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sinistra

Materialismo dialettico e meccanica quantistica relazionale

In difesa di Lenin

di Andrea Evangelista

Fluidità dettaglio 60x120 370x285L'empiriomonismo

Nell'ultimo libro1 del fisico Carlo Rovelli c'è un capitolo, il V, dal titolo: La descrizione non ambigua di un fenomeno include gli oggetti a cui il fenomeno si manifesta - Dove ci si chiede cosa implichi tutto ciò, per le nostre idee sulla realtà, e si trova che la novità della teoria dei quanti non è poi così nuova. I primi due paragrafi del capitolo sono dedicati alla disputa tra Alexander Bogdanov e Vladimir Lenin. Vi si racconta come, dopo che Bogdanov ebbe pubblicato la sua opera in tre volumi2 , Lenin pubblicò la sua nota opera filosofica Materialismo ed empiriocriticismo. Note critiche su una filosofia reazionaria3, con l'obiettivo di criticare (ferocemente per Rovelli) l'empiriocriticismo, usando per la filosofia di Bogdanov il termine usato da Ernst Mach, il fisico e filosofo austriaco del XIX secolo (ispiratore di entrambe le grandi rivoluzioni della fisica del XX secolo, padrino di Wolfgang Pauli e filosofo preferito di Schrödinger riporta Rovelli).

Rovelli illustra il pensiero di Mach:

Mach insiste che la scienza si deve liberare da ogni assunzione «metafisica». Basare la conoscenza solo su ciò che è «osservabile». [...] La conoscenza non è quindi vista da Mach come dedurre o indovinare un'ipotetica realtà al di là delle sensazioni, ma come la ricerca di un'organizzazione efficiente del nostro modo di organizzare le sensazioni. [...] Per Mach non vi è distinzione tra mondo fisico e mondo mentale: la «sensazione» è ugualmente fisica e mentale.

E quello di Bogdanov, per il quale la descrizione di Mach della scienza vista come l'organizzazione via via migliore dei fatti del mondo con cui interagisce l'attività umana è ben compatibile con il materialismo storico di Marx ed Engels. Per reazione Lenin attacca violentemente Mach, i suoi discepoli russi e implicitamente Bogdanov.

La critica di Lenin a Mach e la risposta di Mach ci interessano. Non perché Lenin sia Lenin, ma perché la sua critica è la reazione naturale alle idee che hanno portato alla teoria dei quanti.

 

Bogdanov e l'interpretazione relazionale della meccanica quantistica

Per Rovelli il pensiero di Mach e di Bogdanov è quello che meglio si adatta alla definizione quantistica di materia. Per spiegare quale sia questa definizione si riporta la descrizione che ne fece Bertrand Russell:

la particella va intesa nel senso che è la sua storia, non nel senso di una entità metafisica alla quale capitano gli eventi. [...] Il senso comune inventa un'ipotetica "particella" alla quale dovrebbero essere capitati gli ipotetici avvenimenti. [...] Se vogliamo evitare ipotesi superflue, diremo che un atomo, in un determinato momento, è le varie perturbazioni del mezzo circostante che, nel linguaggio ordinario, si direbbero esser state "causate" da esso. [...] La nostra definizione, anche se può sembrare complicata, è preferibile dal punto di vista dell'economia logica e da quello della cautela scientifica4.

Già nel '25 Russel parlava quindi di particelle inventate dal senso comune, ma quella stessa cautela scientifica, nient'altro che la prima regola del filosofare di Newton5 non spingeva Russel a dichiarare inconoscibili quelle storie che chiamiamo particelle. Il punto è che per Rovelli l'empirismo è adeguato soprattutto alla più recente delle interpretazioni della meccanica quantistica, quella relazionale (MQR)6 di cui Rovelli è il padre. Nel libro viene descritto come l'interpretazione relazionale tagli il nodo gordiano del paradosso EPR e descriva ogni interazione in cui vengano registrate delle proprietà come indipendente perché: La misura del fotone eseguita a Pechino determina il colore rispetto a Pechino. Ma non rispetto a Vienna [...] ci sono solo le proprietà che esistono rispetto a qualcosa [...] non possiamo separare le proprietà degli oggetti interagendo con i quali queste proprietà interagiscono. Se da un lato siamo di fronte ancor di più a una descrizione dialettica della natura, in cui gli opposti soggetto e oggetto si uniscono nell'interazione (sembrerebbe quindi che la ragione venga data al materialismo dialettico)7, Bogdanov e l'interpretazione relazionale si spingono oltre l'«incompletezza» dell'interpretazione di Copenaghen e del materialismo dialettico, laddove in Bogdanov e nella meccanica quantistica relazionale non c'è niente di conoscibile oltre agli eventi, lì c'è il vuoto (da qui l'accostamento con il pensiero buddista cui è dedicata l'ultima parte del capitolo V). In Bogdanov e Rovelli la ragione viene ristretta a conoscere soltanto una verità soggettiva, soltanto l'apparenza [ilfenomeno di Kant] soltanto qualcosa cui la natura dell'oggetto stesso non corrisponda. Il sapere è tornato ad esser l'opinione8. Per la visione dialettica non c'è incompletezza, la filosofia coincide con il suo oggetto (Hegel), ne è un riflesso (Lenin, con una diversa formulazione che non vede il soggetto come passivo ma intende rendere conto del processo dinamico dello sviluppo delle conoscenze).

 

Lenin meccanicista?

Rovelli riporta fedelmente le idee degli autori attaccati da Lenin, magari forzando un po' l'accostamento con le idee contemporanee sul funzionamento del cervello (pagina 129, nota 86) e calcando la mano con l'uso dei ferocemente e violentemente attribuiti a Lenin, come a voler suggerire l'esistenza del seme del «totalitarismo» già prima della rivoluzione, mentre alla filosofia di Mach e di Bogdanov - tra i fondatori del bolscevismo poi espulso dal partito, un Trotskij ancora più «alternativo» e immacolato dal potere - viene accostata la «pacifica» visione buddista. Problematica è la descrizione che fa Rovelli della critica di Lenin. Rovelli fa recitare a Lenin la parte del materialista settecentesco, che attacca Bogdanov perché attribuendo realtà solo alle sensazioni verrebbe negata l'esistenza di un mondo esterno e che oppone all'idealismo solipsista di Mach un mondo fatto solamente di materia in movimento nello spazio. Come filosofo Lenin non è un granché scrive Rovelli.

 

Rovelli e la censura del materialismo dialettico

Non si vuole qui mettere in dubbio l'accostamento tra fisica quantistica - che sia o meno interpretata relazionalmente - e pensiero di Mach e Bogdanov, ma rendere giustizia a Lenin. Lenin, in quanto materialista, non separa il soggetto dalla natura, non gli è estranea la concezione della «sensazione» come ugualmente fisica e mentale: La conoscenza è il rispecchiamento della natura da parte dell'uomo9. [...] [Il materialismo dialettico] ammette la relatività delle nostre conoscenze, non nel senso della negazione della verità obiettiva, ma nel senso della relatività storica dei limiti dell'approssimazione delle nostre conoscenze a questa verità10.

Lenin chiarisce quindi che il materialismo suo e di Marx non coincide con il materialismo settecentesco, che Lenin chiama materialismo ingenuo o materialismo volgare. Solo quando i materialisti ingenui attaccano gli empiristi, allora Lenin prende parzialmente la loro parte. La fisica fenomenologica ha ormai rinunciato al tentativo di conoscere sulla natura degli oggetti che ci circondano più di quanto può essere ottenuto con l'osservazione diretta scrive Rucker difendendo il meccanicismo, Lenin commenterà: A questo fisico manca solo la conoscenza del materialismo dialettico.

Per il materialismo dialettico il realismo ingenuo e l'empirismo sono estremi che si toccano, entrambi «metafisici» perché entrambi ritengono i limiti dei propri sistemi assoluti, limiti insieme della natura e della conoscibilità della stessa. Non è sbagliato per Lenin criticare il materialismo meccanicistico, ma è sbagliato il modo in cui di fatto viene criticato11.

Nello schema binario presentato da Rovelli si contrappongono machismo e materialismo volgare, l'autore sembra ignorare del tutto il materialismo dialettico, che invece schiere di biologi hanno fatto proprio (si vedano gli scritti in proposito di J.B.S. Haldane, di Richard Lewontin o di Stephen J. Gould.).

 

Verità assoluta e verità obiettiva

Lenin non parla di verità assolute ma di verità obiettive riflesse dalle teorie, nella misura in cui tali teorie permettono di comprendere un mondo non esaurito da quelle teorie; nel caso dell'empiriocriticismo e dell'interpretazione relazionale, non esaurito dalle informazioni dirette che le teorie dovrebbero semplicemente organizzare e compendiare nella creazione di “aiuti per la memoria” (Rucker).

 

Materia come concetto filosofico e non come concetto fisico

Lenin distingue la materia intesa come concetto scientifico relativo a una certa condizione storica del progresso scientifico da materia intesa come nozione filosofica, cioè come esistenza di oggetti conoscibili, è solo a quest'ultima che non rinuncia e a cui si riferisce quando dice che è un dato primordiale12. Significativo è infatti che Rovelli accusa contemporaneamente Lenin di credere a entrambi i tipi di materia:

All'idealismo Lenin oppone un materialismo che vede l'essere umano, la sua coscienza, lo spirito, come aspetti di un mondo concreto, oggettivo, conoscibile, fatto soltanto di materia in moto nello spazio13.

Per poi riconoscere la concezione leniniana «ristretta» di materia, che Lenin condivide con la MQR e che Lenin nel suo libro definisce «materialismo» la concezione che esista un mondo fuori dalla mente, Se questa è la definizione di materialismo, Mach è certo materialista, siamo tutti materialisti, anche il papa è materialista14.

Se per realismo intendiamo l'assunto che il mondo sia "là fuori", indipendentemente dai nostri stati mentali, o percezioni, non c'è nulla in MQR che contraddica il realismo. Ma se per realismo intendiamo l'assunto più forte che ogni variabile di ogni sottosistema del mondo ha un singolo valore in ogni momento, allora questa versione forte del realismo è indebolita da RQM. L'ontologia di RQMè un'ontologia sparsa ("flash") di eventi quantistici relazionali, presa come primitiva e non derivata da alcuna rappresentazione "sottostante"15.

Ma Bogdanov e Rovelli riducendo la natura alla sfera della prassi esauriscono il conoscere nell'agire16. Compito delle scienze sarebbe solo la raccolta e descrizione delle interazioni, per Lenin le rappresentazioni formali secondarie rispetto al momento dell'interazioni sono esse stesse un riflesso della natura e quindi una informazione ulteriore.

Per la MQR, la lezione della teoria quantistica è che la descrizione del modo in cui sistemi fisici distinti si influenzano a vicenda quando interagiscono (e non il modo in cui i sistemi fisici "sono") esaurisce tutto ciò che si può dire sul mondo fisico17.

Mentre per il materialismo dialettico non c'è debolezza e incompletezza: da una parte perché non c'è separazione tra cosa «cosa in sé» e «cosa per noi», conoscere le proprietà di un oggetto equivale a conoscere l'oggetto (se nella MQR le proprietà sono sempre relative perché dipendenti dall'osservatore e mai intrinseche diremmo allora, in accordo con Hegel, che il divenire e la relazione sono nella natura delle cose); dall'altra perché il processo storico del conoscere continuerà ad accrescere la conoscenza della natura.

 

L'empirismo è inconciliabile con il materialismo dialettico

Per i materialisti dialettici la concezione che gli eventi che Rovelli chiama “nodi in una rete di scambi” non esauriscano la conoscenza della natura è irrinunciabile, non in quanto materialisti (perché sarebbero sensazioni secondarie) ma in quanto materialisti dialettici; l'assunzione dell'inesistenza o dell'inconoscibilità dell'oggetto dietro agli eventi è presentata dagli empiristi come definitiva, assoluta. Il limite imposto da tale teoria è un limite alla stessa conoscibilità della natura, è questo il punto inaccettabile da parte di Lenin (che dà a Bogdanov del kantista) e dei materialisti dialettici.

Ma sono Bogdanov e Rovelli a parlare ancora di oggetti (anche se nella forma di vuoto) dietro agli eventi, mentre il materialismo dialettico non ha bisogno di questo dualismo tra cosa «cosa in sé» e «cosa per noi». Parafrasando Engels si potrebbe pertanto asserire che questa teoria è rivoluzionaria nelle parole ma reazionaria nella sostanza18.

Per Lenin il conoscere non si ferma all'immediatezza del percepire e le teorie non sono solo un modo di organizzarle, i dati immediati non sono assoluti, la processualità del conoscere e le teorie per sé stesse sono un riflesso della natura. Sensazioni, concetti non sono ciò che conosciamo ma ciò mediante cui conosciamo19.

Ad essere «metafisica» è l'assolutezza del limite posto alla conoscibilità da parte di Rovelli, già quando si era comunque andati oltre l'atomo Lenin parlava invece di “irriducibilità dell'elettrone” intendendo che non poteva esserci una barriera ultima. Non vi è né vi può assolutamente esservi differenza di principio tra il fenomeno e la cosa in sé. La differenza è semplicemente fra ciò che è noto e ciò che non lo è ancora, mentre tutte le fantasie filosofiche sui limiti specifici tra l'uno e l'altro, sul fatto che la cosa in sé si troverebbe al di là dei fenomeni- non sono che vuoto non senso, ubbia, invenzione20.

[le forme di ideologia] non hanno storia, non hanno sviluppo21.


Note
1 Helgoland, 2020

2 Empiriomonismo, 1904-1906

3 Qui il testo completo: https://www.marxists.org/italiano/lenin/lenin-opere/lenin opere 14.pdf

4 Bertrand Russell, L'ABC delia relatività, 1925

5 ""delle cose naturali non devono essere ammesse cause più numerose di quelle che sono vere e bastano a spiegare i fenomeni" I. Newton, Philosophiae Naturalis Principia Mathematica, 1687

6 Si veda la voce Relational Quantum Mechanics della Stanford Encyclopedia of Phylosophy

7 Si veda ad esempio la nota di Lenin A proposito della dialettica, 1915

8 Hegel, scienza della logica, 1812-1816

9 V. I. Lenin, Quaderni filosofìa, 1914-1916

10 V. I. Lenin, Materialismo ed empiriocriticismo, 1909

11 Giulio Giorello, Sulla filosofia del riflesso e deWapprofondimento in Attualità dei materialismo dialettico, 1974

12 ibidem

13 Helgoland, pag. 131, enfasi mia

14 Ibidem, pag 132

15 Relational Quantum Mechanics https://plato.stanford.edu/entries/qm-relationai/

16 Enrico Bellone, I presupposti materialistici nel realismo dei fisici, in Attualità del materialismo dialettico, 1975

17 Relational Quantum Mechanics https://plato.stanford.edu/entries/qm-relational/

18 F. Engels, Dialettica della Natura, 1883. Engels faceva riferimento alla teoria delle rivoluzioni della Terra di G. Cuvier

19 Ludovico Geymonat, Primi lineamenti di una teoria della conoscenza materialistico-dialettica, in Attualità del materialismo dialettico, 1974

20 V. I. Lenin, Materialismo ed empiriocriticismo, 1909

21 K. Marx e F. Engels, L'ideologia tedesca, 1846

Comments

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Alfonso
Wednesday, 02 December 2020 08:41
Semre cercando di evitare un rimpallo a due con Eros (anche Diego Armando ci ha lasciati, e il compagno Breitner di una leva vicina alla mia spero stia bene), questa dell'etere luminifero me la sono dovuta andare a rivedere. Forse l'avevo rimossa. Va bene, proviamo un sentimento di appartenenza alla specie quando vediamo qualcuno dotato di angoscia creativa, e ci fa felici, non solamente ci consola, sapere che non importa il QI, non importa il grado di intelligenza (presunta) o stupidità (vera), siamo incontentabili. O magari siamo circondati da facitori di incontentabilità e siamo irrimediabilmente dotati di recettori di insofferenza. Marchito si le pierdo una contesta a mi pecho, canta Silvio in Escaramujo. Bacon (mi aiuto con Translate) notava che "La comprensione umana cerca senza sosta le risposte definitive....i principi generali della natura [come le leggi della natura così come le scopre la scienza] desideriamo attribuirli a qualcosa di anteriore nell'ordine della natura." Un "comando di auto-negazione": la scienza non può porre domande "ultime" del tipo sul perché noi (o qualsiasi altra cosa) siamo qui. Un principio di impossibilità (Popper), la scienza esplicitamente rinuncia a qualsiasi tentativo di capire perché noi, o altri esseri, esistiamo. [A proposito di principi di impossibilità, consiglio lo studio di Hinkelammert su Popper, una Kritik come si deve.] Funziona, ma perché? E poi, perché? Presenta una struttura, e se ho fortuna una analoga (quanto meno) a quell'altra. Hegel ironizzava su questa caratteristica umana, in mancanza del concetto ecco apparire la parola, di ricorrere a termini primari quando bisogna metterci una pezza, e quindi al CERN li chiamano wrinkles, questi holes li chiamiamo black, questa la chiamiamo dark matter, e gliela lasciamo alla prossima generazione l'ardua sentenza. Fin qui, le avvertenze di un altro grande mistico (nel senso di 'ma ci sei o ci fai') come Eddington ("Non è affatto necessario che ogni singolo simbolo utilizzato rappresenti qualcosa di comune esperienza o anche qualcosa di spiegabile in termini di esperienza comune", sempre con Translate) potevano bastare. E guarda caso, sia Bacon, che Eddington, ci diventano elitisti (questa la lascio in inglese: “It cannot be brought down to common apprehension save by effects and works only”, Bacon The New Organon). Oggi, lorsignori vanno in panico. L'intellettuale ottimo massimo consigliere del principe, l'individuo onnipotente, ce lo siamo giocato fin dai tempi di Pareto Mosca Michels, e oggi tecnicamente riproducibile; la paraculaggine che ancora Feyman manteneva (precariamente e ancora per poco, ammoniva) a sempre meno scienziati di comprensione parziale se la va inghiottita dall'algoritmo, tecnicamente riproducibile; e la common apprehension, la pancia se vi piace, ci suggerisce implacabile che se non passa per lo stretto intelligente/stupido, ma comunque inseparabile dal e nel cervello umano, vada che sia tecnicamente riproducibile, ma sempre di coscienza (quella di cui parlano gli scienziati) si tratta. E non sta nell'etere. Grazie
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Eros Barone
Monday, 30 November 2020 20:42
Alfonso ha colto il ‘punctum pruriens’ della questione nel suo commento, evocando lo spettro del “cattivo infinito” hegeliano che risorge, scambiato ingenuamente per un embrione di materialismo dialettico, all’interno della fisica (e della versione relazionistica che ne fornisce Rovelli). In effetti, la violazione delle diseguaglianze di Bell mostra che se si considera la nozione di realtà fisica dotata di senso, questa realtà è allora non-separabile, il che vuol dire che vi si esercitano delle influenze a distanza che violano il principio di propagazione a velocità finita. Non è difficile immaginare come avrebbe reagito Einstein di fronte a questi risultati: avrebbe probabilmente ribadito una concezione realistica, con la quale avrebbe riconosciuto la realtà indipendente come non-separabile (ma questa non è forse la direzione di ricerca seguìta da Bohm con la teoria delle variabili nascoste?). Sta di fatto che, malgrado i grandi sforzi profusi in questo senso da un secolo a questa parte, non si dispone ancora di una teoria fisica pienamente soddisfacente di una tale realtà. E però al fondo delle alternative indicate dalla fisica quantistica nelle sue varie versioni vi è soprattutto lo spettro di Kant, al cui pensiero si è ispirato Heisenberg per tentare di risolvere il problema dei rapporti dell’uomo con il mondo esterno. Ed è dal pensiero kantiano, opportunamente rielaborato da Heisenberg, che nascono le nozioni a priori di causalità, di tempo, di spazio (e quindi anche di ‘località’): nozioni di cui è impossibile fare a meno se si vuol fornire una descrizione non ambigua degli strumenti di osservazione o di misura e un linguaggio intersoggettivo che permetta ai ricercatori di comunicare gli uni con gli altri. In questo senso, sarebbe dunque vano voler fondare i concetti della fisica classica su quelli della fisica quantistica, come funzioni d’onda, vettori di stato ecc. Si è invece giustificati a fare il contrario: fondare, cioè, il modo di operare della fisica quantistica sui concetti della fisica classica, definendo le grandezze fisiche e i loro valori a partire dalle misure strumentali. Sennonché, una volta definito come ‘realtà’ l’insieme dei fenomeni così descritti, una tale realtà non è più indipendente dall’uomo: essa è molto più vicina al reale kantiano che non al mondo di Leibniz, alla sostanza di Spinoza (filosofo particolarmente caro ad Einstein) o alla materia di Lenin. Così, a ben guardare, in Heisenberg emergono alcuni elementi dell’idea, affinata poi da Prigogine, di una sorta di effetto circolare. I princìpi quantistici uniti a un principio di causalità che privilegia una direzione del tempo sono sottesi al prodursi di quei fenomeni che sono i sistemi complessi; l’esistenza di questi ultimi è sottesa a sua volta alla comparsa degli esseri viventi, al vertice dei quali si colloca lo spirito umano; infine, a chiudere il cerchio, quest’ultimo deve proiettare le proprie categorie nelle cose, quando formula i princìpi quantistici o pone la causalità (che i fisici, sempre perseguitati da un qualche spettro – in questo caso da quello di Hume – preferiscono chiamare ‘correlazione’). È chiaro, a questo punto, che una concezione del genere è manifestamente incompatibile con l’ipotesi realistica, secondo cui la scienza potrebbe mirare a descrivere il ‘reale in sé’. Ma se è difficile descrivere il reale in sé, è ancora più difficile pretendere di eliminarne il concetto senza fare dei giochi di parole. Anche l’idea di effetto circolare testé delineata diventerebbe allora molto simile a quella di una ‘generazione spontanea’ dei fenomeni dal nulla (ed ecco risorgere lo spettro di Hegel con la sua triade dialettica dell’essere, del nulla e del divenire). Si può così constatare che il concetto di una realtà indipendente resta presente in controluce anche nel pensiero dei fisici più attenti all’epistemologia. Secondo il fisico Bernard d’Espagnat, negli scritti di Heisenberg la nozione di ‘potenzialità’ svolge indubbiamente un ruolo di questo tipo. Altri ricercatori, che si muovono seguendo le orme di Einstein, si sforzano di dare un contenuto netto e preciso a tale concetto. Tuttavia, lo stato attuale della fisica, secondo lo studioso or ora citato, legittima la tesi di un realismo non fisico che, pur rispettando quanto c’è di legittimo nel concetto di una realtà ‘in sé’, fondamento delle regolarità osservabili, consideri una tale realtà in definitiva non descrivibile dalla fisica. In base a questa tesi la scienza dovrebbe quindi limitare le proprie ambizioni alla pura descrizione dei fenomeni, tendendo solo, sul piano epistemologico, ad una oggettività ‘debole’ e limitandosi a fornire la conoscenza di strutture che presentano un’analogia parziale con la realtà in questione. Forse è venuto il tempo, tornando indietro rispetto all’esperimento di Michelson e Morley e al postulato della relatività ristretta formulato da Einstein, di restituire tutta l’importanza e il valore che merita al concetto di etere luminifero quale fondamento materiale della realtà fisica, idea alla quale, peraltro, si riavvicinò lo stesso Einstein nella fase più tarda delle sue ricerche.
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Alfonso
Monday, 30 November 2020 15:34
Molto bello. Alcune cosettine : riguardo «cosa in sé» e «cosa per noi», l'approccio di Lenin apre a una faccenda, ancora inedita per Marx ed Engels, quella del divenire non solo della «cosa in sé» in «cosa per noi», ma anche della «cosa per noi» in «cosa in sé». Si passa, per la umanità, da una pratica "macro" a una pratica "micro". Quanto potesse impattare con la pratica rivoluzionaria traspare nel celebre "Soviet+elettrificazione". Oggi, ottimo per quella parte di umanità che, quand'anche futuro senza futuro, opera. Riguardo il vuoto, e le "wrinkles" di cui parlano al CERN come immagine finora insuperabile della realtà, Stephen Hawking aveva dimostrato come la sfera, che contiene sfere più piccole, che a loro volta sono niente altro che contenitori di sferine ancor più piccine, fino all'infinitamente piccolo, contenga il massimo di informazione, in quanto il massimo di superficie possibile. Quindi, scusate se suono ridondante ma proprio di ridondanza si tratta, in fondo in fondo a tutto questo svuotare non si trova altro che vuoto, superficie infinita volume zero. Ma siccome la superficie trasmette l'informazione (e Lenin sapeva che gli elettroni vanno veloci), cosa impedisce di far uso anche della superficie interna oltre che di quella esterna, di tutto questo universo di sferette? Basterebbe infilare un automa piccolo a piacere, nostro che non stiamo dentro e non certo suo che vede il suo ambiente sferico farsi piccolo piccolo, che raccolga le informazioni interne e le trasmetta all'esterno, e anche qui ci possiamo sbizzarrire. Possiamo moltiplicare la costante di Planck del fattore di due, non ne risulta forse un universo perfettamente matematizzabile? E poi prendere le equazioni della fisica, tutte reversibili, e farle andare avanti e indietro, non ne viene forse fuori un universo, e a ogni passaggio tante varianti a moltiplicarsi esponenzialmente in tanti multiversi? Come esercizio di pensiero, niente male; dall'essere al nulla e avanti con questo andirivieni del piffero, e l'unica partenza che rimane, come in quel bel passaggio di quel romanzo Wissenschaft Der Logik, guarda un po' che caso, è il Divenire. Mi sa, compagni, che 'sto film l'abbiamo visto. Grazie
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