Lettera ai compagni sulla guerra imperialista
di Roberto Gabriele*
È evidente a tutti che la situazione sta superando il limite di guardia. L'imperialismo occidentale a guida americana è in crisi, ma ha deciso, per non arretrare, di scatenare una catena di eventi bellici e costruire capisaldi militari da cui partire per estendere il conflitto.
Il punto di partenza, com'è noto, è stato l'Ucraina. Lì gli USA e la NATO hanno iniziato a concepire una risposta globale alla Russia che non aveva accettato la logica dell'accerchiamento strategico disegnato dagli americani coi paesi europei e l'UE. Già da questa prima fase della ‘guerra a pezzi' i comunisti, quelli almeno che non si sono fatti travolgere da posizioni neotrotskiste basate sulla lotta tra imperialismi, hanno dato battaglia contro tutte le ambiguità per affermare la verità dei fatti. In Italia questa battaglia ha avuto successo. Nonostante l'alleanza di fatto tra destra atlantista e PD, a sinistra ha prevalso la consapevolezza che la responsabilità della guerra in Ucraina è da attribuire ai neonazisti di Kiev e alla Nato.
Gli americani speravano in un facile successo e di incrinare con l'embargo e l'uso della quinta colonna la compattezza del governo di Putin, ma i loro calcoli erano sbagliati e le forze ucraine si sono impantanate in una guerra di logoramento senza sbocco.
L'attacco di Hamas a Israele ha aperto un nuovo fronte. Anche qui le condizioni oggettive hanno determinato la risposta palestinese al nazi-sionismo che teneva in gabbia la popolazione di Gaza e allo stillicidio di morti nella Cisgiordania occupata. La sconfitta di immagine di Israele e le difficoltà sul campo sono evidenti, ma anche qui l'imperialismo occidentale fa quadrato. Le forze aereo-navali angloamericane, con l'appoggio dell'UE e dell'Italia, sostengono l'esercito nazista di Israele e allargano la guerra al Libano, alla Siria, allo Yemen.
Il progetto imperialista, dopo che in Ucraina e in Palestina si è scoperto il gioco, sta diventando quello di creare una catena di intervento o deterrenza militare su tutto quello che USA e alleati ritengono il fronte di guerra, dall'Ucraina, al Medio Oriente, a Taiwan, alla Corea del Nord e non è escluso che a breve si aprano altri fronti.
Se è vero che in questi due anni, a partire dal gennaio 2022, i comunisti e gli antimperialisti hanno dimostrato chiarezza e determinazione nella lotta contro i responsabili delle guerre e a fianco del popolo palestinese, ora che la situazione si sta aggravando e gli scenari prevedono non solo l'allargamento dei conflitti, ma una possibilità di scontro frontale con paesi come Russia, Cina e Iran che sono il perno della resistenza antimperialista, bisogna prepararsi al peggio e, nel contempo, fare il possibile perché gli scenari più foschi non si materializzino. C'è bisogno perciò che la mobilitazione contro il governo Meloni e i fautori delle guerre imperialiste si organizzi stabilmente e mantenga la sua pressione con continuità. Gli eventi possono precipitare e bisogna prepararsi per tempo, anche contro la inevitabile repressione interna.
Unità delle forze antimperialiste, capacità di unire chi è contro la guerra, solidarietà col popolo palestinese, far uscire l'Italia dalle guerre. Su questi obiettivi i comunisti devono non solo impegnarsi, ma essere un'avanguardia politica capace di guidare lo scontro.
Comments
comprendo lo spirto di questa tua lettera aperta "ai compagni". Eppure ci sono cose che non mi tornano affatto. Le metto dalla coda.
Cosa è il voler "far uscire l'Italia dalle guerre" mi sfugge. Di fatto è l'atteggiamento del proletariato occidentale (più o meno organizzato) ai primi evidenti colpi di una crisi generale: fa blocco non manifestandosi a difesa della relazione che lo stringe all'interno della sua determinazione nella produzione del valore. Far uscire l'Italia dalla guerra è impossibile, se gli eventi cui stiamo assistendo sono il precipitato di una crisi più generale.
L'altro punto è che il punto di partenza (della crisi del modo di produzione o dei conflitti bellici?) piuttosto che essere "l'Ucraina", esso come manifestazioni fenomenologiche potremmo individuarlo nella disfatta Afghana e la "indecorosa" ritirata da Kabul, decisamente più disastrosa per gli USA e l'Occidente rispetto alla ritirata di Saigon del 30 aprile 1975. Infatti, nel mentre gli USA si ritiravano dal Vietnam per presa d'atto di essere sconfitti, la Cina si trovava nella necessità di far entrare enormi masse di capitali dagli USA e dall'Occidente per sviluppare il mercato interno e l'economia e fu il preludio di una ulteriore espansione in profondità del mercato mondiale interconnesso. Pochissimi anni dopo fu l'implosione dell'URSS per crisi finanziaria e deficit di competitività. All'indomani della ritirata da Kabul gli USA e l'Occidente sono rimasti con un pugno di mosche in mano, non controllano più la parte decisiva della produzione dei moderni macchinari, vengono presi a pedate nel sedere nel Sahel e non hanno nemmeno la capacità di rifornire alla bisogna e con la velocità necessaria Ucraina in fatto di munizioni e armamenti. Quindi piuttosto che chiamare i compagni a "far quadrato per far uscire l'Italia dalle guerre", semmai bisognerebbe prenderci a sberle quando ci guardiamo allo specchio: la storia sta presentando il conto al movimento storico di un modo di produzione determinato, mettendo in crisi il punto più alto del suo unitario sviluppo, l'eccezionalità della storia degli USA e l'Occidente.