Il ‘modello Mamdani’ visto da Israele
di Alessandro Avvisato
Abbiamo seguito da vicino le vicende delle elezioni del nuovo sindaco di New York, Zohran Mamdani, perché sono sintomo, e forse anche un passo ulteriore, nel percorso di crescente conflitto sociale e politico interno agli Stati Uniti. L’arrivo ai massimi livelli della Grande Mela da parte di un musulmano con un programma di governo considerato ‘socialista’.
Siamo ben consapevoli di tutte le ambiguità che rimangono, sul piano strategico, nei discorsi di Mamdani: sul ruolo imperialista degli USA nei confronti del ‘cortile di casa’ latinoamericano (Cuba e Venezuela), ma anche su Israele, nonostante la sua campagna abbia fatto leva largamente sull’opposizione al piegarsi continuo dei politici stelle-e-strisce agli interessi del sionismo internazionale.
Quello che vogliamo evidenziare è un processo, radicato nelle tendenze della crisi capitalistica, piuttosto che un ‘parteggiare’: il fallimento del ‘melting pot‘ statunitense va di pari passo con la sua crisi egemonica e della sua capacità di proiettarsi come ‘polizia’ del mondo intero. Le linee di faglia etniche si allargano insieme a quelle economiche, spesso si sovrappongono, e il legame che hanno con il ruolo USA nell’ordine globale appare sempre più evidente.
In un certo senso, è la declinazione d’oltreoceano di un processo di politicizzazione che abbiamo visto anche in Italia, con milioni di persone scese in piazza contro la complicità nel genocidio dei palestinesi, e riguardo al quale è apparso chiaro l’interesse del complesso militare-industriale che oggi è al centro degli indirizzi politici di tutta la compagine NATO.
Se per un Socialismo del XXI secolo non esistono modelli, figurarsi se può esserlo un sindaco, per quanto progressista possa essere. Ma è proprio la frattura della società e della politica statunitense che rappresenta Mamdani a doverci interessare, nella lettura delle dinamiche di lungo periodo. E come questa frattura proceda dal salario minimo e dall’edilizia popolare fino al posizionamento internazionale, pur cercando di limitare le ripercussioni su questo lato.
È interessante, infatti, leggere quello che ha scritto recentemente sul quotidiano online israeliano Israel Hayom, intorno ai pericoli che porta con sé il ‘modello Mamdani’. Perché quello del nuovo primo cittadino newyorkese, nei confronti della questione palestinese, viene indicato come un vero e proprio modello che mette in crisi strutturale la narrazione sionista.
Il pericolo risiede nel sofisticato modello politico da lui perfezionato – un copione preciso e inquietante che può essere replicato in qualsiasi capitale occidentale, volto a neutralizzare e smantellare il potere comunitario ebraico dall’interno. Il modello Mamdani si basa su un principio semplice e velenoso: identifica, amplifica e legittima le voci ebraiche più radicali e antisioniste, utilizzandole come scudo umano contro qualsiasi accusa di antisemitismo. Questa tattica paralizza il mainstream, frammenta il consenso comunitario e, in ultima analisi, apre la strada a programmi anti-israeliani estremisti che raggiungono il cuore del potere. Questo non è solo un problema di New York. È un monito strategico per le comunità ebraiche di tutto il mondo, che rivela una nuova forma di guerra politica. […] La sua fase avanzata implica la coltivazione attiva di un’alternativa all’identità ebraica sionista. Mamdani comprende il conflitto che molti giovani ebrei provano, divisi tra i valori progressisti e il tradizionale sostegno a Israele. Offre loro una soluzione semplice e attraente: un ebraismo riformato che rinnega Israele e lo tratta come un progetto coloniale di cui vergognarsi. Offre un modo per rimanere ebrei pur essendo pienamente accettati nel campo progressista, senza dover pagare il prezzo di confrontarsi con la complessità di Israele. In sostanza, egli fa dell’opposizione a Israele non solo una posizione legittima, ma anche un atto morale e perfino ebraico.
L’autore ribadisce ancora una volta che la sua non sarebbe (e ormai è) una vittoria politica locale, bensì una minaccia alla “solidarietà ebraica globale” che rischia di “trasformare le comunità ebraiche in campi di battaglia“. Detto con le stesse formule viste per la società statunitense, significa che la frattura presente anche nelle comunità ebraiche tra ebrei sionisti e antisionisti verrebbe definitivamente a galla.
Gli “ebrei che odiano se stessi“, la retorica alimentata sapientemente e strategicamente da Israele da decenni, per far sì che antisionismo e antisemitismo vengano considerati la stessa cosa, mettendo al riparo Tel Aviv da ogni critica, diventerebbe più incerta. E si offrirebbe ai giovani ebrei una nuova identità ebraica, che è insieme politica, perché costruita sul contrasto al colonialismo sionista.
Aggiungiamoci un ultimo tassello. Ari Fleisher della Republican Jewish Coalition ha parlato di un “crescente problema di socialismo” tra i democratici. Se a questa nuova identità ebraica si associa il fatto che procede lungo i binari di proposte economiche e sociali considerate appartenenti a pieno titolo a un’ipotesi socialista, appare evidente come la preoccupazione dei risvolti politici delle fratture della società USA tenga banco nel dibattito internazionale.







































Comments
Scusate la freddura
Perche'?
Perche' le domande da porsi non sono su Mamdani, ma sui 50.000 che hanno speso parte della loro vita per farlo eleggere , sui i poveri cristi che hanno devoluto pochi e importanti euro per coprire la sua campagna e, non in ultimo, su ebrei giovani o neturei karta che hanno fatto scudo contro la retorica israelo trumpiana. I neturei karta davanti al municipio e sotto la pioggia prima del voto e festeggianti dopo il voto vengono prima di Mamdani. Vengono prima di Mamdani anche molti ebrei laici antisionisti. Piu del 30% degli ebrei a NY ha votato Mamdani.
Eppure qui si cita Mamdani non come colui che e' stato votato da gente che aveva gia' sdoganato l'antisionismo, ma come colui che sdogana.
I bibi non hanno una grande capacita' di analisi e se speravano che un Cuomo qualsiasi potesse rimettere in riga i buoi scappati dalla stalla, la risposta e' li ed e' solo questione di tempo e delle centinaia di poveri palestinesi che stanno massacrando giornalmente in onore della tregua ... per far aumentare il numero di ebrei antisionisti.
Lo stesso vale per chi si e' speso nella campagna elettorale e gli elettori tutti. Sono determinati da Mamdani o sono loro a determinare Mamdani?
Perche' non e' a Mamdani che dovremo guardare, ma al processo di consapevolezza di chi lo ha votato e che fino a poco tempo prima davamo per spaccuato, con i neuroni divorati tra social e Ai.
Mamdani non e' il messiah, chi lo ha votato invece puo' avere gia' in incubazione se non il messia almeno programmi piu ambiziosi.
????
Essere riusciti a votare un sindaco anomalo (osteggiato dai Poteri piu potenti) nella citta' di WS credete non dia nessun fremito di speranza e di possibilita' a chi crede nei punti del programma e oltre?
Donald e israele non stavano cercando di fermare mamdani per le sue posizioni (che contano di controllare con i poteri di cui dispongono e se andate a sentire sermoni di certi rabbini vi renderete conto che nel loro aplomb stanno spuntando potenti zanne), ma per la possibilita' che non doveva verificarsi. Mamdani potrebbe anche rivelarsi un visitor, questo non togliera' alla parte di NY che lo ha votato o che lo apprezza la consapevolezza della possibilita' e la forza per replicare e se necessario migliorare.
L'uovo e la gallina?
Se le cose stanno in germe per come le vedo... non avra' importanza definire l'ordine di apparizione ... saranno un unico corpo sociale che si muove consapevole della sua forza.
Mamdani e' un visitor? Probabilmente si, ma non e' molto importante.