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Il piano franco-tedesco: come sistemare l’eurozona senza far scattare l’allarme

di Leonid Bershidsky

Da Bloomberg una sintesi del piano franco-tedesco per ristrutturare l’eurozona che potrebbe essere attuato dopo questo ciclo elettorale italiano: si tratta di un documento elaborato da eminenti economisti francesi e tedeschi con nuove proposte volte a superare lo stallo delle infinite discussioni sul ministro delle finanze europeo o sull’unione fiscale, e che da un lato danno ad intendere ai paesi del sud un atteggiamento critico verso l’austerità superando la regola del 3%, e dall’altro rassicurano gli elettori del nord sul tanto temuto azzardo morale. Il risultato non cambia: liquidare quel che resta del risparmio privato e del patrimonio pubblico del nostro paese. Grazie a Orizzonte 48 per la segnalazione

Una proposta progettata da eminenti economisti francesi e tedeschi per sconfiggere i facili argomenti contro le riforme.

Al giorno d’oggi gli esperti potrebbero non essere graditi, ma quando si tratta di riformare la zona euro, il consenso degli esperti è importante quanto il consenso politico. La maggior parte degli elettori comprende solo le linee di base delle riforme; ma se gli esperti concordano sui dettagli, questo può essere rassicurante. Fortunatamente per i leader politici, ora esiste un consenso tra gli esperti: è presentato in un documento firmato da 14 economisti francesi e tedeschi appartenenti ai più importanti istituti di ricerca che influenzano le politiche economiche in questi due paesi e alle più importanti università degli USA.

Francia e Germania sono state su lati opposti dello schieramento politico, su posizioni che gli elettori possono facilmente comprendere. La Francia e i paesi dell’Europa meridionale che si trovano sulle stesse posizioni vogliono più margini di manovra nella spesa e più sostegno per mantenere bassi i tassi di interesse. Il punto di vista tedesco riflette l’approccio più deciso del nord Europa verso la disciplina di bilancio e l’avversione per il debito. Gli elettori francesi preferirebbero meno dogmatismo da parte dei tedeschi e più stimoli per lo sviluppo. Gli elettori tedeschi non vogliono pagare per la dissolutezza del sud. Il modo migliore per superare questo scoglio e dare al Presidente francese Emmanuel Macron e al Cancelliere tedesco Angela Merkel la possibilità di una svolta è quello di suggerire soluzioni che spostino l’attenzione da parole d’ordine politiche come “austerità”o “mutualizzazione del debito”.

È ciò che riesce in gran parte a fare il documento dei 14 economisti, che appartengono all’élite degli istituti di ricerca economica, dall’Ifo Institute tedesco alla Paris School of Economics, dal think-tank Bruegel al Peterson Institute of International Economics e da Harvard sino a Berkeley.

Gli economisti chiariscono subito:

“Crediamo che l’alternativa tra una maggiore condivisione dei rischi e maggiori incentivi sia una falsa alternativa, per tre motivi. In primo luogo, una solida architettura finanziaria richiede strumenti sia per la prevenzione delle crisi (buoni incentivi) che per l’attenuazione delle crisi (poiché i rischi permangono anche con i migliori incentivi). In secondo luogo, i meccanismi di condivisione del rischio possono essere progettati in modo tale da mitigare o addirittura eliminare il rischio dell’azzardo morale. In terzo luogo, strumenti di condivisione del rischio e di stabilizzazione ben concepiti sono di fatto necessari perché la disciplina risulti efficace.”

Per dimostrare questi argomenti, il documento propone alcune abili mosse. Gli economisti vogliono un freno a livello UE sull’esposizione delle banche non al debito sovrano in quanto tale, bensì alle garanzie emesse dai governi dei loro paesi. Propongono un limite di possesso del debito di qualsiasi paese della zona euro a un terzo del capitale di una banca. Attualmente, questo rapporto raggiunge il 120% in Italia, il 68% in Germania e il 45% in Francia; poche nazioni europee sono al di sotto della soglia del 33%.

Imporre un tetto massimo basso all’esposizione, dal punto di vista degli economisti, impedirà ai governi di usare il sistema bancario nazionale per assorbire il loro indebitamento irresponsabile. Allo stesso tempo, suggeriscono di creare una “un’area euro di asset finanziari sicuri” che secondo quanto esplicitamente dichiarato non siano delle obbligazioni garantite congiuntamente. Piuttosto, si tratterebbe di titoli garantiti da un portafoglio standard di obbligazioni sovrane. Sarebbero emessi in tranche di diversa seniority (con gradi diversi di garanzia di rimborso).

Mutualizzazione del rischio? Azzardo morale? No e no! I contribuenti tedeschi o olandesi dovranno pagare i debiti italiani o portoghesi? Secondo questo sistema no, non in alcun modo ovvio e chiaro che potrebbe destare clamore tra i refrattari elettori tedeschi o olandesi. Allo stesso tempo, le banche potrebbero disporre di uno strumento flessibile per la diversificazione degli investimenti in titoli di Stato, e le economie meno stabili sarebbero in grado di tenere basso il costo del denaro.

Un’altra proposta che rende più accettabile la condivisione del rischio è un fondo di riassicurazione per i momenti di crisi, al quale parteciperebbero tutti i paesi dell’area dell’euro con lo 0,1 % del loro prodotto complessivo, il che equivale a dire, in base agli ultimi dati, con un importo pari a 11 miliardi di euro all’anno se partecipasse l’intera area euro. Ma non sarebbe scontato: solo i paesi con sane politiche fiscali potrebbero partecipare. Il fondo effettuerebbe trasferimenti una tantum ai paesi che possano dimostrare di aver tentato senza riuscirci di superare una grave crisi da soli. La gravità della crisi sarebbe misurata dal tasso di disoccupazione. Più risulta volatile il tasso di disoccupazione di un paese – il che significa che il paese è più soggetto a crisi – tanto più dovrebbe contribuire al fondo in rapporto alla dimensione della sua economia. E i pagamenti cesserebbero se il livello di disoccupazione non diminuisse.

Potrebbe sembrare un complotto della Germania per penalizare i paesi più deboli e imporre loro l’austerità attraverso regole di bilancio come i vincoli europei (applicati in modo approssimativo) secondo i quali il deficit del bilancio pubblico deve restare al di sotto del 3% del Pil. Ma i quattordici economisti propongono di abolire il principio europeo, considerandolo mal progettato. Lo condannano da un punto di vista anti-austerity, in quanto sostengono che abbia limitato troppo la politica di stabilizzazione durante la recente crisi della zona euro e messo troppa pressione sulla Banca centrale europea nel dover fornire stimoli.

Stanno cercando di rimpiazzare il vincolo del deficit con una regola che renda certo che la spesa pubblica non cresca più della produzione e inflazione messe insieme – e che cresca ancor meno nei paesi che necessitano di abbattere il debito, diciamo, al 60 percento del PIL. Questa regola, tuttavia, non dovrebbe essere scolpita nella pietra: dovrebbero esserci delle eccezioni per i paesi che “intraprendono riforme per il miglioramento della solvibilità o importanti riforme che possano aumentare il potenziale di crescita”.

In generale, la spesa pubblica della zona euro è cresciuta più lentamente della produzione negli ultimi anni, quindi questo tipo di obiettivo sarebbe in linea con la tendenza e non dovrebbe rappresentare un ostacolo in caso di crisi a causa delle eccezioni.

Come meccanismo di applicazione, gli economisti suggeriscono che i governi finanzino gli eccessi di spesa con obbligazioni subordinate – le prime ad essere soggette a bail-in in caso di crisi – che non godrebbero dei benefici di legge previsti oggi per il debito sovrano. I tassi di interesse su questo genere di debito saranno probabilmente alti, scoraggiandone l’emissione.

Si tratta di proposte mai sperimentate a livello politico, e il documento include anche alcune proposte, come un sistema di assicurazione dei depositi comune all’eurozona, che è improbabile che abbiano  successo presso gli elettori tedeschi, per quanto le si circondi di parole allettanti e di condizionalità. Ma la regola fiscale e la proposta sugli asset finanziari sicuri sono confezionate abbastanza bene da evitare che suoni l’allarme. L’attuazione di tali misure migliorerebbe la stabilità economica della zona euro, anziché tentare di risolvere i problemi con discussioni infinite su un ministro delle finanze europeo e un bilancio comune. I governi francese e tedesco dovrebbero prestare loro attenzione: in mancanza di altre idee per riformare l’eurozona in questo ciclo elettorale, queste iniziative potrebbero riportare un importante successo – anche se la maggior parte degli elettori non riusciranno a comprenderne i dettagli.

Comments

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Vincesko
Saturday, 27 January 2018 16:28
Discussione surreale: l'Italia presenta, tranne due in piena crisi, un avanzo primario spesso consistente da 25 anni, vale a dire che le entrate sono superiori alle uscite, esclusi gli interessi. Il debito pubblico cresce solo per colpa degli interessi passivi. Durante la grande recessione, è il Paese che ha fatto meno politica economica anticiclica e non ha dovuto salvare le banche con soldi pubblici, come hanno fatto la Germania, la Francia e l'Olanda, anche con soldi di tutti gli Europei dell'Eurozona e quindi anche nostri. Eppure è raccontata agli occhi dei furbi Tedeschi e Olandesi, interpreti magistrali del detto napoletano chiagne e fotte, come Paese spendaccione.
Se non mi credete, leggete ciò che scrive l’ISTAT, verso la fine di questo lungo documento in cui ho ricostruito le vicende politico-economiche della scorsa legislatura.

L'assassinio della verità, chi ha davvero messo le mani nelle tasche degli Italiani e causato la grande recessione
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2859408.html oppure
http://vincesko.blogspot.com/2018/01/lassassinio-della-verita-chi-ha-davvero.html
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