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Status quo

di Pierluigi Fagan

Con spirito di servizio in favore della comprensione delle dinamiche del mondo, offro una nota sulle avvenute e temute elezioni a Taiwan. L’argomento ha due insidie. La prima è leggere le elezioni solo con occhi bipolari, favorevoli o contrari agli USA o alla Cina. La seconda è usare le sigle degli sconosciuti partiti taiwanesi e i nomi (Lai, Hou, Ko) dei loro leader e candidati presidenti che, se cosa corretta sul piano informativo preciso, credo si fa una gran fatica a seguire. Evitando le due insidie, come sono andate le elezioni?

Il partito di governo, filo USA, ha rivinto. Ma ha vinto con il 40% mentre quattro anni fa aveva vinto col 57%. Ha inoltre perso parecchio nelle parallele elezioni legislative, perdendo tra l’altro la maggioranza assoluta e passando da 61 a 51 seggi. Ha dunque vinto, ma con riserva. Da quanto letto in passato e stante che i taiwanesi si aspettano un governo del Paese e dei suoi affari e problemi oltre la questione “da che parte stiamo?”, questo partito è in parte corroso da questioni di cattiva amministrazione, corruzione e nepotismo ovvero malattie tipiche di ogni potere. Sembra che questi problemi abbiamo pesato nel voto che, ripeto, agli occhi di un taiwanese riguarda uno spettro di questioni politiche molto più ampio che non la nostra fissa del “da che parte stai?”.

Il partito di opposizione, diciamo più filocinese, non ha vinto e del resto non vince dal 2016. Ha realizzato il 33,5% contro il 38,6% di quattro anni fa. C’è però da dire che sia per questo partito che per quello di governo, la volta scorsa i contendenti era sostanzialmente solo loro due mentre questa volta c’è un terzo partito di cui poi parleremo. Nelle legislative però, ha fatto un bel salto da 38 a 52 seggi diventando quindi primo ma non assoluto. Con i voti di due partiti satellite e soprattutto coi voti del terzo partito strapperebbe la maggioranza al partito di governo realizzando la tipica anatra zoppa. Questo risultato delle elezioni parlamentari conferma come i taiwanesi hanno, come tutti, un vasto elenco di problemi da gestire e si fa torto alla comprensione del caso, star lì solo a proiettare le nostre fregole bipolari. Anche l’ottimo risultato di questo partito alle legislative non ha quasi nulla a che vedere con la questione bipolare, ma con il buon o cattivo governo o quantomeno l’aspettativa del primo rispetto al secondo.

E veniamo al dato più nuovo, il terzo partito. Questo realizza un buon 26,5%, praticamente non c’era quattro anni fa. Alle legislative invece, guadagna solo 3 seggi (da 5 a 8, comunque un +50% relativo) diventando l’ago della bilancia della futura maggioranza parlamentare, cosa che gli permetterà di giocare le sue carte. Questo partito è dato come “partito dei giovani” sebbene ancora privo di una classe politica territoriale. Praticamente equidistante sulla questione bipolare, si è occupato di questioni diverse tra cui un -pare- endemico problema di case per coppie o singoli giovani che pur lavorando e molto, non riescono a rendersi autonomi. Il suo leader è stato in passato sindaco di Taipei e nel tempo ha oscillato da posizioni filogovernative a filopposizione.

Va ricordato che in previsione delle elezioni di ieri, il partito di opposizione e il terzo partito avevano a lungo trattato la presentazione di un ticket unitario. Ovviamente al momento di discutere il candidato presidente hanno litigato. Se avessero unito le forze avrebbero vinto a mani basse.

Quindi le elezioni come sono andate? In modo interlocutorio direi. Se mi posso permettere una ipotetica estrazione di volontà politica taiwanese media, credo questa sia favorevole semplicemente allo "status quo". Si fanno affari con tutti, amici di tutti, formalmente non si è indipendenti e guai a rivendicarlo, ma tanto lo si è nei fatti, quindi va bene così. I cinesi hanno detto che dovremmo unirci prima del 2049? Vabbe’ c’è tempo, vedremo, siamo pur sempre tutti cinesi e i cinesi col tempo hanno un rapporto diverso dal nostro. Tutto ciò stante le ovvie accortezze di convivenza con il gigante della porta accanto e anche flirtando, ma con discrezione, col suo nemico, così tanto per bilanciarsi. Stante che l’Asia non cinese comprende anche il Giappone, la Corea del Sud e molti altri, con cui Taiwan vuole fare comunità.

Importante verificare come finirà il mercanteggiamento per i voti del parlamento, cosa che solo il leader del terzo partito sa come andrà probabilmente a finire. Se questa terza forza restituisse una maggioranza al partito di governo o la perdita finale dell'assemblea, cambierebbe di non poco anche il tono della politica estera riguardo la questione bipolare che tanto ci interessa.

Tutto il resto è cinema e di vibranti sceneggiature son pieni i principali organi di stampa occidentali che rassicurano che la democrazia taiwanese è salva e la Cina sconfitta. D'appoggio ci serviamo di Reuters non proprio al di sopra di ogni sospetto, ma in mancanza di meglio...


https://www.reuters.com/world/asia-pacific/taiwans-new-president-faces-tough-time-with-china-pressure-no-parliament-2024-01-14/

Comments

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Piero Pagliani
Friday, 19 January 2024 15:12
Esattamente così, caro Pierluigi Fagan. Status quo. Noi in Occidente ci facciamo tanti film tutti incentrati sul nostro ombelico. Al di là della retorica di Pechino e Taipei, a entrambe le parti va bene lo status quo.
Certamente gli USA possono cercare di alterarlo. Possono inviare personaggi come Nancy Pelosi a fare provocazioni e pressioni. Ma ricordo che appena se ne andò via, la presidente Tsai Ing-wen si precipitò a dire che una confronto armato con Pechino era fuori discussione.
L'Occidente vive in un universo alternativo in cui tutta la Via Lattea usa i suoi stessi ragionamenti, ha le sue stesse preoccupazioni e gli stessi metri di giudizio. Ma nel mondo reale non funziona così.
E noi siamo addirittura ridicoli. Alcuni anni fa ero fermo su una trafficatissima autostrada indiana percorsa da camion giganteschi e inquietanti che trasportavano enormi quantità di merci, spesso con su scritto "India Is Great". Avevo con me due quotidiani indiani in lingua inglese e cercavo notizie dall'Italia. Finalmente ne trovai una, l'unica!, un minuscolo trafiletto nascosto in una pagina secondaria: «Il cane di Berlusconi è depresso». Giuro, non era un giornale satirico, ma molto serio.
India is great vs il cane di Berlusconi è depresso.
Cerchiamo di avere il senso della misura e capire che non siamo più i primi della classe e non torneremo a esserlo per quante guerre noi si possa provocare (anzi).
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