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sinistra

Attualità di Evald Ilyenkov

di Carlo Di Mascio

Tratto da Carlo Di Mascio, Ilyenkov e la filosofia marxista-leninista. Introduzione a Dialettica leninista e metafisica del positivismo di Evald Ilyenkov, Phasar Edizioni, Firenze, 2024, pp. 176.

Ilyenkov11.jpgI.

Tuttavia - ci dicono i nostri avversari - anche l’opera di Lenin è invecchiata. Oggi la scienza ha raggiunto nuove vette e non è più possibile impostare i problemi alla maniera di Lenin. No, affatto,«la questione resta ancora valida proprio come Lenin la pose nel 1908» [Evald Ilyenkov, Dialettica leninista e metafisica del positivismo. Riflessioni sul libro di Lenin ‘Materialismo ed empiriocriticismo’].

Ilyenkov è morto suicida nel 1979, circa dodici anni prima della dissoluzione dell’URSS, una dissoluzione che in realtà aveva già in gran parte anticipato con tutta la sua variegata produzione filosofica. I vertici accademici e istituzionali, intenti a vigilare dogmaticamente sull’ideologia ufficiale, accolsero con singolare ostilità la sua concezione marxista-leninista. Ilyenkov rappresentava difatti un avversario molto pericoloso, perché, diversamente da quanto inizialmente ritenuto dall’intellighenzia occidentale, egli in realtà non mirava affatto a ridimensionare il marxismo-leninismo, bensì a riattivarlo criticamente, mostrando proprio come il «marxismo ufficiale sovietico» si fosse invece incredibilmente allontanato dall’autentica eredità di Marx, Engels e Lenin, mediata peraltro anche da una accurata lettura hegeliana.

Ora, questo allontanamento per Ilyenkov era innanzitutto da ascrivere all’abbandono di fatto del materialismo dialettico, quale «portato naturale e necessario di tutto il più recente sviluppo della filosofia e della scienza sociale»1 - vale a dire di quel metodo scientifico che non solo tende a considerare una società, storicamente determinata, come un organismo vivente e non come un semplice ingranaggio da gestire meccanicisticamente dall’alto, ma soprattutto che si oppone a qualsivoglia forma di idealismo soggettivistico, essendo, come ancora sottolineava Lenin, «un processo di storia naturale retto da leggi che non solo non dipendono dalla volontà, dalla coscienza e dalle intenzioni degli uomini, ma che, anzi, determinano la loro volontà, la loro coscienza e le loro intenzioni»2.

Tutta l’attenzione che Ilyenkov con il suo testo Dialettica leninista e metafisica del positivismo riversa in Materialismo ed empiriocriticismo di Lenin è mossa solo da una strenua difesa del materialismo dialettico, considerato una piattaforma filosofica indispensabile per affrontare le contraddizioni della modernità, laddove invece l’ingerenza neopositivistica aveva inesorabilmente gettato la filosofia sovietica in una drammatica dimensione premarxista e preleninista, del tutto separata dall’esperienza e dall’attività scientifica concreta, tale da concorrere al formarsi di una teoria diretta non a superare e a risolvere le contraddizioni materiali e sociali ma solo a gestirle, subordinando così tutta l’attività politica e scientifica al mero soggettivismo volontaristico dell’ordine costituito. Come scrive Ilyenkov, «Lenin presentò chiaramente la sua concezione dei problemi posti alla filosofia da eventi grandiosi in tutte le sfere della vita umana - dall’economia, alla politica, dalla scienza alla tecnologia e all’arte, formulando in modo chiaro e categorico i principi fondamentali per affrontare questi problemi, delineando la loro soluzione logica»3.

 

II.

Se in Materialismo ed empiriocriticismo Lenin nutriva ancora l’aspettativa che il materialismo potesse condurre gli scienziati coscienziosi verso il materialismo dialettico, allorquando ottimisticamente vi affermava che «la fisica contemporanea ha le doglie del parto. Essa partorisce il materialismo dialettico»4, è in un successivo lavoro dal titolo Il significato del materialismo militante del 1922, passando prima per i Quaderni filosofici, che egli insisterà nel puntualizzare che «in mancanza di una base filosofica solida non vi sono scienze naturali né materialismo che possano resistere all’invadenza delle idee borghesi e alla rinascita della concezione borghese del mondo […] lo studioso di scienze naturali deve essere un materialista moderno, un sostenitore cosciente del materialismo rappresentato da Marx, vale a dire che deve essere un materialista dialettico»5.

È dunque il materialismo dialettico, la logica, il pensiero sviluppato secondo precisi criteri, il comune contrassegno da salvaguardare e da opporre al riduzionismo della filosofia machista che, analogamente al marxismo ufficiale sovietico, legittimava a livello teorico generale l’isolamento della conoscenza scientifica dalle suddette «sfere della vita umana», plasmandolo inesorabilmente in termini di dominio e di controllo. Alla base persiste la critica leninista dell’assunzione a pieno regime del metodo positivista nel marxismo, previa sua sostituzione alla dialettica, tendente a sezionare e a distruggere l’immagine viva di una società vivente, derivandone la separazione degli individui tra loro, ma soprattutto la separazione del materiale dall’ideale, con l’effetto di far apparire quest’ultimo come un’illusione soggettiva, una strana aberrazione concettuale, in realtà generatrice di una ideologia dietro la quale si nascondono solo interessi di classe.

Per Ilyenkov la sopravvivenza di un pensiero autenticamente comunista e marxista-leninista, doveva comportare l’abbandono di codici filosofici inadeguati, a partire dallo scientismo positivistico, all’empirismo sino all’idealismo della prassi, ritenendo pertanto decisivo fissare dei punti essenziali per ricostruire una grammatica in grado innanzitutto di far emergere la reale specificità del materialismo dialettico, secondo cui «le strutture del pensiero sono governate da leggi universali della natura e della storia riflesse dalla conoscenza scientifica - e verificate da migliaia di anni di pratica umana. Questo è il punto, questa è la differenza fondamentale tra la dialettica marxista e quella hegeliana e qualsiasi altra dialettica.»6. Il materialismo dialettico, in altri termini, non ammette alcun cedimento al volontarismo e/o al soggettivismo, così come preclude qualsivoglia possibilità di assolutizzare la realtà adattando il pensiero al proprio tempo.

E si sa che tali adattamenti assolutizzanti e tali prefigurazioni soggettivistiche possono avvenire attraverso dispositivi di tipo teologico, facendo derivare gli ordinamenti da una volontà divina; di tipo naturalistico con cui tutto viene rinviato a una natura immutabile, ma soprattutto di tipo empiristico per cui ogni conoscenza è esclusivamente fornita dalla riproduzione di ciò che è dato dall’esperienza sensibile, sicché l’unica verità è solo quella imposta unilateralmente7. Ma un materialismo dialettico coerentemente marxista e leninista non può mai partire dal soggetto o da una entità sovraordinata per costruire la conoscenza, la realtà, in quanto conoscenza e realtà corrispondono sempre al prodotto di una processualità che è dialettica e che pertanto impedisce di spiegarle ricorrendo alle sensazioni o a dati valutati soggettivamente, ma solo partendo dalle categorie logiche su cui esse si fondano.

 

III.

La dialettica, come ha sempre insistito Ilyenkov, è una logica che esplora il pensiero scientifico, arricchendosi delle sue conquiste, ma deve farlo proprio come logica, restando tale, sviluppando cioè le proprie categorie collaudate sulla base di queste conquiste, senza sostituirle con concetti di altre scienze. Le categorie della dialettica, prosegue Ilyenkov, hanno più di duemila anni di storia, rappresentando la quintessenza di tutte le grandiose, e anche drammaticamente contraddittorie, esperienze accumulate dagli uomini nel processo della conoscenza e della loro attività pratica. In esse hanno trovato espressione filosofica e logica non solo i successi, ma anche gli errori, dialetticamente connessi con l'avanzamento della conoscenza. Pertanto, «solo la storia del pensiero e della tecnologia, così come della lotta sociale, presa nel suo insieme e nel suo pieno sviluppo, è in grado di dimostrare e anche confutare la loro oggettività, cioè il loro significato logico-universale. Nessun successo individuale, personale, per quanto brillante, della scienza naturale moderna può servire come criterio sufficiente di «correttezza» delle definizioni delle categorie logiche.»8.

Ora, questi punti essenziali, che non avrebbero mai potuto consentire alcun tipo di aggiramento «filosofico» a opera di qualsivoglia nomenklatura accademica o di partito, se non palesemente negandoli, vengono ripristinati da Ilyenkov proprio alla luce di quanto Lenin aveva fatto con Materialismo ed empiriocriticismo agli inizi del Novecento. Le questioni gli apparivano omogenee e della stessa matrice, perché proprio come Lenin aveva dovuto combattere gli attacchi promossi dalle teorie di Bogdanov, avvicinatosi all’empiriocriticismo di Mach, Avenarius e Berman, quale materialismo dogmatico e reazionario indirizzato contro le scienze della natura, in una ripresa offensiva dell’idealismo, il cui fine, nel dominio a lungo termine dell’intera produzione scientifica e filosofica, sarebbe stato quello di espropriare gli individui di un reale rapporto conoscitivo con la natura, con ciò impedendo loro di riuscire a trasformare scientificamente le condizioni materiali di esistenza, il tutto attraverso supposte revisioni e correzioni da apportare al materialismo dialettico9 sulla base di una legittimazione unicamente fornita dalla scienza positiva - così Ilyenkov, analogamente, combatteva la penetrazione del positivismo nella politica e nella filosofia sovietica, criticando il rifiuto della dialettica funzionale solo al progetto tecnocratico di costruzione del «socialismo» nell’era brezneviana, erede camuffato proprio di quell’empiriocriticismo denunciato da Lenin quale naturale conclusione metafisica della logica del positivismo.

Lo straordinario paradosso sollevato da Ilyenkov, di cui pure lui stesso fu vittima, è che in circa settant’anni dalla pubblicazione di Materialismo ed empiriocriticismo, nulla era praticamente cambiato. Lenin criticava il positivismo da un punto di vista marxista, e seppure formalmente la sua posizione veniva riconosciuta come fondamento ufficiale nella filosofia marxista sovietica, ciononostante veniva di fatto liquidata, in quanto il positivismo non solo continuava disinvoltamente a sopravvivere, ma addirittura a primeggiare nella comunità politica e filosofica dell’Unione Sovietica. In altri termini, ciò che clamorosamente matura in Ilyenkov con Dialettica leninista e metafisica del positivismo, è il latente convincimento che nonostante tutte le celebrazioni di Lenin, cioè del più grande leader rivoluzionario del Novecento, chi ha vinto storicamente non è Lenin, ma Bogdanov il cui erede altri non è che lo stalinismo.

 

IV.

Una vittoria che in realtà proseguirà in tutto il suo splendore con il rifiorire, a partire da Stalin, delle cosiddette tesi à la Bogdanov, quale «serbatoio inesauribile - scriverà Dominique Lecourt - dei temi verbalmente «di sinistra» della propaganda staliniana in cui entrarono a titolo di elementi costitutivi. Dall’umanismo volontarista, di cui l’inno all’«uomo nuovo» viene intonato fino al 1935 prima di diventare con lo stacanovismo il motivo centrale di una grandiosa mitologia della classe operaia e del progresso tecnico, alla teoria delle «due scienze» che diventa, nel 1948, sotto la spinta di Zdanov, uno strumento temibile nelle mani del partito per stringere di nuovo le file degli intellettuali intorno a sé in un momento di crisi [...] Tutti questi temi [...] sono presenti direttamente nell’opera di Bogdanov di cui sono i rampolli inconfessati»10.

E così, il «gnoseologismo» positivista di Bogdanov, l’orientamento alla conoscenza delle scienze naturali e al controllo tecnico-manipolativo della società, le culture e le scienze proletarie unitamente alle esperienze organizzate della società umana del lavoro, il tutto connotato da un rigoroso spirito ingegneristico e tecnico-specialistico, troveranno, a partire dagli anni ’60, una corrispondente materializzazione nella centralità della tecnoscienza, con la fisica quantistica, la cibernetica (progenitrice dell’intelligenza artificiale), la logica algoritmica, insomma in quel neopositivismo in grado oramai di indirizzare e organizzare interamente il corpo sociale, tuttavia deprivandolo di ogni supporto dialettico-materialistico capace di veicolare «il pensiero scientifico verso un’analisi concreta delle contraddizioni di classe»11, con conseguente impossibilità di comprensione reale dei processi conoscitivi e capitolazione di fronte a qualsivoglia avventura della scienza.

Ecco, dunque, l’indispensabilità della dialettica come strumento di comprensione delle contraddizioni, della realtà e dei suoi processi conoscitivi. Ed è qui che l’analisi di Ilyenkov continua a essere attuale anche oggi. Egli avvertiva nello specifico come il materialismo dialettico, correttamente inteso, rappresentasse un baluardo necessario per comprendere le pratiche di dominio che tendono all’egemonia, i mutamenti tecnologici nel mondo moderno che cercano di catturare - ai suoi tempi con la cibernetica e oggi con l’intelligenza artificiale - l’intelligenza sociale incorporata nei rapporti umani, e poi le conquiste della scienza, le guerre, le crisi economiche, le manipolazioni culturali, ecc., in particolare nel testare la loro corrispondenza a determinati interessi di classe, nonché a obiettivi funzionali a controlli e sfruttamenti sempre più sofisticati e non immediatamente percepibili.

E la dialettica, sulla scia di Lenin, - in quanto metodo scientifico che pretende un «esame concreto e onnilaterale»12, distingue «i motivi soggettivi dalle condizioni storiche oggettive»13, e «studia le svolte inevitabili, dimostrando la loro inevitabilità con l’analisi più minuziosa dello sviluppo in tutta la sua concretezza»14 - nel criticare i concetti presenta sempre la caratteristica di doverli piegare e spezzare sul terreno di prova empirico, esplorandone l’inadeguatezza, perché è solo in questa maniera che il pensiero è capace di confrontarsi con la realtà. Ogni concetto si trova in una data relazione, in una connessione determinata con tutti gli altri. La dipendenza di tutti i concetti è reciproca e senza eccezione. Solo così assume consistenza la dialettica, come incessante trapasso di un concetto nell'altro, come relatività e identità dell’opposizione. Attraverso l’affermazione del lavoro e della tecnica ciascun individuo percorre la via della conoscenza, passa da una conoscenza soggettiva a una conoscenza oggettiva. Tutta la realtà si fa così razionale, ma anche tutto il razionale si fa reale, attraverso il lavoro sociale, la tecnica, la scienza.

 

V.

È proprio nel recupero della dialettica leninista e del suo intrinseco messaggio che Ilyenkov si chiede perché un pensiero come quello machista con i suoi epigoni neopositivistici - decisamente funzionale alle nuove esigenze del capitalismo moderno che, se da una parte mira a una estromissione del concreto a opera dell’astratto, dall’altra produce soggettività prive di spessore, servili al suo dominio e in quanto tali incapaci di opposizione - inizi a disprezzare Hegel e il materialismo dialettico marxista. Occorre insistere ancora su questo. Il machismo giunge a sostenere l’idea di un rapporto fra materiale e spirituale, considerando il dominio della scienza, e correlativamente dell’economia - nel senso di un approccio economicista quale culto smodato di uno sviluppo ipertrofico delle forze produttive - tanto più vero quanto più in relazione, si è già detto, a un decadimento qualitativo del reale.

La realtà non viene negata dai machisti, ci dice Ilyenkov, ma svalorizzata di contenuto all’insegna di quella sparizione della materia, di cui parlava Lenin, che pertanto viene di fatto rifiutata. Da qui una serie di ricadute politiche che si sono sistematicamente presentate non solo nella realtà sovietica, poiché liberarsi del materialismo, vale a dire di un approccio tendente a identificare la realtà con la materia, significa non solo respingere le interpretazioni di tipo strutturale, costringendo ad accogliere passivamente «astrattezze» ritenute imprescindibili, quali quelle di tipo etnico, nazionale e spirituale15, ma significa anche porre la questione economica come momento da subordinare immediatamente al politico, il cui perfezionamento esige tuttavia un potere a conduzione unica ed esclusiva che non ammette soste o deviazioni di sorta nello sviluppo delle forze produttive.

Questa dimensione, analizzata dialetticamente, permette di comprendere come si sia mantenuta una duplice costruzione ideologica, solo in apparenza alternativa, poiché una volta idealizzati i processi di modernizzazione, essi possono di volta in volta venire frenati o sollecitati nelle loro eventuali eccedenze o deficienze, sia facendo riferimento al passato, attraverso il recupero delle radici e dei valori popolari, sia al futuro, mediante la deificazione del progresso scientifico. Ed è proprio il machismo, al pari della sua traduzione neopositivistica, ad avere idealizzato il moderno. Ma per giungere a questo risultato è stato necessario rifiutare la dialettica, poiché essa «in qualunque sua edizione, sia hegeliana che marxista, è ugualmente inaccettabile per un neopositivista, perché la dialettica in generale pretende di conoscere esattamente quelle forme e leggi di sviluppo che rimangono le stesse, sia che si parli dello sviluppo del mondo esterno (cioè natura e società) o dello sviluppo del pensiero (conoscenza di questo mondo), cioè le forme e le leggi dello sviluppo in generale, le forme e le leggi che sole collegano il mondo fisico in un tutto con il mondo psichico, senza allo stesso tempo abolire l’opposizione epistemologica di questi due mondi»16.

È il rigetto della dialettica che ha prodotto quell’inesorabile Giano bifronte, tanto deprecato da Lenin, che avrebbe condotto indistintamente al modernismo e all’antimodernismo, tra efficienze produttive dei sistemi a capitalismo di Stato e sistemi volti all’occorrenza a riattivare strutture identitarie ricorrendo ai miti del passato, così come al rivoluzionario e al contro-rivoluzionario, quest’ultimo, nell’immagine di quel bogdanoviano Ingegner Menni, molto simile, come scrive Ilyenkov, a un ingegnere con cui Lenin aveva realmente avuto a che fare «qualche tempo prima delle giornate di luglio», e che «era stato una volta rivoluzionario, iscritto al partito socialdemocratico e persino a quello bolscevico. Oggi egli è soltanto spaventato, infuriato contro gli operai insorti che è impossibile frenare. «Fossero almeno operai come gli operai tedeschi!», diceva. (Egli è un uomo istruito, è stato all'estero). «Certo, io comprendo l'ineluttabilità della rivoluzione sociale, ma da noi, con l’abbassamento del livello degli operai causato dalla guerra... questa non è una rivoluzione. È un baratro». Sarebbe disposto ad accettare la rivoluzione sociale, se la storia conducesse a essa pacificamente, tranquillamente, dolcemente, puntualmente come un direttissimo tedesco che entri in stazione. Il ferroviere, molto cortese, apre le porte e annunzia: «Stazione Rivoluzione sociale! Alle aussteigen! (Tutti scendano!)»17.

 

VI.

D’altronde, è in forza di questo complessivo apparato concettuale che si è dispiegata l’operazione machista denunciata da Lenin agli inizi del Novecento, poiché nel mirare a razionalizzare la progressiva specializzazione della ricerca e la crescita esponenziale delle scoperte e dei paradigmi scientifici, nonché il processo di traduzione tecnologica delle scienze nel sistema delle macchine con conseguente sussunzione delle forze produttive e della scienza al capitale, è stato necessario rendere indecifrabile la relazione dialettica fra quanto accade a livello sociale e lo sviluppo del pensiero, per così impedire di cogliere «i diversi punti, i diversi lati della questione, in rapporto alle caratteristiche concrete di queste o quelle condizioni politiche ed economiche»18, vale a dire «il processo in tutti i suoi aspetti, tenendo conto del passato e dell’avvenire»19. Come dire, se si opera per annullare la categoria della totalità sociale, non si può minimamente pensare di riuscire poi a comprendere gli effetti dello sfruttamento o di parlare in nome e per conto delle sue vittime, il che implica che non si può concepire qualcosa di diverso da esso.

Si è trattato quindi di separare la razionalità dalla sua attuazione pratica, di rendere cioè impossibile l’unificazione della storia degli uomini «anche attraverso la storia della scienza»20. La rimozione della dialettica - in un contesto nel quale la scienza borghese non è altro che scienza per ricompensare il capitale che la sostiene e la finanzia - ha dunque consentito di definire meglio il nuovo rapporto fra capitale e competenza tecnico-scientifica e le forme di coscienza in cui si è istituita la visione apologetica dello scientismo tecnocratico, la quale ha permesso altresì di occultare abilmente ogni forma di arbitrarietà e di soggettivismo dietro la nozione di «scientificità».In tal senso, la proposta filosofica di Ilyenkov mirava coraggiosamente ad arginare tutto questo, nella prospettiva di rompere una circolarità che consegna a una oggettivazione definitiva, in cui si percepisce il dominio dell’ideologia capitalistico-borghese, in cui cioè si comprende che essa non corrisponde solo a un sistema di rapporti di produzione, ma è anche un modo di pensare e di raffigurarsi la realtà, senza tuttavia possedere gli strumenti necessari per contrastarla.

Nella polemica Lettera al PCUS21, Ilyenkov avvertiva i vertici accademici e istituzionali circa i pericoli di una formazione universitaria priva di un quadro di riferimento unitario che a suo avviso poteva essere fornito solo da una rigorosa educazione al materialismo dialettico, quale logica e metodo per capire la realtà e trasformarla, dalla conoscenza della storia della filosofia, a partire dall’antica Grecia22 per giungere a Marx, a Engels e a Lenin, passando in particolare per Spinoza e Hegel. E invece nelle facoltà universitarie i giovani venivano addestrati (come oggi) al conseguimento di conoscenze teoriche e di abilità tecnico-professionali totalmente settoriali e specifiche, dotandoli altresì di una preparazione del tutto ignara di qualsivoglia consapevolezza storica e filosofica. Il fisico, l’ingegnere, il medico, l’operatore giuridico, si trovano così a navigare nel mondo senza conoscere la storia che ha prodotto le loro rispettive conoscenze, ma soprattutto senza riuscire a rapportare il loro specialismo tecnico con le vicende sociali, economiche e istituzionali sulla base di una effettiva autocoscienza critica.

L’attualità di Ilyenkov - in un sistema che oramai ha bisogno solo di buoni specialisti e non di individui pensanti, e di cancellare la ragione per sostituirla artificiosamente - risiede proprio nel ricollocare al centro della riflessione il tema del rapporto tra teoria della conoscenza, dialettica e attività pratica, fra produzione ed evoluzione del pensiero, tra conquiste della scienza e loro impiego ideologico, e nel tentativo di rinnovare l’urgenza di una filosofia dialettica da assimilare compiutamente per consentire a ciascuno di dominare concettualmente la realtà e le sue contraddizioni, ben sapendo che la conoscenza non è mai neutrale ma è di classe, e che si è soggetti di questo mondo solo se si ha la contraddizione di sé in se stessi e si è capaci di sostenerla23. E tutto questo con Hegel, con Marx, con Engels, con Lenin. E con Ilyenkov, il cui tragico destino fu per molti versi segnato proprio da quella consapevolezza, tutta materialistica e dialettica, secondo cui non è sufficiente dotarsi di una corretta teoria se poi, nella pratica, si tradiscono disinvoltamente i suoi contenuti.


Note
1 V. I. Lenin, Ancora sulla teoria della realizzazione, in Opere Complete, vol. 4 [1898-1901], Editori Riuniti, Roma, 1957, p. 82.
2 V. I. Lenin, Che cosa sono «gli amici del popolo»?, in Opere Complete, vol. 1 [1893-1894], Editori Riuniti, Roma, 1955, p. 163.
3 E. Ilyenkov, Dialettica leninista e metafisica del positivismo. Riflessioni sul libro di Lenin ‘Materialismo ed empiriocriticismo’, [Ленинская диалектика и метафизика позитивизма. (Размышления над книгой В.И. Ленина «Материализм и эмп ириокритицизм»)], Izdatel’stvo politicheskojj literatury, Politizdat, Mosca, 1980, pp. 7-8. Questo testo è l’ultimo di Ilyenkov, scritto nel 1979 e pubblicato un anno dopo la sua morte.
4 V. I. Lenin, Materialismo ed empiriocriticismo, in Opere Complete, vol. 14 [1908], Editori Riuniti, Roma, 1963, p. 307.
5 V.I. Lenin, Il significato del materialismo militante, Opere Complete, vol. 33 [agosto 1921 – marzo 1923], Editori Riuniti, Roma, 1967, p. 210.
6 in E. Ilyenkov, Dialettica e concezione del mondo. La dialettica materialista come logica e metodologia della conoscenza scientifica moderna. Alma-Ata, 1977, p. 178 [Э.В. Ильенков, Диалектика и мировоззрение «Материалистическая диалектика как логика и методология современного научного познания». Алма-Ата, 1977].
7 Già Hegel considerava il difetto fondamentale dell’empirismo nella unilateralità dell’analisi. Nell’affermare l’importanza dell’analisi come modalità di passaggio «dall'immediatezza della percezione al pensiero, in quanto le determinazioni che l’oggetto analizzato contiene unite in sé, venendo separate, acquistano la forma dell’universalità», Hegel metteva in guardia circa il fatto di ricavare dai suoi risultati una conoscenza esaustiva degli argomenti per poi soffermarsi solo su di essi. Egli mostrava come tale punto di vista determinasse una loro concezione distorta, paragonando un ventaglio di esperienza a una persona che rimuove strato dopo strato le tuniche dalla cipolla, così separando, smembrando, analizzando e distruggendo la sostanza viva e internamente unificata del fatto: «L’empirismo, in quanto analizza gli oggetti, sbaglia se crede di lasciarli tali e quali sono, mentre in effetti trasforma il concreto in astratto… Il vivente viene ucciso, poiché vivente è soltanto il concreto, l'uno» [in G.W.F. Hegel, La scienza della Logica, a cura di V. Verra, Utet, Torino, 2004, § 38, p. 190]. Per una vera conoscenza degli oggetti nella loro realtà viva, concreta, è necessario invece elevarsi, tenendo conto dei risultati dell'analisi, ad un punto più alto coincidente con l’«unificazione dei diversi». L’indicazione hegeliana si concentra dunque sull'unità di analisi e sintesi nel processo della conoscenza, chiarendo così la natura del modo di pensare dialetticamente. Anche Lukács ne farà cenno nel suo saggio dal titolo Che cosa è il marxismo ortodosso? in Storia e coscienza di classe: «l'empirismo più ottuso nega che i fatti siano in generale tali soltanto all'interno di una simile elaborazione metodologica - che può essere diversa secondo lo scopo che si persegue nella conoscenza. Esso crede di poter trovare un fatto importante in ogni dato, in ogni statistica, in ogni factum brutum della vita economica. Ed esso non si rende conto che l'enumerazione più semplice, la catalogazione di «fatti» più scarna di commenti è già una «interpretazione», in G. Lukács, Storia e coscienza di classe, Sugarco edizioni, Milano, 1991, p. 7.
8 in E. Ilyenkov - M. Rosenthal, Lenin e gli attuali problemi della logica dialettica, in Comunista, 12 (1969) [М.М. Розенталь Э.В. Ильенков, В.И. Ленин и актуальные проблемы диалектической логики «Коммунист», 12 (1969)], pp. 18-19.
9 Cfr. V.I. Lenin, Materialismo ed empiriocriticismo, cit., p. 336 ss. Come ha osservato Werner Krauss, «il pericolo di tentazioni idealistiche era maggiore ai tempi di Lenin che ai tempi di Marx ed Engels. In particolare, i fondatori del socialismo dovettero affermare il loro metodo dialettico contro il materialismo volgare imperante. Al tempo di Lenin invece, la borghesia, divenuta reazionaria, si era ampiamente riconnessa con l'idealismo prehegeliano su un fronte più ampio. Da qui la necessità espressa da Lenin di sottolineare il materialismo dialettico marcandone oltremodo le differenze», in W. Krauss, Das Ende der bürgerlichen Philosophie. In ders.: Literaturtheorie, Philosophie und Politik. M. Naumann (Hg.), Berlin u.a. 1984, p. 505 (Hervorhebungen: W. Krauss).
10 D. Lecourt, Bogdanov: specchio dell’intellighenzia sovietica, in A. Bogdanov, La scienza, l’arte e la classe operaia, a cura di D. Lecourt e H. Deluy, pref. di S. Tagliagambe, Mazzotta, Milano, 1978, pp. 13-14.
11 E. Ilyenkov, Dialettica leninista e metafisica del positivismo, cit., p. 52.
12 V. I. Lenin, Un passo avanti e due indietro, Opere Complete, vol. 7 [settembre 1903 – dicembre 1904], Editori Riuniti, Roma, 1959, p. 362.
13 V. I. Lenin, La dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini, Opere Complete, vol. 8 [gennaio – luglio 1905], Editori Riuniti, Roma, 1961, p. 268.
14 V. I. Lenin, Un passo avanti e due indietro, cit., p. 399.
15 In ciò si pensi, a partire da Stalin, al consistente ritorno alla tradizione, alla valorizzazione delle radici russe, all’amore per la canzone popolare e folkloristica, al culto della tecnica e del lavoro, con conseguente derisione delle idee filosofiche classiche in favore di una deferenza ottusamente sacrale verso le gerarchie nella prospettiva di una rivalutazione, altrettanto ottusamente sacrale, dei compiti organizzativi ed amministrativi.
16 in E. Ilyenkov, Dialettica e concezione del mondo // Filosofia e cultura, (1979), p. 349-350 [Ильенков Э.В. Диалектика и мировоззрение // Ильенков Э.В. Философия и культура (1979) – М., 1991].
17 in E. Ilyenkov, Dialettica leninista e metafisica del positivismo, cit., pp. 99-10. La citazione è in V. I. Lenin, I bolscevichi conserveranno il potere statale? in Opere complete, vol. 26 [settembre 1917 – febbraio 1918], Editori Riuniti, Roma, 1966, pp. 104-105.
18 V. I. Lenin, Prefazione all'edizione russa del «carteggio di J. Ph. Becker, J. Dietzgen, F. Engels, K. Marx e altri con F.A. Sorge e altri, in Opere Complete, vol. 12 [gennaio - giugno 1907], Editori Riuniti, Roma, 1965, p. 330.
19 V. I. Lenin, Marx sulla «ripartizione nera» americana, in Opere complete, vol. 8, cit., p. 297.
20 A. Gramsci, Quaderni del carcere, Einaudi, Torino, 1975, p. 1449.
21 Sul punto si rinvia diffusamente al cap. 2: Finalità e significato del materialismo dialettico. Sullo stato della filosofia marxista-leninista in una Lettera al PCUS.
22 Proprio come Lenin che, con formidabile lungimiranza, invitava a studiare e ad approfondire la «Storia della filosofia. La filosofia greca ha segnalato tutti questi momenti: i campi del sapere di cui deve constare la teoria della conoscenza e la dialettica», tra cui «la psicologia, lo studio della lingua, la storia della conoscenza in generale e l’evoluzione mentale del bambino», in V. I. Lenin, Quaderni filosofici, Opere complete, vol. 38, [Quaderni filosofici] a cura di I. Ambrogio, Editori Riuniti, Roma, 1969, p. 355.
23 G.W.F. Hegel, Filosofia della natura, a cura di Valerio Verra, Utet, Torino 2002, § 359, p. 480.
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Comments

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Carlo Tarsitani
Wednesday, 09 October 2024 10:34
Si continua a dimenticare la posizione di Ludovico Geymonat e di alcuni dei suoi allievi a favore del materialismo dialettico. Il libro "Attualità del materialismo dialettico", degli anni 1970, è stato nascosto ed è scomparso. Non so perché.
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Paolo Selmi
Tuesday, 09 July 2024 16:11
Caro Carlo!

complimenti per il tuo Lavoro. Quando tutto questo finirà, quando questa schifo di guerra finirà e potrò tornare a occuparmi di pianificazione in un'economia a proprietà sociale dei mezzi di produzione, voglio tornare a leggermi Il'enkov.

Dialoghi impossibili... Marx, Lenin, Gramsci, Il'enkov e Havemann (Dialettica senza dogma). Ogni tanto fantastico queste conversazioni impossibili, dove mi metterei in un cantuccio ad ascoltarli, ciascuno dal suo punto di vista, prendere appunti, imparare e poi ruminare, ruminare e ancora ruminare come se non ci fosse un domani... Il'enkov, come i giganti sopra citati, avrebbe avuto tanto da dirci ancora oggi, ne sono sicuro.

E quando parliamo di ricerca intorno a una nuova società socialista, a un modo socialistico di produzione, a modi socialisti di formare, interpretare, rispondere a bisogni sociali sempre crescenti ma che NON POSSONO esaurirsi nel puro e semplice CONSUMO, sia pur declinato in tutte le forme possibili e immaginabili, ma che DEVONO comprendere l'essere umano nella sua interezza, il TOTALER MENSCH marxiano che si libera progressivamente dalle catene che lo opprimono... beh, è a loro che occorre volgere lo sguardo, non certo alla desolazione attuale.

La scuola deve insegnare a pensare!
Школа должна учить мыслить!
http://caute.ru/ilyenkov/texts/sch/schola.html
Ogni tanto me lo rileggo...

Era un grande... è un grande!

Un caro saluto
Paolo
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