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sinistra 

Appunti per un rinnovato assalto al cielo. XI

Money for nothing and chicks for free

di Paolo Selmi

Uno sguardo a ideologia, evoluzione tecnologica e rapporti monetario-mercantili

tab311Le persone sono persone. Amano i soldi, ma è sempre stato così... l'umanità ama i soldi, non importa di cosa siano fatti: di pelle, carta, bronzo o oro. Sono frivoli... che farci... ma la pietà alle volte pulsa nei loro cuori... gente normale... in generale ricordano coloro che li hanno preceduti, soltanto la questione degli alloggi li ha rovinati...1

Люди как люди… le persone sono persone. Come dar torto al buon Woland in visita di istruzione a Mosca (a prescindere che, personalmente, ci penserei due volte prima di dar torto a un Woland, a un Azazel o a un Begemot)? Eppure, qualcosa da aggiungere la avrei: è vero, ljudi kak ljudi, ma esistono armi e armi del delitto. In altre parole, non possiamo affermare den’gi kak den’gi (деньги как деньги, “i soldi sono soldi”): ci sono “soldi” e “soldi” e, chi ne ha escogitato le attuali forma, condizioni e modalità di esercizio, lo ha fatto scientemente al fine di instaurare nelle “persone” comportamenti, sovrastrutture psichiche del tutto funzionali ai modelli di consumo e scambio desiderati sin dal momento della loro ideazione. In altre parole, i “soldi di adesso” sono qualitativamente diversi dai “soldi di una volta”, dai biblici “trenta denari” ai červoncy (червонцы), per chiudere il cerchio con Bulgakov, che planano dal cielo agli spalti del Variété. dove una calca di avide mani di “uomini nuovi” sovietici li attende. Affronteremo ora per sommi capi questo argomento.

 

Nelle auto prese a rate Dio è morto”...

Tutto iniziò con Francesco Guccini e Augusto Daolio (scusate, ma non potevo non “riportare a casa” anche loro in quest’ultimo capitolo…): partiamo subito dal presupposto che non ce l’avevano con chi, perché non ricco di suo o beneficiario di qualche lascito, non poteva permettersi il lusso di pagare una macchina in contanti (mi spiace, ma il resto della canzone non lascia dubbi a proposito!).

Scherzi a parte, autore e interprete se la prendevano con un certo tipo di meccanismo, lo stesso preso di mira anni più tardi – e in maniera molto più ironica – da Rino Gaetano, e al cinema, da Paolo Villaggio. Il sistema della vendita a credito, della rateizzazione, delle cambiali, pur di poter spendere “come gli altri”, era strettamente connesso a un modello ben preciso di consumo che andava allora imponendosi.

Così, con l’intuizione dell’artista, i nostri barbuti emiliani arrivarono con ben 12 anni di anticipo su un certo Pierre Bourdieu, il quale nel 1979 parlava di come ciò che egli definiva

  • lotta di concorrenza (lutte de concurrence) di una classe inferiore per colmare la differenza che la separava dalla superiore (riclassificazione o reclassement) vedesse, da parte della seconda,

  • l’attuazione di una serie di contromisure che vanificavano questo sforzo (declassamento o déclassement) come, per esempio:

1. declassare titoli nobiliari e inventarne di nuovi inaccessibili, per esempio, oppure

2. istituire un numero chiuso per l’accesso a determinate professioni e mestieri, assai più politicamente corretto di segregazioni sociali o razziali e infine, coniglio dal cilindro e, insieme, due piccioni con una fava,

3. l’istituzione di meccanismi di accesso selettivo a beni esclusivi grazie a una – implicita o esplicita a questo punto poco importa – accettazione dell’ordinamento sociale esistente. Proprio in questo si colloca il cosiddetto credito.

Chiedo perdono per la lunghezza di quanto segue, ma Bourdieu lo spiega molto, molto meglio (sottolineato mio2 ), con parole a mio avviso valide ancora quarant’anni dopo:

La dialettica del declassamento e della riclassificazione, che è all’origine di tutti i tipi di processi sociali, implica e impone che tutti i gruppi in questione corrano nella stessa direzione, verso le stesse mete, le stesse caratteristiche, cioè quelle che vengono indicate loro dal gruppo che occupa la posizione di testa nella corsa, e che sono per definizione inaccessibili agli inseguitori; poiché, quali che esse siano in sé e per sé, sono modificate e qualificate dalla loro rarità distintiva, sicché non saranno più ciò che ora sono una volta che, moltiplicate e diffuse, diventino accessibili a gruppi di rango inferiore.3

Il che, tradotto in parole povere, significa che per quanto uno nato sotto il segno sbagliato provi ad accedere al villaggio turistico esclusivo, alla BMW e al televisore grosso come una parete, una volta che sarà entrato in possesso di quanto desiderato, tenendo i figli a pane e acqua, sottofatturando o non fatturando affatto, vendendo la dentiera della nonna, rubando, truffando e chi più ne ha più ne metta, si troverà nuovamente, inevitabilmente, escluso dal “rango superiore” che si sarà proiettato ad Antigua, al volante di una Porsche e con una parete che farà da televisione, finto camino e centro di controllo della domotica di tutte le ville extra-lusso sparse per il mondo. Ma non solo.

In più, la classe dominante ci avrà guadagnato in termini di consenso sociale e lacché pronti a mandare giù di tutto e di più pur di raggiungere l’agognato traguardo, andando tutti dans le meme sens. Questo Bourdieu intende nel prosieguo della sua analisi quando scrive:

Così, in modo apparentemente, paradossale, la conservazione dell’ordine, cioè dell’insieme di distacchi, delle differenze, dei ranghi, delle precedenze, delle priorità, degli esclusivismi, delle distinzioni, delle proprietà ordinali e, grazie ad esse, dei rapporti di gerarchia che conferiscono ad una formazione sociale la sua struttura, viene assicurata da un cambiamento incessante delle proprietà sostanziali (cioè non relazionali)4 .

Tradotto: io, appartenente alla classe dominante, detto la linea; tu oggi compri quello che io indossavo tre anni fa, volente o nolente5 , e quando lo indossi (ovvero avviene un cambio di proprietà sostanziali) resti sempre un “pezzente” (ovvero non vengono toccate le proprietà relazionali, “io so’ io, e voi nun siete un ...”)6 . Ancora Bourdieu:

Ciò implica che l’ordine (gerarchico) stabilito in un dato tempo sia necessariamente [ANCHE] un ordine temporale, un ordine di successioni, ove ciascun gruppo ha come passato il gruppo immediatamente inferiore e come futuro il gruppo immediatamente superiore (da cui capiamo anche quanto siano pervasivi i modelli evoluzionistici). I gruppi in concorrenza sono separati da differenze che, essenzialmente, si collocano in un ordine temporale.7

È importante notare questo, molto importante. Pensiamo, per un attimo, a che razza di volano ciò rappresenta per la nozione indotta di “bisogno” alla base del consumo così come inteso in questo mondo di capitalismo globalizzato. Pensiamo come, questo meccanismo di emulazione fosse NON ASSENTE (non esageriamo, assente proprio no, altrimenti Woland sarebbe rimasto disoccupato… ricordiamoci il suo ljudi kak ljudi), MA MOLTO LIMITATO, in un’economia di piano dove è vero, esisteva sì una burocrazia forte con dei “privilegi”, ma non con l’1% più ricco della scala sociale con un reddito 240 volte maggiore il 20% più povero8 : la dacia in campagna, una macchina di cilindrata maggiore, il condizionatore in casa, fine. Torniamo, per un attimo, ai grafici delle prime puntate e ai dati sull’obsolescenza programmata e su consumi che ormai non considerano più il valore d’uso in quanto tale, ma altri parametri del tutto indipendenti, nonché sui cumuli di rifiuti sotto cui ci stiamo autoseppellendo. E osserviamo come tutto sia collegato. Lo status symbol, l’oggetto che ti porta “avanti”, crea PRIMA un’impennata di consumi in chi se lo può permettere e soprattutto – dal momento in cui giustifica la riproduzione della merce su scala industriale – DOPO in chi non se lo può permettere, da Tōkyō a Washington, passando per Pechino, Nuova Delhi e Mosca.

La differenza fra questo PRIMA e questo DOPO passa anche per il CREDITO, come osserva Bourdieu:

Non è un caso che questo sistema assegni un posto così importante al credito: la legittimazione del potere costituito, che si realizza attraverso questa lotta di concorrenza e che è amplificata da tutte quelle azioni di proselitismo culturale, violenza dolce esercitata con la complicità delle vittime e in grado di conferire all’imposizione arbitraria dei bisogni le sembianze di una missione liberatrice invocata da coloro che la subiscono, passa attraverso la PRE-tesa, intesa come bisogno che PRE-esiste ai mezzi per il suo soddisfacimento; e di fronte a un ordine sociale che riconosce anche ai meno dotati il diritto teorico a essere soddisfatti in tutto, purché a termine, nel lungo termine, la PRE-tesa altra risposta non trova che nel CREDITO, che permette di avere la soddisfazione immediata dei beni promessi contro l’accettazione di un avvenire che altro non è che la continuazione del presente, o una sua cattiva imitazione, con false vetture di lusso e false vacanze di lusso.

Tuttavia, la dialettica del declassamento e della riclassificazione è in grado di funzionare anche come meccanismo ideologico, che il discorso conservatore si sforza di rendere sempre più efficace e che, nell’impazienza stessa che porta alla soddisfazione immediata per mezzo del credito, tende a imporre ai dominati, soprattutto se comparano la loro condizione presente a quella passata, l’illusione che gli basti attendere per ottenere ciò che invece non otterranno che lottando: collocando la differenza fra classi entro l’ordine di successione, la lotta di concorrenza instaura una differenza, che è a un tempo la più assoluta e la più impraticabile – dal momento che non c’è nulla da fare che attendere, a volte una vita intera […] – e la più irreale ed evanescente, dal momento che sappiamo che, in un modo o nell’altro, se sapremo attendere, avremo ciò che ci è stato promesso delle leggi ineluttabili dell’evoluzione9 .

Per inciso oggi, nei cosiddetti “Paesi emergenti”, questa fede, questa fiducia in un futuro migliore del presente, per cui basta attendere e prima o poi verrà il mio turno, per cui il passato è il gruppo sociale inferiore e il futuro quello superiore va a mille, un po’ come nella nostra “Italia del boom”. A livello di controllo sociale, funziona meglio di cento idranti, ruspe e manganelli.

Viceversa, nell’Occidente “post-moderno”, questa fede nell’evoluzione è scomparsa, del tutto, è rimasta solo la rabbia e la rassegnazione all’ineluttabile, che impedisce alle classi subalterne persino di immaginare una società, un modo di produzione alternativi all’attuale, in un “si salvi chi può” dove ciascuno cerca di ritagliarsi la propria nicchia ecologica, che vede minacciata dal gruppo sociale inferiore e di cui chiede garanzia al gruppo sociale superiore: un meccanismo di controllo sociale che, anche in questo caso, funziona meglio di cento idranti, ruspe e manganelli.

Alchimie differenti portano quindi allo stesso risultato, ovvero alla subordinazione dei gruppi sociali inferiori ai superiori nella gerarchia costituita, una subordinazione volontaria, che non solo è “violenza dolce” (violence douce … per inciso, a qualcuno viene in mente chi continua a definire la propria azione internazionale “soft power”?), ma addirittura “missione liberatrice” (mission libératricen).

Arrivano gli americani
Garibaldini marziani
Vergine santa hai sentito le nostre preghiere...

cantavano gli Stormy Six mezzo secolo fa… come sempre, con l’intuizione dell’artista.

 

Le carte di credito

Momento quindi importante, questo fissato da una rilettura in chiave contemporanea dell’analisi di Bourdieu, che ci porta a una disamina più attenta di questo CREDITO, inteso nella sua duplice funzione di soddisfacimento, tramite pagamento differito, della PRE-tesa immediata e di accettazione implicita dello status quo, ovvero della propria condizione di subordinazione. Lo strumento principe, passate di moda cambiali, pagherò, e circolari, è la CARTA DI CREDITO, al punto che vi è stato anche chi, come George Ritzer, recentemente, ha tentato una sociologia delle carte di CREDITO10 . Gli argomenti che adduce valgono anche per le carte di DEBITO.

Riducendo ai minimi termini la sua analisi egli nota che:

  • incoraggiano il consumo oltre le disponibilità economiche correnti;

  • essendo beni e servizi di proprietà dei capitalisti, il loro consumo contribuisce a riempire le loro tasche, aumentando il saggio di sfruttamento e l’impoverimento relativo delle classi subalterne;

  • la loro capacità di rendere invisibile, intangibile, immateriale, il denaro movimentato, contribuisce a renderlo più distante e ad aumentarne la propensione al consumo, in quella che un altro studioso, Georg Simmel, definisce tentazione all’imprudenza (temptation to imprudence);

  • aumentano la circolazione monetaria, in quanto rendono immediate operazioni sequenziali che coinvolgono più soggetti e che, un tempo, avrebbero richiesto molto più tempo (pensiamo alla ricarica di una prepagata e al suo immediato utilizzo su un sito online);

  • aumentando numero e velocità delle transazioni, la percezione del valore dei soldi spesi nelle stesse diminuisce, da parte del compratore. Spendiamo e non ci accorgiamo di spendere, differentemente da un portafoglio pieno di contanti che man mano si svuota;

  • profilano consumi, incrociano dati anagrafici e sociali all’interno di enormi archivi informatici individuando tendenze di consumo che fungono da riscontro (feedback) ai capitalisti per determinare i propri bisogni11 ;

  • contribuiscono così in maniera determinante alla razionalizzazione della società (Max Weber), ovvero alla standardizzazione, alla massificazione, alla banalizzazione dei consumi in economie di scala inimmaginabili solo poco tempo fa (lo stesso articolo merceologico venduto in un unico mercato globale in centri commerciali fotocopia l’uno dell’altro12 );

  • riferito alle sole carte di CREDITO, semplificano, standardizzano la concessione dello stesso, esattamente come Mc Donald ha standardizzato il fast food e i ristoranti cinesi una cucina che di cinese autentico ha poco o niente; attenzione: la standardizzazione delle procedure di verifica e concessione di credito, culminante spesso in null’altro che nell’applicazione sistematica di punteggi in grado di quantificare il grado di affidabilita’ di un cliente, si sta sempre piu’ affermando in altri settori della società, fino a raggiungere l’apice nel sistema di credito sociale da poco introdotto nella RPC (社会信用体系 13 );

  • il loro possesso, i limiti di credito, l’ammontare del debito accumulabile, il numero di beni e servizi acquistabili in una scadenza temporale data, ecc. costituiscono il “nuovo” status symbol (virgolette d’obbligo, visto che abbiamo appena visto come sia una pia illusione delle classi subordinate, e i veri status symbol cambino CONTINUAMENTE e SOSTANZIALMENTE per lasciare INTATTI GLI SCARTI RELAZIONALI E TEMPORALI fra classi);

  • contribuiscono a porre maggiormente l’accento sul lato quantitativo, più che qualitativo, della merce14 ;

  • portano alla successiva, logica, conclusione: proprio perché siamo sempre meno in grado di vedere ciò che non ha prezzo, tutto ha un prezzo;

  • squalificano la merce, squalificano l’atto stesso della compravendita, disumanizzando il processo di consumo, automatizzandolo, rendendo possibile la vendita a distanza dove compratore e venditore neppure si parlano, con un click, portando a compimento anche nella sfera del consumo lo stesso, medesimo, meccanismo alienante operato dal capitalista sul luogo di lavoro.

Oltre a tutto questo, il Capitale ottiene un doppio risultato:

  • NASCONDE la circolazione di denaro, limitando sempre più l’uso dei contanti e confondendo le acque al comune mortale, sia in termini di consumi percepiti, che in termini di consumi osservati nei confronti di altri;

  • CONTROLLA la circolazione di denaro in modo pressoché totale, TRACCIA qualsiasi movimento, profilando lo stesso, il suo esecutore e il suo beneficiario, acquisendo un’enorme quantità di materiali per implementare ulteriormente i processi di sfruttamento in corso.

Ora, SE NON ALTRO PER OPPOSIZIONE A QUANTO FINORA DESCRITTO (un’opposizione che guardi dialetticamente avanti, che a spaccare siam capaci tutti...), proviamo per un attimo a cambiare ottica e a pensare allo stesso strumento elettronico di pagamento in un modo di produzione che sia però socialistico, dove sia abolito lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, a proprietà sociale dei mezzi di produzione, in cui la produzione e i servizi siano pianificati per meglio rispondere ai bisogni della popolazione e non per accumulare maggior profitto possibile sia in fase di produzione che di consumo. Pensiamo quindi a una “carta” che:

  • su una base pianificata di risparmio individuale e familiare, aiuti a individuare il plafond settimanale tenendo conto della spesa ordinaria, delle scadenze delle varie bollette, mutui e di eventuali spese straordinarie e trasmetta sul palmare a ogni spesa quanto è stato speso di tale plafond, avendo così un quadro in tempo reale della situazione di bilancio individuale e familiare.

  • preveda anche l’indebitamento come voce di spesa, ma che non sia fondata sul debito per procedere necessariamente agli acquisti, anzi, lo scoraggi e privilegi il risparmio (anche mirato a progetti di acquisto di medio o lungo periodo);

  • per esempio, nella spesa settimanale, mediante l’ausilio di un lettore di codici a barre con cui “sparare” gli articoli man mano che si inseriscono nel carrello, dia sempre riscontro di quanto si sta spendendo e di quanto si può ancora spendere, senza avere sorprese alla cassa.

  • trasmetta lo scontrino elettronico, nella sua composizione per articoli, con un algoritmo che faccia da filtro garantendo l’anonimato totale, al pianificatore come riscontro immediato, o feedback, di cosa sta andando e cosa no, di modo da

1. procedere ad aggiustamenti nella pianificazione delle attività produttive,

2. ridurre al massimo sprechi e scorte di invenduto e

3. ottimizzare al massimo l’efficienza produttiva e distributiva.

Quest’ultimo punto, peraltro, già accade nella GDO (Grande Distribuzione Organizzata), e senza anonimato, per permettere la maggior profilazione del cliente e, ovviamente, per il profitto del capitalista.

  • oltre a ciò, consenta altri riscontri e passaggi di informazioni fra produttore e consumatore, circa per esempio la qualità del prodotto finito, suggerimenti, critiche dal basso per migliorarlo, renderlo più durevole nel tempo o, perché no, cambiarne anche radicalmente la filosofia di costruzione.

Io sono l’ultimo a poter parlare di queste cose, ci sono senza dubbio cervelli di gran lunga migliori in grado di capire cosa intendo e mettere nero su bianco funzioni decisamente più innovative procedure realistiche di transizione alle stesse: ciò che mi piacerebbe anche solo insinuare, come dubbio, o come suggestione, è che un modo di produzione socialistico, sicuramente molti degli strumenti – attualmente in uso dal Capitale per ampliare ulteriormente il proprio margine di profitto agendo su tutte le sfere della vita sociale – possano essere impiegati non per fare una brutta copia del capitalismo ma, migliorando efficacia ed efficienza di tale modo di produzione, per aiutare l’essere umano a liberare sé stesso, soprattutto da quella stessa mentalità consumistica che, paradossalmente, tali strumenti avevano contribuito fino ad allora a consolidare. In altre parole, il mito del possesso come segno distintivo di riscatto sociale, perfettamente riassunto in quel “E quando sarò ricca” di una indimenticabile, profetica, Anna Identici15 , porta solo alla replica, alla riproduzione di modelli di benessere estremi considerati bene assoluto e meta di un paradiso in terra esclusivo, non certo alla liberazione dell’essere umano intesa nel senso di un’etica socialistica. È solo una suggestione, appunti che prendo e che voglio condividere. Mi si perdoni quindi questo inciso, o questo eccesso di immaginazione.

Anche perché, ora, occorre tornare all’oggi. E da quando son nate a oggi, le carte di credito e di debito servono un solo interesse: quello del Capitale16 . Le prime nacquero nel 1949, negli USA ovviamente, Paese che offriva i requisiti fondamentali di forti infrastrutture bancarie e di pagamento per garantire il meccanismo, essenzialmente di compensazione tramite commissione interbancaria, tramite il quale

  • un cliente (card holder per gli anglofoni) grazie, per l’appunto, a una “carta”

  • emessa da una banca (issuer), o soggetto terzo che garantiva per lui (Banca, Posteitaliane) acquistava

  • beni o servizi da un venditore convenzionato (merchant), che per la riscossione si rivaleva

  • su un acquisitore di debito, ovvero un soggetto che acquisiva, si accollava temporaneamente il debito (acquirer ovvero il “circuito” stesso della carta, il simbolino in basso a destra sulla carta, per intenderci), e lo regolava a scadenza con la banca emittente della carta (issuer) di cui sopra.

Questo schema, detto “a quattro parti”, è il più complesso, ma ve ne sono anche di più semplici, ferma restando l’impostazione di fondo.

All’inizio era solo il club dei commensali (Diners club), visto che il tutto nacque per togliere i borghesi a stelle strisce dall’eventuale imbarazzo di contante mancante per pagare pranzi e cene ai ristoranti… quindi l’idea prese piede anche in altri, numerosi soggetti, che ebbero però vita assai breve, finché negli anni Ottanta due furono i giganti rimasti a spartirsi il grosso della torta: MasterCard e VISA. Entrambe statunitensi, la prima è diffusa in 210 Paesi, la seconda in 200.

Entrambe furono quindi quotate in borsa, la prima dal 2006, la seconda dal 2013, anche se entrambe hanno mezzo secolo di vita.

A inizio secolo tre sistemi di pagamento statunitensi monopolizzavano il mercato mondiale:

- VISA (57%)

- MasterCard (26%)

- American Express (13%).

Prima di passare al quadro odierno, completamente stravolto rispetto a quello di soli vent’anni fa, forniamo altri dati sul loro modus operandi. Oltre a intascarsi percentuali sulla movimentazione e sulla quantità di carte aperte, questi colossi agiscono sul mercato finanziario né più, né meno degli altri speculatori e pescicani presenti sulle varie piazze mondiali. Risultato: gli attivi sono enormi e i guadagni netti di questo ordine di grandezza (miliardi di dollari USA):

Carta di credito

2016

2017

VISA17

6,862

8,335

MasterCard18

2,8

3,3

American Express19

5,37

2,72

Giusto per avere un’idea dei totali movimentati, questa è la sola VISA20 :

Indicatore

2015

2016

2017

Volume totale (miliardi USD)

7.400

8.200

10.200

N° di transazioni (miliardi)

71,0

83,2

111,2

N° di carte (miliardi)

2,4

2,5

3,2

La parte del leone nella spartizione degli utili di queste società la fanno le banche, che rappresentano la stragrande maggioranza dei soci. In particolare, sono le banche americane a detenerne il pacchetto di controllo, sono loro a dettare condizioni, prezzi, e tutto ciò che ne consegue, CON STRATEGIE E CALCOLI CHE NON SONO SOLO ECONOMICI, MA ANCHE POLITICI.

Non dimentichiamoci, infatti, che nella primavera del 2014, furono loro – su ordine del Dipartimento di Stato USA – a escludere le banche russe sia dal circuto VISA che da quello MasterCard, in quella che fu la prima sanzione a stelle e strisce nei confronti dell’orso cattivo. Parliamo di esclusione da un settore del mercato capitalistico strategico e in piena crescita, come questi indicatori globali, frutto di un recente studio che ne prevede i valori al 2021, mostrano:

Indicatore

2015

2021

Variazione

N° di carte (miliardi)

13,0

16,6

+28%

N° di transazioni (miliardi)

270

417

+54%

Volume totale (miliardi USD)

21.600

34.100

+58%

Tuttavia, un dato emerge incrociando le ultimi due tabelle: il circuito VISA, che solo vent’anni fa la faceva da padrone, oggi possiede circa 1/5 del totale di carte circolanti. Ora, esistono altri centri studi, altrettanto autorevoli, che stimano il totale delle carte di pagamento (debito, credito, prepagate) in due miliardi di unità in meno (11,15 milardi nel 2016)21 . Ammesso e non concesso che sia quest’ultimo il dato corretto, la quota VISA appare MOLTO più ridimensionata (il 22,6%). Cosa è cambiato nel frattempo?

Cominciamo, ancora una volta, dalla fine. Questa è la cartina attuale della spartizione della torta del pagamento elettronico:

tab312

 

Carta

%

UnionPay 银联

54,93

VISA

27,68

MasterCard

14,97

American Express

0,99

JCB

0,92

Diners

0,51

Ancora una volta, a rompere il monopolio a stelle e strisce (e a imporre in prospettiva il loro) sono arrivati i capitalisti cinesi. Il progetto di una carta di credito Made in PRC sul modello di Visa e Mastercard nasce nel 1991, ma è solo nel 2002 che prende vita, grazie alla Banca popolare di Cina (maggior azionista col 6% del totale azionario) e ad altre 300 istituzioni. Dal 2010 la CUP è il primo circuito al mondo per quantità di carte emesse annualmente. Pertanto, oggi, quello della CUP è diventato il circuito con il maggior numero di carte al mondo, in termini non solo relativi ma assoluti: oltre 5 sono i miliardi di carte emesse.

Questi, giusto per avere un’idea degli ordini di grandezza, sono i primi 10 emittenti (issuer) al mondo di carte di pagamento elettronico nel solo 201622 , ordinate per volume di acquisti in migliaia di miliardi di dollari. Sei sono cinesi:

tab313a

tab313b

Abbiamo affiancato questo grafico a un altro23 , che ci parla di transizioni suddivise per continente e riportanti i dati del 2016 (cerchio piccolo) e della previsione al 2026 (cerchio grande). Due anni fa il Nord America era ancora il maggior centro per numero di acquisti tramite carta di credito (non è un caso che la VISA allora risultava ancora il maggior circuito al mondo per numero di transazioni di pagamento), con 90 miliardi di transazioni contro i 76 dell’Estremo Oriente-Oceano Pacifico. Oggi, probabilmente, non lo è già più, visto che le previsioni per il 2026 prevedono che questo dato si quintuplichi fino a toccare la cifra di 389 miliardi, una cifra maggiore di tutte le altre transazioni del globo messe assieme! Incrociando i grafici, è evidente che tale crescita dipenderà per la maggior parte dalla crescita del capitalismo cinese.

Un capitalismo che esporta i propri capitali all’estero, come abbiamo visto, e che trova nella circolazione delle proprie carte di credito un ulteriore indicatore. Se è vero, infatti, che il 99,5% delle operazioni sono svolte sul territorio nazionale, e solo lo 0,5% fuori, vero è anche che le cose stanno cambiando. Il circuito ormai abbraccia 168 Paesi24 e accetta tutte le valute locali, 90 milioni sono i detentori di tale carta FUORI dalla Cina, distribuiti in 48 Paesi di cui, più della metà, si collocano lungo i nuovi corridoi commerciali25 : tassi di crescita a doppia cifra ovunque e in Laos, Mongolia e Birmania è il circuito maggiormente diffuso. In Europa, oltre 3 milioni di negozi distribuiti su 39 Paesi accettano carte del circuito CUP, il 60% del totale degli esercizi che accettano carte di pagamento elettronico. Nella sola Italia, questa carta è riconosciuta in oltre l’80% dei Bancomat e il 50% dei venditori che accettano carte di pagamento elettronico26 . Nel solo Pakistan 4,1 milioni sono state le carte cinesi emesse e 1,3 milioni in Russia.

In particolare riferimento alla Russia, sta diventando vera e propria terra di conquista per il circuito CUP. Autorizzate dal 2013 e accettate praticamente ovunque, qualora dovessero inasprirsi eventuali, ulteriori, sanzioni, potrebbero diventare una valida alternativa alle due americane. Peraltro, dal 2015, proprio in risposta alle sanzioni occidentali, è nato il primo circuito russo di carte di pagamento elettronico, denominato Mir. A fine dell’anno scorso le carte emesse superavano i 30 milioni27 : totalmente indipendente dai chiari di luna a stelle e strisce, con 381 banche partecipanti fra cui la nostra Intesa28 , accettato anche all’estero in collaborazione con CUP, JCB e Maestro29 , questo circuito rappresenta un successo per il capitalismo russo in quanto simbolo di autonomia e indipendenza nazionale.

In sintesi questo strumento, da qualsiasi punto di vista lo si osservi e a qualsiasi angolo del pianeta lo si incontri, oggi ragiona secondo un’unica logica: quella di facilitare la circolazione del denaro, la realizzazione dei processi di compravendita e, in ultima analisi, i processi di accumulazione ed esportazione di capitale in corso. È, in ultima analisi, un grosso catalizzatore, acceleratore, delle dinamiche di classe esistenti a prescindere dal colore di cui la sua plastica è ricoperta. Inoltre, da qualche anno a questa parte, le luci della ribalta mondiale hanno illuminato la parabola di un altro strumento, se-dicente “valuta”, ma in realtà gioco d’azzardo a tutti gli effetti… e forse non solo: i bitcoin.

 

I bitcoin

Money for nothing… così cantavano i Dire Straits fra un assolo di batteria e uno di chitarra distorta. Parole che si attagliano alla perfezione alla parabola ascendente e discendente dei cosiddetti bitcoin, altro segno distintivo di quest’epoca; un’epoca dove,

  • a una supposta neutralità tecnocratica dal punto di vista formale, garanzia di “libertà”,

  • corrispondono precisi movimenti del Capitale nel senso di una sua ulteriore accumulazione e concentrazione e, al tempo stesso,

  • di una possibile guerra finanziaria che genera, come reazione,

  • movimenti opposti di contenimento e censura di meccanismi foraggiati fino a pochi istanti prima, per poi

  • neutralizzatane la devianza e la pericolosità, recuperarli non solo entro un alveo di compatibilità con il grande Capitale,

  • ma anche in direzione di un suo ulteriore potenziamento.

In questo senso, davvero i bitcoin si prestano a esemplificare tale traiettoria30 .

La loro è una storia recente, con meno di dieci anni, quando allora un perfetto sconosciuto, un nome di fantasia probabilmente, di nome Satoshi Nakamoto, pubblicò un saggio31 che esordiva così:

Una versione completamente decentrata, senza controllo centrale, del denaro elettronico permetterebbe pagamenti in linea che sarebbero inviati direttamente da una parte all’altra senza passare attraverso la mediazione di istituzioni finanziarie32 ”.

Trasferimenti per via telematica e in maniera criptata, orizzontale, senza mediazione: ecco al mondo il prototipo della criptovaluta. I bitcoin sarebbero stati emessi fino a un tetto massimo (fissato in 21 milioni di esemplari) “dal basso”, ovvero da tutti i partecipanti al circuito tramite un processo di registrazione e cifratura delle transazioni, grazie a una tecnologia denominata blockchain, ovvero tramite la condivisione di memoria fissa da parte diverse unità hardware collegate in rete in maniera orizzontale: un enorme database, anch’esso decentralizzato, le cui “catene di dati”, memorizzanti tutte le transazioni economiche del bitcoin da loro stesse creato, avrebbero costituito in ultima istanza la sua autentica (e unica) garanzia di esistenza, il tutto nel pieno anonimato: una specie di hawala del XXI secolo.

Ora, i soliti “complottisti”, tra cui – non si sa per quale cortocircuito – si aggira anche una certa signora Kaspersky (che comunque di sicurezza informatica qualcosa ne capisce33 ...), affermano che dietro le criptovalute ci sia da sempre non un gruppo di di nerd visionari, ma nientepopodimeno che la CIA34 . Non entro – ora – nel merito della questione ma, in effetti, una transazione anonima, cifrata, di denaro oltre i confini nazionali, non può che fare gola e divenire logico approdo sia per chi si occupa di riciclaggio di denaro, che di finanziamento anonimo di gruppi terroristici35 : esattamente come la hawala.

Nel frattempo, il tempo volava e il ruscello bitcoin era già divenuto un fiume:

  • Il 3 gennaio del 2009 il progetto ebbe il via,

  • nel 2010 era già possibile convertire i bitcoin in moneta reale,

  • nel 2013 erano state già create 11 milioni di monete,

  • nel 2016 il totale era salito a 14 milioni (2/3 del tetto massimo),

  • oggi sono 17 milioni (17.201.862 per la precisione36 ).

A questo dobbiamo aggiungere che il processo di “emissione” di nuova moneta è enormemente rallentato dal fatto che un maggior numero di esemplari in circolazione richiede cervelloni in grado di elaborare un numero sempre maggiori di informazioni. Le “miniere” di bitcoin, come sono chiamate in gergo, non possono più essere un PC di casa o un gruppo di elaboratori collegati fra loro, ma server professionali estesi su superfici di migliaia di mq e con consumi di energia elettrica stratosferici per qualsiasi utenza domestica: questo, unito alla fine - di fatto – alla perdita dell’anonimato, diveniva col tempo segno tangibile di una progressiva verticalizzazione della struttura.

Ma vi è dell’altro: il costo di un singolo bitcoin, inizialmente un centesimo, oggi è pari a 6 mila dollari. Non è l’unico dato “strano”. Moltiplichiamone il valore unitario per il totale bitcoin emessi e troviamo che, nel 2010 il totale dei bitcoin circolanti valeva 1 milione di dollari, per esplodere oggi a 110 miliardi di dollari ($110.483.759.249 per la precisione37 ): la capitalizzazione totale è aumentata di centomila volte in otto anni! Vi è dell’altro ancora: quello attuale, infatti, non è stato per nulla il massimo raggiunto. Diamo un’occhiata a questo grafico, che rappresenta la fluttazione sul mercato del prezzo di un singolo bitcoin38 :

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Qualche considerazione:

  • il 16 luglio 2017, valeva USD 1.909,09,

  • il 17 dicembre 2017 USD 19.181,82 (DIECI VOLTE IL PREZZO DI NEANCHE SEI MESI PRIMA!),

  • il 10 agosto 2018 USD 6.422,78 (CIRCA UN TERZO DI QUELLO CHE VALEVA OTTO MESI PRIMA!).

Incrociamo ora questi dati con il totale di bitcoin emessi e la conseguente capitalizzazione:

Data

Valore (USD)

Bitcoin emessi39 (migliaia)

Capitalizzazione40

(miliardi USD)

16/07/2017

1.909,09

16,4

33,1

17/12/2017

19.181,82

16,7

321,3

10/08/2018

6.422,78

17,2

110,4

La progressione quasi lineare e la relativa lentezza, con cui le “miniere” di cervelloni informatici uniscono catene di blocchi fra loro dando vita a bitcoin, ci consentono di soffermarci sulla prima e sulla terza colonna, direttamente correlate. La quantità di miliardi di dollari pompati prima e fuggiti poi è impressionante. È ancora più impressionante la giustificazione addotta a tali movimenti speculatori dal sito ufficiale, che “non raccomanda” (sic!) di “mantenere i tuoi risparmi in bitcoin”. Vale la pena riportare questa “perla” in tutta la sua interezza:

Il prezzo dei Bitcoin è instabile

Il prezzo di un bitcoin può aumentare o diminuire imprevedibilmente durante un breve periodo di tempo a causa della sua giovane economia, della sua natura nuova, e qualche volta a causa dei mercati illiquidi. Di conseguenza, mantenere i tuoi risparmi in bitcoin non è raccomandato. Bitcoin dovrebbe essere considerato come una risorsa ad alto rischio, e non dovresti mai mettere da parte con Bitcoin del denaro che non puoi permetterti di perdere. Se ricevi pagamenti con Bitcoin, molti provider di servizi ti permettono di convertirli istantaneamente nella tua valuta locale41 .

“A causa della sua giovane economia, della sua natura nuova, e qualche volta a causa dei mercati illiquidi”… sbalorditivo. Davvero notevole, poi, quel “mercati illiquidi” alla fine. Tolto questo caveat, tutto il resto del sito è un inno all’investimento. Affianchiamo questo spot “ufficiale” ad altri proclami profusi sulla rete, questi ultimi ad opera di “esperti”, con grandi squilli di tromba, nel periodo d’oro della bolla speculativa, quando circolavano bufale come questa, dove si mostrava una presunta classifica mondiale delle maggiori valute per capitalizzazione42 :

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Tale battage pubblicitario era teso, specialmente poco prima del periodo di massimo picco della criptovaluta, a far passare l’idea:

  • che i bitcoin fossero delle “monete” a tutti gli effetti, equiparabili a USD, EUR, RMB e JPY;

  • che fossero la quarta “moneta” in circolazione al mondo per capitalizzazione;

  • che il 71% della popolazione mondiale viveva in Paesi dove la valuta in circolazione valeva meno di questa criptovaluta43 .

Ora, definire “moneta” ciò che in realtà rappresenta un “surrogato monetario” (per gli anglofoni monetary surrogate), era la prima operazione intellettualmente disonesta di quelle pagine:

  • già il denaro nell’attuale modo di produzione capitalistico faticava a essere “misura del valore”, figurarsi i bitcoin con le loro fluttuazioni;

  • per lo stesso motivo anche altre funzioni come mezzo di pagamento o scambio, per esempio, risultavano molto limitate.

  • l’unica vera funzione era il trasferimento di denaro (sporco, vista la possibilità concreta di perdere più denaro durante una transazione e i rispettivi cambi e fluttuazione di valore, al di sopra di qualsiasi commissione dei servizi “puliti”) e, dulcis in fundo,

  • la speculazione vera e propria sul cambio valutario, in misura assai maggiore di quella che si compiva a livello mondiale sulle valute ufficiali.

Anche l’idea stessa di “quarta moneta al mondo”, a ben vedere, era una bufala, visto che – ammessa e non concessa una stabilità nel medio termine di quella bolla speculativa che di lì a poco sarebbe esplosa – oltre alla moneta in circolazione si sarebbero dovute conteggiare anche le riserve monetarie, non conteggiate dal quel grafico. E i bitcoin sarebbero slittati molto indietro.

Ma tant’è: tali siti avevano l’unico scopo di invogliare a investire i propri zecchini d’oro nel moderno “Campo dei miracoli” e, di fatto, incrementare il volume di quella bolla speculativa che avrebbe consentito loro ulteriori accumulazioni e concentrazioni di capitale: ci sono riusciti benissimo, specialmente considerando il balzo in avanti avuto non solo dai bitcoin, ma da tutte le criptovalute.

C’è stato poi chi ne ha tratto vantaggio speculando in maniera “consentita dalla legge”, c’è chi lo ha fatto in maniera illegale: 534 milioni di dollari di criptovalute giapponesi coincheck rubate da hacker a fine gennaio di quest’anno44 , preceduti nell’agosto del 2016 dal furto di 72 milioni di dollari in bitfinex rubati a Hong Kong, e da altri episodi simili occorsi alle attuali 74 criptovalute circolanti.

Vi è, tuttavia, un ultimo dato, il più inquietante, se si considerano tutte le criptovalute nel loro complesso: un dato che ci fornisce un’ultima chiave di lettura. Partiamo dal peso specifico di ciascuna criptovaluta sul totale della loro intera capitalizzazione durante questi ultimi dodici mesi:

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Non solo bitcoin, quindi: anzi, se prendiamo in considerazione il periodo da metà dicembre a metà gennaio, ovvero l’espansione massima della bolla speculativa, notiamo come il peso specifico dei bitcoin scenda drammaticamente dal 66% al 32% del valore di capitalizzazione totale di criptovalute45 . In quel periodo, ci fu una massiccia, inedita immissione di denaro in criptovalute, in tutte le criptovalute, i cui valori si gonfiarono in maniera esorbitante. Questo secondo grafico lo mostra ancor più chiaramente:

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Durante i giorni che precedettero lo scoppio della bolla, i volumi di scambio superarono i 60 miliardi di dollari al giorno. Il totale capitalizzato in criptovalute toccò, in data 8 gennaio 2018, la strabiliante cifra di 828 miliardi e 527 milioni di dollari! Oggi, otto mesi più tardi, le criptovalute si sono deprezzate al punto che la capitalizzazione totale è scesa di QUASI QUATTRO VOLTE: 224 miliardi e 554 milioni di dollari, con un volume di scambio medio giornaliero di poco meno di 10 miliardi di dollari.

Notiamo quindi la stessa caduta tendenziale per tutte le criptovalute, non solo per i bitcoin, sia pure con sporadiche fluttuazioni verso l’alto. Cosa è successo? Oppure, forse è il caso di dire, cosa è andato storto nei piani di qualcuno?

Partiamo da un presupposto: le criptovalute, nel momento in cui cercavano di porsi come “valuta”, come “moneta”, creavano in maniera del tutto consapevole una contraddizione di tipo antagonistico con le banche centrali, coloro le quali emettono la moneta “ufficiale”. Improvvise, quanto massicce e intense, iniezioni di capitali in questo circuito, di fatto destabilizzavano l’azione delle banche centrali, in particolare di una banca centrale: manco a farlo apposta, quella di Cina.

Il motivo è presto detto: a settembre 2017 il 90% (ripeto, NOVANTA PERCENTO) degli scambi di bitcoin avveniva in terra di Cina46 ! È stato proprio in quel periodo che il governo cinese ha iniziato a correre ai ripari, a tutela

  • della propria classe di capitalisti pubblici e privati, in quel momento totalmente impazziti da quella nuova “febbre dell’oro” e, in ultima analisi,

  • a tutela della stabilità di un intero sistema monetario che rischiava da un momento all’altro di collassare.

Forse era PROPRIO QUESTO l’obbiettivo di qualcuno, penso malignamente, ma forse non troppo, visti

  • i volumi di criptovalute consolidatisi negli anni in RPC

  • l’aumento improvviso in quei pochi mesi della capitalizzazione e dei volumi di scambi,

  • il progressivo gonfiarsi di una bolla speculativa INEDITA con il conseguente, sempre maggiore

  • pericolo di scoppio con effetti catastrofici, ovviamente, laddove si compiva il maggior numero di scambi

  • l’azione repressiva massiccia e senza indugi da parte del governo centrale.

Applicando la legge del bastone e della carota, come tradizione legistica millenaria comanda, partirono in fretta e furia le perquisizioni e le chiusure delle “miniere” di conio cifrato, così delle criptovalute nazionali tout court, costrette a ricreare le proprie basi a Hong Kong, Singapore, Malta e altri paradisi off shore, furono messi sotto controllo gli account sospetti, oscurati i siti di compravendita, al punto che il 7 luglio 2018 l’agenzia nazionale Xinhua poteva annunciare con trionfo che il volume di bitcoin mossi quotidianamente in terra di Cina era stato ridotto all’ 1% (ripeto, UNO PERCENTO) del totale mondiale47 .

Oggi il traffico di criptovalute procede nei limiti tollerati informalmente dal governo centrale, la sponda di Hong Kong svolge la sua ambigua funzione, chi traffica illegalmente capitali lo fa “come prima, più di prima” … ma il governo centrale può tirare un sospiro di sollievo per uno scampato pericolo, per quella che era stata inizialmente considerata l’ennesima valvola di sfogo per una borghesia desiderosa di seminare da qualche parte i propri zecchini d’oro e che, se non fu un vero e proprio cavallo di Troia introdotto da fuori (perché a pensar male si fa peccato...), potrebbe tuttavia ricalcare la trama di quei B-movie dove un esperimento apparentemente innocuo su microbi rischia di generare una terribile pandemia.

Infine, come accennato in apertura di paragrafo, la parabola dei bitcoin si chiude con un apparente paradosso: lo stesso strumento di presunta “liberazione” dalle banche centrali, dal grande Capitale, diviene principio ispiratore di un nuovo mezzo non solo compatibile con gli stessi, ma di loro potenziamento.

La RPC, per esempio, disinnescata la bomba delle criptovalute, ha salvato tuttavia il meccanismo delle catene di blocchi, o blockchain. Tutto il suo apparato finanziario sta compiendo la transizione a tale tecnologia48 ; lo stesso lo stanno compiendo, da anni, tutti i colossi finanziari del mondo, occidentale e non, per motivi di un’indubbia

  • maggior velocità nelle transazioni

  • maggior sicurezza nelle stesse, rispetto al livello attuale

  • minori costi49 .

In parole povere, il Capitale “si è fatto furbo”: ha intravisto un potenziale enorme in una tecnologia alla base di un sistema potenzialmente destabilizzante, ha eliminato, marginalizzato o reso innocui gli elementi che rendevano tale lui e, in particolare, le banche centrali, e ha salvato e implementato la tecnologia in una direzione del tutto consona e funzionale alle proprie esigenze.

E con questo, ancora una volta, torniamo al punto di partenza. Люди как люди… diceva il buon Woland. E come dargli torto? Tuttavia, dal secondo dopoguerra a questa parte, il denaro non è stato più lo stesso, così come non è mai stato lo stesso: ogni modo di produzione ha avuto il suo “denaro”, il suo “equivalente universale” le cui funzioni, storicamente e socialmente determinate, sono sua stessa emanazione e, a loro volta, condizionano dialetticamente il suo sviluppo in forme sempre più complesse e funzionali al miglioramento della propria stabilità.

Noi, che questo mondo vorremmo cambiare, che questo modo di produzione vorremmo abbattere per costruirne uno nuovo, “facciamoci più furbi” del Capitale. Questo denaro non è, non potrà mai essere, così come è ora configurato, il denaro di un modo di produzione socialistico. Tuttavia, i meccanismi alla base del suo funzionamento, le nuove tecnologie e scoperte di quegli esseri antropomorfi chiamati uomini e che “sono frivoli... che farci... ma la pietà alle volte pulsa nei loro cuori... gente normale... in generale ricordano coloro che li hanno preceduti” ebbene, invece di essere collocati in dispositivi atti a istigarne i loro più bassi istinti, come ho cercato di dimostrare in queste pagine possono, devono essere applicati in strumenti totalmente diversi, con architetture diametralmente opposte, dove alcune possibilità del vecchio sistema sono inibite, altre depotenziate, altre invece evidenziate e incoraggiate. In altre parole, se si vuol fare la rivoluzione, occorre cambiare anche il denaro. Se ne erano accorti già in URSS dove, nei loro manuali di economia politica, sottolineavano analogie e differenze di funzione del denaro “pri kapitalizme” (при капитализме) e “pri socializme” (при социализме): un denaro di natura nuova, quindi, che contribuisca a creare circoli non più viziosi, ma virtuosi nei loro utilizzatori. Senza la presunzione di diventare o creare “uomini nuovi”, e neanche di essere “a prova di Woland”, tuttavia qualche porcheria e meschinità in meno rispetto alle attuali ce la risparmieremmo. Anche Woland sarebbe d’accordo.

 

Giunti alla fine...

Se gli scrittori socialisti attribuiscono al proletariato questa funzione di significato storico-mondiale, ciò non accade affatto, come la critica critica pretende di credere, perché essi considerano i proletari come degli dèi. Ma, al contrario, perché nel proletariato pienamente sviluppato è fatta astrazione da ogni umanità, perfino dalla parvenza di umanità; perché nelle condizioni di vita del proletariato sono riassunte tutte le condizioni di vita dell'odierna società, nella loro forma più inumana; perché l'uomo nel proletariato ha perduto se stesso ma, contemporaneamente, non solo ha acquistato la coscienza teorica di questa perdita, bensì è stato spinto direttamente dalla necessità ormai incombente, ineluttabile, assolutamente imperiosa – dall'espressione pratica della necessità – alla ribellione contro questa inumanità: ecco per quali ragioni il proletariato può e deve emanciparsi. Ma esso non può emanciparsi senza sopprimere le proprie condizioni di vita. Esso non può sopprimere le proprie condizioni di vita senza sopprimere tutte le inumane condizioni di vita della società attuale, che si riassumono nella sua situazione 50 .

Di queste parole di Marx ed Engels che ho amato tanto, e amo tutt’ora, a due secoli di distanza, in un mondo dove un proletariato parcellizzato, disintegrato, disperso, sfruttato oggi più che allora, tuttavia non pensa più a liberare né sé stesso in quanto classe, né tanto meno il mondo, io salvo una conclusione, la più importante a mio avviso: la lotta per il socialismo è la lotta per la salvezza di tutto il genere umano; una salvezza mondana, intendiamoci. Anzi, rilancio: a due secoli di distanza dalla pubblicazione di questo testo, la lotta per il socialismo, ovvero di un sistema che abolisca lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e razionalizzi il consumo delle risorse pianificandolo alla luce della loro disponibilità e capacità di riproduzione, da un lato, e dei bisogni della collettività, dall’altro, è divenuta ormai la lotta per la salvezza di tutta la biosfera.

Nessun messianismo, nessuna fede cieca: solo fatti, meccanismi, processi che ho cercato di elencare, analizzare e collegare fra loro, seppur sommariamente in queste pagine di appunti. Il socialismo realizzato è stato sconfitto (per mancanza di anticorpi, di meccanismi di difesa da attacchi interni, più che per limiti strutturali… ma questo è un altro discorso): tuttavia, a parte danni ambientali, prodotto dell’incuria e di superficialità figlie dei tempi, di una scarsa attenzione agli ecosistemi e di una visione malsana di progresso, non certo strutturali o “connaturate” al modo di produzione stesso, nonché di incidenti casuali, esso non ha né peggiorato, né compromesso – ribadisco, in quanto modo di produzione – la vita del pianeta e dei suoi abitanti.

Viceversa, lo stesso non si può dire di questo turbocapitalismo postmoderno, “con caratteristiche nazionali”, a stelle e strisce, in salsa sinica, e affini. Il conflitto interimperialistico attualmente in corso ha accelerato notevolmente non solo il ciclo produttivo e riproduttivo della merce, ma tutte le dinamiche monetario-mercantili che attengono al suo campo di esistenza: un campo di esistenza che si è esteso

  • sia quantitativamente, appropriandosi e sfruttando il vuoto lasciato dai vari modi di produzione, socialistici e non, vigenti fino alla fine della Guerra fredda,

  • sia qualitativamente, grazie non solo allo sfruttamento sempre più intensivo delle risorse esistenti, ma anche all’individuazione continua di nuovi tipi di risorse il cui sfruttamento fino a oggi non era neppure pensabile: esempio classico, ambiti dell’esistenza umana fino a poco tempo fa inaccessibili e oggi resi merce, merce più che appetibile; biologia molecolare, genetica e, più in generale, tutte le biotecnologie e nanotecnologie applicate in settori di ricerca finanziati dal Capitale e da esso orientate alla scoperta e alla conquista di nuovi eldoradi, di nuove fette di mercato, nuovi settori da monopolizzare.

Tale “combinato disposto” ha ulteriormente distorto i fragili equilibri non solo all’interno di noi, litigiosi bipedi antropomorfi abitanti di questo pianeta, ma fra noi e il pianeta stesso, dandoci prima il potere inedito di schiantarci contro il muro dell’autoestinzione e, poi, votandoci allo schianto in un lasso di tempo che sembra sempre ridursi sempre più man mano che si alza il livello del conflitto interimperialistico in essere e il saggio di sfruttamento che lo alimenta.

Per questo, le parole di un giovane Marx51 da me citate in apertura paragrafo si rivelano ancora oggi in tutta la loro attualità e in tutta la loro forza, a questo punto profetica. Se il Lavoro riuscirà a liberare sé stesso, avrà salvato il pianeta e i suoi abitanti dalla fine certa a cui lo ha condannato questo modo di produzione tanto globalizzato, asfissiante, drogato, ipertrofizzato, criminale, quanto strutturalmente incapace di fare un passo indietro e limitarsi, piuttosto che di farne uno in avanti e autoriformarsi.

Proprio per questo, non basta ripensare il socialismo senza sottoporre a critica rivoluzionaria le forma attuali di merce e di denaro, sottolineandone la loro funzionalità di natura sistemica alla produzione e riproduzione di tutti quei meccanismi, a loro volta indispensabili al mantenimento in vita e allo sviluppo di questo modo di produzione.

Questa premessa mi sembra fondamentale, condicio sine qua non, da discutere e sviluppare PRIMA di qualsiasi tentativo di “nuovo assalto al cielo”. Anzi, è dall’implementazione di un’economia politica alternativa e migliore dell’attuale, proprio perché fondata su radici alternative e migliori alle attuali, un’economia politica solida ideologicamente e coerente in tutte le sue declinazioni cui la complessità attuale la obbligherà a confrontarsi, che può nascere e crescere un movimento nuovo o, meglio ancora, rinnovato; un movimento che raccolga le migliori forze, le forze realmente progressive, del Lavoro e della società, intorno a tale progetto e a tali ideali, un movimento che davvero “venga da lontano e vada lontano”. Fare l’opposto, invertire la sequenza operativa, come accaduto dalla fine del socialismo realizzato a oggi, ci ha solo fatto perdere di credibilità e condotto alla marginalità e al suicidio politico.

Con quest’ultima considerazione, si chiudono queste pagine di appunti. Ringrazio tutti coloro che mi hanno fornito spunti di riflessione e incoraggiato nella loro stesura, nonché nella costruzione di un filo logico che legasse coerentemente queste analisi e ragionamenti, per elevare di grado e sostanziare con argomenti probanti quelle che non potevano essere “semplici coincidenze”, dal momento che mi apparivano “troppe coincidenze” (mi perdoni il giudice Ayala per questa citazione...). A queste tesi, infatti, sono giunto dopo anni di studio e di ricerca, individuali e collettivi, e di lavoro quotidiano con le merci, dove ho toccato (e tocco) quotidianamente con mano molte delle realtà che ho descritto in queste pagine. Come nel caso del dottorato di ricerca, questo doppio sforzo mi ha consentito di approfondire ulteriormente argomenti la cui conoscenza era stata fino a oggi piuttosto sommaria, a chiarire anzi tutto a me stesso alcuni passaggi. Non da ultimo, ringrazio quindi Tonino, che ha pubblicato sul suo sito (https://sinistrainrete.info/) tutte le “puntate” di questo lavoro: senza questa opportunità, queste pagine sarebbero rimaste su un disco fisso.

Spero, infine, di aver fornito spunti e argomenti a teste più lucide (non nel senso del cuoio capelluto!), a cervelli più preparati e formati sui temi toccati, di modo che possano sviluppare questi appunti, approfondirli, giungere a tesi e a proposte politiche nuove. “Un lavoro, o è collettivo, o lavoro non è”: così diceva la mia professoressa di Letteratura Giapponese, Paola Cagnoni. Dopo vent’anni, le do ancora ragione. Un grazie ancora a tutti e a presto.

(Fine... Qui, qui, qui quiquiquiquiqui, qui e qui le puntate precedenti)


Besnate, 26 agosto 2018

PS. per comodità ho raccolto tutti i capitoli usciti a puntate in un unico file, disponibile a questo indirizzo: https://www.academia.edu/37305627/Riportando_tutto_a_casa._Appunti_per_un_nuovo_assalto_al_cielo
Note
1 Люди как люди. Любят деньги, но ведь это всегда было... Человечество любит деньги, из чего бы те ни были сделаны, из кожи ли, из бумаги ли, из бронзы или из золота. Ну, легкомысленны... ну, что ж... и милосердие иногда стучится в их сердца... обыкновенные люди... в общем, напоминают прежних... квартирный вопрос только испортил их... M. A. Bulgakov , “Мастер и Маргарита” [Il maestro e Margherita 1928-1937], in V. L OSEV (a cura di), Мой бедный, бедный мастер... : Полное собрание редакций и вариантов романа «Мастер и Маргарита» [Il mio povero, povero Maestro... : Raccolta completa delle versioni e della varianti de “Il Maestro e Margherita”], Mosca, Vagrius, 2006, p. 481.
2 Chiedo anzi scusa per l’abuso che ne farò insieme ad altri segni distintivi nel corso dei prossimi brani citati, ma lo ritengo uno strumento molto efficace per evidenziare i tratti più salienti di una prosa complessa e non di immediata lettura.
3 La dialectique du déclassement et du reclassement qui est au principe de toutes sortes de processus sociaux implique et impose que tous les groupes concernés courent dans le meme sens, vers les memes objectifs, les memes propriétés, celles qui leurs sont désignées par le groupe occupant la première position dans la course et qui, par définition, sont inaccessibles aux suivants, puisque, quelles qu’elles soient en elles memes et pour elles memes, elles sont modifiées et qualifiées par leur rareté distinctive et qu’elles ne seront plus ce qu’elle sont dès que, multipliées et divulguées, elles seront accessibles à des groupes de rang inférieur. Pierre Bourdieu, La distinction, Critique sociale du jugement, Le sens commun, Les éditions de minuit, 1979. pp. 182-183.
4 Ainsi, par un paradoxe apparent, le maintien de l’ordre, c’est à dire de l’ensemble des écarts, des différences, des rangs, des préséances, des priorités, des exclusivités, des distinctions, des propriétés ordinales, et par là, des relations d’ordre qui conferènt à une formation sociale sa structure, est assuré par un changement incessant des propriétés substantielles (c’est à dire non relationnelles). Ibidem.
5 Non può non tornare alla mente Miranda de “Il diavolo veste Prada” (2006) quando dice alla sua assistente: “Oh, ma certo, ho capito: tu pensi che questo non abbia nulla a che vedere con te. Tu apri il tuo armadio e scegli, non lo so, quel maglioncino azzurro infeltrito per esempio, perché vuoi gridare al mondo che ti prendi troppo sul serio per curarti di cosa ti metti addosso, ma quello che non sai è che quel maglioncino non è semplicemente azzurro, non è turchese, non è lapis, è effettivamente ceruleo, e sei anche allegramente inconsapevole del fatto che nel 2002 Oscar de la Renta ha realizzato una collezione di gonne cerulee e poi è stato Yves Saint Laurent se non sbaglio a proporre delle giacche militari color ceruleo. [...] E poi il ceruleo è rapidamente comparso nelle collezioni di otto diversi stilisti. Dopodiché è arrivato a poco a poco nei grandi magazzini e alla fine si è infiltrato in qualche tragico angolo casual, dove tu evidentemente l'hai pescato nel cesto delle occasioni, tuttavia quell'azzurro rappresenta milioni di dollari e innumerevoli posti di lavoro, e siamo al limite del comico quando penso che tu sia convinta di aver fatto una scelta fuori delle proposte della moda quindi, in effetti, indossi un golfino che è stato selezionato per te dalle persone qui presenti... in mezzo a una pila di roba”
6 Poco più in là, Bourdieu riassume il concetto con la seguente formula: “In breve, ciò che la lotta di concorrenza rende eterna non sono le differenti condizioni (ovvero la sostanza dello scarto fra classi), ma la differenza di condizione (lo scarto stesso fra le classi)” (Bref, ce que la lutte de concurrence éternise, ce n'est pas des conditions différentes, mais la différence des conditions). Ibidem, p. 184
7 Ce qui implique que l’ordre établi à un moment donné du temps est inséparablement un ordre temporel, un ordre des successions, chaque groupe ayant pour passé le groupe immédiatement inférieur et pour avenir le groupe supérieur (on comprend la prégnance des modèles évolutionnistes). Les groupes en concurrence sont séparés par des différences qui, pour l’essentiel, se situent dans l’ordre du temps.
8 https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/01/22/disuguaglianze-oxfam-in-italia-l1-piu-ricco-ha-240-volte-il-20-piu-povero-e-il-divario-si-allarga/4107198/
9 Ce n’est pas par hasard que ce système fait une telle place au crédit: l’imposition de légitimité qui se réalise à travers la lutte de concurrence et que redoublent toutes les actions de prosélytisme culturel, violence douce, exercée avec la complicité des victimes et capable de donner à l’imposition arbitraire des besoins les apparences d’une mission libératricen appelée par ceux qui la subissent, tend à produire la prétention comme besoin qui préexiste aux moyens de se satisfaire adéquatement ; et contre un ordre social qui reconnaît aux plus démunis eux memes le droit à toutes les satisfactions, mais seulement à terme, à long terme, la prétention n’a d’autre choix que le crédit, qui permet d’avoir la jouissance immédiate des biens promis mais qui enferme l’acceptation d’un avenir qui n’est que la continuation du présent, ou le simili, fausses voitures de luxe et vacances de faux luxe.
Mais la dialectique du déclassement et du reclassement est prédisposée à fonctionner aussi comme un mécanisme idéologique dont le discours conservateur s’efforce d’intensifier les effets et qui, dans l’impatience meme qui pousse à la jouissance immédiate par le crédit, tend à imposer aux dominés, surtout lorsqu’ils comparent leur condition présente à leur condition passée, l’illusion qu’il leur suffit d’attendre pour obtenir ce qu’ils n’obtiendront en fait que par leurs luttes : en situant la différence entre les classes dans l’ordre des successions, la lutte de concurrence instaure une différence, qui est à la fois la plus absolue et la plus infranchissable, puisqu’il n’y a rien d’autre à faire que d’attendre, parfouis toute une vie […] et la plus irréelle, la plus évanescente, puisqu'on sait qu’on aura de tout façon, si l’on sait attendre, ce à quoi on est promis par le lois inéluctables de l’évolution. Ibidem.
10 George Ritzer, Explorations in the Sociology of Consumption: Fast Food, Credit Cards and Casinos, London ; Thousand Oaks, SAGE, 2001, pp. 71-106.
11 Lo stesso si può dire delle “tessere punti”, in un mondo dove è misurato persino il coefficiente di scontrini battuti per movimento di tornelli in entrata e in uscita, dove gli amministratori delegati e i responsabili regionali, delle varie filiali distribuite sul territorio, leggono in tempo reale sul proprio palmare tutti questi dati (e altri ancora) riferiti a ogni punto vendita, reale e virtuale, acquisendo statistiche e prendendo decisioni il più possibile immediate su come mungere meglio il consumatore.
12 Notiamo come, persino a livello urbanistico, i centri storici dei nostri borghi si assomiglino sempre più lun l’altro, lungo porticati fotocopia dove sono riprodotte, quasi nella stessa sequenza, le insegne di negozi in franchising diffusi in quasi ogni città del nostro Belpaese, sempre più standardizzato anche sotto questo punto di vista.
13 Questo argomento richiede una trattazione separata, che spero di trovare il tempo e la possibilità di svolgere.
14 Rimando a questo punto sulle analisi già fatte nelle prime puntate di questo lavoro sull’obsolescenza programmata, sulla qualità sempre minore dei materiali, sul fatto che produciamo cumuli di rifiuti che ci stanno soffocando e condannando a morti sempre più precoci.
15 Un link veloce al primo video trovato sulla rete: https://www.youtube.com/watch?v=olqXJM9Phq8 … e abbiamo riportato a casa anche lei!
16 Da qui in avanti, laddove non citato, dati e materiali sono tratti dall’articolo di Katasonov https://www.fondsk.ru/news/2017/09/21/banki-igraut-v-karty-kitaj-nabiraet-ochki-44685.html
17 https://s1.q4cdn.com/050606653/files/doc_financials/annual/12/Visa-2017-Annual-Report.pdf
18 https://s2.q4cdn.com/242125233/files/doc_financials/2017/Q4/4Q17-Earnings-Release.pdf
19 https://www.marketwatch.com/investing/stock/axp/financials
20 https://s1.q4cdn.com/050606653/files/doc_financials/annual/12/Visa-2017-Annual-Report.pdf
21 https://nilsonreport.com/research_featured_article.php
22 https://nilsonreport.com/publication_chart_and_graphs_archive.php?1=1&year=2017
23 https://nilsonreport.com/publication_chart_and_graphs_archive.php?1=1
24 http://www.unionpayintl.com/en/serviceCenter/cardUsingInstructions/821.shtml
25 http://www.unionpayintl.com/en/serviceCenter/cardUsingInstructions/821.shtml
26 https://m.unionpayintl.com/wap/en/mediaCenter/newsCenter/companyNews/3912.shtml
27 https://mironline.ru/payment-system/about/
28 https://mironline.ru/about-card/receiving-and-maintaining/#partner/
29 https://mironline.ru/payment-system/geo/
30 Materiali tratti da:
https://www.fondsk.ru/news/2017/12/13/bitkojn-i-nastojaschie-dengi-kto-autsajder-45248.html
https://www.fondsk.ru/news/2017/02/24/bitkoin-mikrob-iz-laboratorii-cifrovyh-revolucionerov-43598.html
https://www.fondsk.ru/news/2016/03/21/kriptovaluty-dengi-ili-instrument-azartnyh-igr-39213.html
di Valentin Katasonov e da:
https://www.fondsk.ru/news/2018/01/29/kriptolihoradka-i-kriptovaljutnye-piramidy-45517.html
di Elena Pustovojtova.
31 https://bitcoin.org/bitcoin.pdf
32 “A purely peer-to-peer version of electronic cash would allow online payments to be sent directly from one party to another without going through a financial institution”. Ibidem, p. 1.
33 https://it.sputniknews.com/mondo/201801235549279-Kaspersky-bitcoin-progetto-CIA/
34 https://www.zerohedge.com/news/2017-06-12/exposed-real-creator-bitcoin-likely-nsa-one-world-currency
35 https://pdfs.semanticscholar.org/2359/ad394ab9a17e112c249a78eb5c5d3e55669c.pdf
36 10/08/2018 https://coinmarketcap.com/
37 10/08/2018 Ibidem (https://coinmarketcap.com )
38 https://www.coindesk.com/price/
39 https://charts.bitcoin.com/chart/money-supply
40 https://charts.bitcoin.com/chart/market-cap
41 https://bitcoin.org/it/da-sapere#volatile
42 https://smallbusinessprices.co.uk/bitcoin-top-5/
43 Ibidem.
44 https://asia.nikkei.com/Japan-Update/Japan-s-Coincheck-suffers-record-530m-virtual-currency-theft
45 https://coinmarketcap.com/charts/
46 https://www.businessinsider.com/bitcoins-fate-untethers-from-china-2017-9/?r=AU&IR=T
47 http://www.xinhuanet.com/english/2018-07/07/c_137308879.htm
48 https://thenextweb.com/hardfork/2018/07/09/china-crackdown-bitcoin/
49 Studi come questo, a opera di tutti i colossi pubblici e privati, popolano ormai la rete https://oecd-opsi.org/wp-content/uploads/2018/06/Blockchains-Unchained-Guide.pdf
50 Wenn die sozialistischen Schriftsteller dem Proletariat diese weltgeschichtliche Rolle zuschreiben, so geschieht dies keineswegs, wie die kritische Kritik zu glauben vorgibt, weil sie die Proletarier für Götter halten. Vielmehr umgekehrt. Weil die Abstraktion von aller Menschlichkeit, selbst von dem Schein der Menschlichkeit, im ausgebildeten Proletariat praktisch vollendet ist, weil in den Lebensbedingungen des Proletariats alle Lebensbedingungen der heutigen Gesellschaft in ihrer unmenschlichsten Spitze zusammengefaßt sind, weil der Mensch in ihm sich selbst verloren, aber zugleich nicht nur das theoretische Bewußtsein dieses Verlustes gewonnen hat, sondern auch unmittelbar durch die nicht mehr abzuweisende, nicht mehr zu beschönigende, absolut gebieterische Not - den praktischen Ausdruck der Notwendigkeit - zur Empörung gegen diese Unmenschlichkeit gezwungen ist, darum kann und muß das Proletariat sich selbst befreien. Es kann sich aber nicht selbst befreien, ohne seine eigenen Lebensbedingungen aufzuheben. Es kann seine eigenen Lebensbedingungen nicht aufheben, ohne alle unmenschlichen Lebensbedingungen der heutigen Gesellschaft, die sich in seiner Situation zusammenfassen, aufzuheben. Karl Marx, Friedrich Engels, La sacra famiglia (“Die heilige Familie oder Kritik der kritischen Kritik”, 1844), Karl Marx - Friedrich Engels - Werke, Dietz Verlag, Berlin/DDR 1972 , Vol. 2, p. 38. Trad. italiana in Opere scelte, Roma, Editori Riuniti, 1966, p. 166.
51 La nota in calce alla traduzione italiana attribuisce questo brano a lui e non ad Engels.

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