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Per Moishe Postone

di Jacob Blumenfeld

Moishe postone4Ho incontrato per la prima volta il libro di Moishe Postone sull'antisemitismo all'inizio degli anni 2000, ma è stato solo intorno al 2008-2009, quando gli Stati Uniti erano preda della crisi finanziaria, che il suo pensiero su Marx, sul capitalismo, e sul valore mi hanno davvero cominciato a colpire. Ricordo di aver fatto delle fanzine in cui pubblicavo pezzi dal suo libro "Critica e Trasformazione Storica", e le distribuivo a New York City agli studenti, agli attivisti, e agli amici, nella speranza di riuscire a dare l'avvio ad un dibattito sulla crisi che fosse più critico . Il punto era quello di riuscire ad andare oltre le superficiali analisi del "capitalismo clientelare" e vedere la totalità del capitale come una dinamica del valore auto-mediante soggetta alla crisi che non può essere semplicemente contrapposta al valore. Inoltre, la teoria critica di Postone sfidava quelli di noi che si erano politicizzati nel movimento "anti-globalizzazione" e nel movimento contro la guerra della fine degli anni '90 e dei primi anni 2000.

Per prendere seriamente la critica del capitale che proponeva Postone, si richiedeva un nuovo orientamento nei confronti della politica e della lotta di classe che avrebbe superato i limiti dell'identità del consumatore, delle agende nazionaliste, dei sogni keynesiani, e le opposizioni semplicistiche fra wall street e main street, fra il capitale finanziario ed il capitale industriale. Per alcuni di noi, Postone non era andato abbastanza lontano nell'inseguire le proprie intuizioni teoriche. Nessuno dei "nuovi movimenti sociali" ci avrebbe salvato - come qualche volta lui aveva detto - ma lo avrebbe fatto solo una rottura radicale nella riproduzione della relazione di valore, avevamo affermato. Una tale rottura non sarebbe provenuta da dei partiti politici o dalle agende dei movimenti, ma solo dalle stesse lotte nel momento in cui sarebbero andate a cozzare contro i propri limiti e l'appartenenza di classe.

Postone dubitava che una simile lotta di classe sarebbe mai riuscita a sfuggire al proprio destino di essere solo uno dei due poli della relazione di valore. Che avesse o meno ragione, non poteva essere deciso a priori, ma solamente nel corso della storia.

Nel 2011, avevo invitato Postone a parlare alla New School for Social Research a New York, per fare un intervento chiave durante una conferenza per studenti laureati in filosofia, dal titolo "Lo Spirito del Capitale: Hegel e Marx". Postone fece un'ampia lettura del ruolo che aveva avuto il concetto di Spirito nell'opera di Marx e di Lukacs. La sua critica del lavoro ebbe l'effetto di disorientare molti, così come il suo punto di vista a proposito del capitale visto come un "soggetto automatico", simile al punto di vista di Hegel a proposito della dinamica autoreferenziale dello Spirito. Dopo la conferenza, Postone menzionò il fatto che stava lavorando su tre libri: uno sul Capitale, uno sull'Olocausto, ed uno sulla Teoria Critica. Spero che un giorno questi libri vedano la luce. Nell'occasione della sua morte, offro qui quel che è un breve riassunto di alcune delle sue idee chiave su Marx, sul Capitale e sul Valore. Quello che segue è un estratto dalla mia recensione di  un libro tedesco, "Nach Marx", cui avevo contribuito.

«Moishe Postone, nel suo "Thinking Marx Anew", che fa parte di "Nach Marx" (Suhrkamp, 2013) fonda la sua critica del capitalismo sulla dinamica del valore stesso. L'articolo di Postone è forse la sintesi migliore, fino ad ora, del suo "Time, Labor, and Social Domination" (1993), un impressionante lavoro di re-interpretazione della teoria critica del capitale da Lukacs ad Habermas, svolta attraverso un rinnovato interesse per i Gundrisse di Marx e la fondamentale categoria del valore, nel Capitale. Postone comincia il suo articolo andando all'offensiva. Insieme al declino del dominio del marxismo, la caduta dell'URSS, il percorso verso il capitalismo seguito dalla Cina, la decolonizzazione globale, e la fine del movimento di emancipazione dei lavoratori, assistiamo a tutta una serie di nuovi approcci teorici quali il postmodernismo, il post-strutturalismo, il decostruzionismo ed il post-colonialismo, tutti volti a spiegare nuovamente il mondo attraverso un'enfasi sulla differenza, sulla contingenza, sull'identità e sul discorso. La recente crisi globale, tuttavia, mette in dubbio tutte queste scuole di pensiero; la scienza sociale non può spiegare l'universalità del capitalismo con i loro schemi, e neppure può farlo la tradizionale teoria critica del post-marxismo. L'ascesa universale ed il crollo dello stato sociale dopo la guerra, lo dissoluzione del fordismo Stato-centrico, la fine dell'economia pianificata e anche l'ascesa dell'ordine mondiale capitalista neoliberista non può essere spiegata per mezzo di fattori locali, politici, contingenti o culturali. Piuttosto, il capitalismo dev'essere compreso come una forma storicamente dinamica della mediazione sociale che limita universalmente la politica» (p.367).

« Per molti teorici critici, la teoria di Marx è una critica dello sfruttamento svolta dal punto di vista del lavoro, nella quale il lavoro cerca di liberare sé stesso dalle catene della modernità e diventa il principio dominante di una nuova società. Questo non solo è categoricamente sbagliato, secondo Postone, ma è dannoso per qualsiasi progetto di emancipazione. Piuttosto, il capitalismo è una forma unica di mediazione sociale che struttura la modernità. Questa forma di mediazione sociale è costituita per mezzo di una forma unica di lavoro sociale, allo stesso tempo astratto e temporale, che manifesta sé stesso nella particolare, forma quasi oggettiva del dominio. Questo dominio non può essere compreso come il dominio di una classe su un'altra classe. Queste forme di dominio sono segnate dalle categorie delle merce e del capitale; non sono statiche, ma generano una dinamica storica che è determinante per la modernità capitalista, e ne formano il suo nucleo. Per Postone, la critica di Marx non è un'affermazione del lavoro nelle società umane, ma è una critica del suo ruolo centrale in quanto storicamente specifico a questa società. Non è né oggettivista né funzionalista, poiché le categorie si riferiscono alle forme sociali storicamente specifiche della prassi, che sono simultaneamente forme sia di soggettività che di oggettività » (p.365).

Per Postone, il marxismo tradizionale si basa sulla teoria di classe dei proprietari privati che sfruttano i proletari attraverso la mediazione del mercato. Il dominio è dominio di classe, e la contraddizione strutturale è fra i rapporti di produzione (proprietà privata) e le forze produttive (lavoro). La critica svolta dal punto di vista del lavoro tenta di istituire nuove forme di proprietà collettiva sui mezzi di produzione. Per Postone, il XX secolo ha ucciso questa teoria, ed essa non è più, se ma lo è stata, emancipatrice. Tuttavia, Marx aveva compreso il capitale in maniera diversa, in quanto forma di dominio mediato dalla forma sociale della prassi, la cui logia storica dà la forma alle attività umane. Marx non nega la libertà personale, ma ne vuole mostrare la dinamica strutturale, storica, che la determina. Nella sua lettura, il lavoro non è il punto di vista, ma è l'oggetto della critica. Quando i post-strutturalisti rispondono agli errori del marxismo tradizionale con il godimento della contingenza contro le grandi narrazioni e le totalità, dimenticano che Marx è stato il primo grande critico della totalità La differenza sta nel fatto che egli riconosceva che la totalità del capitale esiste! Ignorare questa forma di dominio è astorico. La teoria di Marx è una narrazione auto-riflessiva, storicamente specifica, di come la storia stessa arriva a dominare le vite individuali come se fosse una forza aliena.

Per Postone, il punto di vista trans-storico del lavoro fraintende la natura del valore e del plusvalore visto come sfruttamento dominato dalla classe. Ciò può portare naturalmente ad una teoria della rivoluzione, vista come auto-affermazione del proletariato. Tuttavia i Gundrisse forniscono una diversa interpretazione, nella quale queste categorie sono forme dell'essere sociale, sia oggettive che soggettive, specifiche del capitalismo moderno. La qualità astratta di tali categorie (denaro, valore) le fa sembrare trans-storicamente valide, ma ciò fa parte della loro stessa forma. Il valore è piuttosto una forma specifica della ricchezza nel capitalismo, diverso dalla ricchezza materiale. Il valore è allo stesso tempo sia la condizione essenziale per l'esistenza del capitale, sia la condizione per la possibilità del suo superamento. È precisamente questo il punto nel quale emerge la prospettiva critica, nella quale l'auto-abolizione del lavoro, e non la sua auto-affermazione, diviene possibile a causa del, e non malgrado il, valore in quanto forma di ricchezza nella società capitalistica.

Ciò che rende unico il capitale, è la sua forma di dominio astratto. Qui, l'analisi di Marx, secondo Postone, è assai migliore dell'idea di potere di Foucault, perché la forma del dominio analizzata da Marx non solo è spaziale, ma è anche procedutale, temporale e dinamica. È questa dinamica temporale del valore che fonda la possibilità per il suo superamento. Poiché a causa della sua incessante spinta in avanti verso una sempre più crescente produttività, il valore in quanto forma della ricchezza rende possibile la riduzione del tempo di lavoro necessario alla riproduzione di ciascuno, mentre allo stesso tempo ne nega la sua realizzazione. La realizzazione di una simile possibilità, rimane alienata dagli attori che creano questa possibilità, a causa della forma strutturale, astratta, del dominio che lega insieme la ricchezza alla specifica forma di mediazione sociale costituita dal lavoro. Questo stato di muoversi in avanti nel mentre che si rimane seduti, è quello che Postone chiama "effetto del tapis roulant".

L'auto-movimento del valore prende le forme del denaro e della merce, tuttavia il capitale è il soggetto astratto che mantiene la sua unità nella diversità di una tale apparenza. Se qui il linguaggio suona come se fosse hegeliano, ciò è perché Postone afferma il concetto che Marx ha del capitale, ha la stessa qualità che ha per Hegel il concetto dello spirito. È allo stesso tempo la sostanza ed il soggetto della storia, producendo così cicli infiniti di distruzione e di creazione senza alcuno scopo che non sia quello del suo stesso proprio auto-sviluppo. Contrariamente a Lukacs, non è il proletariato, bensì il capitale ad essere il soggetto della storia, la struttura dinamica del dominio astratto, fatto dalle persone, ma indipendentemente dalla loro volontà. Contrariamente a quanto affermano molti marxisti, questa non è l'inversione antropologica materialista della dialettica idealista, ma ne è la giustificazione materialista. Il carattere idealista del capitale ne costituisce il suo nucleo razionale: esprime la relazione alienata che le forme costituite del dominio hanno con un'esistenza quasi indipendente della struttura sociale coercitiva. Il "soggetto storico" che così tanto affligge il pensiero post-moderno non è "l'uomo" bensì questa struttura alienata della mediazione sociale, e Marx è stato il primo a criticarla.

Secondo Postone, l'abolizione di questa forma di mediazione sociale proviene dalla dialettica della trasformazione e della ricostituzione che costituisce la dinamica temporale del valore. Contro ogni concetto di "resistenza" astratta che può assumere forme reazionarie e conservatrici, le quali si presume siano sempre in qualche modo al di fuori del capitale, Postone rifocalizza la critica del capitale sulla possibilità trasformatrice di un'altra forma di mediazione sociale che emerge all'interno di questa dinamica ma che non è caratteristica di essa. Una tale forma di mediazione sociale non dovrebbe essere basata  sul tipo di lavoro storicamente specifico corrispondente al valore, ma ad una forma di ricchezza del tutto diversa.

La celebrazione della contingenza non costituisce una critica del capitale, bensì l'espressione del capitale stesso, visto nella sua più moderna, neoliberista forma di apparenza. Andare oltre una tale apparenza, richiede una critica che vada al cuore della logica capitalistica. La visione critica di Postone toglie il fiato, e dev'essere elogiata e sostenuta contro quasi ogni altro marxismo di paglia che esista. Il suo tentativo di sviluppare la possibilità negativa di un'altra forma di vita dall'interno della dialettica del capitale stesso, costituisce anche un bel rimprovero nei confronti di coloro che credono in un soggetto proletario quasi trascendentale che starebbe solo aspettando di rivelarsi. Tuttavia, la critica del marxismo tradizionale non richiede un abbandono della lotta di classe o della teoria della classe in quanto tale, perché anche in questo modo sarebbe una cosa del tutto unilaterale. Oggi, solamente una comprensione unificata della mutua costituzione della classe e del capitale insieme può riuscire a venir fuori dal punto morto in cui si trova la teoria critica.


- Pubblicato il 26 marzo 2018 su Marx200

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