche il triste spettacolo del teatro dell’assurdo allestito in un parlamento ormai completamente esautorato.

A leggere bene tra le righe del testo drammaturgico, pur se privo di una struttura razionale e di un linguaggio logico-consequenziale, emerge chiaramente un filo conduttore che tende a presentare le cause che determinano gli effetti negativi come rimedio per contenerli. Fil rouge questo che risulta perfettamente logico e razionale se si inquadra il fine ultimo reale, contrapposto a quello iperreale proposto mediaticamente. Infatti, spesso le cause che generano e alimentano il conflitto possono essere effettivamente un buon viatico per il raggiungimento di un obiettivo specifico. Ad esempio se lo scopo è quello di smantellare i rapporti commerciali tra Europa e Russia, creando una nuova cortina di ferro che divida il mondo in due fronti economici, la guerra in Ucraina e il suo stimolo mediante l’invio di armi sempre più potenti, diventano strumenti efficaci al raggiungimento dei fini prestabiliti.

D’altra parte questo modus operandi è caratteristico degli ultimi quarant’anni, cioè da quando la finanziarizzazione dell’economia ha reso l’iperrealtà lo strumento più valido di accumulazione di capitali e di accentramento del potere politico. Anche l’economia si muove ormai su due livelli diversi, quello reale e quello finanziario. La stessa sorte è toccata al potere politico, con una rappresentanza sempre più lontana dalla sua base popolare e sempre più inerme e passiva nei confronti delle lobby economico- bancarie. Una rappresentanza che si mostra nell’iperrealtà come democratica e dedita a perorare l’interesse comune popolare, per poi essere, nella realtà, esautorata in parlamento e prona ai voleri del rappresentante “tecnico” imposto dal potere economico vigente, nel caso attuale Mario Draghi.

Questa “logica” avvolge qualsiasi tema politico, incluse la lotta alla pandemia e la ricerca della pace. Viene costruita un’iperrealtà da affrontare con soluzioni preconfezionate che invece servono a tutt’altro. Basti pensare a come il fanta-pensiero unico sia riuscito a convincere milioni di cittadini che sia possibile operare una “transizione ecologica” con gli stessi strumenti che hanno creato il problema ambientale. Sia nel caso dell’Agenda 2030, stilata sul modello dello “Sviluppo Sostenibile”, sia in quello del “Great Reset” di Klaus Schwab, la soluzione viene trovata in un’economia liberista “sostenibile”. Nella fanta-iperrealtà la crescita economica permetterà di inquinare di meno. I cittadini, impauriti da pandemia, guerra e imminente catastrofe ambientale, vengono convinti che l’inquinamento generato dalla crescita economica verrà risolto con la … crescita economica. Peccato che nella realtà il gas e il nucleare vengano inseriti nella “tassonomia green”, che si torni addirittura al carbone per affrontare le insidie della guerra, che le energie rinnovabili vengano lasciate ai margini, in quanto una produzione distribuita sicuramente non favorirebbe la crescita economica, almeno non quella della concentrazione dei capitali. I cittadini vengono però rassicurati con la promessa che tutto il parco automobilistico verrà sostituito da veicoli elettrici non inquinanti. Peccato che la produzione e la dinamica distributiva di questo nuovo parco inquinerà ancor di più dei vecchi motori a scoppio.

Il fanta-pensiero unico si è visto costretto ad affrontare anche l’altro grande tema conflittuale del modello economico mercatista: la crescita esponenziale delle disuguaglianze. Queste sono generate inevitabilmente dalla spirale logaritmica della crescita infinita. È inevitabile, è una progressione matematica, una crescita economica fondata sul profitto e sulla concorrenza necessita di una sempre maggiore concentrazione di capitali. Più si cresce economicamente, quindi, più si amplia il divario patrimoniale e reddituale sia a livello interclasse sia a quello internazionale, come dimostrano ampiamente i rapporti annuali di Oxfam (www.oxfam.org/annual-reports-and-financial-statements). Nonostante tutto ciò il gregge viene convinto, dalla “patina” iperreale appositamente costruita, che il modello economico mercatista con il suo “trickle down” costituisca la “fine della storia” e l’unica via per combattere le disuguaglianze create, nella realtà, proprio da questo modello economico.

L’unica speranza di un futuro migliore va riposta nel risveglio delle coscienze sopite dei cittadini. Risveglio che conduca fuori dal fanta-pensiero unico e dalla iperrealtà generata appositamente per evitare qualsiasi forma di rinascita. L’augurio è che il gregge riesca ad alzare la testa e a liberarsi dei propri pastori prima che questi conducano, a forza di alimentare a proprio vantaggio i rapporti di causa ed effetto, il mondo intero all’estinzione nucleare. Che la ragione si desti dal sonno e zittisca i mostri.

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