
Lenin e la metafisica
di Salvatore Bravo
In Materialismo ed empiriocriticismo (1908) Lenin pone le condizioni per la pensabilità della rivoluzione. Il marxismo dogmatico conduceva all’inazione, in quanto la storia era consegnata alle leggi supreme e positivistiche della storia speculari alle leggi di natura, per cui bisognava attendere l’ordine delle leggi. Una delle motivazioni del fallimento del biennio rosso in Italia fu l’attesa incrollabile negli eventi, per cui non ci si adoperò per coordinare le azioni tra operai e campagne, ma si attese la rivoluzione che non si materializzò.
Lenin comprese nel suo genio l’urgenza di ricostituire il legame tra pensiero ed essere senza dogmatismi e ponendo la centralità della coscienza del partito e della classe operaia in relazione dialettica e pensata con la storia. La scissione tra pensiero ed essere aveva assunto caratteri di “scientificità”, si pensi al fisico Mach per il quale anche le teorie scientifiche erano prospettive che funzionavano e non rispondevano alla realtà come essa era nella sua verità, giacché l’essere umano è prigioniero della sua rappresentazione e dei suoi sensi, questi ultimi sono l’unica realtà accessibile e pertanto l’in sé resterà sempre un “segreto e un mistero”. La filosofia di Mach è una forma di positivismo che cela l’idealismo, o meglio è idealismo travestito di idealismo, così affermava Lenin. Tale concezione in campo filosofico e politico ledeva fortemente la prassi e la razionale dialettica progettuale, poiché i singoli come i gruppi sociali sono interni a una rappresentazione del mondo e di conseguenza la progettualità è prospettica e non ha nessun valore oggettivo, essa è fortemente limitata dal soggettivismo interpretativo.
Quest’ultimo non può certo innalzarsi verso l’universale e motivare alla trasformazione del reale e della storia. Questo è il punto centrale della metafisica di Lenin. Il materialismo dialettico è trasformazione della materia secondo le sue leggi oggettive. La rivoluzione è conoscenza oggettiva delle leggi della materia-storia e la veridica decodifica dei dati oggettivamente rilevabili e concettualizabili conduce ad agire per trasformare le potenzialità in direzione del fine (comunismo). La coscienza è materia per Lenin, ma una speciale materia, poiché essa registra i dati in modo dialettico per coglierne le strutture oggettive e orientarle verso la direzione della rivoluzione (fine). Il materialismo di Lenin non è meccanico, poiché in esso vi è il fine oggettivo che necessita della coscienza di classe per poter svolgere il suo processo trasformativo. La rivoluzione russa fu possibile, in quanto Lenin e i compagni di partito seppero decodificare le leggi della storia nel loro contesto strutturale per poter avviare la trasformazione, se si fossero attenuti alla filosofia della storia marxista avrebbero rinunciato ad agire, dato che la rivoluzione era prevista nei paesi industrializzati e non certo in Russia.
Per Lenin la realtà oggettiva esiste e le sensazioni sono il legame tra l’essere umano e la realtà, entrambe sono materia, per cui tra esse vi è uno scambio che rende la realtà gradualmente conoscibile e trasformabile:
Per ogni scienziato non sviato dalla filosofia professorale, come per ogni materialista, la sensazione è realmente il legame diretto della coscienza col mondo esterno, è la trasformazione dell’energia dello stimolo esterno in un fatto della coscienza. Ogni uomo ha osservato milioni di volte questa trasformazione e continua a osservarla effettivamente a ogni passo. Il sofisma della realtà idealistica consiste nel considerare la sensazione non come un legame tra la coscienza e il mondo esterno, ma come una barriera, un muro che separa la coscienza dal mondo esterno, non come l’immagine di un fenomeno esterno corrispondente alla sensazione, ma come <<l’unica realtà esistente>>1”.
Materialismo dialettico
La terra esisteva prima che noi nascessimo e questo dato nessuna forma di idealismo potrà mai smentirlo. La realtà materiale è l’in sé che la coscienza trasforma in per sé, per cui le barriere del solipsismo e dell’irrazionalismo cadono. Il contatto con la realtà non è una semplice aspirazione, è realtà oggettiva e pensabile e, similmente, le condizioni storiche sono pensabili e dialettizabili dalla coscienza che, in tal modo, può guidare i processi verso la rivoluzione, se vi sono le condizioni oggettive. La coscienza è materia che pensa e agisce nel mondo materiale e ciò rende reale la rivoluzione. L’attività trasformatrice della coscienza è il punto cardine della rivoluzione, ma essa deve porsi in contatto con la realtà storica e naturale, perché possa portare in porto i suoi fini. I professori universitari, che Lenin definiva i “commessi dei padroni” erano e sono i costruttori di barriere artificiali tra la coscienza e la realtà, in tal modo il soggetto diviene il soggetto passivo ed esecutore di dinamiche che lo attraversano e lo conducono verso traguardi decisi da altri. L’idealismo astratto è il pericolo da disinnescare al tempo di Lenin come nel nostro tempo:
“Tiriamo le somme. Abbiamo letto il parere di tre profeti dell’empiriocriticismo che si sono travagliati, sudando sette camicie, per conciliare la loro filosofia con le scienze naturali, per tappare le falle del solipsismo. Avenarius ha ripetuto l’argomento di Fichte e ha sostituito al mondo reale un mondo immaginario. Petzoldt si è un po’ allontanato dall’idealismo di Fichte e si è avvicinato all’idealismo di Kant. Willy, fatto fiasco col suo <<verme>> ha lasciato correre si è lasciata scappare la verità: o il materialismo o il solipsismo o addirittura il riconoscimento che nulla esiste all’infuori del momento presente2”.
Relativismo ideologico
L’irrazionalismo in cui versiamo conduce al solipsismo. La propaganda capitalistica ripete il mantra del relativismo per cui tutto è relativo e la realtà oggettiva è solo il sogno utopistico di menti disancorate dal “crudo vero”. Nulla di più falso e di ideologico la realtà esiste con le sue leggi e con le sue conseguenze ed essa conserva potenzialità dialettiche che i dominatori non vogliono che siano contemplate e conosciute per rimettere in moto la storia. Un vero ribaltamento del nostro tempo potrà materializzarsi, è il caso di dire, solo con la ricostruzione della metafisica reale e, dunque con la ricostruzione dell’ontologico legame tra pensiero e realtà. Il relativismo e l’idealismo astratto chiudono l’essere umano nella sua impotente solitudine e non possono che favorire i processi di consolidamento del capitalismo, che continua la sua corsa oggettiva verso l’annichilimento dell’umanità, delle specie non umane e del pianeta. Per Lenin dunque bisogna oltrepassare le scissioni che eleva no barriere e consentono all’impotenza di avanzare:
“L’eliminazione materialistica del <<dualismo di spirito e corpo>> (cioè il monismo materialistico) consiste in ciò: lo spirito non esiste indipendentemente dal corpo, lo spirito è secondario, è una funzione del cervello, un’immagine del mondo esterno3”.
Il materialismo dialettico è la risposta di Lenin a semplicismi, scissioni e barriere che se non pensati portano alla conservazione e al consolidamento del capitalismo. Poniamo un esempio di oggettività che i media rappresentano come scelta soggettiva-relativa: le tredici ore di lavoro varate in Grecia in questi giorni. Esse non sono un dato soggettivo, la farsa liberale li presenta come “libera scelta”, ma oggettivamente tredici ore di lavoro sono una forma di schiavitù e di negazione del senso etico del lavoro, giacché presuppongono la condizione servile e reificata dei dominati. Riportare la verità nella storia è la via della rivoluzione, affinché ciò sia possibile bisogna lavorare per il passaggio dalla non conoscenza alla conoscenza, solo con tale passaggio dialettico la realtà acquisisce il senso razionale che dispone alla sua trasformazione:
“Nella teoria della conoscenza, come in tutti i campi della scienza, occorre ragionare dialetticamente, non presupporre che la nostra coscienza sia bell’e fatta, ma esaminare in qual modo dalla non conoscenza si passa alla conoscenza, in qual modo una conoscenza incompleta, imprecisa diventa più completa e più precisa4”.
Anche la coscienza è parte dei processi materiali e di trasformazione, essa si evolve qualitativamente con l’instaurarsi del legame veritativo tra pensiero ed essere (realtà storica). Senza tale principio si resta inchiodati al presente e alla disperazione della “non conoscenza”, la quale è la madre di ogni sudditanza. Lenin ci rammenta, per contrasto, il nostro tempo storico in cui la realtà è stata sostituita con le immagini finalizzate a incentivare i processi di derealizzazione. Le immagini hanno sostituito i legami con la classe di appartenenza (coscienza di classe) e con le comunità (patria). La solitudine e l’isolamento sono la forza del capitalismo. La precarietà affettiva e l’omologazione necrotizzano sul nascere il pensiero della rivoluzione, poiché la realtà evapora tra immagini, slogan e propaganda. Senza formazione politica e filosofica nulla sarà possibile; la storia per riprendere il suo cammino necessita di coscienza di classe e quest’ultima si forma mediante la formazione politica e metafisica. Ecco il compito dell’umanità rivoluzionaria, a cui in ogni tempo ed epoca non ci si può sottrarre:
“In compito supremo dell’umanità è di cogliere questa logica obiettiva dell’evoluzione economica (dell’evoluzione dell’essere sociale) nei suoi tratti generali e fondamentali allo scopo di adattare ad essa, nel modo più netto, più chiaro, più critico possibile, la propria coscienza sociale e la coscienza delle classi avanzate di tutti i paesi capitalisti5”.
Nel mese in cui ricorre la Rivoluzione d’ottobre Lenin, dimenticato e sconosciuto nei paesi a capitalismo reale e totalitario, ci indica ancora la via per l’assalto al Palazzo d’inverno.






































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