Print Friendly, PDF & Email

pensieriprov

La Lega lavora per lo straniero

di Sandro Arcais

A me l’Italia, sin dal modo in cui si è formata 150 anni fa, non è mai piaciuta. Sin dall’inizio la sua classe dirigente si è distinta per l’ottusa difesa dei suoi privilegi, per l’esclusione, controllo e repressione delle masse popolari e lavoratrici, per il rifiuto costante di un vero riformismo (mica quello delle “riforme” strutturali con cui i ladri di parole da anni ci asfaltano i marroni), e infine per la sua naturale tendenza a vendersi/ci allo straniero pur di mantenere intatti quei suoi privilegi.

Detto questo, so che lo smembramento dell’Italia è l’ultima carta che sempre quella solita classe dirigente è disposta a giocare per continuare a conservare quei suoi privilegi. Non sembra ancora del tutto decisa a giocarla ora. Sta ancora calcolando costi e benefici. Per ora si mantiene ancora solidamente ancorata al “vincolo esterno” della Unione europea che continuerebbe a chiederci e a chiederci e a chiederci … (l’ultima cosa che ci starebbe chiedendo con urgenza sarebbe quella di spiare, controllare e impedire le comunicazioni elettroniche sul web dei cittadini italiani).

Ma c’è chi, evidentemente, la scelta di smembrare l’Italia l’ha già fatta. Non il grande capitale nazionale, bensì il piccolo e medio capitale lombardo-veneto.

Se osserviamo il referendum leghista “a livello terra”, questo non è paragonabile a quello catalano. Infatti, il referendum leghista è del tutto costituzionale: la Lombardia e il Veneto chiedono di far proprie tutta una serie di “materie di legislazione concorrente” che sono previste dall’art. 117 della Costituzione. Tra le altre materie di ordinaria amministrazione, nel suddetto articolo troviamo anche i “rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni”, il “commercio con l’estero”, “previdenza complementare e integrativa”, “coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario”. Io penso che non ci voglia un grande sforzo di immaginazione per immaginare in prospettiva le conseguenze per uno stato unitario e per la sua sovranità della piena e decisa applicazione da parte di una regione di queste prerogative. Per una regione, tra l’altro, dotata di potere economico reale.

Si dirà che il tutto si svolge all’interno ed è previsto dalla nostra Costituzione. Sì, ma quale Costituzione? L’articolo 117 della Costituzione era questo, e noterete la sollecitudine dei nostri padri costituenti nel precisare che «La Regione emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti dei principî fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempreché le norme stesse non siano in contrasto con l’interesse nazionale e con quello di altre Regioni». E di chi è figlio il nuovo articolo 117? Del centro-sinistra, che nel 2001 sotto il secondo governo di Giuliano Amato, vara la riforma del Titolo V della Costituzione, riforma che poi entra in vigore, a seguito di referendum confermativo a cui partecipò il 34% degli aventi diritto, con una maggioranza del 64% (il che significa che tale riforma è stata confermata da poco più del 20% degli aventi diritto, mentre l’assemblea che elaborò la Costituzione del 1948 fu votata da poco meno il 90% degli aventi diritto). Quello stesso centro sinistra che contemporaneamente ficcava a forza l’Italia nella gabbia (di matti) dell’euro, che cominciava l’opera di deflazione del lavoro e di smantellamento del welfare universalistico, che teorizzava il superamento degli stati-nazione all’interno di una federazione europea, che però … ancora non esisteva.

Ecco che allora, se ci solleviamo un po’ da terra e osserviamo il referendum leghista all’interno di un quadro più largo, quello che vediamo è un altro passo nel processo di dissoluzione dello stato italiano e della sua sovranità all’interno … di cosa? Qualcuno vede in piedi una federazione europea? O vede una qualche cosa di simile all’orizzonte? O ritiene che ci siano le condizioni per cui in tempi umani possa nascere qualcosa di simile? La mia risposta è no. E allora?

Allora il progetto è un altro. E per delinearlo non possiamo accontentarci delle dichiarazioni ufficiali dei protagonisti di questa vicenda. Dobbiamo avere prospettiva e mettere a fuoco cosa sia stata fin dall’inizio la lega, quali siano gli interessi in campo a livello europeo (vedi l’intervento di Massimo d’Angelillo al convegno Unione europea, Lavoro, Democrazia), come si muovano i comprimari in Italia. Di fronte a questo progetto, il grande capitale italiano tende a minimizzare e tranquillizzare oppure usa la classica arma di delegittimare e disprezzare il metodo democratico del voto. Come per la Catalogna, e in questo il referendum leghista si avvicina a quello catalano, è il capitale regionale a fare un altro passo verso “l’Unione europea delle Regioni” (avete capito? l’hanno messa dentro la costituzione italiana!).

Ecco perché affermo che la Lega (e i suoi alleati pentastellati e piddini) lavora oggettivamente per lo straniero, e nello specifico, per il teutonico. Non c’è bisogno di fare dietrologia o di immaginare complotti. Si tratta solamente di seguire i processi, di proiettarli nel futuro neanche tanto lontano, di unire i puntini. Naturalmente io parto dal presupposto che lo stato nazionale e la sua sovranità sia un valore da difendere, non per un astratto ideale, ma perché ci serve. Se tu che leggi, vaneggi di una Europa dei popoli o delle regioni, beh, non è che abbiamo molti terreni in cui incontrarci.

Di fronte a questo tentativo, la carta di un movimento popolare nazionale (che difende cioè gli interessi del popolo lavoratore italiano) è una sola: tornare alla costituzione del 1948, avviare un processo di applicazione integrale della stessa, aprire gli occhi sulla dura realtà che i nostri “alleati” sono i nostri peggiori nemici e di conseguenza cercarne di nuovi, a Oriente.

P.S. Vi chiederete, ma dov’è questo movimento popolare? Prima non c’era, ora c’è: Italia Ribelle e Sovrana.

Comments

Search Reset
0
Eros Barone
Wednesday, 18 October 2017 12:34
Per quanto concerne le analogie tra la Catalogna e il Lombardo-Veneto, è sufficiente considerare i seguenti dati: la Catalogna contribuisce al 21% del PIL nazionale, la Lombardia contribuisce al 22%; la Catalogna fa anche parte del gruppo «I Quattro Motori per L’Europa» insieme alla Lombardia, alla regione francese Rhône-Alpes e alla regione tedesca del Baden-Wuerttemberg. Le affinità economico-sociali sono molteplici, come anche le richieste di esercitare un autonomo potere decisionale sui margini di spesa delle tasse che ogni anno vengono versate, e naturalmente sia gl'indipendentisti catalani sia i cripto-secessionisti lombardo-veneti, da bravi
nord-sciovinisti, si rifiutano di destinare una parte consistente del gettito fiscale al riequilibrio delle aree territoriali più povere della Spagna o dell'Italia. Quindi, l'unica differenza che intercorre tra l'indipendentismo catalano e il cripto-secessionismo lombardo-veneto è una differenza di grado e di tattica, non di qualità e di strategia, essendo identico l'obiettivo che viene perseguito: passare dall'integrazione economica nell'area dell'Europa centrale teutonico-carolingia alla piena integrazione politica in tale area. Quello che stupisce non è l'obiettivo perseguito da queste forze (obiettivo che non è affatto nuovo, in quanto le caratterizza da vari decenni), ma il totale allineamento ad esso da parte di quelle forze che, almeno in una certa misura, dovrebbero contrastare la disgregazione del nostro Paese. Stiamo tornando ai tempi di Carlo VIII (1494-1495), la cui spedizione dette inizio alle "guerre horrende" d'Italia, quando i soldati e i cavalieri di questo sovrano francese cantavano: "Nous allons conquérir les Italies!". Sappiamo come quella vicenda si fosse conclusa: con la pace di Cateau-Cambrésis (1559), la spartizione della penisola tra le grandi potenze dell'epoca (Francia e Asburgo d'Austria e di Spagna) e il "lungo sonno senza sogni" che la seguì e che vide, nei tre secoli successivi, l'Italia ridotta, per un verso, a mera "espressione geografica" (Metternich) e, per un altro verso, a quella "terra di morti abitata da un pulviscolo umano" che Montaigne aveva descritto proprio all'inizio di quel "lungo sonno senza sogni".
Like Like Reply | Reply with quote | Quote
0
Francesco zucconi
Wednesday, 18 October 2017 01:25
Condivido e confermo che basta seguire i
processi dal basso per rendersi conto
che la dissoluzione del'Italia,
stupidamente favorita dal partito
delle regioni dentro il Pd,
(Renzi,in verità non vi appartiene, ma un traditore
come Bersani sì... ) sta procedendo a passo
spedito. Gli ordoliberisti teutonici lavorano alacremente per ottenere i confini del loro spazio vitale, che
necessita di Trieste e del Lombardo -Veneto.
I gruppi comunisti e nazionalisti Sloveni sono
all'opera da anni...E i movimenti antinazionali sanno abilmente utilizzando parole d' ordine storiche
della sinistra per favorire tali chiarissimi progetti...
Basta saper guardare...
Like Like Reply | Reply with quote | Quote

Add comment

Submit