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Bella, ciao

di Stefano G. Azzarà

Lo spettacolo osceno dei parlamentari del PD e di Siderurgia & Aperitivo che evirano la democrazia parlamentare cantando Bella Ciao conferma che abbiamo perso definitivamente un’altra casamatta. E ci dice che l’uso della retorica dell’antifascismo non è più che il canto funebre dell’antifascismo stesso, un’esperienza storica di emancipazione che nel nostro Paese va oggi morendo assieme alla Costituzione repubblicana e alla democrazia nella sua accezione moderna.

Negli anni Venti e Trenta del XX secolo, intrecciata al conflitto politico-sociale, si è svolta una lotta egemonica furibonda per il significato delle parole. Volk, Arbeiter, Sozialismus…: ancora forte della fame, della spinta ascendente dei propri miti rivoluzionari e alla testa di un processo storico impetuoso che abbracciava tutta la Terra, il movimento operaio e democratico è riuscito a respingere l’ultimo colpo di coda del vecchio ordine e – pur avendo subito in Europa delle gravi sconfitte - a difendere il significato che queste parole avevano assunto dal 1848 in avanti.


Non è stato così nel dopoguerra, quando proprio l’attenuazione del conflitto, la presenza di rapporti di forza più favorevoli e lo sviluppo delle forze produttive hanno favorito una progressiva identificazione dell’antifascismo con il ben diverso concetto di “antitotalitarismo” proprio del Mondo Libero. Non a caso, oggi la potenza antifascista per definizione - che è anche quella potenza che per definizione è in grado di imporre i nomi - sono gli Stati Uniti e il pericolo principale viene da questi indicato nel “fascismo” islamico come nel “fascismo” dei nuovi Hitler di volta in volta costruiti dall’industria mediatica del consenso.

L’esito della Guerra Fredda ha fatto il resto. E nel costume di casa di questa semicolonia, quel termine, che ha prevalentemente una funzione simbolica compensativa (allevia il dolore e la vergogna per dover votare qualunque porcheria), è oggi anche lo strumento politico-morale che fornisce il titolo di legittimità per la manipolazione assoluta della verità. E per l’espulsione dell’avversario dallo spazio sacro della civiltà e del politicamente corretto nel mare barbaro dell’abiezione, della volgarità, praticamente del terrorismo.

Siamo costretti a obiettare e faremo perciò di tutto per difendere il significato delle parole. Ma non riconquisteremo mai più il concetto di antifascismo. Facciamocene una ragione

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