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Il Mainstream e l’omeopatia dell’orrore

di Giorgio Lonardi

Nelle ultime settimane, in concomitanza con l’accelerazione imposta da Israele al genocidio palestinese, si assiste a un analogo cambio di passo anche da parte dell’informazione embedded che, ormai, sembra lavorare al passo e al ritmo dei massacratori israeliani e dei loro complici (USA, UE, paesi arabi, con pochissime e lodevoli eccezioni).

La nuova strategia informativa dei Tg non è più quella della negazione, resa del tutto impossibile da una pletora di dati, video, studi e dichiarazioni pubbliche dello stesso governo israeliano, bensì quella dell’assopimento, della normalizzazione, della distrazione e dell’assuefazione dell’opinione pubblica all’orrore quotidiano.

Le vie seguite nella costruzione della nuova narrativa mainstream sono molteplici. Si va dalla manipolazione linguistica, alla concessione parziale, allo spostamento del focus, per giungere infine alla somministrazione dell’orrore a dosi omeopatiche e tollerabili. D’altronde ci troviamo in una fase storica complessa, nella quale il senso morale dell’opinione pubblica è distratto e debilitato da problemi quotidiani impellenti e, spesso, vitali. Le persone hanno sovente poco tempo, scarse risorse e strumenti limitati per informarsi a fondo mediante reali alternative alla narrazione dominante.

Lo strumento della manipolazione linguistica, in realtà, è stato utilizzato dal potere fin da i tempi più remoti, ma nei brevi Tg nostrani assume forme addirittura grottesche.

Un esempio tra i più datati è l’utilizzo della parola “scontri”, quando si descrive il confronto tra il potentissimo esercito di Tel Aviv e i civili palestinesi che vengono quotidianamente uccisi dalle forze occupanti a un qualsiasi posto di blocco o perché ritenuti, per qualsivoglia ragione, una possibile minaccia.

Lo stesso termine è stato ovviamente esteso dai nostri telegiornali alle aggressioni che i coloni israeliani perpetrano giornalmente a danno di agricoltori e residenti palestinesi in Cisgiordania. L’uso di questo termine, che evoca realtà episodiche e non programmate, serve ovviamente ad occultare la natura e lo scopo delle consolidate pratiche sioniste che mirano allo sfollamento dei residenti, alla pulizia etnica e all’insediamento ebraico.

Nelle ultime settimane la narrativa mainstream è giunta ad ammettere che il governo israeliano ha effettivamente compiuto crimini di guerra. Questa parziale ammissione ha più finalità: attenuare il senso di straniamento che lo spettatore è costretto a vivere ogniqualvolta confronta le notizie televisive con le fonti provenienti dai social o dalla rete; inoculare la convinzione che il problema stia esclusivamente nel governo Netanyahu e non nel sionismo in quanto tale.

Le altre strategie elencate sopra sono però ben più pervasive e devastanti. Negli ultimi giorni, quando i Tg ci “informano” su Gaza, si concentrano sulle sempre “promettenti” trattative che si tengono in Qatar o sui guai del primo ministro israeliano, mentre le notizie degli omicidi attuati dall’esercito di Tel Aviv nella Striscia vengono ridotte all’osso e alla pura contabilità dei morti.

Si utilizza spessissimo la parola “morti” al posto di uccisi, non importa se sono dieci, venti o cento, l’importante è che le morti dei palestinesi sembrino un fenomeno naturale, cadenzato e costante come il ticchettio di un orologio al quale, dopo un po’, nessuno farà più caso.

Questa strategia comunicativa semi – subliminale, un combinato disposto di parziale ammissione, attenuazione e assuefazione, alla quale siamo quotidianamente sottoposti, mira alla mitridatizzazione: inocula omeopaticamente il veleno dell’abitudine alla disumanità, alla crudeltà e allo sterminio, quasi si tratti di una sorta di spirito del tempo ormai ineludibile e, come tale, “normale” e accettabile.

Il genocidio di Gaza ha squarciato completamente il velo d’ipocrisia che per decenni ha avvolto il suprematismo occidentale.

La prima forma di rivolta a favore della causa palestinese, dell’umanità e dell’emancipazione popolare è oggi quella di rigettare la narrazione surrettizia che assume come premessa quella che vi siano esseri umani il cui sterminio è in qualche forma “accettabile”.

Se si accetta questo principio suprematista, domani Gaza sarà in ogni periferia del mondo e nelle nostre stesse periferie. Dobbiamo essere tutti palestinesi!

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