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L’occidente e le guerre “umanitarie”

di Anthony Freda

Riprendiamo un attualissimo articolo pubblicato dal Washington Blog nel 2015, che si occupa delle “guerre umanitarie” intraprese dai governi occidentali. Ogni volta che gli USA vogliono cambiare gli equilibri geopolitici di una regione ne destabilizzano i governi, prendendo a pretesto presunte emergenze umanitarie (che poi si rivelano completamente false o enormemente ingigantite, ex-post) e intervengono militarmente, causando molte più vittime di quelle che a parole volevano evitare. Quindi lasciano le regioni dove intervengono tra le rovine e il caos. L’ennesimo esempio è l’attuale situazione in Siria. E per l’ennesima volta i media nostrani tentano di convincere l’opinione pubblica della “necessità” di un’altra “guerra umanitaria”

Guerre umanitarie 611x500La prima “guerra umanitaria” dell’era post-guerra fredda è avvenuta in Kosovo, Bosnia e Serbia, regioni della ex Jugoslavia (Croazia e Slovenia erano anch’esse regioni della ex Jugoslavia che hanno pure giocato un ruolo nella guerra).

Secondo Wikipedia:

I “bombardamenti umanitari” sono un’espressione che si riferisce al bombardamento della NATO sulla Repubblica Federale della Jugoslavia (24 marzo – 10 giugno 1999) durante la guerra del Kosovo… L’espressione strettamente connessa “guerra umanitaria” è apparsa contemporaneamente.

Infatti, la guerra in Jugoslavia è stato il modello per tutte le seguenti “guerre umanitarie”… in Libia, Siria, Nigeria (pensate a Boko Haram) e altrove.

Il leader attivista contro la guerra David Swanson l’ha descritta così:

Quello che il vostro governo vi ha raccontato riguardo il bombardamento del Kosovo è falso. Ed è una cosa importante.[…]

L’inizio della guerra di aggressione della NATO, la sua prima guerra post-Guerra Fredda per imporre il suo potere… ci fu presentata come un atto di filantropia .

Le uccisioni non si sono fermate. La NATO continua a espandere i suoi confini e la sua missione, in particolare in posti come l’Afghanistan e la Libia. È importante come tutto è cominciato, perché spetta a noi fermarlo. […]

Gli USA si sono adoperati per lo smantellamento della Jugoslavia, hanno impedito a livello internazionale che si arrivasse a un accordo tra le parti, e si sono impegnati in una campagna di bombardamento massiccio… Tutto questo è stato ottenuto con bugie, invenzioni ed esagerazioni riguardo le atrocità (commesse in Jugoslavia NdVdE) e poi giustificate ex-post come una risposta alla violenza che in realtà loro stessi hanno generato.

A seguito dei bombardamenti, gli USA hanno consentito ai musulmani bosniaci di ottenere un piano di pace molto simile al piano che gli stessi USA avevano impedito prima della guerra. Ecco cosa ha dichiarato il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Boutros Boutros-Ghali:

“Nelle sue prime settimane di governo, l’amministrazione Clinton (inteso come Bill NdVdE) ha inflitto un colpo mortale al piano Vance-Owen che avrebbe dato ai serbi il 43% del territorio di uno stato federale. Nel 1995 a Dayton, l’amministrazione si è vantata di un accordo che, dopo circa tre anni di orrore e sofferenza, ha dato ai serbi il 49% di uno stato diviso in due”.

Ora che sono passati così tanti anni dovrebbe importarci di quello che ci hanno raccontato riguardo finte atrocità che i ricercatori non sono stati in grado di riscontrare, allo stesso modo in cui non sono stati in grado di trovare le armi di distruzioni di massa in Iraq, o le prove dei piani di sterminio di civili a Bengasi, o le prove dell’utilizzo di armi chimiche del governo siriano. […]

La NATO ha davvero dovuto bombardare il Kosovo 15 anni fa per scongiurare un genocidio? Veramente? Perché sabotare le negoziazioni? Perché ritirare gli osservatori?

È la Jugoslavia, non l’Iraq o l’Afghanistan, che i guerrafondai continueranno a indicare negli anni a venire come modello per le future guerre – a meno che non li fermiamo.  È stata una guerra che ha aperto una strada…

John Pilger è un giornalista molto apprezzato (il direttore della sezione affari internazionali della BBC, John Simpson, ha sottolineato che “un paese che non ha un John Pilger tra i suoi giornalisti è davvero un paese molto debole”). Pilger questa settimana ha scritto:

La “Guerra umanitaria” contro la Libia ha dipinto un modello caro ai cuori dei progressisti occidentali, specialmente sui media. Nel 1999, Bill Clinton e Tony Blair hanno mandato la NATO a bombardare la Serbia perché, mentirono, i Serbi stavano commettendo un “genocidio” etnico contro gli albanesi nella provincia secessionista del Kosovo.

David Scheffer, ambasciatore Americano itinerante per i crimini di Guerra (sic!), sostenne  che “225.000 persone di etnia albanese tra i 14 e i 59 anni” avrebbero potuto essere stati uccisi. Sia Clinton sia Blair evocarono l’olocausto e lo “spirito della Seconda Guerra Mondiale”.

Gli alleati eroici degli occidentali erano l’Armata di Liberazione del Kosovo (KLA), il cui passato criminale venne messo da parte. Il Segretario Britannico per gli Esteri, Robin Cool, disse loro di contattarlo in qualsiasi momento sul suo telefono cellulare.

A bombardamenti NATO finiti, e con la maggior parte delle infrastrutture serbe in rovina, insieme alle scuole, gli ospedali, i monasteri e alla stazione della TV pubblica, il team internazionale forense entrò in Kosovo per trovare le prove dell’”olocausto”. L’FBI non fu in grado di trovare neanche una sola fossa comune, e se ne tornò a casa. Il team forense spagnolo fece lo stesso, con il suo leader che denunciò con rabbia “una piroetta semantica della macchina di propaganda di guerra”.

Un anno dopo, un tribunale delle Nazioni Unite in Jugoslavia annunciò il conto finale dei morti in Kosovo: 2.788. Il conto includeva i combattenti di entrambe le fazioni e i Serbi e i ROM uccisi dal KLA. Non c’era stato alcun genocidio. L’”olocausto” era un balla. L’attacco NATO era stato illegittimo.

Espandere i mercati

Dietro la bugia, c’era una motivazione seria. La Jugoslavia era un caso unico, una federazione indipendente e multi-etnica che era resistita nel suo ruolo di ponte politico ed economico durante la Guerra Fredda. La maggior parte delle sue utilities e delle sue fabbriche erano di proprietà pubblica. Ciò non era accettabile per la Comunità Europea in espansione, specialmente per la Germania appena riunita, che aveva cominciato un’espansione ad Est per accaparrarsi il suo “mercato naturale” nelle province jugoslave di Croazia e Slovenia.

Quando gli europei si riunirono a Maastricht nel 1991 per stendere i loro piani per la disastrosa eurozona, fu sancito un accordo segreto; la Germania avrebbe riconosciuto la nazione della Croazia,  la Jugoslavia era condannata.

A Washington, gli USA fecero sì che all’economia jugoslava in difficoltà venissero negati i prestiti della Banca Mondiale. La NATO, che a quel punto era quasi una reliquia della Guerra Fredda ormai morta, fu rimessa in piedi col ruolo di esecutore imperialista. Ad una conferenza di “pace” sul Kosovo del 1999 a Rambouillet, in Francia, i Serbi furono vittime delle tattiche subdole dell’esecutore.

 L’accordo di Rambouillet includeva un Annesso B segreto, che la delegazione USA inserì solo l’ultimo giorno. Questo richiedeva l’occupazione militare dell’intera Jugoslavia – un paese con brutti ricordi dell’occupazione nazista – e l’implementazione di una ”economia di libero mercato” con la privatizzazione di tutti gli asset governativi. Nessuno stato sovrano avrebbe potuto accettare. La punizione seguì a ruota: le bombe NATO caddero su uno stato inerme. Era nato il precursore delle catastrofi in Afghanistan e Iraq, Siria, Libia e Ucraina.

Leggete anche questo.

Jack Cashill scrive:

La Commissione di Bengasi della Casa Bianca potrebbe voler chiedere prima di tutto come gli USA siano stati coinvolti in Libia. Quello che scopriranno è che Barack Obama ha preso in prestito una pagina del libro degli schemi di Bill Clinton riguardo al Kosovo, un esercizio letale di falsità ineguagliato nella storia americana recente. […]

Nel 1999, le autorità serbe stavano tentando di sopprimere un’insurrezione dell’etnia musulmana albanese nella provincia del Kosovo della loro nazione che si stava frantumando. Come Obama, il presidente Bill Clinton non si era preoccupato di chiedere l’approvazione del congresso prima di scatenare la potenza aerea americana.

Per ottenere il consenso dell’opinione pubblica, Clinton e i suoi iniziarono una campagna tambureggiante a base di fosse comuni, pulizia etnica, e genocidio. Come in Libia, non c’era altra giustificazione per questa guerra, oltre che prevenire un genocidio. […]

Il Presidente Clinton paragonò quanto fatto dei serbi in Kosovo al “genocidio” tedesco degli ebrei durante l’Olocausto e assicurò all’America che “decine di migliaia di persone” erano state uccise.

Prima della guerra, tuttavia, i team internazionali non riuscivano a trovare tracce di genocidio. I morti di etnia albanese erano contati in centinaia, non in centinaia di migliaia. […]

Nel 2001, una corte delle Nazioni Unite decretò che “le truppe serbe non perpetrarono un genocidio contro le persone di etnia albanese”.

William Blum scrive:

Il Kosovo, in larga maggioranza musulmano, era una provincia della Serbia, una delle principali repubbliche dell’ex Jugoslavia. Nel 1998, i separatisti kosovari – i KLA – iniziarono un conflitto armato con Belgrado per separare il Kosovo dalla Serbia. Il KLA era stato considerato per anni un’organizzazione terroristica dagli USA, dal Regno Unito e dalla Francia, molti rapporti dicevano che il KLA aveva contatti con al-Qaeda, riceveva da loro le armi, faceva formare le sue milizie nei campi di al-Qaeda in Pakistan e c’erano persino membri di al-Qaeda nelle file del KLA che combattevano i Serbi [RT TV (Mosca), 4 maggio 2012].

Tuttavia, quando le forze NATO-USA iniziarono l’azione militare contro i serbi, il KLA fu depennato dalla lista USA dei terroristi e “ricevette ufficialmente armi e addestramento da USA-NATO”  [Wall Street Journal, 1 novembre 2001], e la campagna di bombardamento USA-NATO si focalizzò infine sullo scacciare le truppe serbe dal Kosovo.

Nel 2008 il Kosovo dichiarò unilateralmente l’indipendenza dalla Serbia, un’indipendenza talmente illegittima e artificiale che la maggioranza delle nazioni mondiali ancora non l’ha riconosciuta. Ma gli USA furono i primi a riconoscerla, proprio il giorno dopo, sostenendo così la dichiarazione unilaterale di indipendenza di una parte del territorio di un’altra nazione.

Il KLA era noto per i suoi traffici di donne, eroina, e parti del corpo umano (sic!). Gli USA ovviamente hanno fatto pressione sul Kosovo perché divenisse parte della NATO e dell’Unione Europea.

Nota bene: nel 1992 i musulmani bosniaci, croati e serbi raggiunsero un accordo a Lisbona per creare uno stato unico. Il proseguimento di una Bosnia unificata pareva garantito. Ma gli Stati Uniti sabotarono quell’accordo [Wall Street Journal, 1 novembre 2001].

 

La “Guerra Umanitaria” in Libia

Lo stesso accadde durante la guerra “umanitaria” in Libia.

Pilger spiega:

La sodomizzazione pubblica del presidente libico Muammar Gheddafi con la baionetta di un “ribelle” fu accolta dall’allora Segretario di Stato, Hillary Clinton, con le parole “Venimmo, vedemmo, lui morì” (che fa il verso al famoso “veni, vidi, vici” di Cesare, NdVdE). Il suo assassinio, così come la distruzione del suo paese, fu giustificato con la consueta grossa bugia; stava pianificando “un genocidio” contro la sua stessa gente.

“Sapevamo… che se avessimo aspettato un solo giorno in più” dichiarò il Presidente Barack Obama Bengasi, una città grande come Charlotte, avrebbe subito un massacro che sarebbe riverberato per tutta la regione e segnato la coscienza del mondo”.

Questo era l’inganno prodotto dalle milizie islamiste di fronte alla sconfitta per mano delle forze del governo libico. Dissero alla Reuteres che ci sarebbe stato “un vero bagno di sangue, un massacro come quello che abbiamo visto in Ruanda”. Diffusa il 14 marzo 2011, la bugia diede il la all’inferno scatenato dalla NATO, descritto da David Cameron come un “intervento umanitario”. […]

Per Obama, Cameron e Hollande, il vero crimine di Gheddafi era l’indipendenza economica della Libia e la sua intenzione dichiarata di smettere di vendere le riserve di petrolio africane in dollari USA. Il petroldollaro è uno dei pilastri del potere imperiale americano.

Gheddafi stava audacemente progettando di fondare una moneta africana legata all’oro, stabilire una banca panafricana e promuovere un’unione economica tra i paesi poveri dotati di risorse preziose. Che questo potesse riuscire o no, il solo pensiero era intollerabile per gli USA, che si preparavano a “entrare” in Africa e corrompere i governi africani con “alleanze” militari.

A seguito dell’attacco della NATO, coperto da una risoluzione del Consiglio di Sicurezza, Obama, secondo Garikai Chendu, “confiscò 30 miliardi di dollari dalla Banca Centrale della Libia, che Gheddafi aveva eletto come istituto della banca centrale africana e della valuta africana legata all’oro”.

La verità su quanto accaduto a Bengasi non è bella:

Secondo un rapporto del 2007 del centro occidentale per la lotta la terrorismo, la città libica di Bengasi era uno dei principali quartier generali di al-Qaeda – e la base per mandare i combattenti di Al-Qaeda in Iraq – prima dell’eliminazione di Gheddafi.

L’Hindustan Times scrisse nel 2011:

“Non c’è dubbio che l’affiliato libico di al-Qaeda, il Gruppo Combattente Islamico della Libia, è parte dell’opposizione”, dichiarò all’Hindustan Times Bruce Riedel, ex funzionario della CIA ed esperto di terrorismo.

È sempre stato il peggior nemico di Gheddafi e il suo quartier generale è a Bengasi.[…]

Gheddafi stava per invadere Bengasi nel 2011, quattro anni dopo che il rapporto del West Point aveva citato Bengasi come la culla dei terroristi di Al-Qaeda. Gheddafi sosteneva – a ragione, come risultò poi – che Bengasi fosse un fortino di Al-Qaeda e una delle principali fonti della ribellione libica. Ma gli aerei della NATO lo fermarono, e protessero Bengasi.

In altre parole, l’unico “bagno di sangue” che sarebbe avvenuto, se a Gheddafi fosse stato concesso di prendere Bengasi, sarebbe stato tra i membri di Al-Qaeda.

Cashill scrive:

Per il conflitto libico, Alan Kuperman, Democratico e autore di The Limits of Humanitarian Intervention (I limiti dell’intervento umanitario), fece i calcoli che i media si rifiutarono di fare. Appena due settimane dopo la dichiarazione del Presidente sulla Libia, Kuperman sostenne semplicemente che “la migliore evidenza che Gheddafi non progettava un genocidio a Bengasi è che non lo fece nelle altre città che aveva riconquistato”. Citò i dati provenienti dall’Osservatorio dei Diritti Umani di Misurata, una città di 400.000 abitanti che le forze di Gheddafi avevano recentemente ripreso. Lì, in circa due mesi di guerra, erano state uccise solo 257 persone, inclusi i soldati. A titolo di paragone, in Ruanda più di 800.000 Tutsi furono uccisi in soli novanta giorni.

Quello che è successo in Libia, ha spiegato Kuperman, è che le forze ribelli, temendo l’imminente sconfitta, hanno simulato una crisi umanitaria. Il 14 marzo, un portavoce dei ribelli dichiarò alla Reuters che se Gheddafi avesse attaccato Bengasi, ci sarebbe stato “un vero bagno di sangue, un massacro come quello che abbiamo visto in Ruanda”. Il 21 marzo, David Kirkpatrick del New York Times scrisse che: ”I ribelli non sentono l’esigenza di aderire alla verità nel creare la loro propaganda, inventano vittorie sul campo inesistenti, sostengono che stanno ancora combattendo in una città chiave giorni dopo che questa è stata presa dalle forze di Gheddafi, e fanno affermazioni enormemente esagerate sul comportamento barbaro di Gheddafi”.

Ma tant’è, l’esercito USA aveva già iniziato i bombardamenti. Un mese dopo, Obama metteva anche la sua firma su una lettera che sosteneva che “il bagno di sangue che lui aveva promesso di infliggere ai cittadini della città assediata è stato evitato”. Nel raccontare la favola, il “lui” che faceva la promessa era Gheddafi. In realtà, le sole persone che avevano promesso bagni di sangue erano i portavoce dei ribelli e i leader occidentali. A quell’epoca, Obama doveva ormai sapere che il pretesto per muovere guerra era falso, ma continuò a perseguirla per altri sei mortali mesi.

Mentre l’insurrezione montava, gli insorti iniziarono a diffondere il mito che Gheddafi stesse utilizzando mercenari africani. Questa falsità, scrisse il Times, “veniva ripetuta dai ribelli in continuazione”. Aizzati da voci su mercenari neri che perpetravano stupri, imbottiti di Viagra, i ribelli si misero a fare pulizia etnica in  proprio. Patrick Cockburn dell’Indipendent ne fu testimone da vicino. “Ogni libico dalla pelle scura accusato di lottare per il vecchio regime rischiava di avere poche chance di sopravvivenza”, concluse. Obama fece finta di nulla. Questi giovani uomini avrebbero forse potuto avere un aspetto simile a suo figlio, ma non venivano uccisi in un paese diventato campo di battaglia durante l’anno delle elezioni (chiaro riferimento alla vicenda di Trayvon Martin, NdVdE).

Il 20 ottobre 2011, i membri della milizia presero prigioniero Gheddafi, lo sodomizzarono con un coltello senza troppi complimenti, e registrarono tutto in un video. Poi buttarono Gheddafi, che ancora respirava, su un camioncino. Quando questo partì, Gheddafi cadde giù. Un Obama a cuor leggero dichiarò in un discorso al Rose Garden, in uno stile a metà tra Keystone Cops e Mad Max: “Le ombre oscure della tirannia sono state eliminate”. Nel rivendicare la vittoria, Obama si batteva per i vincitori e rendeva la Libia una sua storia di successo personale. Ciò avrebbe avuto conseguenze non molto dopo.

Se i media mainstream non vedevano l’ora di abbracciare la favola raccontata da Obama, Alan Kuperman non era dello stesso avviso. Nel 2013, mentre scriveva per il giornale di sicurezza internazionale della Scuola Harvard Kennedy, Kuperman distruggeva la rete di inganni che i ribelli siriani e i loro alleati avevano intessuto. “Il più grande inganno riguardo l’intervento della NATO” scrisse Kuperman, “è che questo abbia salvato vite e beneficiato la Libia e i suoi paesi limitrofi”.

Di fatto, Gheddafi non aveva attaccato persone che protestavano pacificamente. Erano stati i ribelli a iniziare la violenza, e Gheddafi aveva risposto. Appena sei settimane dopo che la ribellione era iniziata, Gheddafi l’aveva praticamente soppressa al costo di circa  cento vite umane. Poi Obama autorizzò l’intervento NATO. Quell’intervento prolungò la guerra per sei mesi e costò circa seimila altre vite umane. Alla fine della guerra, i ribelli uccisero decine di ex nemici in rappresaglie e esiliarono circa 30.000 africani neri.

 

Le guerre umanitarie significano… sostenere Al-Qaeda?

Incredibilmente, sia in Jugoslavia che in Libia, gli americani e i loro alleati sostennero i terroristi di Al-Qaeda, in modo che questi potessero rovesciare il governo.

È stato confermato più e più volte che gli USA hanno sostenuto Al-Qaeda per sopraffare Gheddafi.

E Cashill scrive:

Riforniti e addestrati segretamente dalle SAS inglesi, molti dei “ribelli” sarebbero poi diventatati dell’ISIS, il cui ultimo video pubblicato mostra la decapitazione di 21 cristiani copti che lavoravano a Sirte, la città distrutta per loro conto dai bombardieri della NATO […]

Durante l’insurrezione, l’amministrazione Obama ha continuato a incanalare denaro in direzione del Qatar per aiutare le bande armate ribelli libiche.

Come scrisse il Times più di un anno dopo gli avvenimenti, “le armi e i soldi provenienti dal Qatar hanno rafforzato i gruppi militanti in Libia, permettendo loro di diventare una forza destabilizzante fino alla caduta del governo di Gheddafi”.

In Jugoslavia, il professore di strategia del College Naval War ed ex analista di intelligence della NSA e funzionario del controspionaggio John R. Schindler ha documentato che gli USA hanno sostenuto Bin Laden e altri terroristi di Al-Qaeda in Bosnia.

Fa notare Blum:

Il primo novembre 2001, meno di due mesi dopo gli attacchi dell’11 settembre, il Wall Street Journal ha dichiarato:

“Possiamo tranquillamente affermare che la nascita di Al-Qaeda come forza sulla scena mondiale può essere ricondotta direttamente al 1992, quando il governo musulmano della Bosnia di Alija Izebegovic ha emesso un passaporto nella sua ambasciata di Vienna a Osama Bin Laden… negli ultimi dieci anni i leader più eminenti di Al-Qaeda hanno visitato i Balcani, incluso lo stesso Bin Laden in tre occasioni tra il 1994 e il 1996. L’ex chirurgo egiziano diventato leader terrorista Ayman Al-Zawahiri ha diretto campi di addestramento di terroristi, fabbriche di armi di distruzione di massa e reti di riciclaggio di denaro e di traffico di droghe attraverso l’Albania, il Kosovo, la Macedonia, la Bulgaria, la Turchia e la Bosnia. Tutto questo è proseguito per un decennio”.

Pochi mesi dopo, il Guardian scriveva riguardo “l’intera storia dell’alleanza segreta tra il Pentagono e i gruppi radicali islamici del Medio Oriente, imbastita per assistere i musulmani bosniaci – alcuni degli stessi gruppi che il Pentagono sta ora combattendo nella “guerra al terrorismo”.

Nel 1994 e 1995 le forze USA/NATO hanno bombardato la Bosnia per danneggiare la capacità militare dei Serbi e migliorare quella dei bosniaci musulmani. Nella decennale guerra civile dei Balcani i Serbi, considerati da Washington “l’ultimo governo comunista in Europa”, sono sempre stati il nemico principale.

 

Guerra umanitaria… un vecchio stratagemma

Il concetto di “guerra umanitaria” ha ingannato un sacco di gente per un sacco di tempo.

Nell’annunciare la sua invasione della Polonia, Hitler dichiarò:

Ho ordinato all’Air Force tedesca di condurre una guerra umanitaria [in Polonia]…

Fa notare Michael Mandel:

Il concetto di “Guerra umanitaria” avrebbe fatto suonare allarmi nelle orecchie dei redattori della Carta delle Nazioni Unite, come qualcosa di Hitleriano, perché era proprio la giustificazione usata dallo stesso Hitler per l’invasione della Polonia appena sei anni prima.

Anche dopo tutti questi anni, il concetto di “guerra umanitaria” inganna ancora i progressisti e i liberali e distrugge posti come la Siria – anche se le cose non finiscono mai bene. E leggete anche questo.

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