Fai una donazione
Questo sito è autofinanziato. L'aumento dei costi ci costringe a chiedere un piccolo aiuto ai lettori. CHI NON HA O NON VUOLE USARE UNA CARTA DI CREDITO può comunque cliccare su "donate" e nella pagina successiva è presente (in alto) l'IBAN per un bonifico diretto________________________________
- Details
- Hits: 961
L’Europa dei camerati e il suo cuore battente. HEIL MERZ
di Fulvio Grimaldi
Die Fahne Hoch / die Reihen fest geschlossen…”, Alta la bandiera, le fila ben serrate…”
https://www.youtube.com/watch?v=D7pw9_EMGfI (In tedesco)
https://www.youtube.com/watch?v=j05dg8a4iWU ( Milva, italiano)
Era l’inno delle SA, le milizie naziste, versione tedesca delle squadracce nere nostrane, che imperversavano fino a quando non dettero ombra al partito e furono soffocate nel sangue e nel carcere. Poi divenne l’inno del partito. Ho titoli per parlarne, a proposito di allora e di adesso. Perché c’ero e, alla faccia di Merz, ci sono.
Friedrich Merz, neocancelliere tedesco, e Marc Rutte, neosegretario della NATO, si fanno vedere spesso insieme. Manifestano quella gioiosa comunanza che gli psichiatri definiscono “sindrome del delirio condiviso” e considerano una grave patologia. A Friedrich Merz deve essere intimamente gradito il motto “repetita juvant”. E non pare essere l’unico, se uno fa caso a quanto va succedendo nelle istituzioni in una parte significativa del nostro continente, a partire dalla nostra che molto si è portata avanti col lavoro: l’”Europa dei camerati”, qualcuno va azzardando.
Mi rendo conto che su questo tema e i suoi rapidi sviluppi ci sia poco da scherzare, ma per adesso e per stavolta prendiamola così. Anche perché i due figuri si prestano: uno che in casa, fin da piccolo l’hanno chiamato “Birnkopf”, testa di pera, e non si sa se abbiano fatto del bodyshaming, o dei riferimenti al modo di ragionare. L’altro che, pur di non far trasparire nulla di umano e non militarizzato, si rivolge al mondo con occhi e labbra talmente strizzati da parere feritoie di carro armato.
Quanto alla passione di Merz per il citato insegnamento dei padri latini sulla ripetizione degli eventi positivi e delle cose ben fatte, il pensiero corre a quanto il suo antecedente bavarese rispettasse la costituzione del suo Stato, la Repubblica di Weimar, inanellando un putsch dopo l’altro, fino a quello riuscito tramite regolari elezioni (1933).
- Details
- Hits: 945
Ecco le prove che Israele ha perso la guerra
(e i segni che il conflitto sta per riprendere)
di Mike Whitney - unz.com
Al popolo americano non viene detto perché Israele ha accettato il cessate il fuoco con l’Iran. Sì, Israele stava rapidamente esaurendo gli intercettori della difesa aerea (rendendosi più vulnerabile agli attacchi iraniani), ma questa questione è solo di secondaria importanza. Il vero motivo per cui volevano un cessate il fuoco era che stavano venendo sistematicamente polverizzati e avevano bisogno di fermare l’emorragia in fretta. Ecco perché Israele ha “gettato la spugna” meno di due settimane dopo la salva iniziale, perché l’Iran stava polverizzando un bersaglio dopo l’altro senza che ci fosse alcuna fine in vista. Quindi, Israele ha capitolato.
Naturalmente, questa non è la storia che abbiamo letto sui media occidentali, dove non si parla della vasta distruzione di obiettivi strategici israeliani (da parte dei missili balistici iraniani); questa notizia è stata completamente omessa dalla copertura mainstream. Ma è per questo che Israele ha convinto Trump a trovare una via d’uscita diplomatica, perché le perdite stavano cominciando ad aumentare e l’Iran non stava “mollando”.
Sapevate che in Israele è illegale pubblicare video o foto di edifici colpiti da missili iraniani? In altre parole, se pubblicate foto di edifici, infrastrutture o basi militari in fiamme, finirete in prigione. È così che il governo controlla la narrazione e convince l’opinione pubblica che sta vincendo una guerra che, in realtà, sta perdendo. Ma non credetemi sulla parola: ecco il video di un giornalista israeliano che spiega come la censura governativa stia influenzando la capacità della popolazione di capire cosa sta succedendo:
⚡️🇮🇱🇮🇷JUST IN: CH13’s Raviv Drucker:
“There were a lot of missile hits in IDF bases, in strategic sites that we still don’t report about…It created a situation where people don’t realize how precise the Iranians were and how much damage they caused”pic.twitter.com/sYVBM8hdOp
— Suppressed News. (@SuppressedNws) June 26, 2025
- Details
- Hits: 3034
Anche oggi Israele ci ha regalato la nostra strage quotidiana...
di Andrea Zhok
Anche oggi Israele ci ha regalato la nostra strage quotidiana. Un attacco aereo ha preso di mira l'Al-Baqa Café sulla spiaggia di Gaza, facendo almeno 21 morti. Si tratta di uno dei pochi luoghi in cui è (era) possibile avere un accesso internet nei prolungati blackout delle comunicazioni in Gaza, e perciò è (era) spesso sede di giornalisti e fotoreporter (almeno tre morti in questo attacco).
Insieme alle lacrime, le parole sono finite da tempo.
È come vivere in un dipartimento dell’inferno emerso per accidente alla superficie terrena, come abitare l’incubo di un pazzo sadico.
È come se la rivolta e il massacro del Ghetto di Varsavia andasse in onda sempre di nuovo, ma moltiplicato per dieci nei numeri, nella durata, nell’efferatezza; ed è come se il tutto venisse trasmesso in mondovisione, e tutt’attorno la buona società del giardino occidentale applaudisse ad ogni nuovo schizzo di sangue, e si guardasse allo specchio soddisfatta.
Questo è il Male.
E in tutto questo orrore c’è un orrore indiretto, nascosto, a scoppio ritardato.
Quest’oscenità morale e umana, infatti, non è solo qualcosa che colpisce le vittime presenti, non è qualcosa che si esprime solo nei confronti di un popolo martoriato e lontano, e che perciò merita la nostra compassione.
- Details
- Hits: 3054
Il Pride di Budapest e gli insegnamenti di Brecht
di Francesco Fustaneo
La presente è un'analisi politica dei fatti connessi al Pride di Budapest che rifugge sia dalle semplificazioni dei delatori della manifestazione, sia dalle critiche strumentali portate avanti da noti esponenti politici europei a Orban per le sue posizioni sul conflitto russo-ucraino e la moderazione nell'approccio europeo con la Russia.
Lo scorso 28 giugno numerose sfilate e manifestazioni correlate ai vari “Pride” si sono tenute un po' in tutta Europa, ma quello che ha fatto più discutere, è stato il Pride di Budapest, sicuramente a questo giro il più politicizzato.
Gli organizzatori parlano della presenza di 200.000 persone, scese in piazza sfidando il divieto di Orban.
Il primo ministro ungherese ha così finito per fare un assist alle opposizioni interne e ai suoi delatori esteri, vietando una manifestazione che nei fatti poco fastidio avrebbe potuto dare al suo governo, se fosse stata invece, autorizzata in partenza.
Il clima di divieto e censura, ha invece finito per fornire un ulteriore motivazione a migliaia di persone provenienti da tutta l'Ungheria e da altre parti d' Europa a scendere in piazza contro misure avvertite come “liberticide”.
Occorre premettere che attualmente nel paese magiaro sono previste multe a partire da 500 euro e fino a un anno di carcere per chi promuove cortei “arcobaleno”.
Lungo il percorso del corteo non autorizzato, la polizia, su disposizione del premier, aveva pure installato decine di telecamere per il riconoscimento facciale dei trasgressori.
- Details
- Hits: 3112
Il massacro censurato: lo studio che Israele e l’Occidente fanno finta di non vedere
di Lavinia Marchetti
377.000 palestinesi “scomparsi” secondo Harvard.
Avrete senz’altro notato che la conta ufficiale dei morti palestinesi, dopo essere salita vertiginosamente nei primi mesi del massacro (20.000 vittime in circa due mesi, poi 30.000), si è arrestata bruscamente intorno ai 50.000. Da allora, da mesi, non si muove.
Eppure il genocidio è proseguito, Gaza è stata rasa al suolo in modo più radicale di quanto avvenne a Dresda nel ’45, e la popolazione non ha più ricevuto tregua. La domanda sorge spontanea: com’è possibile che il numero dei morti non cresca, mentre il rumore delle bombe non si ferma?
Già a luglio 2024, The Lancet aveva provato a rispondere. Una lettera firmata da scienziati internazionali avvertiva che il bilancio reale delle vittime, considerando anche i morti indiretti (per fame, malattia, ferite non curate), poteva superare i 186.000. Una cifra rimossa, archiviata, etichettata come eccessiva.
Eppure oggi è uno studio condotto da un ricercatore affiliato a Harvard a confermare che la realtà potrebbe essere ancora più drammatica. Incrociando i dati ufficiali israeliani con l’analisi demografica sul terreno, lo studio mostra che la popolazione della Striscia è passata da 2,227 milioni a circa 1,85 milioni. Mancano all’appello 377.000 persone. La metà, bambini.
Le cifre che non tornano
Già nel primo trimestre di guerra, il bilancio delle vittime cresceva di decine di migliaia a settimana.
- Details
- Hits: 2780
Vertice NATO, la Russia comeminaccia strategica e i 70 miliardi in più di spesa militare italiana
di Domenico Moro
Il recente vertice annuale della Nato, tenutosi all’Aja, rappresenta un salto di qualità rispetto ai precedenti vertici, definendo una Europa e una Ue fortemente orientate alla guerra.
Nel documento finale di cinque punti, i più importanti sono il primo e il quinto. Nel quinto si definisce una questione che sta alla base di tutti gli altri punti, compreso il primo: l’individuazione della Russia non solo come “minaccia più significativa”, come era stata definita nel summit del 2023, ma “una minaccia a lungo termine”. Quindi, la Russia è la minaccia strategica cui si fa riferimento per giustificare l’aumento delle spese militari contenute nel primo punto. Si tratta di una definizione molto grave che implica la rottura definitiva con la Russia, prospettando un confronto militare con quel paese.
Nel primo punto, dunque, si definisce la quota di spese militari sul Pil a cui sono tenuti obbligatoriamente i partner della Nato e che passa dal 2% al 5%. Tale quota dovrà essere raggiunta in non più di dieci anni (entro il 2035) e si divide in un 3,5%, relativo alle spese per capacità militari “core” e un altro 1,5%, relativo alla resilienza e a investimenti per la difesa nazionale e per l’innovazione in campo militare. Alcuni commentatori hanno sottolineato che “solo” il 3,5% sarebbe la spesa effettivamente militare. In realtà, non è così, perché anche quell’1,5% è destinato a spese correlate con il militare e comunque si tratta di spese aggiuntive che prima non erano previste e che, soprattutto, vanno a pesare sul bilancio pubblico, a detrimento degli stanziamenti per la sanità, l’istruzione e il Welfare in generale.
- Details
- Hits: 2674
Il servilismo dell'UE e la profezia (avverata) di Putin
di Clara Statello
Il vertice NATO ha svelato un Occidente totalmente subalterno agli Stati Uniti, che ha abdicato alla propria autonomia strategica e al protagonismo sui nuovi scenari internazionali. Qual è il prezzo che i nostri governanti hanno deciso di pagare a Trump e per quali ragioni?
“Vi assicuro: Trump ristabilirà rapidamente l’ordine. E vedrete che presto tutti loro saranno in ginocchio davanti al loro padrone, scodinzolando dolcemente la coda. Tutto tornerà al suo posto”.
Sono trascorsi poco più di cinque mesi da quando il presidente russo Vladimir Putin pronunciò questa profezia sui leader europei al giornalista Pavel Zaburin.
“Erano felici di obbedire agli ordini di Joe Biden, saranno felici di obbedire agli ordini del nuovo padrone”, prevedeva lucidamente il presidente russo, mentre le élite occidentali erano in scompiglio dopo l'elezione di Donald Trump.
La profezia si è avverata pienamente durante il vertice della NATO a l'Aja. Un vertice che si potrebbe intitolare “Welcome home Daddy”, per utilizzare il termine con cui Mark Rutte si è rivolto al capo della Casa Bianca, mentre quest'ultimo si vantava dell'autoproclamata vittoria in Medio Oriente, paragonando Israele e Iran a due bambini piccoli che litigano.
Addio diplomazia, benvenuto servilismo
Che il vertice dell’Aja si sarebbe trasformato in un festival di tripudio e devozione verso Trump era già chiaro dal messaggio adulatorio inviatogli in privato dal segretario della NATO — e prontamente spiattellato sui social dallo stesso presidente statunitense, poche ore prima del suo arrivo in Europa.
- Details
- Hits: 1582
Le radici oscure dell’Occidente
di Alessandro Visalli
“La prima [ragione della giustezza di questa guerra e conquista] è questa: essendo gli uomini barbari [gli indios] per natura servili, incolti e inumani, essi si rifiutano di accettare il comando di quelli che sono più prudenti, potenti e perfetti di loro; comando che darebbe loro grandi vantaggi, è infatti, cosa giusta, di diritto naturale, che la materia obbedisca alla forma, il corpo all’anima, l’appetito alla ragione, i bruti all’uomo, la moglie al marito, l’imperfetto al perfetto, il peggiore al migliore, per il bene di tutti”.
Juan Ginés de Sepúlveda, De la Justa causa del la guerra contro los indios, Roma 1550
Il razzialismo occidentale e le sue conseguenze
Cedric J. Robinson, nella sua imponente opera maggiore del 1983[1], ha cercato di individuare una tradizione radicale nera indipendente dalla radice occidentale della tradizione socialista per come si è formata intorno alle opere e all’azione di Marx, Engels e la socialdemocrazia europea. Una tradizione che si forma sulla base dell’esperienza di sradicamento violento e diasporica ed ha carattere egualitario e comunitario, all’inizio esemplificata nel marronaggio[2]. Nel compiere questa impresa, tuttavia, produce una notevole ricostruzione storico-culturale e decostruttiva della natura della civiltà occidentale che a suo parere è caratterizzata da una particolare forza materiale che ha dimensione sia sociale che culturale e viene condivisa in tutto lo sviluppo storico della civiltà occidentale, risultando antecedente al capitalismo: il razzialismo.
Una forma di distinzione e classificazione tra gruppi e individui, parte di una pratica di controllo e sfruttamento, che è interna alla civilizzazione europea e non si esprime solo verso l’Altro esterno, quanto creando costantemente ‘Altri’ interni, nicchie e enclavi, ghetti e periferie.
- Details
- Hits: 3011
Disarmante Europa
di G. P.
Vladimir Zelensky è oggi l’emblema più fedele di quest’Europa, un comico fallito e un criminale che ha consegnato il proprio Paese alla distruzione per inseguire ambizioni storicamente irrealizzabili, peraltro conto terzi. Non sorprende che l’UE abbia sacrificato il proprio futuro e l’ultimo barlume di realismo proprio dietro a un personaggio simile, macchietta tra le macchiette, con le mani sporche di sangue.
Non stupisce nemmeno che anche il vertice della NATO si collochi sullo stesso piano. Il Segretario generale della NATO, detto anche l’olandese dalla “lingua svolazzante” si è spinto a scrivere:
“Signor Presidente, caro Donald, Congratulazioni e grazie per la sua azione risoluta in Iran; è stata veramente straordinaria, qualcosa che nessun altro ha osato fare. Ci rende tutti più sicuri. Lei sta per arrivare a un altro grande successo questa sera all’Aia. Non è stato facile, ma siamo riusciti a far firmare a tutti il 5 %! Donald, ci ha portato in un momento davvero, davvero importante per l’America, l’Europa e il mondo. Riuscirà a ottenere qualcosa che NESSUN presidente americano in decenni è stato capace di fare. L’Europa pagherà in modo IMPORTANTE, come deve, e sarà la sua vittoria. Buon viaggio e ci vediamo alla cena di Sua Maestà!”
Una simile volgarità servile conferma soltanto che l’Europa, all’interno della NATO, è un’entità geograficamente sottomessa; e sono gli stessi europei a certificare la propria prostrazione al padrone d’oltreoceano.
- Details
- Hits: 2638
Il servilismo dell'UE e la profezia (avverata) di Putin
di Clara Statello
Il vertice NATO ha svelato un Occidente totalmente subalterno agli Stati Uniti, che ha abdicato alla propria autonomia strategica e al protagonismo sui nuovi scenari internazionali. Qual è il prezzo che i nostri governanti hanno deciso di pagare a Trump e per quali ragioni?
“Vi assicuro: Trump ristabilirà rapidamente l’ordine. E vedrete che presto tutti loro saranno in ginocchio davanti al loro padrone, scodinzolando dolcemente la coda. Tutto tornerà al suo posto”.
Sono trascorsi poco più di cinque mesi da quando il presidente russo Vladimir Putin pronunciò questa profezia sui leader europei al giornalista Pavel Zaburin.
“Erano felici di obbedire agli ordini di Joe Biden, saranno felici di obbedire agli ordini del nuovo padrone”, prevedeva lucidamente il presidente russo, mentre le elite occidentali erano in scompiglio dopo l'elezione di Donald Trump.
La profezia si è avverata pienamente durante il vertice della NATO a l'Aja. Un vertice che si potrebbe intitolare “Welcome home Daddy”, per utilizzare il termine con cui Mark Rutte si è rivolto al capo della Casa Bianca, mentre quest'ultimo si vantava dell'autoproclamata vittoria in Medio Oriente, paragonando Israele e Iran a due bambini piccoli che litigano.
- Details
- Hits: 2675
Israele e gli Hunger Games di Gaza
di Davide Malacaria
“Trump ha posto fine alla guerra tra Israele e Iran con un solo post. Può fare lo stesso per Gaza”. Titola così l’editoriale di Haaretz del 26 giugno. Purtroppo così non è. Israele può essere fermata solo con la forza (o bloccando le armi, ma evidentemente né Trump né la Ue possono o vogliono). Una forza che l’Iran ha dimostrato di avere, martellando Israele come mai era accaduto nella sua storia, mentre i palestinesi non ne hanno.
Vero che negli ultimi giorni Hamas ha portato a segno attacchi più incisivi dei mesi pregressi, paragonabili a quelli dei primi giorni dell’invasione, in particolare quello di ieri che ha causato la morte di sette soldati, ma ciò non basta a intaccare la determinazione del governo israeliano.
In secondo luogo, Israele non finirà la guerra se non potrà dichiarare di aver vinto, cioè di aver conseguito gli obiettivi prefissati. Nel caso iraniano l’obiettivo dichiarato era quello di eliminare la minaccia nucleare (in realtà, era tutt’altro: devastare il Paese e promuovere un regime-change), obiettivo che può dire di aver conseguito (anche se non è vero). A Gaza è tutt’altro.
Il genocidio continua
Nel caso di Gaza, infatti, Netanyahu, al di là degli obiettivi reali, cioè restare al potere e realizzare la Grande Israele attraverso l’annessione di Gaza e della Cisgiordania, ha dichiarato pubblicamente che intende eliminare Hamas.
- Details
- Hits: 1308
La dottrina Trump e il nuovo imperialismo MAGA
di John Bellamy Foster
In questo articolo sul movimento MAGA, John Bellamy Foster esplora il drammatico cambiamento dell'imperialismo statunitense iniziato con la prima presidenza Trump e accelerato con la seconda. Il cambiamento, spiega Foster, non è guidato dall'antimperialismo e dall'antimilitarismo, ma rappresenta piuttosto un forte spostamento a destra, alimentato dall'ipernazionalismo e dall'obiettivo di riconquistare il potere degli Stati Uniti sulla scena mondiale
Il drammatico cambiamento dell'imperialismo statunitense sotto la presidenza di Donald Trump, sia nel suo mandato iniziale che ancor più in quello attuale, ha creato una grandissima confusione e costernazione nei centri di potere istituzionali. Questa improvvisa modificazione della politica estera statunitense si manifesta nell'abbandono sia dell'ordine internazionale liberale costruito sotto l'egemonia statunitense dopo la Seconda Guerra Mondiale, sia della strategia a lungo termine di allargamento della NATO e della guerra per procura contro la Russia in Ucraina. L'imposizione di elevati dazi doganali e il mutamento delle priorità militari hanno persino messo gli Stati Uniti in conflitto con i suoi alleati di lunga data, mentre si sta accelerando la Nuova Guerra Fredda contro la Cina e il Sud globale.
Il cambiamento nella proiezione di potenza degli Stati Uniti è così estremo, e la confusione che ne è derivata è così grande, che persino alcune figure, da tempo associate alla sinistra, sono cadute nella trappola di vedere Trump come isolazionista, antimilitarista e antiimperialista. Per questo, il dissociato esponente della sinistra Christian Parenti ha sostenuto che Trump «non è un anti-imperialista nel senso che gli dà la sinistra. Piuttosto, è un istintivo isolazionista dell'America-First», il cui obiettivo, «più di qualsiasi altro recente presidente», è «smantellare l'impero globale informale americano» e promuovere una nuova politica estera «antimilitarista» «che si opponga all'impero».[1]
Tuttavia, lungi dall'essere anti-imperialista, il cambiamento globale nelle relazioni esterne degli Stati Uniti sotto Trump è dovuto a un approccio ipernazionalista al potere mondiale radicato in settori chiave della classe dirigente, in particolare nei monopolisti dell'alta tecnologia, così come nei sostenitori di Trump, in gran parte appartenenti alla classe medio-bassa. Secondo questa prospettiva neofascista e revanscista, gli Stati Uniti sono in declino come potenza egemonica e minacciati da nemici potenti: il marxismo culturale e gli immigrati "invasori" dall'interno, la Cina e il Sud globale dall'esterno, mentre sono ostacolati da alleati deboli e dipendenti.
- Details
- Hits: 894
Il prompt di Confucio
di Simone Pieranni
DeepSeek, cultura open source e valori tradizionali: l’IA di Pechino affonda le radici nei principi del confucianesimo
Prima è arrivata DeepSeek. Poi, una dopo l’altra, Mianbi AI, Manus e Qwen di Alibaba. Il rilascio di AI a ripetizione, fomentato da una rinnovata attenzione all’open source, ha portato a tutta una serie di analisi e riflessioni dell’ecosistema tech cinese a proposito delle differenze tra Cina e Stati Uniti, delle peculiarità del sistema cinese e delle sfide che attendono Pechino al riguardo. Dato che si tratta di Cina, non è mancato un forte impulso governativo, con il Partito comunista che ha tentato di cavalcare questa ondata, sfruttando lo shock creato da DeepSeek nella comunità americana dell’AI (che non a caso ha parlato di nuovo “Sputnik moment”) e provando a inserire tutto questo all’interno dei propri obiettivi.
E questo hype si registra anche nella società, nella vita quotidiana: quando mi trovo in metropolitana o in autobus mi capita di dare un’occhiata ai miei vicini, quasi sempre impegnati a scrollare con lo smartphone. E non di rado stanno consultando l’AI (di solito DeepSeek, ma non manca Manus). Ma l’AI in Cina è ormai utilizzata ovunque in qualunque contesto, come dimostrano anche video diventati virali sui social nazionali, dove viene mostrato l’uso di DeepSeek per scegliere il melone migliore dal fruttivendolo. E alla vita reale, in Cina, si cerca sempre di dare una sistemazione, una coerenza, in modo che il flusso tra analisi, quotidianità e politica sia costante e sembri del tutto naturale.
Visti i tempi che corrono (quelli di una leadership che non vuole fare sfuggire niente al proprio controllo) il tema più rilevante da un punto di vista culturale, in materia di AI, è un mix ipnotico di idealismo e sistematizzazione di tutto quanto è nuovo all’interno del contesto culturale cinese. L’esperienza di DeepSeek nel campo dei modelli linguistici di grandi dimensioni, ad esempio, così come l’ha analizzata Yanjun Wu sul “Bulletin of Chinese Academy of Sciences”, non viene presentata solo come un esempio di successo tecnico, ma in quanto fenomeno in grado di esprimere le sfumature di una visione dell’innovazione che affonda le radici nella cultura e nella strategia nazionale cinese.
- Details
- Hits: 3056
Mark Rutto libero
di Alessandro Somma
C’erano una volta i frugali, espressione che il vocabolario Treccani riferisce alle persone “parche e sobrie… moderate e semplici nel mangiare e nel bere”. Il riferimento è ai Paesi nordici, quelli che nell’Unione europea criticano i Paesi spendaccioni, i Paesi dell’Europa meridionale, i Pigs: acronimo che identifica il Portogallo, l’Italia, la Grecia e la Spagna.
Qualcuno ha individuato un acronimo altrettanto irriverente per identificare i Paesi frugali, ovvero Sado: Svezia, Austria, Danimarca e Olanda. E in effetti ci è voluta una buona dose di sadismo per invocare la moderazione e con ciò l’affossamento dello Stato sociale all’indomani della crisi del debito sovrano: la crisi provocata dal salvataggio pubblico delle banche private, che le ricette con cui i frugali hanno voluto affrontarla sono state all’origine di a una vera e propria macelleria sociale.
Ovviamente i frugali non sono dotati di volontà autonoma. Operano tradizionalmente su mandato della Germania, che con l’austerità si è assicurata l’egemonia per ora solo economica. E operano oltretutto con un certo zelo che traspare anche dal ricorso a un linguaggio non proprio frugale. Si pensi solo all’insulto pronunciato dal Ministro delle finanze olandese e presidente dell’Eurogruppo (l’organismo che raccoglie i Ministri delle finanze dei Paesi della zona Euro), Jeroen Dijsselbloem, secondo cui i Paesi dell’Europa meridionale spendono “tutti i soldi per alcol e donne per poi chiedere aiuti”.
- Details
- Hits: 2861
Cosa significa "Vincere"?
di Alastair Crooke, conflictsforum
Da un certo punto di vista, l’Iran ha chiaramente “vinto”. Trump avrebbe voluto essere acclamato per una splendida “Vittoria” in stile reality TV. L’attacco di domenica ai tre siti nucleari è stato infatti proclamato a gran voce da Trump e Hegseth come tale – avendo “annientato” il programma di arricchimento nucleare iraniano, hanno affermato. “Distrutto completamente”, insistono.
Solo che… non c’è riuscito: l’attacco ha causato danni superficiali, forse. E a quanto pare è stato coordinato in anticipo con l’Iran tramite intermediari, per essere un’operazione “una tantum”. Questo è un modello abituale di Trump (coordinamento anticipato). È stato il metodo in Siria, Yemen e persino con l’assassinio di Qasem Soleimani da parte di Trump – tutto finalizzato a garantire a Trump una rapida “vittoria” mediatica.
Il cosiddetto “cessate il fuoco” che ha fatto rapidamente seguito agli attacchi statunitensi – sebbene non privo di intoppi – è stato una “cessazione delle ostilità” orchestrata in fretta e furia (e non un cessate il fuoco, poiché non erano stati concordati termini). È stato un “tappabuchi”. Ciò significa che l’impasse negoziale tra l’Iran e Witkoff rimane irrisolta.
La Guida Suprema ha esposto con fermezza la posizione dell’Iran: “Nessuna resa”; l’arricchimento continua; e gli Stati Uniti dovrebbero abbandonare la regione e non intromettersi negli affari iraniani.
- Details
- Hits: 2869
New York. Cuomo cede a Mamdani, l’outsider antisionista per la carica di sindaco
di Redazione Pagine Esteri
Un risultato elettorale che segna una svolta politica di eccezionale importanza per la città di New York. Nella notte, Andrew Cuomo, ex governatore dello Stato e figura centrale del Partito Democratico newyorkese, ha ammesso la sconfitta alle primarie per la candidatura a sindaco, cedendo il passo a Zohran Mamdani, giovane deputato e membro dei Democratic Socialists of America.
Una sorpresa clamorosa: Cuomo, fino a poche settimane fa favorito in quasi tutti i sondaggi, ha riconosciuto il vantaggio del suo avversario di oltre sette punti percentuali, con il 91% dei voti scrutinati.
“Stasera era la serata del deputato Mamdani”, ha dichiarato Cuomo ai suoi sostenitori. Tecnicamente, la corsa non è ancora chiusa. Il sistema elettorale di New York, basato sul voto a scelta multipla, prevede un conteggio progressivo in cui le preferenze degli elettori per i candidati eliminati vengono redistribuite. Ma con il terzo classificato, il revisore dei conti Brad Lander – ebreo progressista vicino a Mamdani – è molto probabile che la gran parte dei suoi voti residui vadano proprio a quest’ultimo, rendendo la rimonta di Cuomo praticamente impossibile.
Il risultato assume un significato politico più ampio per almeno due motivi. Il primo è l’identità politica di Mamdani: 33 anni, musulmano, figlio d’arte (sua madre è l’attrice indiana Mira Nair), attivista dichiaratamente antisionista, vicino ai movimenti per i diritti dei palestinesi, sostenitore del boicottaggio contro Israele e critico feroce del sionismo.
- Details
- Hits: 2772
Pace e guerra nel mafiofascismo --- Guerra dei 12 giorni, chi ha vinto, chi ha perso, dove siamo
Canale Youtube “Mondocane video” di Fulvio Grimaldi
https://www.youtube.com/watch?v=MafwDRPq0gM&t=26s
https://youtu.be/MafwDRPq0gM
Guerra dei 10-12 giorni: uno spettacolo in tre atti: dramma, tragedia, commedia.
Chi ha vinto? HA VINTO IL MIGLIORE.
Chi ha perso? HA PERSO IL PEGGIORE.
Netaniahu mantiene la promessa che si fa da trent’anni e attacca l’Iran, con il pretesto di una bomba atomica che non c’è, non c’è mai stata, né ci sarebbe stata, per togliere di mezzo l’ultimo ostacolo al dominio sionista sul Medioriente e oltre. Fa poco danno, ma, al solito, ammazza molta gente.
Tehran risponde con salve di missili e droni e sforacchia l’Iron Dome peggio di una gruviera, causando poche vittime, ma molti danni, compreso a Haifa, Tel Aviv e Beersheva dove stanno la centrale nucleare Dimona e tutte quelle bombe atomiche di cui nessuno osa parlare.
A questo punto il dramma diventa tragedia alla vista dei nuovi morti che si aggiungono ai mitragliati a Gaza per reato di fame. E alla vista, all’orizzonte del Medioriente e del mondo del cataclismatico innesco della catastrofe universale.
- Details
- Hits: 981
Fame e speculazione a Gaza
Chris Hedges intervista Francesca Albanese
Vi presentiamo la trascrizione del colloquio – intervista tra il giornalista Premio Pulitzer, Chris Hegdes e la relatrice ONU per la Palestina, Francesca Albanese, sul genocidio di Israele nella Striscia di Gaza
Quando verrà scritta la storia del genocidio a Gaza, una delle figure più coraggiose e schiette nella difesa della giustizia e del rispetto del diritto internazionale sarà Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani nei territori palestinesi. Albanese, giurista italiana, ricopre la carica di relatrice speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani nei territori palestinesi dal 2022. Il suo ufficio ha il compito di monitorare e segnalare le “violazioni dei diritti umani” commesse da Israele contro i palestinesi in Cisgiordania e a Gaza.
Albanese, che riceve minacce di morte e subisce campagne diffamatorie ben orchestrate da Israele e dai suoi alleati, cerca coraggiosamente di assicurare alla giustizia coloro che sostengono e alimentano il genocidio. Lei denuncia aspramente quella che definisce “la corruzione morale e politica del mondo” per il genocidio. Il suo ufficio ha pubblicato rapporti dettagliati che documentano i crimini di guerra commessi da Israele a Gaza e in Cisgiordania, uno dei quali, Genocide as Colonial Erasure, ho ristampato come appendice nel mio ultimo libro A Genocide Foretold.
Sta lavorando a un nuovo rapporto che smaschera le banche, i fondi pensione, le aziende tecnologiche e le università che aiutano e favoriscono le violazioni del diritto internazionale, dei diritti umani e i crimini di guerra da parte di Israele. Ha informato le organizzazioni private che sono “penalmente responsabili” per aver aiutato Israele a compiere il “genocidio” a Gaza.
- Details
- Hits: 966
Margherita da Trento, sorella, eretica, rivoluzionaria: un ritratto contro l'oscurantismo
di Fabrizio Bozzetti
Fabrizio Bozzetti firma un ritratto potente di una delle più importanti figure della tradizione eretica italiana, Margherita da Trento. Viene sottolineata l'originalità della sua figura, la visione radicale e raccontata la sua storia, la sfida che insieme a Fra Dolcino e al movimento degli Apostolici lanciò alla Chiesa.
Tutti elementi che sono alla base del romanzo scritto dall'autore, Margherita dei ribelli. Sorella, eretica, rivoluzionaria (DeriveApprodi, 2025), un'opera che riscrive la memoria di un'eredità rimossa.
Dipingere un ritratto al buio, cercando di intuire a istinto profili e contorni resi incerti, più che dal passaggio di oltre sette secoli, dalla precisa volontà di tanti potenti che hanno mirato a indebolirli, confonderli, sfigurarli. Si può avvertire questa sensazione, tentando di dare oggi volto e voce a Margherita da Trento, secondo alcuni discendente della casata dei Boninsegna, da molti detta la Bella, dall’Inquisizione condannata a una morte atroce nel 1307.
Di lei assai poco sappiamo con certezza – e pure quel poco arriva come mero riflesso dei verbali processuali, delle maldicenze di chi la sospettò, delle accuse di chi la catturò e giudicò. Una biografia interamente di controparte, tutta scolpita nel fango, sagomata dalle ingiurie che le furono scagliate addosso come pietre. Tra i capi d’imputazione, l’aver creato una comunità improntata a uguaglianza, parità e libero amore, un’oasi dal respiro mai registrato prima, quasi un frammento di futuro piombato come un’astronave in pieno Medioevo, un paradiso che davvero prese forma concreta sebbene moltissimi, ancora oggi, non ne abbiamo mai sentito parlare – e non per caso. E poi, l’esser stata demoniaca tentatrice, lasciva concubina del più temuto predicatore dell’epoca, quel fra Dolcino che Dante collocò anzitempo all’inferno, accollandosi la fatica di una delle sue profezie post-eventum pur d’includerlo nella Commedia, unico eretico suo contemporaneo che si degnò di nominare. Colpe tanto orrende, specie per una donna di quell’epoca, da giustificare la cortina di censura, rimozione e silenzio che su Margherita calò. Badilate e badilate di calce, come si usava allora per fermare le pandemie, per soffocare le pestilenze.
Eppure, nonostante tutto questo, ciò che di vitale continua ad avvampare sotto la distesa opaca della cancellazione con cui hanno provato a disperdere di lei ogni ricordo è così intenso che è difficile resistervi, appena si ha la fortuna di scorgerne una traccia, un guizzo rosso che si ostina ad aprire inaspettati orizzonti. È quel richiamo a sussurrare raffiche di domande a chi si avvicina al mistero di Margherita: perché le alte gerarchie hanno avvertito tanto pericolosa la sua figura da doverne dannare persino la memoria, disperdendone ogni parola e traccia?
- Details
- Hits: 2714
La bomba atomica e la sindrome del bystander
di Maria Anna Mariani
Quello che sta accadendo – l’attacco diretto degli Stati Uniti all’Iran, successivo alla rappresaglia israeliana – non è una notizia di politica estera. Non lo è perché un conflitto nucleare, se dovesse divampare, non riconoscerà confini territoriali, e finirà per annientare moltitudini di corpi e di ecosistemi nel nostro presente infame e nel tempo massimamente espanso delle mutazioni genetiche, che faranno espiare il futuro. Nessuna porzione del mondo è davvero al riparo. Anche noi italiani, nel nostro territorio che ci sembra incolume, ne verremmo colpiti, in gradi di intensità variabili: perché un disastro planetario non è un disastro universale, e uno degli aspetti più crudeli del fallout è che si distribuisce in modo collettivo ma asimmetrico, colpendo tutti fino a un certo punto, ma con un effetto più nocivo su alcune comunità, su specifici luoghi, su determinati organismi.
Ma non è solo l’universalità potenziale del danno a renderci partecipi. L’Italia è parte della macchina bellica. Il nostro suolo ospita armi atomiche americane nell’ambito della NATO. Questo ci colloca in una posizione ambigua: ufficialmente impegnati nella non proliferazione e nel disarmo, ma allo stesso tempo pienamente integrati in un sistema strategico che include l’arma atomica come deterrente e oggi, più esplicitamente, come strumento di pressione. In caso di escalation tra Washington e Teheran, ormai non più ipotetica ma in atto, l’Italia rischia di essere trascinata in un conflitto che coinvolge le potenze nucleari, pur senza essere un attore armato in senso proprio.
- Details
- Hits: 4406
IA: le differenze tra la Cina socialista e l'occidente
di Pino Arlacchi
La narrativa corrente sull’intelligenza artificiale assomiglia a quella sulla globalizzazione. Mostra solo il lato illuminato della medaglia. I costi umani dell’applicazione dell’Ia al mondo dell’industria, del commercio e della finanza vengono ignorati o minimizzati. Essi sono in realtà molto alti, e sono temuti soprattutto nell’Occidente più avanzato. Non è un caso che siano gli Stati Uniti il paese dove vige il minore entusiasmo verso l’Ia. La gente teme che la cosiddetta “distruzione creativa” di Schumpeter – l’innovazione che distrugge le produzioni esistenti per crearne di nuove, come appunto l’Ia – sia la ripetizione di quanto accaduto negli anni 70 e 80 con la deindustrializzazione di un bel pezzo dell’America, trasformata dal capitale finanziario in un deserto di fabbriche arrugginite e di popolazione disperata e ammalata senza che ci sia stata alcuna rinascita.
L’impatto dell’Ia sul capitalismo occidentale lo obbligherà ad attraversare una valle di lacrime prima di emergere trasformato e, secondo le speranze dei suoi fedeli, potenzialmente più dinamico. Si stima che entro il 2030-35, 50 milioni di lavoratori americani dovranno cambiare occupazione, creando costi di riqualificazione stimati in 1 trilione di dollari. Un peso che il sistema non ha alcun modo di gestire, semplicemente perché la sua logica profonda non lo consente. Il capitalismo occidentale non è congegnato per ridurre la distruzione creativa ma per favorirla. In Europa e negli Usa il welfare pubblico è già sotto pressione e non è in grado di assorbire i costi dell’estesa sofferenza sociale generata dall’automazione della sua economia.
- Details
- Hits: 2694
Dietro le guerre di Trump. Chi comanda negli Stati Uniti?
di Elisabetta Grande
Doveva essere il presidente della pace, colui che, in nome di un isolazionismo vantaggioso per un’America capace di ritornare di nuovo grande, si sarebbe dovuto ritirare da ogni conflitto. Avrebbe dovuto chiudere nel giro di poco tempo le disastrose situazioni belliche in corso: erano queste le sue promesse tanto in campagna elettorale quanto ancora dopo essere stato eletto a novembre scorso. E invece Trump non solo non ha posto fine alle carneficine in corso – alimentandole al contrario con aiuti militari tanto all’Ucraina (https://www.aljazeera.com/news/2025/5/9/after-minerals-deal-trump-approves-arms-to-ukraine-plays-down-peace-plan) quanto a Israele (https://www.state.gov/military-assistance-to-israel/) – ma domenica ha addirittura portato direttamente gli Stati Uniti in guerra, a fianco di Israele, attaccando tre siti nucleari iraniani con i suoi bombardieri invisibili B2.
Che ne è stato, si domandano in molti, di tutte le sue dichiarazioni precedenti, compresi i moniti fino a ieri diretti a Netanyahu, volti a dissuaderlo dall’attaccare l’Iran? Come è possibile che egli si alieni con disinvoltura una notevolissima fetta del suo elettorato MAGA, fortemente anti-interventista e ben rappresentata dai vari Steve Bannon, Marjorie Taylor Green o Tacker Carlson, col quale ultimo il presidente ha avuto scambi durissimi? Per non parlare del rapporto assai teso che si è creato con Tulsi Gabbard, pur scelta come direttrice dell’intelligence proprio perché anti neocon, e poi messa all’angolo non appena ha evidenziato come Israele non corresse alcun pericolo di un’imminente bomba atomica da parte dell’Iran.
- Details
- Hits: 2612
Ritorno al futuro: l’Iran è la nuova Russia (e la propaganda riparte)
di Lavinia Marchetti*
In un atto di grafomania, ho messo insieme alcuni pensieri, un pourparler tra me e me, tra una lettura e l’altra di analisti, politologi, geopolitologi, informatori di regime, corrotti, burloni opinionisti.
Insomma, certo che sì, eccoci di nuovo. La ruota gira, e a ogni giro s’inverte l’asse dell’innocenza. Nuova guerra, vecchio copione. Come in un allestimento d’opera che cambia solo la scenografia, ma non la partitura.
L’Iraq di Saddam, l’Afghanistan dei Talebani, la Somalia dei signori della guerra, la Siria di Assad: sono tutti stati prima disumanizzati attraverso una narrazione totalizzante, poi purificati con il fuoco, infine riabilitati, spesso dagli stessi che avevano premuto il grilletto morale.
L’Iraq, per esempio: invaso nel 2003 sulla base di una fiction sulle armi chimiche, confezionata con slides, provette e sintassi d’intelligence. Risultato: oltre 460.000 morti, e oggi eccolo lì, partner strategico.
L’Afghanistan: vent’anni di esportazione della libertà a suon di droni, bombe, missili, mine antiuomo, oltre 240.000 vittime, per poi riconsegnarlo, come pacco Amazon danneggiato, ai Talebani.
La Somalia: test bench per operazioni militari con brand ONU, resta ancora oggi “Stato fallito” solo perché, ironia della storia, continua a cadere sotto il peso delle stesse mani che dicono di volerla sollevare.
- Details
- Hits: 1407
Dazi e Iran? Il debito USA fa politica estera (per la gioia dei mercati)
di Fabio Vighi
Nel film Finché c’è guerra c’è speranza (1974) Alberto Sordi interpreta Pietro Chiocca, imprenditore corrotto che vende armi a dittatori africani per garantire alla sua famiglia un tenore di vita lussuoso. Tutto sembra cambiare quando un giornalista del Corriere della Sera lo diffama pubblicamente come “mercante di morte”. A quel punto, davanti allo sdegno (ipocrita) dei familiari (la moglie Silvia, i tre figli Ricky, Giada e Giovannone, la suocera e lo zio), Chiocca si dice disposto, se lo vorranno, a tornare al suo vecchio e onesto lavoro di commerciante di pompe idrauliche; e chiede loro di comunicargli la decisione presa dopo un’ora di riposo. Ma la moglie manda la domestica a svegliarlo con un quarto d’ora d’anticipo, e lui capisce che per la famiglia, evidentemente più affezionata al lusso che alla morale, lo scandalo non è più un problema. Nella scena finale, Chiocca sale su un aereo per andare a piazzare un’altra commessa d’armi.
Dopo 50 anni quel film è ancora molto attuale. La sola differenza è che oggi le guerre, siano epidemiologiche (Covid), commerciali (dazi), o militari (Ucraina, Gaza, Siria, Iran), vengono innescate, a ritmi sempre più serrati, al fine di sostenere quella montagna di debito su cui l’occidente a traino USA ha costruito la propria illusione di benessere (che è lusso reale solo per lo 0.1%). Basti osservare la reazione dell’obbligazionario statunitense all’intervento militare ordinato da Trump contro l’Iran lo scorso fine settimana: con la riapertura di Wall Street (perché gli shock vengono sempre scatenati “a bocce ferme”) il rendimento del Treasury decennale, termometro della febbre di sistema, è crollato di 10 punti base nel giro di 5 ore. Tradotto: flusso d’investimenti verso il “porto sicuro” dei buoni del tesoro statunitensi; risparmio di miliardi di dollari in spese per gli interessi sul debito sovrano USA; conseguente sensibile rialzo a Wall Street (Dow, S&P 500 e Nasdaq).
Allora conviene davvero mettersi in testa che, esattamente come per la famiglia di Pietro Chiocca, il mercato ama le guerre (incluse le “pandemie”).
- Details
- Hits: 653
Škola kommunizma: i sindacati nel Paese dei Soviet
di Paolo Selmi
Nona parte. I profsojuz durante la NEP: il settore socializzato (parte I)
Torniamo ai nostri profsojuz e alla loro duplice funzione in questa fase. Oltre a far venire i sorci verdi al nepman NEL SETTORE PRIVATO, erano presenti anche NEL SETTORE PUBBLICO per con un ruolo decisamente più attivo.
Aziende, quelle socializzate negli anni precedenti, che volenti o nolenti erano coinvolte in un altro tipico frutto della NEP: il cosiddetto “calcolo economico” (chozjajsvtennyj razčët da cui la contrazione chozrazčët хозразчёт), che non è solo “bilancio” e basta, ma tutto ciò che a esso concerneva, in un’ottica di crescente “autonomia finanziaria”: ciascuna unità produttiva, piccola o grande che fosse, doveva essere in grado di stare in piedi da sola, dovendo progressivamente fare a meno di sovvenzioni, aiuti economici esterni e, per farlo, doveva avere anzi tutto un bilancio non in perdita e, prima ancora... un bilancio fatto come si deve.
A tutto questo, però, si arrivò PER GRADI e NON SENZA CONFLITTO FRA LE PARTI. Il passaggio delle aziende allo chozrazčët, all’autonomia di bilancio, mise tutti di fronte a un guado, al classico “Hic Rhodus, hic salta!”, profsojuz compresi. Uno dei primi passaggi critici fu proprio LO STESSO ENTRARE in questa nuova visione, ovvero di-visione dei compiti.
SI PROVENIVA DA UN COMUNISMO DI GUERRA, QUINDI EMERGENZIALE dove l’importante era
- restare in piedi, non importa come
- regolare conti in qualsiasi maniera, in natura, in soldi, sulla parola, bastava raggiungere l’obbiettivo primario di cui sopra;
- che quei pochi rimasti in fabbrica (ovvero non deceduti, ovvero non impegnati al fronte, ovvero non tornati nelle campagne... dove un po’ di boršč lo si rimediava sempre e si faceva meno fame che nelle città), fossero in grado di “fare tutto” (e lo facessero poi per davvero! ARRANGIANDOSI, nel bene o nel male… ma lo facessero!).
Page 15 of 603